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26 novembre 2017
15 novembre 2017
Afromimus e la Sindrome di Elaphrosaurus
Sereno (2017) descrive i
resti frammentari di un theropode di dimensioni medio-piccole
(lunghezza totale stimata attorno ai 3 metri) dal Cretacico Inferiore
del Niger, ed istituisce Afromimus tenerensis. L'unico
esemplare noto di questo nuovo taxon comprende alcune vertebre
caudali intermedie e distali, due archi emali, buona parte della
tibia e fibula parzialmente ossificate all'astragalo-calcagno. Sereno
(2017) riferisce Afromimus a (la parte basale di)
Ornithomimosauria, e revisiona in parte la diagnosi e descrizione
dell'altro ornithomimosauro africano, Nqwebasaurus. I
caratteri che Sereno (2017) cita come potenziali sinapomorfie
ornithomimosauriane in Afromimus sono principalmente a livello
delle vertebre caudali e degli ungueali del piede.
Io sono scettico verso
questa interpretazione, e ritengo che Afromimus non sia un
ornithomimosauro. In particolare, il tibiotarso non mostra
particolari affinità con gli ornithomimosauri, mentre è molto
simile a quello di vari abelisauroidi gracili. Nonostante Sereno
(2017) noti delle similitudini con gli abelisauroidi, esse vengono da
lui considerate convergenze. Egli confronta Afromimus con i
resti (purtroppo ancora non descritti ufficialmente) di un
noasauridae dalla medesima formazione, e nota delle differenze che
non avvalorerebbero uno status noasauridae. Faccio notare che nulla
vieta la presenza di due abelisauroidi di tipo gracile nella medesima
formazione, quindi le differenze con l'altro noasauride di per sé
non sono prova che Afromimus non possa essere un abelisauroide.
Da notare che Sereno
(2017) non si avvale di una analisi numerica per sostenere questo
scenario filogenetico, quindi non viene testata una eventuale
posizione a larga scala in Theropoda.
Immesso in Megamatrice,
Afromimus risulta un Noasauridae Elaphrosaurinae. Occorrono 11
steps supplementari per collocare Afromimus nella parte basale
di Ornithomimosauria: questo scenario alternativo è quindi meno
plausibile.
Sembra un copione già
letto...
Ci ritroviamo quindi
l'ennesimo caso di un abelisauroide africano scambiato per
ornithomimosauro basale?
Bibliografia:
Sereno P.C. (2017). Early
Cretaceous ornithomimosaurs (Dinosauria: Coelurosauria) from Africa.
Ameghiniana 54: 576–616.
12 novembre 2017
Desideri inesplicabili
Questo post rappresenta l'anticamera di una serie speciale, in arrivo prossimamente.
Di recente, mi sono imbattuto in un
post
di Darren Naish che si può ricondurre a questa domanda: se tu
potessi esaudire un desiderio, relativo alla scoperta di nuovo
fossile, cosa vorresti che fosse scoperto? Ho rivolto una domanda
analoga ai follower della pagina Facebook del blog, ed
i risultati sono stati interessanti. In generale, a domande come
questa gli interpellati rispondono elencando i propri desideri
relativi a questioni paleontologiche irrisolte.
Un Tyrannosaurus
adulto con tracce dettagliate di pelle. Uno scheletro completo di
Spinosaurus. Un nuovo fossile che colma una lacuna nella
transizione agli uccelli.
Questi sono desideri "interpolativi",
che colmano lacune note, e si collocano nei gap del tessuto
conoscitivo che noi abbiamo costruito dai fossili scoperti fino a
ora. Oppure, ci sono i desideri "estrapolativi", che
estendono l'attuale range di conoscenza oltre i suoi attuali confini,
estrapolando (quindi, proseguendo) il trend di conoscenze
costruito finora.
Un ceratopside in
Asia Centrale. Un dinosauro piumato del Triassico. Uno spinosauride
maastrichtiano.
Nelle mia esperienza paleontologica, ho
fatto studi su fossili che si sono rivelati scoperte sia
interpolative che estrapolative. Aurornis era un tassello
interpolativo "prevedibile" lungo la transizione agli
uccelli. Machimosaurus rex un tassello estrapolativo
del range stratigrafico e dimensionale dei teleosauridi.
Eppure, c'è anche una terza categoria
di desiderio, forse la più audace: un fossile talmente nuovo ed
inatteso che non possiamo nemmeno immaginare, perché del tutto
aldilà delle nostre aspettative, prospettive e previsioni, sia
interpolative che estrapolative. Ovvero, la scoperta pura, che non si
può collocare all'interno delle attuali conoscenze né come
continuazione di quelle precedenti: qualcosa che crea una nuova
regione della conoscenza, non prevista precedentemente.
