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26 marzo 2022

L'impatto della densità ossea di Halszkaraptor sulla sua ecologia

Un cigno immerge il collo per foraggiare (fonte).

Lo studio di Fabbri et al. (2022) ha portato un contributo significativo per il dibattito sull'ecologia di alcuni spinosauridi. Tuttavia, sarebbe semplicistico ridurre l'interpretazione ecologica dei dinosauri alla sola densità delle ossa. Ad esempio, pur avendo una densità ossea più bassa rispetto a Baryonyx, è plausibile che Suchomimus - con una anatomia generale molto simile a Baryonyx - avesse comunque una ecologia legata all'ambiente acquatico.

Le ossa lunghe di Halszkaraptor hanno una densità simile a quella della maggioranza dei theropodi, con una cavità midollare che occupa circa la metà della sezione trasversale del femore. Le scansioni tomografiche mostrano una simile cavitazione nelle falangi di mani e piedi, nella tibia, omero, radio e ulna. Dobbiamo forse concludere che quindi Halszkaraptor non avesse una ecologia semi-acquatica?

No. In analogia con il ragionamento di Fabbri et al. (2022) in merito a Suchomimus, la forma del muso, il tipo di dentatura, la morfologia delle vertebre e l'appiattimento delle ossa dell'arto anteriore sono compatibili con una qualche forma di adattamento acquatico. 

Tra tutti i dinosauri, le ossa del collo di Halszkaraptor sono le più simili a quelle di certi anatidi come i cigni. Lo scheletro appendicolare degli anatidi ha una densità simile a quella di Halszkaraptor. Questi uccelli sono più leggeri dell'acqua, ma nondimeno hanno evoluto comportamenti che permettono loro di foraggiare in acqua. Ad esempio, i cigni tendono a immergere solamente il lungo collo, mentre il resto del corpo galleggia in superficie. Come ho già sostenuto in passato, ritengo che questo modello comportamentale possa essere applicato anche per la combinazione di caratteri anatomici di Halszkaraptor. La peculiare mobilità laterale di collo e coda, e la forma particolare della mano e dell'avambraccio di questo theropode possono essere considerati adattamenti per manovrare il corpo in superficie mentre il collo si immergeva per foraggiare in acque basse. Questa ecologia "epinectonica" non richiede uno scheletro particolarmente denso, dato che l'animale sfrutta la bassa densità del suo corpo per galleggiare in superficie: la necessità di aumentare l'area di foraggiamento in un animale galleggiante potrebbe spiegare l'eccezionale allungamento del collo in questo dromaeosauride.





24 marzo 2022

L'intrigante disparità in Baryonychinae

 

Immagine modificata da Fabbri et al. 2022. Attualmente, Baryonychinae = Baryonychini + Ceratosuchopsini. Ovvero: non tutti i Baryonychinae sono dei Baryonychini.

In uno studio pubblicato ieri, Fabbri et al. (2022) analizzano la densità delle ossa in un ampio campione di amnioti sia viventi che estinti e mostrano che una elevata densità delle ossa a discapito della cavità midollare (osteosclerosi) è associata ad ecologie che includono il foraggiamento subacqueo, ovvero, la capacità (e frequenza) dell'animale di immergersi per nutrirsi. Gli autori mostrano che, nei dinosauri mesozoici, l'unico clade con una densità delle ossa compatibile con foraggiamento subacqueo è Spinosauridae.

Fin qui, il risultato non sarebbe particolarmente innovativo, dato che era già noto che Spinosaurus avesse una densità delle ossa ben maggiore di quella tipica dei theropodi, inclusi altri spinosauridi come Suchomimus. L'inatteso risultato dello studio di Fabbri et al. (2022) è che una maggiore densità nelle ossa è stata identificata anche in Baryonyx. Ovvero, all'interno di Baryonychinae abbiamo sia taxa con densità "da theropode classico" sia taxa con densità "come Spinosaurus". Se la causa di questa diversità tra Suchomimus e Baryonyx non è un errore di campionamento, né è un artefatto tafonomico, allora dobbiamo concludere che Baryonyx e Suchomimus avessero delle differenze ecologiche significative, con il primo in grado di foraggiare immerso mentre il secondo no. Prima di lanciarsi nella semplicistica conclusione che la densità delle ossa sia condizione necessaria per avere un'ecologia acquatica, è bene rimarcare che Fabbri et al. (2022) riconoscono che l'anatomia generale di Suchomimus indichi una dieta piscivora e quindi una qualche forma di ecologia semi-acquatica. Ovvero, non si deve ridurre l'interpretazione dell'ecologia di un animale estinto unicamente sulla presenza o meno di qualche "elemento chiave" da cui dipenderebbe in modo lineare la presenza o meno di qualche adattamento: piuttosto, occorre considerare l'insieme di tutti gli elementi a disposizione, sia anatomici, che morfometrici, che funzionali, oltre che ad ulteriori indizi quali i resti di pasto o il contesto tafonomico.

