Lo scorso fine settimana sono stato in giro per il Nord Est italiano, dove ho visitato due mostre, antitetiche nella forma e nelle intenzioni, ma ugualmente interessanti, e nell'intermezzo ho fatto un giro per il Giurassico.
Sabato 27 luglio, a Trento è stato inaugurato il MuSe, il Museo delle Scienze. Assieme ad una nutrita schiera di paleo-amici, tra cui il Presidente dell'APPI Alessandro Carpana, Davide Bonadonna (che ha realizzato una serie di opere e materiale didattico nella sezione paleontologica del MuSe), Fabio "Agathaumas" Manucci, Sandro "Iguanodontia" Marisa, e Marco Auditore, sono stato uno delle migliaia di visitatori dell'enorme struttura museale.
Davide Bonadonna (di cui si intravede un'opera sullo sfondo a sinistra) e Fabio Manucci di fronte al calco composito di Sinosaurus triassicus esposto al MuSe (foto di Davide Bonadonna). |
Il mio giudizio, o perlomeno, la sensazione che ho provato durante la visita, è ambigua e contraddittoria, e probabilmente è influenzata più dal contesto di "inaugurazione di massa" piuttosto che dalla effettiva struttura del MuSe. Non nego che, se in futuro visiterò il MuSe con più calma, senza la ressa delle migliaia di visitatori e le ristrettezze di tempi e movimento imposte - necessarie per gestire una folla così grande - riuscirò a cogliere meglio tutto il progetto ed il senso che gli ideatori e organizzatori hanno voluto infondere alla loro creatura. Per ora, e mi spiace molto scriverlo, il MuSe mi ha dato sopratutto un senso di disorientamento (a tratti, di vero stordimento, data la generale predominanza di spazi vuoti che si proiettano lungo l'intero volume a più piani della struttura, le scalinate minimali e la quasi esclusiva presenza di vetrate al posto delle pareti. Gli architetti a volte dimenticano che esistono anche "barriere archittoniche" non fisiche ma sensoriali, dovute alla sensibilità delle persone, che in uno spazio così "vacuo" possono restare disorientate). Ripeto: voglio rimarcare che questa sensazione è probabilmente l'effetto contingente della giornata inaugurale, e sono aperto all'idea che con una seconda visita, lontana dalle rigide imposizioni dell'inaugurazione e libera dalla folla eccezionale del primo giorno, il MuSe mi apparirà per la sua vera natura.
Detto ciò, il museo è affascinante, di sicuro impatto visivo, ma, temo, non è stato ideato per un visitatore "tecnico" come me. Ho rimarcato questa sensazione anche con uno dei paleontologi del MuSe, Massimo Bernardi, che ho avuto il piacere di conoscere e col quale ho scambiato qualche parola nella sala paleontologica: il MuSe è probabilmente un museo "popolare", ma non è particolarmente "utile" per un ricercatore scientifico. Perlomeno, così appare nella sua versione "espositiva". Ad esempio, tutti gli esemplari paleontologici esposti sono calchi articolati, non sono fossili originali e separati. Forse le impronte esposte sono genuine, ma tutti gli scheletri (il mio campo principale di studio) sono copie di esemplari originali custoditi altrove. Ciò non rappresenta di per sé un problema, a patto che il MuSe disponga della documentazione dettagliata degli esemplari originali (provenienza, età, numero di catalogo dell'originale, lista delle parti "originali" e di quelle "estrapolate"), necessari per una consultazione "tecnica", che non può limitarsi ad osservare gli oggetti, ma deve avere informazioni precise su cosa stia osservando (per poter valutare se ciò sia scientificamente significativo). Mi è stato garantito che qualora fossi interessato a visionare gli esemplari (in particolare uno scheletro completo basato sui resti di Sinosaurus triassicus, ovvero, Dilophosaurus sinensis) potrò accedere al materiale, quindi resto aperto in futuro a valutare questo aspetto relativo al materiale.
Nel complesso, tralasciando da parte le mie esigenze tecniche di paleontologo, il MuSe merita di essere visitato, quindi suggerisco a chi si recherà a Trento anche per altri motivi di non perdere l'occasione.
Pista di sauropode (foto di Marco Auditore). |
La mattina del 28 luglio, ho approfittato della vicinanza a Trento del famoso sito a orme di dinosauro dei "Lavini di Marco", presso Rovereto, per una breve escursione con Fabio, Marco e Sandro. Il sito rappresenza una piana tidale di età liassica (Giurassico Inferiore), nella quale sono preservate orme di neotheropodi di taglia medio-piccola e di sauropodi basali. Avevo già visitato il sito, in passato, ma è sempre un piacere attraversare questo tratto di Giurassico, specialmente al mattino presto, quando la luce radente del sole rimarca le tracce fossilizzate.
La sera del 28 luglio, mi sono recato a Cividale del Friuli, assieme a Fabio Marco Dalla Vecchia e Matteo Fabbri (miei co-autori negli articoli su Sauroniops), per fare una visita a Troco, il quale ci ha introdotto in esclusiva all'interno della sua mostra, oltre che nel suo atelier, dove ho finalmente visto dal vivo il quadro su Aurornis e quello su Tataouinea.
Limitare Troco alla sua produzione paleo-artistica è estremamente riduttivo. Su Theropoda ho mostrato in varie occasioni la sue opere paleontologiche, specialmente quelle frutto della collaborazione con me, e che hanno costituito la "colonna iconografica" di alcune mie ricerche. Tuttavia, Troco è molto più che le sue tele sul Tempo Profondo, e sono convinto che molti di voi resteranno colpiti dalle sue opere non-paleontologiche allo stesso modo con cui, sicuramente, apprezzate i suoi dinosauri e le sue ammoniti.
Io non sono qualificato per parlare di arte, e piuttosto che esprimere una banale opinione personale preferisco spronarvi a visitare Cividale del Friuli (bellissima cittadina non lontana dal confine sloveno), e l'atelier di Troco.