Pagine

18 agosto 2010

_Neptunidraco ammoniticus_ - Seconda Parte: Scansioni di Roccia per un puzzle 3D

Serie di scansioni, parallele tra loro lungo un asse perpendicolare alle sezioni, di una TAC su una testa umana
Immaginate di essere degli investigatori, ingaggiati per identificare un personaggio misterioso, e che, come unici indizi, abbiate a disposizione alcuni fotogrammi di una TAC (tomografia assiale computerizzata) realizzata sulla testa del vostro mister X. Frustrante, vero? Probabilmente, riterreste l'impresa quasi impossibile... 
Ebbene, un'impresa simile è accaduta a me e Federico Fanti, nel tentativo (che riteniamo riuscito) di dare un senso alle quattro lastre che compongono il fossile del primo metriorinco italiano, Neptunidraco ammoniticus. Infatti, mentre la maggioranza dei resti fossili su lastre sono simili a pezzi sfusi di un puzzle, ovvero, sono parti separate appartenenti ad uno stesso piano, le quattro lastre di Neptunidraco corrispondono invece a quattro piani distinti nello spazio, quattro piani di taglio, paralleli tra loro. Di fatto, l'olotipo di Neptunidraco è una "TAC fossile", impressa nel marmo.
Ovviamente, si tratta del genere di sfida a cui un Raider of the Lost Taxa non può rinunciare di partecipare...

Le 4 lastre dell'olotipo di Neptunidraco ammoniticus: "Bologna 1", "Bologna 2", "Ferrara 1", "Ferrara 2"- Le lastre di Ferrara sono illustrate ribaltate specularmente per facilitare la comparazione con quelle di Bologna
Il primo passo per la decifrazione del fossile è stato quindi la collocazione spaziale delle 4 lastre, ovvero, l'identificazione della sequenza spaziale con la quale dovevamo allinearle (mentalmente) per ricostruire l'esemplare. Prima di risolverla, è necessario farsi un'idea di cosa è presente nelle lastre.
Le quattro lastre, che per semplicità chiamo B1 e B2 (quelle conservate a Bologna) e F1 e F2 (quelle conservate a Ferrara), presentano ciascuna 2 piani esposti (il "sopra" ed il "sotto" della lastra), per un totale di 8 piani. Tuttavia, F2 è attualmente fissata ad una parete: pertanto, F2 ha solo 1 piano visibile. Inoltre, non tutti i piani sono osservabili con lo stesso dettaglio: ogni lastra ha infatti un piano lucidato (quello esposto) ed uno non lucidato (generalmente non visibile al pubblico, ma che noi abbiamo potuto analizzare). Il lato non esposto e non lucidato è rivido ed opaco, e non permette di identificare i dettagli con la stessa accuratezza dei lati lucidati. Nondimeno, come vedremo, anche questi lati sono stati utili per il nostro studio. 
Dei 7 piani osservabili, 2 mostrano poche ossa esposte, e non sono stati analizzati ulteriormente. I restanti 5 piani, studiati nel dettaglio sono: B1 (lato lucido della lastra piccola di Bologna), B2a (lato lucido della lastra grande di Bologna), B2b (lato opaco della lastra grande di Bologna), F1 (lato lucido) e F2 (lato lucido). Confrontando le ossa esposte in queste lastre, sono identificabili le seguenti parti dello scheletro: molte ossa del tetto cranico (mascellare, nasale, prefrontale, frontale, parietale, postorbitale, squamoso), buona parte della mandibola (dentale, surangolare, spleniale, articolare), numerosi denti (spesso ancora nella cavità alveolare) e 7 vertebre (almeno 5 cervicali e al più un paio di dorsali). Il fossile quindi mostra la regione del collo ed il cranio di un rettile marino.
Se osservate le lastre e le confrontate tra loro, noterete che:
1- La mandibola è slittata di lato verso destra, ma conserva il suo asse principale parallelo all'asse del cranio.
2- La metà destra del rostro ha subito una torsione e mostra i denti esposti lateralmente, rivolti verso destra.
3- Le vertebre del collo formano una curva che punta nella zona tra cranio e mandibola.
L'interpretazione di questi fatti è che il cranio abbia subito una leggera disarticolazione, probabilmente prodotta da forze dirette verso destra (correnti di fondo? una leggera pendenza del fondale?) che hanno deformato la parte destra del rostro, spinto verso destra la mandibola ed incurvato il collo.
La presenza di ossa come il nasale, prefrontale e frontale indica che stiamo osservando la zona dorsale (il tetto) del cranio. Confrontando le ossa esposte, e quanto ciascun osso sia esposto nelle differenti lastre, ipotizziamo che la sequenza delle lastre, partendo da quella più dorsale, ed approfondendoci verso il basso, sia: B1, B2, F1, F2. Nella figura qui sotto, le figure A, B, C, D mostrano le ossa del cranio esposte nelle lastre disposte in quell'ordine. La figura E è una sovrapposizione delle 4 figure precedenti, mentre la F è una ricostruzione del cranio basata sulle ossa note (bianco) e con le ossa mancanti sulla base degli altri metriorinchi (grigio).
Neptunidraco ammoniticus: A, B1; B, B2b, C, B2a; D, F1; E, sovrapposizione delle lastre A-D; F, ricostruzione del cranio in vista dorsale (modificato da Cau & Fanti, 2010)
Un'ultima domanda che dobbiamo risolvere prima di continuare con lo studio è se la disarticolazione ha deformato in modo significativo le ossa, spostandole dalla posizione originaria in modo tale da impedirci di ricostruire il cranio in modo accurato.
Due indizi ci dicono che la disarticolazione fu scarsa e non ha deformato eccessivamente il cranio:
1- La mandibola è intatta e disposta parallelamente al cranio, segno che il disturbo fu limitato e diretto in una sola direzione (così da mantenere la mandibola slittata parallela alla sua posizione originaria).
2- Nel lato non lucido della lastra B2 (figura B in alto, in arancione), si osserva che il cranio è articolato con continuità dalla punta del nasale fino all'articolazione postorbitale-squamoso, segno che le ossa nasale-prefrontale-frontale-postorbitale-squamoso conservano le loro reciproche connessioni anatomiche tra loro.

