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29 luglio 2023

All hail to the terrifying face of Turtle-rex!

 

Immaginate questa testa lunga 1 metro e mezzo, ed armata di denti grossi come banane... (fonte immagine)


Tyrannosaurus rex aveva un muso da varano, dotato di labbra squamate che coprivano la dentatura, oppure aveva un muso da coccodrillo, con i denti completamente esposti e la pelle spessamente corneificata? Questo, in estrema sintesi, è il dibattito che avvince, spesso con toni molto emotivi, gli appassionati, gli studiosi e i paleoartisti. Questo dibattito ha assunto finalmente i toni della discussione tecnica e non più solo amatoriale con la recente pubblicazione di Cullen et al. (2023), nella quale vari criteri morfologici e morfometrici sono stati combinati per discriminare la plausibilità di modelli alternativi di ricostruzione dei tessuti extra-orali nei dinosauri theropodi non-aviani. Gli autori di quello studio concludono che il modello “lacertiliano” è più plausibile di quello “coccodrilliano” per interpretare il tegumento facciale dei theropodi mesozoici.


[I fan della faccia da coccodrillo non si danno per vinti, ma io cerco di stare fuori da certe discussioni troppo sentimentali e poco scientifiche...]


Uno dei criteri utilizzati da Cullen et al. (2023) per ricostruire questi tessuti è la abbondanza, distribuzione e disposizione dei forami neurovascolari che emergono dalla superficie laterale delle ossa dermiche del muso, in particolare quelle dentigere (premascellare, mascellare e dentale). Questi forami sono lo sbocco esterno alle ossa dei canali che ospitavano sia i nervi sensoriali della regione della bocca (i rettili non hanno sbocchi dei muscoli motori in quella zona, come il nervo facciale dei mammiferi) sia i vasi sanguigni: ambo i vasi ed i nervi sono deputati a irrorare e innervare i tessuti molli che ricoprivano le ossa.


[Badate bene: in paleontologia, il termine “tessuto molle” non indica la consistenza del tessuto, ma la sua deperibilità, il fatto di non essere mineralizzato. Il tessuto corneo delle unghie, per quanto duro e resistente in vita, è comunque un “tessuto molle” perché non è mineralizzato e raramente si conserva a livello fossile. Pertanto, quando si parla di “tessuto molle” del muso di un dinosauro, ciò può indicare sia una gengiva carnosa sia un robusto becco corneo]


Tornando ai forami neurovascolari, lo studio di Cullen et al. (2023) non fornisce una misura quantitativa della abbondanza di questi forami, si limita a distinguere una condizione a “bassa densità di forami” disposti solo lungo il margine orale dell'osso (come nei lepidosauri) ed una condizione ad “alta densità di forami” disposti più abbondantemente sulla superficie delle ossa (come nei coccodrilli). Questa distinzione è intuitivamente sensata fintanto che si discriminano lepidosauri e coccodrilli, ma funziona con altri rettili? Ad esempio, molti dinosauri mostrano una densità di forami che è “intermedia” tra lepidosauri e coccodrilli: come la interpretiamo? L'ideale sarebbe di definire in modo più rigoroso e quantitativo le diverse condizioni, per stimare la robustezza statistica delle differenti attribuzioni.


Ad oggi, l'unico studio quantitativo sulla densità e abbondanza di forami neurovascolari nelle ossa facciali dei rettili è la tesi magistrale di Morhardt (2009), citata anche da Cullen et al. (2023). In quella tesi, l'autrice ha raccolto dati sul numero dei forami neurovascolari nelle ossa facciali di vari amnioti, ed ha confrontato statisticamente questi risultati con varie specie di dinosauro mesozoico. La tesi conclude che il numero di forami neurovascolari nei dinosauri è compatibile con la presenza di tessuti extra-orali, ma non entra nel dettaglio di stabilire quale modello vivente sia il più adatto per ricostruire le specie fossili.


Ho visionato i dati di Morhardt (2009). Il primo elemento da considerare è che solo una minoranza di esemplari fossili è stato visionato dal vivo, mentre la maggioranza è tratta dalla letteratura. Tuttavia, in letteratura raramente è riportato il numero dei forami neurovascolari, e quindi esso deve essere dedotto solamente dalle illustrazioni presenti: ciò però è rischioso, dato che una foto o illustrazione può sotto-rappresentare il numero effettivo dei forami (perché l'immagine non è abbastanza dettagliata, perché non tutti i lati sono visualizzati, perché la foto è illuminata male, ecc...). A conferma di questo sospetto, alcuni valori nei fossili sono alquanto anomali (c'è un ampio margine nei valori tra individuai all'interno della medesima specie), e potrebbero non essere accutati. Pertanto, è saggio escludere i valori riportati essere tratti dalla letteratura e limitarsi solo a quelli basati sull'osservazione diretta che l'autrice ha documentato su esemplari fossili.

Il campione fossile quindi si riduce a 5 taxa:

Corythosaurus, Dryosaurus, Edmontosaurus, Plateosaurus e Tyrannosaurus.


Servendomi dei dati dalle 49 specie viventi elencate in Morhardt (2009), ho svolto una analisi di discriminanza del numero dei forami neurovascolari nelle ossa premascellari, mascellari e dentali di questi cinque dinosauri per determinare a quale categoria vivente essi siano più simili. Dal campione ho rimosso i mammiferi, dato che il “premascellare” dei mammiferi theri (i soli presenti nel campione dei dati) non è omologo al premascellare dei rettili, bensì alla septomascella. Il campione così definito è stato diviso in 4 categorie viventi: “muso coccodrilliano”, “labbra lacertiliane”, “becco aviano” e “muso da tartaruga”.


L'analisi discriminante è molto accurata: il 91% delle specie viventi è stato collocato correttamente nella propria categoria. In particolare, tutti i musi coccodrilliani, tutti i musi lacertiliani e tutti i musi da tartaruga sono stati collocati nella propria categoria. Gli unici errori di identificazione sono nel campione aviano: 4 esemplari su 11 sono stati classificati come “lacertiliani”. Nondimeno, l'analisi appare molto robusta nel discriminare i musi “da lucertola” rispetto a quelli “da coccodrillo” e viceversa.


Dove si collocano le specie fossili?



