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05 marzo 2010

Chicxulub e la Fine del Mesozoico

L'estinzione di massa di 65.5 milioni di anni fa che conclude il Mesozoico è uno dei temi scientifici più affascinanti e seguiti. Nessun altro evento paleontologico ha avuto un così grande impatto (gioco di parole) sull'immaginario post-moderno e sulla comunità scientifica, ha generato ricerche e ispirato neo-miti. Tra tutte le estinzioni di massa, quella del limite K-Pg (ex "K-T"), sebbene sia la terza in intensità di decimazione (stimata) di specie, è la più famosa, discussa, evocata, illustrata, immaginata, fraintesa, mitizzata e citata. Il motivo è ovvio: tutte le linee di Dinosauri (non-neorniti), oltre a molti altri taxa interessanti, cessano di persistere con quell'evento. 

Proprio perché così discusso, proprio perché così frainteso, l'evento del limite K-Pg merita di essere analizzato nel dettaglio, per evitare che le mille versioni di quell'episodio della Storia Naturale diventino mille piccole isole favolose in un mare di vaghezza. Tralasciando le decine di ipotesi pseudo-fantasiose o palesemente insufficienti fiorite nel XX secolo, le uniche due spiegazioni che abbiano mostrato di avere una robusta base di dati a sostegno sono due scenari catastrofici, leggermente differenti nei modi e nei tempi della loro evoluzione, che, caso piuttosto raro nella storia delle ipotesi di estinzione, hanno ognuno un "quartier generale" ben localizzato sulla superficie terrestre. La prima, l'ipotesi dell'impatto asteroidale, ha sede nello Yucatan messicano, la seconda, l'ipotesi del parossismo vulcanico basaltico, ha sede nel Deccan indiano. Già le due localizzazioni, così esotiche, non fanno che aumentare l'attrattiva fascinosa dei due modelli. 
Essi differiscono per la durata dell'evento geologico a causa dell'estinzione. La prima ipotizza un evento di durata istantanea (in termini geologici) quale può essere un impatto con un bolide extraterrestre, con conseguente innesco di eventi a breve e lungo termine (in termini umani: dai pochi anni ai millenni). La seconda ipotizza un evento più dilatato nel tempo (della durata del milione di anni) con effetti simili a quelli ipotizzati per l'impatto asteroidale, ma "diluiti" in un intervallo temporale di centinaia di migliaia di anni. Entrambi gli scenari, quindi, sono relativamente rapidi per la scala temporale geologica, anche se, ovviamente, solo il primo è così rapido da poter svolgersi in intervalli di tempo che noi esseri umani effimeri possiamo concepire o sperimentare personalmente. Per questo motivo, probabilmente, al pubblico medio è più facile e accattivante l'ipotesi dell'impatto, sebbene, ripeto, entrambi i modelli siano geologicamente simili, essendo entrambi eventi catastrofici improvvisi per la scala "normale" dei fenomeni geologici ed evolutivi. Ma, aldilà dell'effetto sul pubblico, quale delle due ipotesi è più in accordo con tutti i dati?
(diagramma da Shulte et al., 2010)
