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Avendo prosperato per 160 milioni di anni, i dinosauri non-aviani devono, necessariamente, essersi riprodotti con successo. Questa mera constatazione, però, ci dice poco su come lo facessero.
Gli organi riproduttivi dei vertebrati
sono, nella maggioranza dei casi, formati esclusivamente da parti
molli, e quindi tendono a non fossilizzare. Eccezioni a questa regola
sono i numerosi mammiferi dotati di baculum (osso che forma il
supporto per l'organo copulatore maschile e per il suo omologo
femminile), e i casi eccezionali in cui condizioni
particolari di fossilizzazione permettono la preservazione dei
follicoli ovarici. Il primo caso non è applicabile ai dinosauri,
dato che il baculum non è presente nei rettili, mentre il secondo
caso è documentato in alcuni theropodi piumati provenienti da livelli ad elevata conservazione del Cretacico Inferiore della Cina.
Tuttavia, la fossilizzazione di follicoli ovarici non ci da molte
informazioni sull'apparato riproduttivo dei dinosauri rispetto a ciò
che possiamo dedurre, con maggiore facilità e abbondanza,
dall'analisi delle uova e delle covate fossili.
In assenza di prove dirette, possiamo
però dedurre l'anatomia dei genitali dei dinosauri tramite
l'inferenza filogenetica, ovvero, analizzando l'anatomia degli
uccelli e dei coccodrilli moderni, per determinare se e quali
elementi anatomici siano condivisi dai due gruppi: tali elementi
sono, ragionevolmente, da considerare sinapomorfie di Archosauria e
quindi da dedurre anche nei dinosauri mesozoici. Poter dedurre
l'anatomia riproduttiva dei dinosauri fornisce una base su cui
discutere in modo plausibile alcune caratteristiche del loro
comportamento, in particolare, come doveva svolgersi la copula in
questi animali. Ovviamente, dato che non disponiamo di prove dirette,
non ha senso fare ipotesi particolari relative a specie particolari:
quello che possiamo fare è di determinare una “condizione
generale” plausibile in base a ciò che possiamo dedurre in modo
ragionevole dall'osservazione delle specie di archosauri viventi.
Prima di avventurarci nel misterioso
mondo dei genitali degli archosauri, è bene chiarire subito alcuni
elementi di anatomia comparata. Siccome l'ignoranza e la
mistificazione sui genitali è molto ampia (ricordo spassosi aneddoti
dei tempi universitari, con amici noti per millantare “esperienza”
diretta in anatomia femminile e che poi cadevano rovinosamente alla
domanda su quante fossero le aperture urogenitali nella specie umana:
niente è più fragile di ciò che crediamo di conoscere “per
esperienza”), presumo che l'ignoranza sui genitali degli archosauri
sia ancora più vasta.
Come tutti i rettili, anche gli uccelli
presentano una completa separazione delle vie digerente, escretoria e
genitale: i tre sistemi tuttavia non sboccano all'esterno tramite tre
aperture distinte (come nel caso delle femmine della maggioranza dei
mammiferi), bensì sboccano tutti e tre all'interno di una camera
comune, la quale poi sbocca all'esterno tramite una singola apertura,
la cloaca. Siccome questo è il piano corporeo generale di tutti i
rettili ed è condiviso anche dagli uccelli, non abbiamo motivi per
pensare che i dinosauri fossero diversi. Quindi, assumiamo che tutti
i dinosauri abbiamo questa morfologia generale: completa separazione
dell'apparato riproduttivo dai sistemi digestivo ed escretore, ma
loro terminazione comune in una camera che sbocca all'esterno tramite
la cloaca.
Senza entrare nei dettagli della parti
più interne dell'apparato riproduttivo, sempre prendendo tutti i
rettili (uccelli compresi) come riferimento, possiamo dedurre
ragionevolmente che i testicoli dei maschi non fossero visibili
esternamente (come accade invece in molti mammiferi).
Una questione fondamentale per dedurre
una qualche informazione sulle modalità della copula è stabilire se
i dinosauri avessero un organo copulatore oppure no. Negli uccelli
moderni, la maggioranza delle specie è priva di pene, mentre questo
è presente (sia impari che in coppia) negli altri rettili. Tuttavia,
la distribuzione del pene negli uccelli suggerisce che l'assenza del
pene sia una condizione derivata, dato che è esclusiva dei Neoaves, mentre tutti gli uccelli moderni più basali hanno organi copulatori.
Siccome sia i galloanseri che i paleognati presentano un organo
copulatore, questa deve essere molto probabilmente la condizione
primitiva del più recente antenato comune degli uccelli attuali. Dato che anche nei coccodrilli è presente
sempre un pene singolo, è plausibile che questa sia la condizione
ancestrale di tutti gli archosauri, e che quindi, la presenza di un
pene sia un carattere anatomico generale dei dinosauri. Sia negli
uccelli che lo presentano che nei rettili moderni, il pene è
alloggiato nella cavità cloacale ed estroflesso alla copula: anche
questa è quindi da considerare la condizione generale per i
dinosauri.
