La versatilità dell'arto anteriore è una delle chiavi del successo dei theropodi. L'arto anteriore, svincolatosi dalla funzione locomotoria nei primi dinosauromorfi bipedi, ha seguito varie strade. In alcune linee, le esigenze di un bipedismo sempre più efficiente hanno "sacrificato" l'arto anteriore a vantaggio di altre parti della regione anteriore del corpo (in particolare, il distretto testa-collo). Ciò è evidente in Abelisauroidea, la forma più estrema di atrofia nei non-aviani, o, in forma meno estrema, in Tyrannosauridae. In altri, il braccio si è specializzato come organo di predazione, di offesa o difesa. Gli esempi più famosi sono le braccia degli spinosauroidi e dei megaraptori. Nei coelurosauri, in generale, il braccio perde mobilità a livello delle dita, ma ne guadagna nel polso e nella spalla. Gli uccelli porteranno all'estremo questo stile, evolvendo organi per la locomozione attiva in aria, le ali. Conseguenza secondaria di ciò saranno la perdita totale di funzionalità delle dita e, nelle forme secondariamente non-volatrici, una atrofia quasi completa del braccio, in analogia con gli abelisauroidi.
Tuttavia, esistono interessanti eccezioni a questo trend di atrofizzazione tutto aviano, ed il caso di oggi è veramente inatteso. Parlo di un theropode che, apparentemente, aveva la mano trasformata in una sorta di clava.
Longrich e Olson (2011) descrivono nuovi resti di Xenicibis, un ibis pleistocenico della Giamaica incapace di volare. Questo ibis, relativamente robusto rispetto ai suoi parenti attuali, mostra un ala ridotta, non adatta al volo, ma non completamente atrofica, come ci aspetteremmo negli uccelli non-volatori delle isole. Il cinto pettorale e lo sterno sono robusti, e la mano mostra una morfologia mai osservata prima in un vertebrato: nonostante le dita siano atrofiche (come in tutti gli uccelli moderni), il metacarpo è robusto, allungato ed incurvato, con un'espansione globosa nella parte distale. Nella forma, esso ricorda una clava.
L'interpretazione di Longrich e Olson (2011) è che l'ala di Xenicibis, sebbene non più adatta al volo, fosse stata cooptata come organo di difesa-offesa, probabilmente sia per le competizioni intraspecifiche che eventualmente come difesa dai possibili predatori dell'adulto o della prole. Una forma incipiente di questo comportamento è conosciuta in alcuni uccelli moderni, che possono provocare ferite con colpi vigorosi dell'ala. La presenza in alcuni fossili di Xenicibis di lesioni ossee dovute a traumi parrebbe avvalorare l'ipotesi che le clave fossero usate almeno nelle competizioni tra membri della stessa specie.
Bibliografia:
Longrich N.R. and Olson S.L. 2011 - The bizarre wing of the Jamaican fligthless ibis Xenicibis xympithecus: a unique vertebrate adaptation. Proc. Roy. Soc. B. doi: 10.1098/rspb.2010.2117
Sono Volpi. Mi sembra che avessero già trovato una struttura con funzione simile studiando i resti di un altro uccello non volatore parente stretto del Dodo,il solitario di rodriguez(pezophaps solitaria)
RispondiEliminaPost estremamente interessante. Risulta quasi difficile immaginare un'evoluzione di questo tipo, ad oggi non ci sono theropodi con adattamenti simili. Chissà se è una caratteristica di quest'unico genere, oppure è stata applicata da più specie magari dislocate in differenti posizioni geografiche e temporali.
RispondiEliminaQuesto apre anche nuove ipotesi su possibili adattamenti degli uccelli moderni in futuro, in passato invece si è sempre pensato che le opzioni per gli arti anteriori in aves fossero o lo sviluppo per locomozione di tipo aerea o subacquea, o l'atrofia, senza tante altre possibilità di adattamento.
A questo punto vorrei porti una domanda Andrea, ritieni possibile (seppur in ottica remota e puramente ipotetica), che un arto adattato al volo possa "ritornare" allo stadio di arto "classico"?
Cerco di spiegarmi meglio: E' possibile che sia mai esistito (o che possa evolversi in futuro) un uccello il quale originariamente aveva adattato gli arti anteriori sino alla "trasformazione" in ali, e successivamente, per ignote cause, sia "ritornato" (termine improprio, lo so) ad aver un arto da non volatore, ma non atrofizzato, e con una funzione, seppur limitata, simile a quella di alcuni theropodi mesozoici?
Non è impossibile, almeno in linea teorica.
RispondiEliminaDurante lo sviluppo embrionale le ossa del polso e della mano degli uccelli non sono ancora fuse, e le dita appaiono parzialmente distinte. Quindi, se si ritardasse la fase di ossificazione della mano fino a dopo la schiusa (vedi pulcino di Hoazin) e si sviluppasse una specie pedomorfica (in cui l'adulto conserva caratteri del pulcino), e se tale bizzarra combinazione di tratti risultasse vantaggiosa, non ci sarebbero obiezioni logiche al "ritorno" di un braccio "plesiomorfico".
Il problema è se questa possibilità teorica sia fattibile nella realtà naturale. Questo non lo so.
Grazie mille per la spiegazione, anche io ero arrivato ad una conclusione simile.
RispondiEliminaAxel
volpi Nel caso del solitario abbiamo osservazioni dell'animale nel suo ambiente naturale. Lo descrivono come un uccello territoriale che utilizzava le escrescenze osse presenti sull'ala come sia come arma sia come sonaglio.
RispondiEliminavolpi è possibile che le ali di xenicibis fossero usate per bilanciare il corpo durante brevi corse?
RispondiEliminaLo escludo: nei corridori è selezionata la riduzione della massa delle parti del corpo più esterne, per migliorare la posizione del baricentro. Non a caso, i bipedi cursori tendono a ridorre l'arto anteriore. L'espansione della parte terminale del metacarpo in Xenicibis è un fenomeno esattamente opposto al trend dei cursori: per quanto simmentrica sui due lati, l'espansione della "mazza" è comunque laterale, quindi sbilancia il baricentro lontano dall'asse mediano del corpo. Inoltre, le proporzioni degli arti posteriori di questo uccello non sono cursorie.
RispondiEliminaVolpi, una richiesta: puoi firmarti alla fine del messaggio e non all'inizio? A volte non si capisce chi stia scrivendo.