|
Cranio di Natovenator (da Lee et al. 2022) |
Tra cinque giorni, sarà il quinto compleanno di Halszkaraptor.
Fin dalla sua pubblicazione, la "piccola Halszka" ha generato molta attenzione, curiosità, ma anche controversie. Le modalità della sua scoperta (essa non è il risultato di uno scavo scientifico ma il recupero dell'esemplare dal mercato internazionale dei fossili) e la bizzarra anatomia di questo fossile hanno, legittimamente, spinto alcuni ad essere cauti e critici verso la nostra interpretazione ecologico-funzionale. Sebbene avessimo dettagliatamente dimostrato tramite scansioni tomografiche che il fossile non era una chimera artificiale, l'idea che questo dinosauro fosse una specie semi-acquatica, forse persino adattata al nuoto, ha sollevato alcuni dibattiti, compreso un articolo nel 2019 di confutazione della nostra ipotesi, articolo nei confronti del quale io pubblicai nel 2020 un articolo di risposta.
Tuttavia, la scienza non è una semplice competizione retorica, una gara a chi sa convincere il maggior numero di ascoltatori grazie alla propria arte oratoria. La scienza è discussione di evidenze scientifiche. Se Halszkaraptor è un dinosauro genuino, devono esistere anche altri esemplari. Se Halszkaraptor è acquatico, devono esistere ulteriori prove a sostegno di tale scenario oltre a quelle visibili nel primo fossile. La loro scoperta, più di qualunque argomentazione (per quanto logicamente valida) è ciò che consolida e sancisce la robustezza delle nostre ipotesi, la loro validità scientifica.
Questa scoperta, tanto necessaria e utile al fine di risolvere il dibattito, è arrivata. Io ne ero a conoscenza da alcuni anni, dato che essa fu annunciata in forma preliminare ad un congresso internazionale alcuni anni fa, sotto forma di poster, poster che mi fu poi inviato dal primo autore di tale studio, il paleontologo sud-coreano Sungjin Lee. Ovviamente, non potevo parlarne prima della conclusione dello studio e della sua pubblicazione ufficiale.
Oggi, lo studio completo di questo nuovo fossile è pubblicato ufficialmente (Lee et al. 2022). Gli autori descrivono un esemplare semi-articolato e parzialmente conservato di un nuovo halszkaraptorino scoperto nel 2008 durante una spedizione paleontologica nella Formazione Baruungoyot di Hermiin Tsav, nel sud della Mongolia, ed istituiscono Natovenator polydontus.
L'esemplare comprende il cranio quasi completo, buona parte del collo e del torace, parte degli arti anteriori, porzioni di bacino, gamba e coda. Molti elementi del fossile sono comparabili con Halszkaraptor, e confermano definitivamente che "la piccola Halszka" non è una chimera artificiale: le peculiari caratteristiche del cranio, del muso, della dentatura, del collo, dell'arto anteriore, della coda e del piede di Halszkaraptor sono presenti anche in Natovenator. Inoltre, la scoperta del fossile da parte di un team di paleontologi durante una spedizione in Mongolia conferma l'ipotesi che anche Halszkaraptor provenga dalla regione del Gobi. La differente preservazione di Natovenator (parzialmente articolato) rispetto ad Halszkaraptor (completo ed articolato) è in linea con le tipiche differenze di tafonomia dei theropodi di piccola dimensione rinvenuti nella formazione Baruungoyot rispetto a quelli dalla Djadochta, confermando l'ipotesi che Halszkaraptor provenga dalla seconda delle due unità geologiche.
Come in Halszkaraptor, anche Natovenator ha una peculiare conformazione del muso, platirostrale, dalla forma "a missile" in vista dorsale, con i premascellari appiattiti e fusi, un numero esageratamente alto di denti rostrali (persino più numerosi che nei già numerosi denti di Halszkaraptor: 13 per ciascun premascellare, più del triplo della norma theropodiana!), vertebre del collo allungate (ma in questo caso, il collo risulta un po' più corto di quello di Halszkaraptor), ed una riduzione dei forami pneumatici nelle vertebre (persino più ridotta che in Halszkaraptor). Natovenator condivide la particolare forma delle zigapofisi del collo tipica di Halszkaraptor, e mostra le medesime specializzazioni nella mano e nell'avambraccio viste nella "piccola Halszka". La coda presenta le medesime modifiche nelle vertebre anteriori viste in Halszkaraptor e Mahakala. Inoltre, Natovenator conferma la nostra ricostruzione della narice in Halszkaraptor come relativamente allungata posteriormente (un elemento che ci fu contestato nello studio del 2019 a cui ho accennato prima). La parte posteriore del cranio, nella zona occipitale, è simile a Mahakala (di questo ultimo non abbiamo il muso), mentre il piede è distinguibile sia da Halszkaraptor che da Hulsanpes.