L'idea di una differenziazione ecologica dentro Baryonychinae non è una novità, dato che era già stata proposta da Barker et al. (2021) per spiegare la probabile coesistenza di BaryonyxCeratosuchops e Riparovenator nel Barremiano inglese. L'analisi di Fabbri et al. (2022) porta ulteriore sostegno all'idea che più specie di spinosauridi fossero quindi in grado di occupare le medesime regioni contemporaneamente. 

Mentre Ceratosuchops è noto solo da ossa del cranio, Riparovenator è noto anche per una serie di vertebre caudali. Dalle foto a mia disposizione, le vertebre di Riparovenator mostrano una densità minore di quella di Baryonyx e simile a quella di Suchomimus. Questo risultato suggerisce che i Ceratosuchopsini avessero quindi una densità delle ossa minore rispetto agli altri spinosauridi, e che ciò fosse legato ad una diversa preferenza ecologica rispetto agli Spinosaurini e Baryonychini, meno propensa all'immersione rispetto agli altri. 

Dal punto di vista evoluzionistico, questo scenario si può interpretare in vari modi:

1- La capacità di foraggiare in acqua sarebbe una innovazione originaria di Spinosauridae, conservatasi in Spinosaurinae (dove potrebbe anche essere stata ulteriormente perfezionata) ed in Baryonychini: i Ceratosuchopsini sarebbero quindi una "reversione", un ritorno ad una ecologia meno acquatica rispetto ai loro parenti.

Oppure,

2- La capacità di foraggiare in acqua sarebbe una innovazione sviluppatasi due volte, indipendentemente una dall'altra, negli Spinosaurinae e nei Baryonychini, quindi assente nei primissimi spinosauridi: in questo caso, i Ceratosuchopsini sarebbero un ramo "conservatore" ed avrebbero mantenuto l'ecologia ancestrale del gruppo, una forma intermedia tra la "classica" ecologia non-acquatica degli altri theropodi ed il pieno adattamento acquatico elaborato invece dagli altri spinosauridi.

Esiste anche una terza opzione: 

3) che Baryonychinae (come lo intendiamo attualmente, comprendente sia Baryonychini che Ceratosuchopsini) sia parafiletico, ovvero che Ceratosuchopsini sia un ramo basale di Spinosauridae, esterno al ceppo "pienamente acquatico" formato da Baryonychini e Spinosaurinae.

Nuove scoperte sono necessarie per stabilire quale modello sia quello corretto.

Bibliografia:

Fabbri et al. 2022. Subaqueous foraging among predatory dinosaurs. Nature https://www.nature.com/articles/s41586-022-04528-0.

Barker et al. 2021. New spinosaurids from the Wessex Formation (Early Cretaceous, UK) and the European origins of Spinosauridae. Scientific Reports 11, 19340.

11 marzo 2022

L'amabile mosaico di Musivavis

 

Olotipo di Musivavis amabilis, in luce visibile, ultravioletta e raggi X (da Wang et al. 2022)