Corythosaurus, Dryosaurus, Edmontosaurus, Plateosaurus risultano collocati nella categoria “muso lacertiliano”, con i primi quattro che si collocano dentro la distribuzione di questa categoria, e Plateosaurus appena fuori dalla distribuzione. Dryosaurus si colloca nella zona di intersezione tra “aviano” e “lacertiliano”. Visto il margine di errore nell'attribuzione a questa categoria, c'è quindi un 91% di probabilità che essi siano stati collocati correttamente.

Interessante constatare che gli ornitischi ed il sauropodomorfo ricadano dentro il modello lacertiliano, a conferma dei recenti studi sulla muscolatura masticatoria di questi animali che implicano labbra da squamato e non “guance” (Nabavizadeh, 2016).


E Tyrannosaurus? Esso si colloca lontano dalla distribuzione lacertiliana e aviana, ma anche distante da quella coccodrilliana: l'analisi indica che esso è classificabile dentro la categoria “muso da tartaruga”, alla quale è relativamente prossimo.

Occorre fare alcune precisazioni: il campione di tartarughe incluso nell'analisi è piccolo (3 specie), quindi è possibile che espandendo il campionamento si definisca meglio l'ampiezza della “zona tartaruga”. Dato che l'analisi ha classificato correttamente tutti i coccodrilli e tutti gli squamati, è improbabile che Tyrannosaurus sia stato collocato per errore fuori da una di queste due categorie. Ovvero, il numero di forami labiali di Tyrannosaurus NON è coccodrilliano ma non è NEMMENO lacertiliano. Come abbondanza e numero, esso appare più simile alle tartarughe, quindi, se proprio dobbiamo scegliere un modello vivente per ricostruire questo dinosauro, i forami ci dicono di prendere le tartarughe, non i varani né gli alligatori. Sì, la cosa a prima vista può sembrare inattesa, ma questi sono i dati quantitativi, su cui c'è poco da discutere. Ripeto, l'analisi discriminante ha collocato correttamente tutti i rettili non-aviani viventi nelle rispettive categorie, e nessun aviano è stato collocato erroneamente nella zona delle tartarughe, quindi perché Tyrannosaurus dovrebbe essere una eccezione?

A questo punto, sarebbe molto interessante espandere il campione di specie fossili per le quali si abbia un conteggio sicuro del numero di forami. Non voglio affrettare conclusioni definitive da questo post, ma spero che questi dati siano ampliati e tradotti in uno studio quantitativo revisionato.


Siccome siamo in un blog, possiamo anche fare qualche volo speculativo. Ammettiamo per un attimo che la conclusione di questa analisi sia corretta. In tal caso, abbiamo sbagliato tutto nel ricostruire i dinosauri carnivori? I grandi theropodi come Tyrannosaurus (e quanti altri dinosauri?) non erano analoghi né ai coccodrilli né ai varani, ma potrebbero aver sviluppato una sorta di “becco corneo” affilato ai lati della bocca, a protezione dei denti? La questione può essere analizzata funzionalmente: può “funzionare” un margine corneo esterno (analogo ad un becco) assieme alla dentatura? Certi dinosauri, come molti ornitischi e alcuni theropodi, mostrano la compresenza di un becco rostrale e denti posteriori, second una disposizione mesio-distale dei due ambiti: può quindi essere ammissibile anche una disposizione labio-linguale dei due ambiti?

Vado oltre, e mi domando: la presenza di questa corneificazione orale potrebbe spiegare il fatto che il becco si evolva così spesso in molti gruppi di theropodi?

Infine, il becco aviano potrebbe essere una evoluzione di questa struttura cornea esterna non-aviana?


Ma sopratutto, quanto è terrificante un Tyrannosaurus con il muso da tartaruga azzannatrice!


Bibliografia

Morhardt A.C., 2009. Dinosaur Smiles: Do the Texture and Morphology of the Premaxilla, Maxilla, and Dentary Bones of Sauropsids Provide Osteological Correlates for Inferring Extra-Oral Structures Reliably in Dinosaurs? (Western Illinois Univ.).


Cullen T.M., et al. 2023. Theropod dinosaur facial reconstruction and the importance of soft tissues in paleobiology. Science 379, 1348. DOI: 10.1126/science.abo7877.


Nabavizadeh A. 2016. Anatomical Records. 299, 271–294.


26 luglio 2023

Dinosauri, labbra, guance, e la sagra dell'errore



Tutti possono commettere degli errori. Sia il neofita alle prime armi che il professionista con decenni di esperienza. Questo umanissimo e democratico principio non va però stravolto né distorto per imbastire una retorica populista. Errare è umano, ma non tutti errano allo stesso modo. Difatti, ciò che distingue il neofita dal professionista non è il fatto di errare, ma il modo con cui si può sbagliare e le conseguenze di tale errore sulla persona che ha errato. Ovviamente, anche questa è una legge statistica, ma è anche un criterio con cui separare il "vero esperto" dal ciarlatano. Il vecchio motto "errare è umano, perseverare è diabolico" si applica molto bene a certi soggetti online, i quali persistono nella ottusa difesa della loro idea anche quando il mondo intero ha spiegato loro la natura del loro errore, l'insostenibilità della loro idea. Ogni riferimento ad autori di blog su "eresie pterosauriane" è ovviamente voluto.

Una delle principali differenze tra "esperto" (oppure il "professionista") e "neofita" (oppure il "ciarlatano") è che l'esperto ha maggiore probabilità di correggere autonomamente i propri errori e maggiore propensione a riconoscere di aver sbagliato rispetto al neofita, il quale, proprio perché dotato di un minore bagaglio di esperienza e competenza, può non essere in grado di analizzare criticamente la propria posizione e di rimediare ai propri errori. Poi non è detto che l'esperto abbia sempre ragione, ovviamente, ma dubito che in base a questo principio di disincantato buon senso qualcuno di noi preferirebbe farsi operare al cuore da un neofita della medicina rispetto che da un chirurgo professionista. Infine, è quasi superfluo rimarcare che il ciarlatano ha l'aggravante rispetto al neofita che sovente persevera nell'errore non per ingenuità ma per calcolo e opportunismo.

In effetti, possiamo dire che la capacità di auto-correggersi è proprio uno degli elementi che distinguono l'esperto dal neofita. Il secondo ha maggiormente bisogno di un insegnante, di un tutore, di un aiuto esterno, per rendersi conto degli errori che commette. Senza tale aiuto, è probabile che continuerà a ripetere i propri errori.