In genere, questa terza categoria è
quella meno esplorata dai desideri: probabilmente, perché anche
nella fantasia tendiamo ad essere conservatori (sia quando
interpoliamo che quando estrapoliamo), ma mai veri creatori. Ciò,
nella scienza, è anche giustificato: la creatività pura, senza
supporto empirico, può difatti sfociare nel fantastico e nel mitico,
ed uscire dalla scienza.
In alcuni, rari casi, però, Madre
Natura ci viene incontro, regalandoci qualcosa che, di fatto, è una
realizzazione della terza categoria di desideri. Dopo tutto, non è
forse vero che ci sono più cose in cielo ed in terra di quante ne
possa concepire la nostra filosofia (paleontologica)?
Ed è proprio
ad un episodio di questo tipo, eccezionale nel senso più puro del
termine, che dedicherò prossimamente una serie di post.
Restate sintonizzati!
11 novembre 2017
Una Soluzione Etica e Sostanziale all'Affare Ajacingenia
Nel genere
cinematografico poliziesco e d'azione, esiste una coppia
stereotipata, la così detta coppia "poliziotto buono - sbirro
cattivo". Entrambi i membri della coppia sono "dei buoni"
ed entrambi combattono il crimine, ma risultano antitetici da un
punto di vista "aristotelico". Il poliziotto buono è
generalmente "formale", vuole rispettare le regole sempre e
comunque, ed è perfettamente aderente al regolamento. Egli incarna
l'idea che le regole siano da rispettare sempre e comunque, costi
quel che costi. Lo sbirro cattivo è invece allergico alle
regole, non rispetta il regolamento e tende a fare "a modo suo".
Egli incarna l'idea che la giustizia e l'etica sono più importanti
della forma, e che il nobile fine di far trionfare la giustizia
richiede ai buoni, a volte, di "agire da cattivi".
Generalmente, la simpatia dello spettatore va verso "lo sbirro
cattivo", se non altro perché spesso la trama di questi film è
proprio incentrata sulla necessità di "sporcarsi le mani"
e "violare il regolamento" per combattere il crimine. Una
scena classica di questi film è appunto il momento in cui lo sbirro
cattivo spiega all'amico poliziotto buono che, a volte, occorre
violare il regolamento proprio per mantenere in vita il senso stesso
di quel regolamento. Perché, dopo tutto, le regole sono fatte per
essere infrante. e la forma ha senso solamente in funzione della
sostanza.
Vi ricordate il brutto
affare che coinvolse la revisione tassonomica dell'oviraptoride
"Ingenia" yanshini? Ne parlai alcuni anni fa,
quando scoprii (e denunciai
su questo blog) che un certo Easter, autore della "revisione"
di Ingenia (revisionato con il nome di Ajacingenia),
aveva scritto quell'articolo plagiando
il blog di Mickey Mortimer e non contattando Rinchen Barsbold,
paleontologo mongolo di fama internazionale, ancora in vita ed autore
della specie originaria "I." yanshini,
quindi non coinvolgendolo nella revisione della specie istituita
proprio da Barsbold nel 1981.
Formalmente, il nome
"Ajacingenia" è pienamente valido, perché rispetta
tutte le regole del Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica.
Secondo l'approccio del "poliziotto buono", il nome
Ajacingenia chiude la faccenda, e deve essere usato. Eppure,
io ho più volte sottolineato che tale nome è, per quanto
"formalmente buono", "sostanzialmente cattivo",
sbagliato ed ingiusto. Pertanto, io non lo ritengo un termine
scientificamente valido, per questioni "etiche" più che
formali: usare quel termine significa avallare un episodio di plagio
e di scorrettezza etica. Oltre che ingiusto nella sostanza, esso
diventa un pericoloso precedente di vandalismo tassonomico e cattiva
condotta professionale.
Altri preferiscono
"rispettare il regolamento" e ignorare la questione etica:
essi dicono che siccome Ajacingenia è formalmente valido, non
ci sono motivi per non usarlo. Io la penso diversamente. Forse perché
io non sono un poliziotto buono, ma uno sbirro cattivo: una persona
poco rispettosa della forma ma molto attenta alla sostanza.
All'inizio di questo
anno, ricevetti la richiesta di fare la revisione tecnica ad un
manoscritto scritto da Greg Funston, Mendonca, Currie e Barsbold,
avente come oggetto una dettagliata revisione anatomica e tassonomica
degli oviraptorosauri dal Bacino del Nemegt. In questo articolo, gli
autori revisiovano la morfologia di "Ingenia" ed
usavano il nome "formalmente valido" di Ajacingenia.