Gli enantiorniti (Enantiornithes) sono probabilmente il gruppo di teropodi cretacici più numeroso. Il numero delle specie descritte cresce costantemente da ormai una ventina di anni, e se consideriamo che le conoscenze su questo clade provengono in gran parte da un numero limitato di giacimenti ad elevata conservazione (in particolare, dal Cretacico Inferiore cinese), è ragionevole supporre che quello che abbiamo scoperto finora di questi dinosauri sia solo la puntina di un ampio iceberg globale.
Come tutti i gruppi molto speciosi di vertebrati (penso agli artiodattili, i roditori, i passeriformi, i ciclidi, i titanosauri), anche Enantiornithes è un guazzabuglio filogenetico, in cui un certo numero di modelli anatomici si mescola in modo modulare creando innumerevoli scenari alternativi difficili da dipanare.
La ripetizione di medesimi adattamenti in ceppi separati ma comunque imparentati tra loro, causa principale delle incertezze nella ricostruzione delle relazioni filogenetiche dentro tale gruppo, è uno dei fattori che producono l'omoplasia. Il risultato di questi processi evolutivi ricorrenti dentro il medesimo gruppo è la produzione di convergenze, evoluzioni parallele, morfologie chimeriche e modulari. 
Non è facile risolvere le relazioni di parentele dentro gruppi ricchi di specie in cui l'omoplasia è pervasiva. Un primo passo verso la soluzione delle relazioni è quello di identificare l'omoplasia, ovvero, di stabilire se e come il diverso ruolo degli adattamenti ricorrenti impatta sulle relazioni ricostruite.
Un approccio per scovare le omoplasie è quello di svolgere analisi filogenetiche in cui si testano diversi "pesi" ai differenti caratteri anatomici, peso ricalibrato in base a certi parametri che sono legati all'omoplasia. Accanto a questo approccio più filogenetico, analitico, molto in voga nella nostra epoca di (più o meno giustificata) ideolatria del "Big Data", è sempre auspicabile avere a disposizione anche un approccio più paleontologico, "empirico", ovvero, sperare che i fossili ci vengano incontro fornendoci "prove" dell'azione dell'omoplasia. Ovvero, per quanto importante sia l'uso di metodi matematici che "scovano" il rumore omoplastico, il paleontologo deve sempre sperare di avere anche fossili con morfologie "ibride" che ci aiutano a scremare gli attributi omoplastici da quelli evolutivamente più significativi.
Lo scorso anno, fui contattato da Xuri Wang, paleontologo cinese con cui ho già pubblicato due aviali cinesi (Khinganornis e Kompsornis) per collaborare allo studio di un nuovo fossile cinese, in eccellente stato di preservazione, e avente una intrigante combinazione di caratteristiche. 
Il risultato di questo studio è pubblicato oggi (Wang et al. 2022), in cui istituiamo il nuovo enantiornite Musivavis amabilis (letteralmente, "l'amabile uccello mosaico").
Musivavis combina elementi anatomici tipici di differenti ceppi di enantiorniti del Cretacico Inferiore cinese, in particolare i bohaiornithidi e i cathayornithidi, in un animale che ha dimensioni più ridotte rispetto a quelle tipiche della maggioranza dei bohaiornithidi (generalmente grandi come grossi corvidi, mentre Musivavis ha dimensioni più simili a quelle di un cardellino). L'analisi delle sezioni istologiche e del grado di ossificazione dello scheletro suggerisce che l'olotipo di Musivavis fosse un subadulto di non più di un paio di anni di età al momento della morte. Le nostre analisi filogenetiche indicano che Musivavis è una forma "miniaturizzata" di bohaiornithide, oppure, in alternativa, una forma "transizionale" tra gli enantiorniti di grado cathayornithide ed i bohaiornithidi veri e propri. Un risultato interessante della nostra analisi è che un altro gruppi di enantiorniti di grandi dimensioni, i pengornitidi, risultano legati ai bohaiornitidi solo quando l'impatto dell'omoplasia non viene mitigato. Ovvero, è possibile che gli scenari che legano bohaiornitidi e pengornitidi siano viziati dalla evoluzione ricorrente di adattamenti utili alla vita arboricola (come piedi robusti con capacità prensoria) in rami distinti di enantiorniti che hanno aumentato le loro dimensioni rispetto ad una taglia più ridotta.
Questo risultato è un primo passo verso una risoluzione delle complesse relazioni evolutive all'interno di questo gruppi di "micro-dinosauri" volanti.

Bibliografia:
Wang X., Cau A., Luo X., Kundrat M., Wu W., Ju S., Guo Z., Liu Y, Ji Q. 2022 - A new bohaiornithid-like bird from the Lower Cretaceous of China fills a gap in enantiornithine disparity. Journal of Paleontology.

02 marzo 2022

Tyrannosaurus rex, Tyrannosaurus rex, Tyrannosaurus rex

 

Figura 1 in Paul et al. (2022). Contrariamente alla loro interpretazione, questi esemplari sono tutti riferibili ad una singola specie, T. rex.


Nel post di ieri, avevo anticipato l'articolo di Paul et al. (2022), ma non avevo ancora potuto leggerlo. 

In quel post, avevo sottolineato che una valutazione critica dell'ipotesi che i Tyrannosaurus nordamericani fossero distinguibili in 3 specie (T. rex, T. imperator, T. regina) spettasse solamente agli esperti di tyrannosauridi nordamericani, poiché ritenevo che l'ipotesi di Paul et al. (2022) fosse basata su una dettagliata comparazione di numerosi elementi scheletrici distribuiti nei vari esemplari di Tyrannosaurus, e quindi richiedesse una critica ponderata basata su evidenze anatomiche dettagliate.

Mi sbagliavo. Avevo sopravvalutato la profondità scientifica di quell'articolo. Mi spiace essere diretto, ma dopo aver letto l'articolo, devo concludere che l'ipotesi proposta da Paul et al. (2022) è veramente molto debole e immediatamente rigettabile, anche senza essere un esperto specializzato in Tyrannosaurus.

L'ipotesi di Paul et al. (2022), difatti, si basa solamente su due presunti elementi anatomici:

- la robustezza delle ossa degli arti, che gli autori ritengono dimostri l'esistenza di due morfotipi ("gracile" e "robusto") nel campione da loro analizzato (una trentina di esemplari);

- il numero di denti rostrali incisiviformi nel dentale (due oppure uno) nel campione da loro analizzato.