Tutti siamo neofiti, cambiano solo gli ambiti in cui lo siamo. Ma non tutti siamo esperti in qualcosa. Tutti si nasce neofiti ma per diventare esperti occorre applicarsi, lavorare sodo, fare gavetta, costruirsi un curriculum, rimboccarsi le maniche, partecipare alle gare con onestà e dedizione, ma anche commettere errori dai quali imparare e crescere. Albert Einstein definì la Costante Cosmologica il "più grande errore della sua vita", errore dal quale seppe però trarre ispirazione per ulteriori progressi nelle sue ricerche. Il tiktoker che vi vuole spiegare come funziona la cosmologia perché ha letto qualche articolo scaricato online è improbabile che si renda conto della serie di banalità che sta articolando più o meno a caso per darsi un tono di competenza.

Ci sono temi che attirano i neofiti più facilmente di altri. Potete trovare decine di video su YouTube con tizi che vi parlano delle dimensioni dell'universo, o delle dimensioni dei denti del T-rex, ma difficilmente trovate un video dove l'autore parla di come risolvere un'equazione della relatività generale fondamentale per stabilire le dimensioni dell'universo, oppure un video che discute del residuale nell'allometria delle dimensioni dei denti come criterio per discriminare partizioni ecologiche in Theropoda. Potete trovare video e post che vi spiegano perché l'autore ha capito tutto più degli altri, ma non trovare video o post in cui l'autore vi spiega perché ha cambiato idea nella valutazione di un fenomeno.

Io non ho problemi a dire che negli anni ho cambiato idea nella valutazione della popolare questione su come ricostruire il tegumento facciale nei dinosauri, in particolare nei theropodi. Ed ho cambiato idea perché nell'esporre certi argomenti negli anni passati sono stato superficiale ed ho affrontato il tema in modo ingenuo. E sono stato ingenuo perché ho parlato di quel tema senza avervi dedicato anni di lavoro e ricerca tecnica, ovvero, senza esserne un esperto. Sono stato ingenuo perché ho messo sullo stesso piano le opinioni degli esperti con quelle dei neofiti, senza ponderarne il relativo peso specifico. Io sono in primo luogo un filogenetista e studioso dell'evoluzione del piano corporeo aviano lungo Dinosauria. Il mio ambito principale è la morfologia dello scheletro ed il modo di tradurre l'informazione osteologica in segnale filogenetico. La ricostruzione delle parti molli non è il mio ambito principale di esperienza. Conosco l'anatomia comparata, ovviamente, in quanto bagaglio fondamentale del paleontologo dei vertebrati, ma non ho mai lavorato espressamente con l'anatomia comparata delle parti molli dei rettili e degli uccelli. Non ho mai lavorato su dissezioni di animali moderni, né mi occupo di analizzare elementi come il tracciato dei vasi sanguigni encefalici, l'origine ed inserzione dei muscoli del bulbo oculare, o l'embriogenesi dell'innervazione dello splancnocranio. Eppure, questi elementi anatomici relativi a parti molli di animali viventi sono fondamentali per affrontare la questione della ricostruzione delle parti molli in un dinosauro estinto. Per questo motivo, non mi occupo di pubblicare studi tecnici che discutono del tegumento facciale dei dinosauri, perché non è il mio ambito di competenza. Dubito che avrei qualcosa di significativo da dire in quel campo, a meno che non decida di specializzarmi in quella direzione e mi prenda un decennio di attività di laboratorio e di dissezione anatomica per acquisire quel minimo di competenza con cui pensare di scrivere un qualche articolo interessante sul tema. 

Temo che l'ipotetico tiktoker che vi parla di tegumento nei dinosauri non si pone questo tipo di scrupolo, e continuerà imperterrito a dire la sua in merito a qualcosa che non conosce. Che fare? Possiamo orientarci nel mare di opinioni?

Il fatto che io non abbia intenzione di specializzarmi nello studio del tegumento facciale dinosauriano non significa che non possa comunque cercare di informarmi sulla questione. E come? Semplice, andando a leggere la produzione scientifica di chi è esperto in quel campo, andando a leggere i lavori tecnici di chi in quel settore ha dedicato molti anni di studio e ha quindi maturato la necessaria competenza. In una parola, andando a leggere gli studi degli esperti.

Gli esperti di parti molli dei dinosauri ci sono. Non sono molti (già siamo pochi a studiare le ossa, figuriamoci quanto pochi siano gli esperti nella ricostruzione delle parti molli dei fossili) ma esistono, ed esiste la loro produzione scientifica e la letteratura che affronta questi temi in modo rigoroso e scientificamente attendibile.

In questo periodo, sto leggendo gli studi che analizzano la ricostruzione della muscolatura cranio-facciale dei dinosauri. Sono lavori molto complessi, perché devono in primo luogo partire dalla dissezione delle specie viventi, identificare i correlati osteologici delle parti molli, e poi definire livelli di inferenza filogenetica tra tali correlati e le parti molli perdute dei fossili. Ovviamente, avere un bagaglio di conoscenza anatomica derivante dai miei ambiti particolari di ricerca, così come l'avere una preparazione naturalistica generale di livello universitario sono fondamentali per poter affrontare questo tipo di letteratura. Non sono articoli da leggere per far conversazione al bar (a meno che non siate al bar degli anatomisti). Non illudetevi che scaricare qualche articolo partendo da zero vi permetta di farvi un'opinione ponderata. Mi spiace, ma le cose belle non sono mai facili né semplici, nemmeno per chi mastica questi temi da decenni. 

Dalla lettura ancora in corso di questi studi, sta emergendo nella mia mente un quadro sempre meglio definito. In particolare, sto riconoscendo (e quindi correggendo, almeno nella mia testa) gli errori che persistono online e che anche io avevo commesso in passato. Li posso riassumere in questi punti:

1- Non tutti gli elementi anatomici citati in passato sono pertinenti alla discussione delle parti molli della regione facciale dinosauriana. Ad esempio, l'overbite non è un elemento pertinente la questione, e citarlo è del tutto fuori luogo.