Alla fine della mia revisione, inclusi una nota non vincolante, ma
che mi auguravo che gli autori avrebbero preso in considerazione:
evitare di usare Ajacingenia, per i motivi etici che ho menzionato
prima, e di "aggirare il codice" proponendo la seguente
soluzione:
In tutte le recenti
filogenesi degli oviraptorosauri, "Ingenia/Ajacingenia"
yanshini risulta sister taxon di Heyuannia huangi, un
oviraptoride cinese. I due oviraptoridi sono molto simili, in
particolare nella inusuale morfologia robusta della mano, al punto
che le differenze tra i due olotipi sono a livello di dettagli
minori. Pertanto, proposi, perché non abbandonare Ajacingenia
(per motivi etici sostanziali) e proporre una "espansione"
del nome Heyuannia, così da includere al suo interno non solo
la specie huangi, ma anche la specie yanshini? Ovvero,
proposi a Funston et al. di istituire una nuova combinazione
"Heyuannia yanshini" al posto di "Ajacingenia
yanshini". Dato che il genere Heyuannia è stato
istituito 11 anni prima di Ajacingenia, esso è un potenziale
sinonimo senior di questo ultimo, e quindi ha priorità nel caso i
due nomi si riferiscano al medesimo taxon. Pertanto, "espandendo"
l'inclusività di Heyuannia (non più associato ad una sola
specie, ma a due), si rende inutile la necessità di Ajacingenia.
In questo modo, sicuramente poco formale, ma sostanzialmente valido e
comunque permesso dal Codice, si rimuoveva alla radice il problema
etico generato da Ajacingenia.
Notate che non ci sono
motivi per rifiutare questa opzione: esattamente come Gorgosaurus
libratus e Albertosaurus libratus sono due alternative
valide per il medesimo taxon (dipende da quanto inclusivo
consideriate il nome Albertosaurus), allo stesso modo possiamo
usare Heyuannia yanshini e Ajacingenia yanshini. Con la
differenza, per me sostanziale, che Heyuannia yanshini è
eticamente più accettabile di Ajacingenia yanshini.
Da Funston et al. (2017) |
Ieri, l'articolo di
Funston et al. (2017) è stato pubblicato. Gli autori hanno accolto
il mio suggerimento e propongono la combinazione Heyuannia
yanshini.
Essi scrivono:
Barsbold
(1981) originally described this oviraptorid as “Ingenia”
yanshini, but the genus was preoccupied by a nematode. Despite
recognition of the taxonomic issue, it was not resolved until Easter
(2013) coined “Ajancingenia”. There are, however, several
ethical problems with the study of Easter (2013), including the
plagiarism of text and a figure. Hence, despite the validity of
‘Ajancingenia’ under the ICZN, we propose synonymizing
Ajancingenia and Heyuannia to avoid an ethical dilemma.
This synonymy is supported by recent oviraptorosaur phylogenies
(Lamanna et al., 2014; Funston and Currie, 2016; Lü et al., 2016),
which find H. yanshini and H. huangi as sister taxa.
Funston mi ha
personalmente risposto ieri, via Facebook, ringraziandomi per
aver proposto una "soluzione elegante" ed eticamente
risolutrice alla controversia tassonomica. Io, ovviamente, seguirò
questa proposta, non tanto perché l'ho proposta io, ma perché mi
pare veramente la soluzione più corretta, nella sostanza, ad una
brutta faccenda di plagio e vandalismo tassonomico.
Bibliografia:
Funston,
G.F. et al. (2017) Oviraptorosaur anatomy, diversity and ecology in
the Nemegt Basin. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology
http://dx.doi.org/10.1016/j.palaeo.2017.10.023
08 novembre 2017
Billy e il Clonesauro: Jurassic Peer (Review)
Decisione sul
manoscritto 1993-06-11-B
[Hammond J., Arnold J.,
Muldoon R., Nedry D., Wu H.
"Exceptional
genomic preservation and in vivo conservation of Mesozoic
pan-avian megafauna"]
Gentile Prof. Hammond,
il Suo manoscritto intitolato
"Eccezionale preservazione genomica e conservazione in vivo
di megafaune mesozoiche pan-aviane" è stato valutato dai nostri
revisori, i quali hanno riportato una serie di criticità nei
commenti che allego qui sotto.