Concludendo, il fossile mostra un cranio ed il collo, i quali hanno subito una ridotta disarticolazione (a parte il distacco della mandibola dal cranio ed il suo slittamento laterale di solo una quarantina di centimetri). Se si esclude la metà destra del rostro, il resto del cranio preservato è relativamente articolato, e quindi ci permette con buona approssimazione di ricostruire la morfologia del tetto cranico. Pertanto, questo è il probabile aspetto del cranio di Neptunidraco ammoniticus:

Neptunidraco era quindi un animale con un muso allungato, ampi prefrontali che coprono dorsalmente quasi completamente le orbite, una zona interorbitale relativamente stretta, ed un'ampia zona postorbitale occupata da due finestre sopratemporali espanse, di forma trapezoidale-ellittica (per favore, non confondete le finestre sopratemporali con le orbite oculari: queste ultime sono visibili solo in parte -le due fessure nere poste tra i prefrontali e i frontali).
Se la nostra ricostruzione è corretta, la lunghezza totale del cranio dell'animale è di circa 80 cm. Assumendo le proporzioni corporee tipiche dei metriorinchidi, ciò ci permette di stimare la lunghezza totale del corpo in circa 4 metri.

Nel prossimo post parlerò dell'inaspettata antichità geologica di Neptunidraco, e del modo con cui siamo riusciti a ricavarla.

Bibliografia:
Cau, A., Fanti, F. 2010. The oldest known metriorhynchid crocodylian from the Middle Jurassic of North-eastern Italy: Neptunidraco ammoniticus gen. et sp. nov., Gondwana Research. doi:10.1016/j.gr.2010.07.007

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti anonimi saranno ignorati
-------------------------------------------------------------
Anonymous comments are being ignored
-------------------------------------------------------------