Sul numero di oggi di Science parrebbe essere stata pubblicato lo studio "definitivo" sulla questione (almeno fino alla smentita da parte dei sostenitori dell'altro modello): un corposo team di geologi (Schulte et al., 2010) ha raccolto tutte le differenti linee di ricerca sull'estinzione del limite K-Pg ed ha determinato durata, intensità e distribuzione delle diverse prove a livello mondiale. In particolare, essi hanno valutato come i differenti livelli del limite K-Pg si differenzino tra loro a livello mondiale e come essi si correlino nel tempo. Lo studio ha mostrato che esiste una discreta correlazione geografica tra lo spessore del livello "chiave" del limite, ricco di metalli rari, sferule da shock ed altri indicatori di un impatto catastrofico, e la distanza del sito da cui è stato prelevato il campione rispetto al probabile cratere dell'impatto nello Yucatan (chiamato Chicxulub), e che tale variazione di spessore e composizione si accorda molto bene con il modello di una deposizione sedimentaria di materiale eiettato da un impatto asteroidale di enorme energia (capace di liberare in atmosfera 100 miliardi di tonnellate di materiale gassoso e pulviscolare). Questi dati smentiscono quindi l'idea di impatti multipli avvenuti contemporaneamente (ipotesi non così bizzarra come potrebbe apparire, se ricordate quanto avvenuto nel 1994 con l'impatto di Shoemaker-Levy 9 su Giove). Inoltre, lo studio smentisce precedenti datazioni che collocavano l'impatto 300 mila anni prima del limite K-Pg, collocandolo esattamente alla fine del Mesozoico. Infine, la correlazione tra le trasformazioni ecosistemiche marine e terrestri documentate nei microfossili ed il modello dell'impatto appare molto più robusta rispetto all'ipotesi del vulcanismo. 
Pertanto, appare plausibile (molto più che in passato) l'ipotesi che un impatto con un asteroide condritico di circa 10 km di diametro sulla piattaforma carbonatica nel Golfo del Messico abbia provocato una serie di eventi catastrofici devastanti ma locali (totale distruzione nella zona del cratere, terremoti di magnitudo superiore a 11 con relativi tsunami ed estesi incendi nella vasta regione circostante il cratere), ed eventi globali a più lungo temine quali ricaduta di materiale eiettato (anche se non con l'energia ipotizzata in passato, capace di innescare incendi globali), e liberazione di una grande quantità di vapore, polveri e solfuri (dalla vaporizzazione dei carbonati del bacino dello Yucatan) in atmosfera, che deve aver ridotto la quantità di luce solare, innescando probabilmente il collasso delle catene alimentari marine e terrestri basate sulla luce solare (la cosidetta "catena del pascolo" fondata sulla fotosintesi) mentre non deve aver inciso con la stessa intensità sulle catene alimentari meno dipendenti dalla luce solare (la "catena del detrito" fondata prettamente sulla decomposizione). Pertanto, dalla crisi delle catene alimentari basate sulla fotosintesi, probabilmente, più che sulla possibile (breve) fase di riduzione della temperatura, è dipesa l'estinzione dei taxa a noi più cari e la sopravvivenza di altri, tra cui i nostri cari antenati proto-proto-proto-primati. 
Limitandosi ai theropodi, infatti, questo modello spiega bene come mai i taxa predatori ed erbivori, entrambi endotermi piumati, entrambi adattati anche alle latitudini polari, si siano estinti, mentre rettili subtropicali d'acqua dolce come molti coccodrilli siano sopravissuti.
Sul perché solo un gruppo di dinosauri, chiamato Neornithes, sia sopravissuto, ho già esposto la mia ipotesi.