Cordialmente,
Dr. Donald Gennaro
Editore Senior
[nome di super-giornale molto impattante]
Revisore #1 (Commenti agli autori):
Apro questa revisione con una nota personale. Ammetto di essere rimasto sorpreso nel ricevere questa richiesta di revisione. Lo studio presentato da Hammond et alii è una caotica commistione di ingegneria genetica, conservazionismo, ingegneria civile, gestionale ed elettronica, e una non poco celata analisi finanziaria, ed - effettivamente - il mio unico contributo significativo ad una revisione di tale manoscritto può solo consistere nel analizzare il caos intrinseco di questa sottomissione, replicando i dati presenti nelle informazioni supplementari.Incoraggio pertanto l'Editore, qualora non abbia già valutato questa eventualità, ad inviare questo manoscritto anche ad esperti nelle sopra citate discipline.In merito alla mia analisi dei dati, ho replicato con varie iterazioni le procedure presentate dagli autori. Purtroppo, ad ogni iterazione, il sistema collassa e non permette di giungere alle conclusioni riportate dagli autori. Mi rincresce partire con un commento che può apparire un attacco personale, ma è forte il mio sospetto che gli autori siano stati così preoccupati di doverlo fare che non hanno pensato se dovevano farlo.Alcune parti del testo sono poco chiare, e suggerisco di rivederle in modo sostanziale.Riga 23: ometterei il paragrafo su "Mr. DNA", che è poco rilevante. Eventualmente, gli autori possono spostare questa parte nelle Informazioni Supplementari.Riga 36: le illustrazioni e le figure sono piuttosto carenti: è previsto che si vedano dei pan-aviani, in questo articolo su pan-aviani?Riga 41: i materiali non seguono comportamenti prestabiliti, o i programmi descritti nel metodo: è questa l'essenza del caos di questo manoscritto.Riga 82: gli autori omettono di citare gli studi che dimostrano la insostenibilità delle recinzioni qualora venga meno la tensione elettrica. Non accada che io poi debba dire: "quanto mi secca avere sempre ragione!".Riga 114: è inutile dilungarsi nella descrizione del tracciato dell'impianto elettrico. Molto semplicemente, basta guardare sopra la propria testa, e seguire il grosso fascio di cavi e di tubi che vanno tutti nella stessa direzione.Infine, gli autori abusano per tutto il testo della locuzione "qui non si bada a spese", sebbene in più punti sia evidente il carente investimento economico sostenuto in termini di sicurezza del personale, gestione e localizzazione dell'impianto elettrico, gestione del sistema di monitoraggio, stoccaggio del materiale genetico, disposizione della segnaletica stradale, posizionamento dei servizi igienici.Il mio giudizio finale è quindi: major revision.Cordialmente,Prof. Ian MalcomSanta Fe Institute
Revisore #2 (Commenti agli autori):
Dopo aver letto il titolo e l'abstract di questo manoscritto, non posso fare a meno di domandare agli autori come ci siano riusciti. Il mondo delle pubblicazioni scientifiche ha subito cambiamenti così radicali che corriamo per tenerci al passo. Non voglio affrettare conclusioni, ma dico: la paleontologia, la genetica, la conservazione e l'ingegneria, scienze separate da milioni di pagine di pubblicazioni, vengono gettate nella mischia assieme; come possiamo avere la ben che minima idea di cosa possiamo aspettarci?Nei materiali e metodi, gli autori affermano di aver svolto lo studio in cinque anni, dal momento di concessione dei laboratori dal governo alla implementazione del sistema biologico. Tuttavia, non è credibile che essi abbiano portato il loro studio a regime in soli cinque anni. Il breve paragrafo riportato non fornisce tutte le informazioni necessarie per replicare la loro conclusione.Gli autori menzionano brevemente la presenza di una dozzina di taxa inclusi nella ricerca, ma poi nell'articolo e nelle informazioni supplementari sono riportate solamente cinque specie. Questa discrepanza deve essere chiarita.La tassonomia utilizzata nello studio è alquanto idiosincratica: "Velociraptor antirrhopus" è utilizzato solamente da un autore in letteratura. Consiglio di conformare la tassonomia alla maggioranza degli autori in letteratura, per evitare ambiguità interpretative.Gli autori menzionano nelle note un articolo in preparazione ("Hammond et al. in prep.") nel quale sarebbe riportato un Esperimento B che avallerebbe le conclusioni del presente manoscritto. Per quale motivo i due studi sono separati?Le illustrazioni utilizzate nell'articolo sono da aggiornare: l'iconografia pare rifarsi alla fine degli anni '80. Incoraggio gli autori, qualora siano intenzionati ad includere ricostruzioni, ad usare illustrazioni più recenti ed aggiornate allo stato attuale delle conoscenze.Le numerose lacune ed incongruenze, la descrizione scarna e non chiara dei materiali e dei metodi utilizzati, la nomenclatura e l'iconografia non all'altezza degli attuali standard, oltre che una serie di pericolose omissioni, specialmente in termini di sostenibilità ecologica ed ambientale, mi portano ad essere molto critico nella valutazione di questo studio.In conclusione, dopo attenta considerazione ho deciso di non avallare questo manoscritto.Prof. A. GrantUniversity of Denver
05 novembre 2017
Opisthocoelicaudia è Nemegtosaurus?
Un anno fa, Federico
Fanti mi mostrò alcune fotografie di una località fossilifera nel
sud della Mongolia, che aveva prospettato durante la spedizione
internazionale nel Gobi del Agosto-Settembre dello stesso anno.