2- Non tutti gli elementi anatomici citati in passato sono pertinenti al medesimo problema. Ad esempio, la morfologia della regione subcutanea delle ossa dermiche facciali non è covariante con il pattern di neurovascolarizzazione periorale. Ovvero, ricostruire l'una non implica ricostruire l'altra.

3- L'inferenza filogenetica è sovente fraintesa, malintesa e male applicata da chi parla di questi temi online. Trovo molto istruttivo che la letteratura tecnica sul Extant Phylogenetic Bracketing (quella che in italiano chiamo sbrigativamente "inferenza filogenetica") abbia previsto più di 25 anni fa temi e problemi che oggi riempiono la bocca di molti commentatori sulla questione. Il fatto che ancora oggi si leggano (e sentano) scempiaggini su come fare inferenza filogenetica delle parti molli dimostra quanto poco approfondita sia la competenza di chi online pretende di commentare la discussione sulla ricostruzione delle parti molli nei fossili.

4- La letteratura esiste, ma molti la ignorano. Gli studi tecnici sono lunghi e complessi, perché lunga a complessa è la questione. Ma la loro complessità non è un argomento valido per ignorare l'esistenza di questi studi. Se si vuole parlare in modo serio di questi temi, è obbligatorio conoscere la letteratura prodotta su di loro. Ad esempio, nell'ultimo quindicennio sono stati pubblicati innumerevoli lavori di ottima qualità sulla ricostruzione della muscolatura masticatoria nei dinosauri. Questi studi nascono per comprendere la dinamica masticatoria dei dinosauri, quindi per meglio affrontare e capire la loro ecologia ed evoluzione, ma hanno anche implicazioni molto rilevanti per la ricostruzione di questi animali. Ovvero, non è possibile discutere di labbra e guance nei dinosauri senza sapere come si deduce il modo con cui questi animali processavano il cibo che ingerivano. Eppure, vedo innumerevoli discussioni su questi temi affrontati da persone che nemmeno sono a conoscenza della letteratura relativa. Il risultato di questa ignoranza (nel senso letterale del termine) è che circola più o meno implicitamente il falso mito che "qualsiasi opzione è valida" perché, dopo tutto, non abbiamo ancora capito come questi animali erano fatti. Oppure si persiste ad utilizzare modelli anatomici ormai obsoleti e ampiamente falsificati, che persistono come "fatti" popolari solamente perché si ignora che qualcuno li ha analizzati nel dettaglio e li ha revisionati in modo rigoroso nella letteratura tecnica.

5- Il dibattito non copre l'intero insieme dei fenomeni pertinenti. Faccio solo questo esempio, che però considero significativo. Nel dibattito che riempie le bocche ed i cuori degli appassionati, si parla molto di idratazione dello smalto e per niente di morfologia delle vie respiratorie superiori. Eppure, tutti gli animali coinvolti nella discussione hanno vie respiratorie superiori ma non tutti hanno smalto (e denti): perché mai solo uno dei due dovrebbe essere un elemento importante per la questione del tegumento orale mentre l'altro dovrebbe essere del tutto ignorato? Le vie respiratorie superiori della maggioranza dei rettili sboccano nella regione orale, quindi la loro evoluzione impatta l'evoluzione del cavo orale. Esattamente come molti ignorano l'importanza della muscolatura masticatoria nel ricostruire il tegumento facciale dei dinosauri, sospetto che molti elementi chiave del problema siano quasi del tutto ignorati e fraintesi. Questi elementi sono ignorati volontariamente (ovvero, sono ritenuti non pertinenti), oppure (come temo) si tratta dell'ulteriore esempio della sostanziale ignoranza in merito ai fondamentali, una lacuna che permea buona parte del dibattito?

6- Non tutte le opinioni pubblicate sono pertinenti. Solo perché qualcuno ha pubblicato un paragrafo di commento alla questione non implica che quel paragrafo abbia lo stesso peso del lavoro svolto da chi in quel settore studia da anni. E ciò è ancora più vero se il paragrafo in questione commette alcuni degli errori elencati nei punti precedenti. Si riconosca che il dibattito non è solo uno scontro tra opzioni di ugual peso ma in primo luogo una discussione tra diversi livelli di inferenza e profondità.

7- Ignorate le implicazioni paleoartistiche. Se vi appassionate al dibattito principalmente perché volete una qualche istruzione su come ricostruire un dinosauro, evitate di entrare nella questione paleontologica. Il motivo? State invertendo l'ordine dei fattori. Nel 99% dei casi se partite da una prospettiva prettamente paleoartistica avrete già nella vostra mente una qualche predisposizione iconografica, una qualche preferenza verso questa o quella rappresentazione. Insomma, sarete plagiati dal vostro stesso gusto artistico, e questo inciderà inconsciamente sulla vostra capacità di ponderare in modo oggettivo e razionale gli elementi del dibattito scientifico. Non è colpa vostra, è una normalissima impostazione umana. Anche io ho le mie "preferenze" paleoartistiche, ma quando discuto di questi temi anatomici faccio di tutto per censurarle e disattivarle dal mio cervello. Non si può ricostruire le parti molli di un fossile in modo obiettivo se si ha già in testa un qualche obiettivo da realizzare! Se non siete in grado di separare la questione paleoartistica da quella paleontologica, correte il rischio di distorcere la vostra capacità di giudizio paleontologico in funzione delle vostre (legittime, sacrosante, io non le metto in discussione) preferenze estetiche ed artistiche. La ricostruzione delle parti molli di un animale estinto non è argomento di estetica o di gusto personale, né di "buon senso" o di "per me era così": o si dispone di elementi scientifici oggettivi, testabili e ripetibili, oppure non si ha nulla da dire. Ed in tal caso, è saggio tacere piuttosto che inquinare il discorso scientifico con motivazioni non scientifiche nei confronti delle quali non siamo in grado di rapportarci in modo distaccato.

Ripeto, essere condizionati dai propri gusti estetici è un limite umano, e non c'è niente di male ad essere vittime di tali bias. Ma occorre riconoscerlo. Anzi, tale riconoscimento è il primo passo verso un approccio serio e razionale alla ricostruzione dell'aspetto delle nostre creature estinte preferite. La domanda in questi casi è se siamo veramente disposti ad accettare una rappresentazione paleontologica fondata su evidenze scientifiche qualora essa comporti l'abbandono della nostra iconografia preferita.