|
Natovenator e comparazione tra la sua gabbia toracica e quella di altri theropodi (da Lee et al. 2022) |
L'elemento più importante di Natovenator è la preservazione della gabbia toracica (che invece è quasi completamente mancante nello scheletro di Halszkaraptor), la quale mostra una bizzarra conformazione delle coste dorsali. Esse descrivono una curva larga e bassa quando sono viste di fronte, una conformazione che è tipica di animali semi-acquatici e che è stata individuata anche in alcuni spinosauridi. Inoltre, l'articolazione delle coste dorsali con le vertebre non è ventro-laterale, come normalmente si osserva nei theropodi, ma inclinata posteriormente: il risultato è una gabbia toracica bassa fusiforme, diversa da quella tipica degli animali di terraferma, ma caratteristica di specie semi-acquatiche nuotatrici, come molti uccelli piscivori e mammiferi come l'ornitorinco. Ovvero, la gabbia toracica di Natovenator è chiaramente un adattamento prodotto dalla selezione naturale per migliorare il suo assetto idrodinamico, è un adattamento per migliorare il movimento in acqua!
Nel caso non sia chiara la portata evoluzionistica di questa scoperta: per avere una gabbia toracica con una tale modifica strutturale (ben più radicale di qualche modifica nei denti o nelle falangi, qui stiamo parlando della intera gabbia toracica che contiene gli organi vitali e che partecipa alla ventilazione polmonare), è necessario che questi animali siano stati selezionati attivamente dalla costante frequentazione dell'ambiente acquatico, e per lunghi tempi evoluzionistici. Ovvero, l'habitat acquatico deve essere stato abitato a lungo dalla linea halszkaraptorina, ben prima della comparsa delle quattro specie note finora dalla Mongolia. E non solo "abitato" in modo passivo, ma anche frequentato attivamente, al punto da plasmare il loro sistema scheletrico e locomotorio.
In una frase:
Questi dinosauri nuotavano attivamente!
|
Confronto tra l'inclinazione delle coste toraciche in un uccello terricolo (Casuarius, A) ed uno nuotatore (Alca, B). Nel terricolo, le coste sono perpendicolari all'asse del torace; nel nuotatore, le coste sono inclinate posteriormente rispetto all'asse del torace (frecce rosse). In basso, due dromaeosauridi, Shri Tyrannosaurus (C) e Natovenator (D), entrambi in vista ventrale. Notare che Natovenator ha l'assetto costale da nuotatore. Immagini in A e B da Tickle et al. (2007). |
Questo ultimo dettaglio morfofunzionale non era menzionato nel poster preliminare di Lee et al. del 2019, ed è stato per me una bellissima sorpresa, dato che va ben oltre le mie più ottimistiche speranze di avere ulteriori sostegni all'ipotesi che avevamo proposto cinque anni fa per spiegare l'anatomia in Halszkaraptor. Questa nuova scoperta di un così radicale adattamento scheletrico alla locomozione acquatica, scoperta inattesa, ma perfettamente coerente con l'interpretazione funzionale che avevamo dato nel 2017, sancisce in maniera definitiva l'ipotesi che Halszkaraptorinae è un clade di dromaeosauridi adattati ad uno stile di vita semi-acquatico, capaci sia di muoversi sulla terraferma che di nuotare in acqua per foraggiare sia al suolo che in contesti acquatici.
Natale è arrivato in anticipo di 3 settimane!
E non dimenticate di visitare il podcast per ascoltare l'episodio dedicato a Natovenator.
PS: riflettendo su questo nuovo studio, mi è tornata alla mente un'idea, molto speculativa quando la elaborai, ispirata dalla bizzarra morfologia della furcula di Halszkaraptor. In breve, l'articolazione tra furcula e sterno in Halszkaraptor mi ricordarono vagamente l'impianto pettorale di certi rettili acquatici, e questo mi fece immaginare, in forma del tutto ipotetica, se la gabbia toracica mancante di Halszkaraptor non fosse stata, chissà, forse in qualche modo appiattita come quella di una tartaruga marina. Siccome non avevo solidi argomenti per elaborare quell'idea, non la sviluppai né la menzionai nell'articolo del 2021, ma alla luce delle informazioni ricavate da Natovenator, forse c'era qualcosa di sensato in quella speculazione...
Bibliografia:
Lee S. et al. 2022. A non-avian dinosaur with a streamlined body exhibits potential adaptations for swimming. Communications Biology https://doi.org/10.1038/s42003-022-04119-9.