L'obiettivo della spedizione era stato prettamente
geologico-cartografico: la mappatura e geolocalizzazione delle
principali località fossilifere del Cretacico Superiore della
Mongolia, nell'ambito di un progetto volto a monitorare e
salvaguardare il patrimonio fossilifero mongolo, in particolare nei
confronti dei tombaroli illegali che depredano questi siti per
alimentare il mercato nero. Parlerò ancora di questo tema, nel
prossimo futuro.
Nello specifico
dell'episodio che sto raccontando, Federico e gli altri membri della
spedizione avevano combinato i dati di campagna delle spedizioni
Polacco-Mongole degli anni '60 assieme alle più recenti immagini
satellitari, per localizzare il sito di scavo del dinosauro che
prende il nome proprio dalla Formazione Nemegt, Nemegtosaurus
mongoliensis.
Nemegtosaurus
è basato su un cranio articolato di sauropode, scoperto in un canyon
del Nemegt da alcuni membri della spedizione polacca del 1965, e
battezzato ufficialmente nel 1971. Alcuni giorni prima di quel giugno
1965, durante la medesima spedizione, era stato scoperto un altro
sauropode, in un'altra località, Altan Uul IV: in questo caso,
l'esemplare era costituito da gran parte dello scheletro
postcraniale. A questo secondo esemplare, nel 1977, sarà dato il
nome di Opisthocoelicaudia skarzynskii.
Questi due sauropodi
sono basati su elementi scheletrici non sovrapponibili: Nemegtosaurus
è noto solo da resti del cranio, mentre Opisthocoelicaudia
solamente da parti postcraniali. Pertanto, non è possibile stabilire
direttamente le loro reciproche affinità. Data la dimensione
comparabile e stretta corrispondenza geografica e stratigrafica, è
stato più volte valutato se i due taxa siano sinonimi (ed in tal
caso, Nemegtosaurus avrebbe priorità come nome valido). In
assenza di elementi ossei sovrapponibili tra i due taxa (ovvero, la
mancanza di parti ossee omologhe confrontabili nei due olotipi) la
questione sulla eventuale sinonimia tra Nemegtosaurus e
Opisthocoelicaudia è divenuta quasi una discussione
"filosofica", per cui la sinonimia o distinzione dei due
era più una manifestazione delle personali convinzioni (e
pregiudizi) tassonomici ed ecologici di chi la sosteneva, piuttosto
che un'ipotesi testabile scientificamente. Ripeto: in assenza di
elementi ossei direttamente confrontabili, tale sinonimia e tale
distinzione restavano solamente ipotesi.
L'ipotesi della
sinonimia era smentita (ma non necessariamente confutata) da tutte le
analisi filogenetiche recenti, che collocavano i due taxa in rami
separati di Titanosauria.
Bisogna sottolineare
bene che, in questi casi, l'analisi filogenetica può non essere di
aiuto a dipanare la questione, perché l'ipotesi sulla sinonimia dei
due taxa deve essere assunta o rifiutata a priori,
prima di svolgere una analisi filogenetica, e quindi non è
testabile dalla stessa analisi. Nello specifico, sebbene le analisi
filogenetiche collocassero i due taxa in rami distinti di
Titanosauria, questo risultato era viziato a priori dall'ipotesi che
essi non fossero lo stesso taxon (ipotesi implicita nell'inclusione
dei due animali come unità tassonomiche separate). Difatti, tale
separazione dentro Titanosauria potrebbe solamente dipendere dal
fatto che il cranio e il postcranio del medesimo taxon hanno
differenti gradi di omoplasia rispetto agli altri titanosauri, e
quindi si "collocano" in zone distinte della filogenesi.
Per chiarire cosa significa questa "diversa omoplasia",
immaginate di analizzare il cranio ed il postcranio di un medesimo
theropode come Oviraptor in una filogenesi dei theropodi: è
probabile che il cranio (così corto, sdentato e pneumatizzato)
risulterà imparentato con gli uccelli, mentre il postcranio sarà
collocato in una diversa posizione, non legata direttamente agli
uccelli: tale separazione tassonomica sarebbe, ovviamente, un
artefatto della separazione a priori delle due regioni anatomiche.
Pertanto, è
possibile che sia accaduto lo stesso con Nemegtosaurus e
Opisthocoelicaudia?
Solo il ritorno sul
campo e l'eventuale scoperta di nuovo materiale indiscutibilmente
riferibile ai due taxa e, finalmente, sovrapponibile, avrebbe potuto
risolvere la questione.
Questo ci porta alla
spedizione dell'Agosto 2016. Combinando le informazioni storiche e
geologiche, Federico ha ritrovato il sito di scavo di Nemegtosaurus.
La conferma che la località (ri)scoperta sia quella originaria del
1965 viene da "tracce" lasciate dai paleontologi polacchi
stessi nel sito, come resti delle attrezzature usate per scavare e
trasportare il fossile, o cumuli di pietre usate come "marcatori".