 La domanda la pongo a voi, ma anche a me stesso.






 

21 luglio 2023

"Psittacosaurus vs Repenomamus" - Le ragioni del mio scetticismo

 

Il fossile oggetto dello studio di Han et al. (2023). Le frecce rosse indicano le parti che a mio avviso richiedono una investigazione più accurata, per accertarne l'autenticità.



La pubblicazione di Han et al. (2023), dedicata ad un eccezionale fossile dal Cretacico Inferiore della Cina, fossile formato da una coppia [un mammifero (Repenomamus) ed uno dinosauro (Psittacosaurus)] in stretta associazione, ha attirato un ampio e comprensibile interesse a livello mediatico. Nel post precedente, io ho sollevato una serie di dubbi sulla autenticità del fossile. Come ho precisato in quel post, io non ho alcun pregiudizio a priori contro questo fossile o contro gli autori dello studio, ma nondimeno devo porre una serie di domande che derivano dalla mia esperienza di paleontologo che ha studiato materiale simile a quello oggetto dello studio, ha potuto visionare fossili dalla medesima unità geologica da cui proviene il fossile, ed ha esperienza sullo studio e pubblicazione di questo tipo di fossili eccezionali e problematici.

Spero di non risultare rude, ma trovo molto ingenua la accettazione acritica di un fossile del genere, così eccezionale ma anche così problematico. Capisco il pubblico generico, ma i paleontologi hanno il dovere di essere rigorosi nel chiedere evidenze robuste di fronte a fossili così incredibili. Alcuni colleghi hanno correttamente sollevato delle riserve sulla autenticità del fossile, ma i media generalisti e buona parte del pubblico paiono essere più interessati alla conclusione comportamentale ed ecologica di tale studio piuttosto che focalizzarsi sulla domanda più importante: questo fossile è reale oppure è un artefatto? Perché se esso fosse artefatto, ciò incide pesantemente su qualunque interpretazione paleobiologica del reperto.

Ritengo quindi doveroso, proprio perché sono un paleontologo interessato anche a fare divulgazione scientifica, spiegare nel dettaglio le ragioni del mio scetticismo, ragioni che non sono astratte o pregiudiziali, ma derivano proprio dalla lettura dello studio di Han et al. (2023). Sì, è proprio il modo con cui il fossile è descritto e presentato nello studio che istiga il mio scetticismo.

Han et al. (2023) dichiarano che il fossile "fu scoperto il 16 Maggio 2012, ad ovest del villaggio cinese di Lujiatun" e riportano le coordinate della località di rinvenimento [da Google Maps, le coordinate fornite mostrano un calanco]. Non sono disponibili foto del ritrovamento, né del fossile al momento della scoperta, in situ, né durante il suo scavo. Trovo bizzarro che si riporti la data esatta di scoperta, corredata di coordinate geografiche, ma poi non ci sia alcuna foto del fossile in situ. L'articolo riporta che l'esemplare fu "acquistato dal primo autore" e donato ad un museo cinese "nel 2020". Non è chiaro quindi chi abbia fatto la scoperta, né se abbia documentato tale evento con fotografie. Non è chiaro se sia l'acquisto che la donazione risalgano entrambi al 2020, ma in ogni caso, tra la scoperta nel 2012 e la donazione al museo nel 2020 passano 8 anni, durante i quali il fossile è stato in mano a qualcuno che non è l'autore dello studio né parte del museo. Dove è stato il fossile in quel periodo? Chi ha posseduto il fossile in quegli 8 anni? Lo scopritore? In che condizioni era il fossile al momento dell'arrivo al museo? Gli autori dichiarano che il fossile è stato successivamente preparato in museo, e che la preparazione ha rivelato la mandibola del mammifero posta sotto le due coste del dinosauro. 

Questa è la sola evidenza portata dagli autori a sostegno della autenticità del fossile. Purtroppo, non è sufficiente per dimostrare che il fossile non sia stato in qualche modo oggetto di preparazioni e assemblaggi.

Questa "prova" non è sufficiente per dimostrare che il fossile è autentico, perché dimostra solamente che la mandibola del mammifero era ancora dentro la matrice rocciosa prima della preparazione finale. Ma ciò non dimostra che tale matrice rocciosa sia sempre stata intatta e non sia un assemblaggio di blocchi distinti. Se l'intero blocco contenente il cranio del mammifero è stato incollato al blocco contenente il dinosauro, è ovvio che la mandibola del primo risulta parte di tale associazione. Ma ciò non dimostra che i due scheletri fossero associati in principio. Aver "scoperto" la mandibola durante la preparazione non dimostra alcunché in merito alla associazione degli scheletri. 

Gli autori sostengono che due coste dorsali del dinosauro siano tra cranio e mandibola del mammifero, e che ciò avvalori l'associazione dei due scheletri. Purtroppo, la natura di queste due coste è problematica. Esse non sono una prova di associazione tra i due animali, dato che gli stessi autori notano che queste due coste dorsali del dinosauro sono anche le uniche due ossa di Psittacosaurus ad essere danneggiate, e che non sia possibile stabilire la causa di tale danneggiamento, né il punto in cui tali coste siano state fratturate. Riferendosi alle due coste, gli autori ammettono che " the breaks are obscured, and it is not possible to determine with certainty whether the ribs were broken in life or due to taphonomic processes. ". Questa è una implicita dichiarazione che non conosciamo come le due coste siano state rotte, né se siano connesse allo scheletro. Ovvero, non esistono prove che i due scheletri fossero associati in origine. Difatti, è possibile che lo scheletro del mammifero sia stato incollato a due coste di Psittacosaurus e che poi il blocco "mammifero + frammenti di coste di dinosauro" sia stato incollato al resto del dinosauro. Gli autori non forniscono alcuna prova in grado di falsificare questo scenario alternativo, ma ugualmente legittimo, che spieghi le evidenze pubblicate.

Molti lettori forse non sono consapevoli di quanto sia facile "falsificare" e "taroccare" un fossile. Senza una TAC che dimostri la presenza di colla e rimaneggiamenti interni al blocco, è sufficiente ricoprire con una sottile patina uniforme di cemento e polvere di roccia un insieme di blocchi di ossa e roccia assemblati ad arte per dare l'illusione che si tratti di un blocco unico, naturale e privo di rimaneggiamenti. Purtroppo, gli autori non hanno fornito alcuna scansione tomografica del fossile, quindi non è possibile dimostrare che il blocco sia unico e non abbia subito alcun rimaneggiamento.