Negli uccelli moderni che non
presentano un organo copulatore, la copula viene effettuata dai due
animali tramite contatto diretto delle rispettive cloache
(comportamento detto di “bacio clacale”): dato che è ragionevole
dedurre la presenza del pene in tutti i dinosauri non-aviani, non
occorre ipotizzare questo comportamento nei dinosauri.
Un altro elemento in comune tra uccelli
con organo copulatore e coccodrilli è che la estroflessione del pene
avviene per mezzo di muscoli specifici, e che l'organo ha una forma
incurvata. Il motivo di questa forma piegata è legato alla posizione
della cloaca, che sbocca in direzione posteroventrale: la forma
“piegata” dell'organo permette a questo ultimo, quando viene
estroflesso, di avere la propria estremità rivolta
anterolateralmente, così da essere più agevolmente inserito
nell'apertura cloacale della femmina (assumendo una copula con i due
animali orientati parallelamente e nella medesima direzione, come avviene nella maggioranza dei vertebrati).
Per rimuovere alcune errate
comparazioni con la nostra specie, è bene chiarire ancora una volta
che l'organo copulatore di questi animali non funge da dotto
terminale dell'appartato escretore (come nel caso del pene umano), ma
solo da dotto seminale. Inoltre, sia negli uccelli che negli altri
rettili, il pene non presenta un condotto tubulare al suo interno, ma
presenta un solco lungo la sua superficie dorsale: il liquido
seminale scorre lungo questo solco (non all'interno del pene) e viene depositato sul solco
omologo della struttura corrispondente delle femmine. Questa ultima
è di forma simile all'organo maschile (è difatti il suo omologo) ma
è di dimensioni più ridotte e non viene estroflessa fuori dalla
cloaca. Anche in questo caso, la generale similitudine tra uccelli e
coccodrilli porta a considerare questa modalità riproduttiva come la
norma nei dinosauri.
Un elemento che differisce in modo
significativo tra uccelli e coccodrilli è il meccanismo che genera
il turgore nell'organo copulatore: nei coccodrilli, come nella
maggioranza dei vertebrati, questo è generato dal sistema sanguigno,
mentre negli uccelli la “pompa idraulica” è generata dal sistema
linfatico. Siccome il sistema linfatico non permette di mantenere une
erezione analoga a quella prodotta con un meccanismo circolatorio, la
copula negli uccelli tende ad essere più rapida e breve che nei
rettili. Inoltre, negli uccelli la pompa linfatica partecipa alla
espulsione del liquido seminale. Purtroppo, non possiamo sapere se il
passaggio da un meccanismo cardiocircolatorio “rettiliano” ad uno
linfatico “aviano” sia avvenuto in prossimità dell'origine degli
uccelli moderni oppure sia avvenuto più anticamente lungo la linea
dinosauriana: quindi non è possibile stabilire quando sia avvenuta
tale modificazione (e quindi, se e in quali dinosauri ci fosse un
sistema di erezione linfatico). Non avendo modo di dedurre e
distinguere queste due modalità dall'anatomia scheletrica dei
fossili, non è possibile quindi discutere le implicazioni di questi
due sistemi nel comportamento riproduttivo dei dinosauri.
Concludendo, tutti i dati a nostra
disposizione ci dicono che i dinosauri avevano un sistema
riproduttivo rettiliano (in senso lato), che è il medesimo
conservato negli uccelli. La fecondazione era interna, tramite un
organo copulatore maschile che veniva estroflesso dalla cloaca
tramite muscoli, e mantenuto turgido tramite un meccanismo idraulico
la cui omologia moderna non è determinabile (cardiocircolatorio vs
linfatico). Questo sistema esclude il ricorso al “bacio cloacale”
che osserviamo in molti uccelli odierni, e presuppone una monta durante la copula per permettere al maschio di
penetrare la femmina, come nei coccodrilli, ma anche in ratiti, galliformi e anseriformi. Sebbene si speculi spesso su come avvenissero
tali copule, specialmente per animali dotati di elaborate
ornamentazioni e corazze dermiche (come in stegosauri e ankylosauri),
il fatto che animali letteralmente “inscatolati” e sicuramente
più goffi ed impacciati dei dinosauri, come sono le tartarughe,
riescano a svolgere efficacemente le proprie copule, ci suggerisce
che, probabilmente, la difficoltà di immaginare tali copule sia più
un limite nostro che dei dinosauri. A questo proposito, in analogia
con le tartarughe, non è da escludere che i dinosauri corazzati
avessero un organo copulatore molto lungo, che permetteva di svolgere
la copula senza ricorrere a complesse e contorte posizioni per la
coppia. Ma qui, forse, anche io sto speculando troppo da così pochi
dati...