Nel sito, fortunatamente, sono presenti alcune ossa, non scavate nel
1965, tra cui alcuni resti di un arto posteriore ed una vertebra
parziale. La vertebra, parzialmente preservata, non pare essere una
dorsale, bensì una caudale prossimale: dettaglio molto importante,
essa è dotata di una marcata convessità anteriore del centro.
Ovvero, tecnicamente, si tratta di una vertebra caudale
opistocelica: questa è proprio la traduzione del nome
Opisthocoelicaudia, ovvero, il sauropode con le caudali
opistoceliche, ed è uno dei caratteri diagnostici dell'altro
sauropode del Nemegt.
Opisthocoelicaudia
è quindi sinonimo di Nemegtosaurus?
Il buon senso e
l'istinto mi dicono di sì, ma a rigore la faccenda è più sottile
da considerare. Difatti, non è sufficiente che Nemegtosaurus
abbia un carattere diagnostico di Opisthocoelicaudia, per
rendere i due taxa sinonimi. Anche se penso che alla fine risulterà
così, è necessario che si rinvengano anche degli esemplari di
Opisthocoelicaudia con resti del cranio, per confermare da
ambo i lati la sinonimia.
Qualora, un giorno,
si rinvegnano resti cranici di Opisthocoelicaudia, avremmo due
possibili opzioni:
- Il cranio di Opisthocoelicaudia skarzynskii è indistinguibile dal cranio di Nemegtosaurus mongoliensis: i due taxa sono sinonimi (il nome valido resta N. mongoliensis).
- Il cranio di Opisthocoelicaudia skarzynskii è distinguibile dal cranio di Nemegtosaurus mongoliensis: i due taxa sono sister-taxa, sulla base della presenza condivisa di caudali opistoceliche.
Questo risultato è,
a sua volta, distinto dalla questione tassonomica che si solleverebbe
dall'opzione 2, ovvero, il nome a livello di genere da usare per
separare i due eventuali sister-taxa (ovvero, l'inclusione di O.
skarzynskii nel genere Nemegtosaurus, come N.
skarzynskii, o la conservazione di Opisthocoelicaudia).
Questa seconda questione sarebbe molto soggettiva, e non vale la pena
dilungarsi a discuterla prima ancora di aver risolto l'opzione 1
rispetto alla 2.
Trovate i dettagli
della (ri)scoperta del sito-tipo di Nemegtosaurus in Currie et
al. (2017).
Bibliografia:
Philip J. Currie,
Jeffrey A. Wilson, Federico Fanti, Buuvei Mainbayar, Khishigjav
Tsogtbaatar. 2017. Rediscovery of the type localities of the Late
Cretaceous Mongolian sauropods Nemegtosaurus mongoliensis and
Opisthocoelicaudia skarzynskii: Stratigraphic and taxonomic
implications. Palaeo3 doi:10.1016/j.palaeo.2017.10.035
02 novembre 2017
Luci e Ombre su Ornithoscelida... e sulle sue alternative
Come facilmente
intuibile, la pubblicazione di Baron et al. (2017a) sulla rivoluzione
in seno alla base di Dinosauria ha generato una serie di ricerche
volte a controllare e testare questa ipotesi.
Ci sono vari modi per
testare un'ipotesi filogenetica.
Si può controllare che i
dati utilizzati siano confermati e corretti.
Si può analizzare i dati
utilizzati con metodi alternativi, per testare se il risultato è
viziato dal metodo usato.
Si possono includere dati
ulteriori, non presenti nello studio originale, per testare quanto
l'ipotesi originaria "regga" la prova dei nuovi dati.
Parte del medesimo team
che ha proposto Ornithoscelida 2.0, ha recentemente ampliato la loro
ipotesi includendo Chilesaurus, da loro considerato come un
ulteriore supporto ad un clade comprendente neotheropodi e
ornithischi ma escludente herrerasauri e sauropodomorfi (Baron e
Barrett 2017). Ho
criticato la logica sottostante quello studio, notando che esso è
debole sul piano metodologico. Infine, poche settimane fa, Parry et
al. (2017) hanno analizzato la matrice di Baron et al. (2017a) usando
metodi di ricostruzione filogenetica non usati nel primo studio:
questo ultimo studio è una verificazione di Ornithoscelida, ma non
si può considerare un test vero e proprio, dato che non aggiunge
nuovi dati significativi.
Tutti questi studi si
possono considerare come argomentazioni a sostegno di Ornithoscelida.
Ed il fronte avverso?
Ovvero, nessuno si fa portavoce di quella ampia maggioranza più o
meno conservatrice e quindi a sostegno di Saurischia (ovvero, un
legame diretto tra theropodi e sauropodomorfi, escludente gli
ornithischi)?