Attenzione: è sempre possibile che il blocco sia originale ma abbia in ogni caso subito un restauro consolidativo, ma anche questo deve essere mostrato tramite una TAC! Ritengo molto probabile che il blocco abbia comunque subito un qualche restauro, dato che è difficile credere che ogni singolo osso sia perfettamente conservato, ad eccezione della mandibola dislocata, e che le due costole rotte dello Psittacosaurus siano i soli elementi che hanno subito qualche danno peri-mortem o durante la fossilizzazione.

Concludendo:

Falsificare un fossile, incollando parti di animali in origine separate, e nascondere tutto il lavoro di consolidamento e ricostruzione, è molto più facile di quello che molti pensano. Un fossile può apparire in superficie "genuino", ma essere in profondità un artefatto costruito da mani esperte incollando assieme ossa fossili originali, matrice rocciosa e collante. Solo una TAC può dimostrare che il fossile è genuino o che abbia subito solo una riparazione conservatrice "onesta". Solo una TAC può mostrare che il fossile non fu manomesso rispetto all'originale associazione. Senza una TAC, non possiamo stabilire quanto profondo è stato il restauro, e quanto "naturale" sia l'associazione dei due scheletri.

Alla luce delle bizzarre posture e configurazioni dei due scheletri, discusse nel precedente post, l'assenza di una TAC che dimostri l'originalità dell'associazione è una mancanza molto grave. La TAC è la sola analisi che può dare sostegno ad una così bizzarra associazione fossile.

In assenza di una TAC, il mio giudizio sul fossile è che sia troppo strano, troppo inusuale, troppo innaturale e troppo improbabile per essere naturale. In assenza di una TAC pubblicata, se devo scommettere del denaro sullo status di questo fossile, i miei soldi vanno all'ipotesi che sia un arfefatto costruito da mani esperte nella preparazione e restauro di fossili.

Spero di essere smentito e che il mio scetticismo sia falsificato: in ogni caso, spero che il fossile sia analizzato con le adeguate tecniche di indagine e scansione.




19 luglio 2023

Psittacosaurus vs Repenomamus... fossile superbo o super-fake?

Due viste del fossile descritto da Han et al. (2023)

 

La paleontologia ci ha abituati a scoperte incredibili, letteralmente fuori dall'ordinario. Penso ai celebri "dinosauri combattenti" scoperti nell'Agosto 1971 in Mongolia da una spedizione polacco-mongola. I due dinosauri sono fossilizzati assieme, e non ci sono dubbi che morirono assieme, dato che l'interazione tra i due scheletri non si limita ad una mera sovrapposizione delle ossa. In quel caso, quindi, abbiamo solide evidenze a sostegno dell'ipotesi che i due animali abbiano interagito in vita e siano stati sepolti nello stesso momento.

I fossili eccezionali esistono. Noi li amiamo. Ma proprio perché li amiamo non dobbiamo essere emotivi ed ingenui nei loro confronti. La loro bellezza non deve renderci ingenui di fronte alla loro eccezionalità. Scoperte eccezionali richiedono prove eccezionali, evidenze solide, specialmente in casi in cui l'esperienza ed il buon senso ci inducono ad un sano scetticismo.

Io ho sperimentato in prima persona quanto sia eccezionale il registro fossilifero ma anche quanto occorra essere rigorosi nel presentare scoperte eccezionali. Quando sottomettemmo Halszkaraptor alla rivista Nature, accompagnammo la descrizione del fossile con una dettagliata scansione micro-tomografica del fossile, al fine di dimostrare senza alcun dubbio la sua autenticità. Eppure, per quanto eccezionale, Halszkaraptor non è un fossile completo, e ciò non deve stupirci: alcune ossa sono andate perdute, altre sono in vario modo frammentarie e parzialmente preservate. L'incompletezza è la prassi nei fossili. Trovare un fossile completo al 100% e privo di deformazioni o di parti erose è praticamente impossibile. Scoprirlo significa avere trovato qualcosa di persino più eccezionale dell'eccezione. Difatti, se vi trovate di fronte un fossile perfettamente preservato e articolato, la prima domanda da porvi è se sia stato restaurato, ricostruito e quindi, in sostanza, alterato artificialmente. Persino Halszkaraptor, per quanto incompleto, risulta in alcune parti essere stato restaurato: alcune ossa furono restaurate prima che il fossile fosse da noi studiato, e le nostra analisi hanno mostrato dove e cosa fu restaurato (parte del muso, parte della mano esposta). 

Nel 2023, e dopo i vari casi di "fossili falsi" che hanno creato scandali e controversie nel nostro campo, l'utilizzo di metodi non-invasivi di scansione è divenuto uno standard imprescindibile della paleontologia.

Per questo motivo, e dopo anni di esperienza a lavorare su fossili eccezionali, sono naturalmente scettico di fronte a fossili in uno stato eccezionale di completezza, preservazione e, soprattutto, in posture o configurazioni straordinarie. Il fossile pubblicato ieri da Han et al. (2023) ricade in questa categoria.

DISCLAIMER: Io non ho visionato direttamente il fossile, quindi non pretendo che la mia valutazione si sostituisca a quella degli studiosi che hanno analizzato il fossile in prima persona. Né, ovviamente, ho alcuna opinione personale contro di loro. Mi limito a sollevare dei legittimi dubbi in quanto paleontologo che ha lavorato su fossili simili, dubbi basati sulla mia esperienza su materiale proveniente dalla medesima unità geologica, e sollevo questioni di fronte ad un fossile che - gli stessi autori lo sottolineano - è veramente eccezionale e fuori da qualsiasi standard di preservazione classica.

Le mie domande vertono sulla articolazione e postura dei due scheletri che compongono il fossile. Domande che gli autori hanno, a mio avviso, il dovere di valutare con molta serietà.

1- La eccezionale completezza e preservazione degli scheletri.