In pratica, gli autori ritengono che le tre specie siano definibili da queste combinazioni dei due caratteri:

T. imperator: forma robusta con due denti incisiviformi.

T. rex: forma robusta con un dente incisiviforme.

T. regina: forma gracile (e con un dente incisiviforme).

Inoltre, gli autori sostengono che le tre specie siano segregate stratigraficamente lungo la parte terminale del Maastrichtiano nordamericano, con  T. imperator più antica e le altre due coeve e più recenti. Purtroppo, la stratigrafia della maggioranza degli esemplari di Tyrannosaurus non è così accurata da permettere una tale segregazione per le presunte specie.

Una simile tripartizione degli esemplari sulla base di solo 2 caratteri (uno dei quali, per giunta, un presunto dimorfismo morfometrico nella robustezza delle ossa) è insostenibile. Non è realistico separare tre specie in base solamente a questi due elementi anatomici. In primo luogo, perché con quel campione di solamente una trentina di esemplari non emerge una netta differenziazione tra "gracili" e "robusti". Ho plottato le misure riportate dagli autori, ma non riesco a identificare una netta distinzione tra quelle due morfologie, e questo, in primo luogo, perché il campione statistico è troppo piccolo per poter separare in modo rigoroso eventuali morfotipi. 

Inoltre, separare specie di dinosauro sulla base della forma dei primi due denti del dentale è un criterio molto debole, dato che i dinosauri hanno una grande variabilità nelle dentature adulte (legata anche al fatto che essi durante la vita ricambiavano i denti in ondate alternate), ben maggiore di quella che osserviamo nei mammiferi. Pertanto, distinguere due o più specie di dinosauro solo in base alla forma dei primi due denti del dentale, e senza poter considerare altri elementi della morfologia, è insostenibile.

Riassumendo, T. imperator e T. regina sono solo due sinonimi junior di T. rex.

01 marzo 2022

La Trinità di Tyrannosaurus

 

Imperator et regina

Alcune settimane fa, un collega paleontologo e co-autore in un recente studio mi aveva comunicato che era stato informato che prossimamente sarebbe stato pubblicato un articolo il cui tema avrebbe sicuramente acceso intense discussioni tra gli appassionati di dinosauri [che frase contorta!]. L'articolo, uscito oggi (Paul et al. 2022), revisiona il genere Tyrannosaurus e propone che la specie T. rex sia separabile in tre specie distinte:

La specie tipo, T. rex, e due nuove specie: T. regina e T. imperator.

[Nota nomenclaturale: dato che specie e genere sono nomi latini che devono concordare (devono entrambi essere al maschile, o al femminile o al neutro), non penso che "Tyrannosaurus regina" sia un nome corretto nella forma, poiché "Tyrannosaurus" è maschile mentre "regina" è femminile: dato che il maschile di "regina" è "rex", la forma corretta del nome risulterebbe una specie già esistente... insomma, un bel casino...]

Non ho ancora potuto leggere l'articolo, quindi non ho modo di visionare i dettagli dell'argomentazione sostenuta dagli autori, in particolare su quali caratteri anatomici si definiscano le nuove specie e quali siano gli olotipi. In ogni caso, io non ho alcuna intenzione di accodarmi alla schiera di commenti gratuiti, da parte di personaggi privi di competenza sul tema, che sicuramente stanno già inondando la rete: anche se molti pensano che la tassonomia sia un gioco puramente soggettivo, per determinare quante siano le specie di Tyrannosaurus occorre conoscere la variabilità del campione e le cause di tale variabilità, conoscenza che solo chi ha studiato questi esemplari può possedere. Ovvero, commentare questa ipotesi è legittimo solamente per chi ha analizzato nel dettaglio i dati scientifici usati per sostenere questi taxa; e questo è un tipo di lavoro che spetta solamente a chi studia nello specifico questo genere di dinosauro. 

Io non lavoro sui tyrannosauridi nordamericani, quindi non avrei alcuna esperienza per esprimere valutazioni intelligenti su quante siano e come si distinguano le specie di Tyrannosaurus: pertanto, mi astengo dal dire banalità gratuite.

Lascio ai colleghi "tyrannosaurologi" la parola su questa ipotesi tassonomica.

PS: e comunque, lo sappiamo tutti che a questo punto la vera domanda esistenziale è a quale delle tre specie appartiene Rexy di Billy Park...


Bibliografia:

Paul, G.S., Persons, W.S. & Van Raalte, J. The Tyrant Lizard King, Queen and Emperor: Multiple Lines of Morphological and Stratigraphic Evidence Support Subtle Evolution and Probable Speciation Within the North American Genus Tyrannosaurus. Evol Biol (2022). https://doi.org/10.1007/s11692-022-09