In un breve commento
pubblicato ieri, Langer et al. (2017) revisionano l'articolo di Baron
et al. (2017a) e ne evidenziano alcuni problemi sia empirici che
metodologici. Nello stesso numero di Nature dove è pubblicato Langer
et al. (2017) è anche pubblicata la (altrettanto breve) risposta dei
sostenitori di Ornithoscelida (Baron et al. 2017b).
Ho letto ambo le due
posizioni, e noto che entrambe hanno pro e contro, luci ed ombre.
Langer et al. (2017)
hanno ragione nel sottolineare che numerose codifiche di caratteri in
Baron et al. (2017a) siano da revisionare, rivedere, correggere o
definire in modo più oggettivo. La critica sulla mancanza di alcuni
taxa nell'analisi è in parte pretestuosa, dato che il campionamento
tassonomico di Baron et al. (2017a) è comunque il migliore portato
finora. Menzionare Buriolestes e Ixalerpeton è un poco
forzato, dato che i due taxa furono pubblicati nel novembre 2016, e
Baron et al. (2016) hanno sottomesso il loro manoscritto nel
settembre del 2016. In ogni caso, Langer et al. (2017) hanno ragione
a sottolineare le debolezze di metodo nelle analisi di Baron et al.
(2017a). Tuttavia, non capisco il motivo, presente nella critica di
Langer et al. (2017), di utilizzare argomenti ad hominem
rivolti verso gli autori di Baron et al. (2017a): il fatto che gli
autori non abbiano visionato parte del materiale ma abbiano fatto
riferimento alla letteratura non rende meno validi i caratteri,
qualora siano codificati correttamente. Una ipotesi scientifica deve
essere analizzata e criticata sul suo contenuto, non sulle modalità
con cui gli autori hanno assemblato tale ipotesi. La battuta ad
hominen è un espediente retorico che aggira la questione della
validità di Ornithoscelida, focalizzando presunte debolezze degli
autori invece che analizzando l'ipotesi stessa. Analogamente, il
fatto che Langer et al. (2017) tengano a sottolineare che il loro
gruppo di lavoro sia formato dai massimi studiosi di dinosauri basali
è superfluo, è un altro espediente retorico, un mero appellare un
argomento per autorità: in ogni caso, la validità di una ipotesi
scientifica non si basa sull'autorità o il prestigio di chi la
asserisce, ma sul suo supporto empirico. Penso che Langer et al.
(2017) avrebbero potuto esporre la propria posizione critica verso
l'analisi di Baron et al. (2017) (critica che io condivido nella
grande maggioranza) rimarcando maggiormente le numerose codifiche che
essi hanno revisionato, e senza rifarsi ad argomentazioni retoriche,
guadagnandone in vera autorevolezza oggettiva.
Detto questo, rimarco che
la critica fondamentale sollevata da Langer et al. (2017) sia robusta
e da condividere: essi notano la relativa debolezza analitica del
dataset di Baron et al. (2017a), e mostrano come esso sia
relativamente instabile: la correzione di una ampia serie di
codifiche nella matrice di Baron et al. (2017a), apportate da Langer
et al. (2017) ha difatti "restaurato" Saurischia.
Ciò significa che la
"rivoluzione ornithoscelidana" è stata un fuoco di paglia,
e che si torna già al vecchio regime? No. Langer et al. (2017)
notano che gli effetti dalla revisione hanno lasciato segni
importanti, ed ormai appare evidente che l'edificio di Dinosauria,
per quanto robusto nelle fondamenta generali, sia diventato molto
fluido a livello di struttura particolare. L'analisi revisionata,
difatti, indica che Saurischia ed Ornithoscelida sono due ipotesi
statisticamente non-distinguibili, nel senso che anche solo poche
correzioni o aggiornamenti nei caratteri possono portare ad uno dei
due scenari e invalidare l'altro. Ed il grande numero di fossili e
caratteri coinvolti rende praticamente aleatoria l'attuale
risoluzione della triplice base di Dinosauria.
Consapevole di questo
risultato, la replica di Baron et al. (2017b) è difatti tutta
incentrata sulla generale fluidità degli attuali risultati: gli
autori notano che è sufficiente aggiornare alcuni caratteri in
Pisanosaurus nella matrice
"revisionata" di Langer et al. (2017), per demolire
nuovamente Saurischia e "ri-stabilire" Ornithoscelida.
Ironicamente, Baron et al. (2017b), che avevano ricevuto da Langer et
al. (2017) critiche sulla problematicità di varie codifiche,
restituiscono il favore e notano delle codifiche discutibili nella
matrice di Langer et al. (2017).
Come concludere?
Il problema è da
affrontare a due livelli: uno è quello relativo alla analisi
particolare sviluppata da Baron et al. (2017a), l'altro è quello,
più generale ed importante, delle relazioni filogenetiche alla base
di Dinosauria. Il fatto che l'analisi particolare di Baron et al.