I due scheletri sono praticamente completi, ad eccezione della parte distale della coda del mammifero. Ogni singola costa e falange dei due scheletri pare essere preservata, senza alcuna deformazione, senza alcuna disarticolazione, senza erosione o frattura. Questo livello di preservazione è, letteralmente, incredibile. Io ho visionato alcuni fossili provenienti dalla medesima unità geologica cinese da cui proviene questa coppia di animali, ed i fossili, per quanto eccezionali come conservazione e articolazione delle ossa, sono comunque sempre in qualche modo solo parzialmente conservati, appaiono parzialmente deformati, risultano parzialmente erosi e variabilmente danneggiati dai processi di fossilizzazione. Nessuno è mai perfetto al 100%. In questo caso, invece, il fossile appare superbamente intonso e preservato. Sembra quasi una composizione scheletrica da museo, realizzata da un tassidermista scarnificando due cadaveri di animali odierni. Siamo di fronte a qualcosa di veramente eccezionale, persino per fossili eccezionali come sono quelli dalla Formazione Yixian! 

Una conservazione così eccezionale proprio in un fossile già di per sé veramente eccezionale (dato che unisce due animali in una "scena di lotta") è credibile? Il calcolo della probabilità che tutto sia naturale inizia a farsi ostico... 

Possiamo credere che nessuna costa caudale, nessuna falange dei piedi, nessuna vertebra caudale nei due scheletri si sia danneggiata, spostata, o abbia subito qualche erosione? Il sospetto è che ciò che stiamo osservando sia il prodotto di qualche sapiente opera di restauro, ovvero che ci sia stato un qualche grado di riparazione e alterazione del fossile originale. In tal caso, gli autori devono dimostrare se ciò sia avvenuto, perché a quel punto ogni elemento bizzarro o inusuale potrebbe essere frutto di manipolazione artificiale.

2- La postura dei due scheletri appare impossibile in vivo.

La postura dei due scheletri è "fotografica", e ci riporta fedelmente l'ultimo istante dell'interazione tra i due animali. In particolare, il mammifero è preservato nell'atto di azzannare le coste toraciche dello psittacosauro, mentre con ambo le mani afferra parti del corpo del dinosauro. Con una mano, esso trattiene un ramo mandibolare del dinosauro, mentre una gamba è infilata tra coscia e torace del dinosauro e col piede afferra tibia e fibula dello psittacosauro. Come è possibile che una simile istantanea sia stata preservata nel fossile? Il contesto deposizionale è quello tipico di questi giacimenti fossiliferi: si tratta di sedimenti in gran parte formati da ceneri vulcaniche, che avvalorano l'idea che gli animali siano stati uccisi da una nube ardente eruttata da un vulcano che li ha sepolti vivi ed ha dissolto le parti molli dei due corpi. Ammettiamo che la postura sia la documentazione dell'ultimo istante ancora in vita dei due animali, nell'istante in cui la rovente nube vulcanica li ha avvolti. Se davvero stiamo osservando la posizione dei corpi appena prima di morire, allora si tratta di un paradosso: come è possibile che il mammifero riesca ad afferrare la mandibola del dinosauro senza essere azzannato a sua volta? Significa che lo psittacosauro era già morto nel momento del seppellimento? Ma in tal caso, ha senso che il mammifero abbia sentito il bisogno di infilare un piede sotto la gamba della preda, tra la coscia e l'addome del dinosauro morto, sia penetrato con le dita fino al polpaccio del dinosauro ed abbia afferrato questo ultimo, risultando con la zampa letteralmente serrata sulle ossa dello psittacosauro? Ripeto, ora stiamo assumendo che la postura sia la documentazione dell'ultimo istante di vita degli animali. Ovvero, un istante in cui i due corpi sono ancora vivi, in carne, con pelle, muscoli, tendini ancora presenti. Una simile compenetrazione dei due animali può forse funzionare in uno scheletro montato drammaticamente in un museo, ma è alquanto assurda e fisicamente impossibile se i due animali sono vivi, in carne, pelle, tendini, pelliccia e squame! Come ha fatto il piede del mammifero ad afferrare l'osso tibiale del dinosauro vivo? Può il dissolvimento dovuto alla fossilizzazione spostare una zampa che afferra un polpaccio per fargli afferrare post-mortem l'osso sottostante, ed al tempo stesso mantenere tutte le ossa della mano in perfetta articolazione? 

Lo scheletro della gamba del mammifero (linee gialle) afferra tibia e fibula del dinosauro, passando sotto il femore (linee rosse): è possibile che questa postura delle ossa sia stata prodotta in vivo, senza alcun intralcio dato da pelle e muscoli, e poi si mantenga perfettamente in articolazione una volta che pelle e muscoli sono dissolti?


Il sospetto che ciò che osserviamo sia un assemblaggio artificiale è fortissimo.

Nessuna TAC?

Perché gli autori non hanno aiutato a risolvere questi dubbi effettuando delle scansioni tomografiche? Essi si limitano a mostrare foto del materiale durante la preparazione del fossile, per dimostrare che esso è genuino nella associazione dei due scheletri. Ma ciò non dimostra che qualcosa non sia stato ritoccato, o che non ci siano state alterazioni del materiale. Il fossile potrebbe anche essere l'associazione di due scheletri, ma questi potrebbero essere stati ritoccati e restaurati per dar loro una postura ed una drammaticità che era assente in origine. Anche ammettendo una associazione degli scheletri, questa potrebbe non avere una causa comportamentale o biologica: una TAC e ulteriori analisi sul fossile sono quindi fondamentali per chiarire questi dubbi. Se parte degli scheletri è stata ritoccata e restaurata, come possiamo distinguere le parti genuine da quelle artificiali?


Conclusione.

Un fossile così eccezionale richiede una analisi eccezionale. Lo scetticismo verso una simile combinazione di elementi è più che naturale: è necessario. Abbiamo due scheletri perfettamente preservati, letteralmente avvinghiati in una posa plastica e drammatica, ma tale connessione è possibile solo avendo i due scheletri già privi di qualsiasi parte molle, in particolare muscoli e pelle. Come può la zampa del mammifero afferrare direttamente la tibia del dinosauro, senza essere stata intralciata dalla pelle e dai muscoli di coscia e polpaccio? Il mammifero afferrò uno scheletro già privo di carne? Ma siccome lo scheletro è articolato, allora cosa teneva insieme le sue ossa? E se le parti molli del dinosauro erano già dissolte, come faceva il mammifero ad essere ancora vivo ed in carne? Comunque la vediate, una simile relazione tra i due scheletri è impossibile da ottenere in natura, è del tutto irrealistica se si verificasse nel contesto deposizionale che ha sepolto i due animali, è assurda per animali vivi in carne e pelle, e contraddice la perfetta articolazione delle ossa che caratterizza i due scheletri, la quale richiede un dissolvimento istantaneo delle parti molli.