Ringrazio Dario Soldan e Michele Mazza per avermi inviato quasi in contemporanea una copia di Schulte et al (2010).

Bibliografia:
Schulte P. et al., 2010. The Chicxulub Asteroid Impact and Mass Extinction at the Cretaceous-Paleogene Boundary. Science 327: 1214 – 1218.

6 commenti:

  1. Vi è poi una teoria, so quanto robusta, che tenta di fare la sintesi tra le due.
    è così "pulp", già nel nome, che non posso non citarla: il verneshot, una gigantesca esplosione vulcanica sotto un cratone continentale, di forza ed entità tali da portare una massa della crosta terrestre in orbita e farla ricadere in più punti con effetti simili ad una pioggia di asteriodi.

    La teoria di J. P. Morgan parte dalla costatazione che alcuni possibili siti d'impatto catastrofico siano collocabili in corrispondenza cronologica con la creazione di grossi depositi basaltici come le trappole del Deccan, quelle della Siberia e quelle oggi divise tra Argentina, Sud Africa ed Antartide.

    Oltretutto questa teoria spiegherebbe in modo molto elegante sia come mai si verifica questa coincidenza, sia perchè esistono parecchi crateri possibili del tardo cretaceo-primo paleogene (per esempio i "piccoli" Silverpit, Boltysh e sopratutto il grande cratere Shiva di Chatterjee, che a questo punto potrebbe non essere un cratere d'impatto ma quello da cui è partito il proiettile caduto a Chixulub).

    Purtroppo non sono molto aggiornato su questa teoria, che restà però estremamente affascinante, e utile per servire come griglia interpretativa per almeno tre estinzioni di massa. Infatti in quella perminano-triassica abbiamo le trappole di Norrik e due candidati a crateri d'impatto (uno in australia e uno in antartide) per quella triassico-giurassico abbiamo una provincia magmatica digregata nel sud dell'atlantico, ma non abbiamo più un cratere d'impatto se la datazione del Maicogan resta di ben 12 milioni più antica della fine del triassico (e tra l'altro bisognerà capire perchè un'impatto simile non ha generato un estinzione di massa).
    Magari è una bufala ma resta una bufala elegante e doppiamente "d'impatto". Non sono però aggiornato allo state dell'arte del dibattito geologico.

    Erodoto

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  2. Mi correggo rapidamente, la provincia magmatica nata in corrispondenza del limite triassico-giurassico è nel nord e non nel sud atlantico. Comprende Africa occidentale, Spagna, Brasile, Venezuela e la costa est degli USA fino quasi in Groenlandia.

    Erodoto

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  3. Il Ragioniere Fantozzi espresse bene quello che penso di questa teoria "verneshot", anche se si riferiva ad una corazzata...

    Chi propone queste idee non ha nemmeno una conoscenza di base della fisica, senza citare la geologia. Una cosa è ammetetre che un asteroide collida con la Terra (è fondato su migliaia di osservazioni astronomiche, impatti, oltre che dalle leggi della dinamica dei corpi celesti), un'altra è ipotizzare un'esplosione di energia tale da scagliare addirittura parti consistenti della crosta terrestre in orbite balistiche! L'energia liberata sarebbe talmente elevata che probabilmente provocherebbe già da sola (senza la ricaduta a terra dei "pezzi") l'estinzione di tutta la vita sulla Terra. E poi, nessun fenomeno geofisico noto può generare una tale esplosione. E' una assurdità colossale che non sta né in cielo (fisica) né in terra (geologia).

    Inoltre, a differenza di molte interpretazioni ingenue del passato, non è la semplice caduta di un asteroide a generare estinzione, così come non è solo un terremoto potente che genera un massacro (come dimostra la differenza tra il terremoto in Cile e quello ad Haiti). Nel caso dell'estinzione del K-Pg, un fattore determinante fu l'impatto sulla piattaforma carbonatica profonda dello Yucatan, che provocò la liberazione di una enorme quantità di solfati e carbonati presenti nella piattaforma, che si liberarono in atmosfera.

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  4. Andrea, what are your thoughts on Robertson et al.'s 2004 paper? ('Survival in the First Hour of the Cenozoic'). I haven't as yet looked into finding out if any sort of follow up research has been done since its publication.

    Do Schulte et al. cover the 'heat pulse' differential terrestrial survival hypothesis?

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  5. I have only read the abstract, so I cannot say more in detail.
    In my opinion (and remember I'm not an astro-physic, a geo-physic nor a climatologist, so I'm not very informed on these aspects of the K-Pg event), the extinction of the terrestrial taxa at the K-Pg event was more complex, and involved the long-term effects of the impact (in the food chains for example), not only the most direct ones. Also, as stated in the post, Schulte et al. don't consider the thermal energy of the falling ejecta to be so elevate as in Robertson et al's model.
    I think that the immediate/short-term effects of the impact would have been particularly intense in the hemisphere close to the impact crater, while the other hemisphere suffered only (or mostly) the long-term effects of the impact. So, I'm a bit skeptical on the "heat pulse model".

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  6. Andrea, I should have asked this in my first post--would you mind sending me a copy of the new paper? For whatever reason my campus doesn't subscribe to Science.

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