(2017a) possa essere sbagliata, non è una prova definitiva che
l'ipotesi di Ornithoscelida sia falsa.
E qui si torna alla
sostanza di questo problema: sia Langer et al. (2017) che Baron et
al. (2017b) concludono che le differenze quantitative tra i due
scenari principali siano poche e facilmente compensabili con
revisioni e modifiche di codifiche. Questo significa che la soluzione
della questione non risiede nella analisi filogenetica che è
l'oggetto specifico di questa diatriba. La questione è quindi
squisitamente paleontologica: abbiamo bisogno di nuovi fossili, nuovi
siti, nuove associazioni faunistiche del Triassico e quindi, abbiamo
bisogno di più paleontologia sul campo. I tempi quindi non sono
ancora pronti per risolvere la questione a livello di analisi, ma a
livello di raccolta dati.
Una amara considerazione
finale su alcuni aspetti "extra-scientifici" della
questione. Premetto che questa è solo una mia considerazione
personale, molto - forse troppo - cinica e forse eccessivamente dura,
ma sospetto che sia il pensiero di molti altri nel campo.
Tutta la faccenda è nata
da un articolo pubblicato lo scorso Marzo sulla più prestigiosa
rivista scientifica mondiale (e finita in copertina!), ed avente come
oggetto una revisione filogenetica piuttosto piccola (lo spostamento
di un clade rispetto al nodo del suo sister-taxon classico), ovvero,
un genere di revisioni filetiche che avviene regolarmente in
paleontologia, e che normalmente non stravolgono la vita a nessuno.
Ma, in questo caso, i nodi coinvolti sono estremamente "popolari",
dato che riguardano il clade fossile più famoso e "amato":
Dinosauria. Una analoga revisione della base di Ammonoidea, o della
base di Trilobita, non avrebbe ricevuto alcuna considerazione
mediatica, né copertine né accesi dibatti fuori e dentro
l'Accademia. Temo quindi che sia il fervore per pubblicare questa
ipotesi (risultata essere un poco prematura) sia la altrettanto
rapida risposta di revisione (scritta più per aprire la
controversia, piuttosto che per sviluppare una dettagliata revisione
dei dati, come ammettono candidamente Langer et al., quando scrivono
"Although we note that character definition and delimitation
are critical, these would be better addressed in a longer, more
detailed study.") siano state dettate più da motivazioni
"non-scientifiche". Sia chiaro, non c'è nulla di male nel
proporre ipotesi rivoluzionarie, e non c'è nulla di male nel
proporle sulla più prestigiosa rivista mondiale. Analogamente, non
c'è nulla di male nel preparare in relativa rapidità una breve nota
di critica verso quella stessa pubblicazione. Il dibattito è stato
aperto, ma non pare essere stato veramente affrontato.
Eppure, forse, se tutta
la questione fosse stata discussa più pacatamente, in un contesto
meno "pop" ma più rigoroso per l'effettivo valore della
questione, ad esempio organizzando dei meeting tra paleontologi
interessati all'origine dei dinosauri, forse ci saremmo risparmiati 8
mesi di eccessi mediatici, iperboli, e reciprochi argomenti ad
hominem, ed avremmo guadagnato in termini di rigore scientifico.
Mi rendo perfettamente
conto che la scienza procede anche per rivoluzioni (o tentativi di
rivoluzioni), e le rivoluzioni sono, per definizione, tutto tranne
che incontri pacati e moderati. Viviamo in un mondo competitivo, e la
scienza è anche competizione.
Eppure, alla fine,
sarebbe saggio ricordare a tutti che la diatriba tra Ornithoscelida e
Saurischia non è poi così importante come parrebbe tutta l'enfasi,
la fretta ed il fevore con la quale la stiamo caricando. Persino in
seno alla paleontologia dei vertebrati, ci sono questioni molto più
profonde della topologia basale del nodo Dinosauria.
Si corre il rischio di
mandare un'immagine superficiale e infantile del nostro lavoro,
ridotto a cavillosa e sterile discussione su autoreferenziali
dettagli di lana caprina.
Bibliografia:
Baron MG, Barrett PM.
2017 A dinosaur missing-link? Chilesaurus and the early evolution of
ornithischian dinosaurs. Biol. Lett. 13: 20170220.
Baron MG, Norman DB,
Barrett PM. 2017a. A new hypothesis of dinosaur relationships and
early dinosaur evolution. Nature 543, 501–506.
Baron et al. 2017b Reply
to M. C. Langer et al. Nature 551,
http://doi.org/10.1038/nature24011.
Langer MC et al. 2017
Untangling the dinosaur family tree. Nature 551
doi.org/10.1038/nature24011.
Parry LA, Baron MG,
Vinther J. 2017 Multiple optimality criteria support Ornithoscelida.
R. Soc. open sci. 4: 170833.