Questi dubbi devono essere risolti.

In breve, questo fossile appare essere una meravigliosa composizione: ma è naturale o artificiale? Ad un esame preliminare, esso viola troppe leggi della fisica, della geologia e della biologia per essere creduto un oggetto naturale. Delle scansioni tomografiche possono risolvere questi dubbi. Se gli autori vogliono che questo materiale riceva la consacrazione come uno dei reperti più straordinari della documentazione fossile, essi dovrebbero produrre prove più solide e oggettive sulla associazione, preservazione e articolazione dei resti. Occorre una spiegazione plausibile del perché i due scheletri siano preservati in tal modo, occorre una rigorosa analisi tafonomica che giustifichi l'incredibile interconnessione dei due scheletri. 

Fino ad allora, io mi mantengo scettico sulla natura di questo materiale.

06 luglio 2023

Paleoarte vs AI

Il futuro prossimo venturo?

Un tema ricorrente nella fantascienza è lo scontro tra l'umanità ed una qualche forma di intelligenza artificiale divenuta talmente potente e complessa da ribellarsi ai suoi creatori e minacciarne l'esistenza. Se questo tipo di timori è ancora da collocare nel remoto futuro dell'umanità, forse si inizia a vedere una forma più blanda di guerra tra uomo e macchina nell'ambito della creatività (o, perlomeno, della produzione di iconografie). Il dibattito sull'impatto delle "Intelligenze Artificiali" nel mondo dell'arte è appena iniziato, ed è già molto acceso ed articolato. 

E in paleoarte? Come stanno le cose a casa nostra?

Un lettore della pagina Facebook del blog mi ha segnalato la locandina di un non ben specificato evento paleontologico in Sardegna. La locandina a prima vista pare un'immagine paleoartistica di Tyrannosaurus. Tuttavia, appare immediatamente chiaro che l'immagine in questione non sia una ricostruzione paleontologica realizzata da un artista paleontologico, bensì sia un'immagine generata da una "Intelligenza Artificiale". Indizi per questa identificazione sono il numero esagerato e la forma dei denti, e la presenza di un paio aggiuntivo di narici collocate nel mascellare: sono quel genere di errori anatomici che ho riscontrato di recente colpire le "ricostruzione di dinosauro" realizzate da questi software. Inoltre, l'opera appare fredda e senza anima, il tutto condito con una punta inquietante tipica di queste immagini realizzate dal computer.

Sono molto preoccupato per l'affermarsi di queste "ricostruzioni" come sostituti delle opere realizzate dai paleoartisti. Per varie ragioni.

1. Il lavoro di paleoartista è già miserabile anche senza l'avvento delle AI. Molti paleoartisti non sono minimamente retribuiti per le loro opere, e spesso non c'è modo di impedire l'uso non autorizzato, l'abuso ed il plagio delle proprie opere. Se ora chiunque può realizzare una locandina per i propri scopi senza avere bisogno di un paleoartista, le prospettive lavorative per questi autori si fanno ancora più misere. E ciò non va certo a vantaggio della categoria.

2. Questo opere sono brutte, fredde, ma soprattutto, pacchianamente inaccurate sul piano anatomico. Creste bislacche, fosse e finestre messe a caso, muscoli senza motivo, anche una minima conoscenza della anatomia dinosauriana fa a cazzotti con queste opere. Già facciamo fatica a contrastare il proliferare della paleoarte inaccurata e dozzinale prodotta dagli esseri umani, come potremmo contrastare la proliferazione di opere che sono ancora più pacchiane e grossolane? 

Per lo meno, nessun artista umano si sognerebbe di mettere due paia di narici in un dinosauro!

3- Infine, c'è anche un motivo più profondo per essere preoccupati dalla affermazione di queste opere come sostituti della paleoarte "vera" realizzata da esseri umani. Un motivo che va alla radice profonda di cosa sia la paleoarte.

Torniamo alla domanda fondamentale della paleoarte: cosa rappresenta un'opera di paleoarte? Un animale estinto? No. Una scena del passato? Nemmeno. La paleoarte è la rappresentazione di un insieme di ipotesi fondate paleontologicamente. Ovvero, dietro la vera paleoarte c'è sempre una teoria paleontologica. Non importa quanto consapevole, né quanto esplicita, essa comunque esiste anche solo come base tecnica per l'esecuzione dell'opere. C'era dietro le opere di Knight, c'era dietro le opere di Burian, c'è dietro le opere di Troco. Ogni opera di Paleoarte ha una base teorica che la fonda. Una teoria sul Tempo Profondo, sulla Anatomia Comparata, sulla Storia Evolutiva. Il bravo paleoartista non è quello che ti ricostruisce il dinosauro più vero del vero, ma quello che trasmette (perché ispirato da) una peculiare teoria paleontologica. La Paleoarte è la rappresentazione della Scienza Paleontologica prima ancora che l'illustrazione del passato profondo. 

Un programma informatico che produce una ricostruzione di dinosauro utilizzando degli algoritmi di intelligenza artificiale NON può produrre paleoarte, perché quel programma non può concepire nella "sua mente" né comprendere "nella propria testa" alcuna teoria paleontologica. Esso si limita a processare simboli e a tradurli in serie di pixel: ma questo NON è e NON sarà mai una rappresentazione paleoartistica. Mettere pixel in modo apparentemente convincente non significa avere consapevolezza di voler trasmettere un significato. Almeno fino al giorno in cui un programma di intelligenza artificiale non sarà in grado di capire i concetti della paleontologia. Ma tale giorno è ancora molto lontano (e forse non arriverà mai).

Pertanto, sostituire la paleoarte "umana" con queste immagini prodotte da un computer significa sostituire una mente che pensa e riflette sulla paleontologia con un algoritmo che non pensa né riflette su alcunché. Significa sopprimere la sostanza conservando un surrogato della forma. E questo è un passaggio che inevitabilmente impoverisce e degrada il senso ultimo di qualunque rappresentazione paleontologica.