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03 novembre 2010

Flipper!

Ora sappiamo da chi Lukas Panzarin è ispirato nelle sue ricostruzioni della pelle... (foto di A. Carpana)
Questo post nasce da una conversazione in autostrada con Alessandro "APPI" Carpana.
Non bisogna mai sottovalutare la potenza immaginifica delle iconografie. Lo stesso soggetto può risultare insignificante nozione da memoria breve o tesoro custodito nei più tenaci forzieri della mente, solamente in base alla scelta iconografica con cui tale soggetto ci è stato presentato. La mia infanzia di proto-paleo-appassionato è costellata di libri. Negli anni '80, non esisteva il WEB, né la dinomania. Le uniche fonti di informazione disponibili a quei tempi di beata innocenza mediatica per un ragazzino appassionato di zoologia attuale e fossile erano i libri. Libri posseduti, ma, spesso, libri intravisti e poi desiderati. Un libro, che non ho mai posseduto, ma che riuscii a sfogliare, era l'edizione italiana di un'opera di Lambert. Aldilà della consueta formattazione canonica dei libri divulgativi per dinosauri, questo volume spiccava per le opere "giocattolose" di uno dei paleoartisti coinvolti. Come vedete sopra, questo artista ritraeva la pelle dei dinosauri come una fitta sequenza di tubercoli tutti lucidissimi. Luccicose una ad una, le grosse gocce di pelle squamata rendevano i dinosauri pari a levigati mosaici viventi. Eppure, nonostante l'impatto visivo di una tale rappresentazione, la mia memoria a lungo termine è rimasta fissata su un'altra opera iconografica presente in quel libro. L'autore è differente, e la pelle dell'animale non è una lucida schiera di tubercoli. Nonostante ciò, essa è talmente inusuale, per i "canoni estetici" dei dinosauri (sopratutto nei monotoni anni precedenti Jurassic Park), che non poteva restare dimenticata. Parlo del Compsognathus con le mani a forma di pinna.
A questo punto, i lettori che, come me, avevano in memoria tale immagine esclameranno felici, quasi liberati, nello scoprire qualcuno con cui condividere un piccolo enigma della loro infanzia. Gli altri, probabilmente, avranno riletto la frase arancione un paio di volte, increduli. Un Compsognathus con le mani a forma di pinna? Il post di oggi, vi dirà tutto quello che avreste voluto sapere, o che ora desiderate sicuramente sapere, sul fantomatico "Flipper", il Compsognathus pinnato.
Compsognathus longipes fu descritto nel 1861 da resti articolati di un theropode dal Giurassico Superiore dei famosi giacimenti litografici della Baviera (gli stessi da cui provengono gli Archaeopteryx); ma solo nel 1868 ne fu riconosciuta l'affinità coi dinosauri. Inizialmente, infatti, fu classificato come un parente dei dinosauri, ma NON un dinosauro. In seguito, una volta stabilito che si trattava effettivamente di un dinosauro, Compsognathus conquistò la fama mondiale con la nomea del più piccolo dinosauro conosciuto. In effetti, con una lunghezza totale inferiore al metro, il piccolo Compsognathus fu, per più di un secolo, il più piccolo membro conosciuto di Dinosauria. Tale fama, dovuta più alla scarsa conoscenza di taxa di piccola taglia, piuttosto che alla reale dimensione ridotta di Compsognathus, era dovuta anche al fatto che l'esemplare allora noto di Compsognathus non è un esemplare adulto. Oltre alle sue dimensioni, Compsognathus risultava caratterizzato da una ridotta mano munita di sole due dita artigliate. Inoltre, sebbene fosse stato poco enfatizzato questo dato, Compsognathus non proveniva da depositi continentali, bensì da una laguna fossile. L'apparente discordanza di un rettile "terrestre" in ambiente marino era comunemente spiegata come l'effetto post-mortem del trascinamento al largo di una carcassa morta su una spiaggia.
Nel 1971, un secondo esemplare di Compsognathus fu scoperto in Francia. A differenza del primo, questo esemplare aveva dimensioni più grandi, essendo lungo circa un metro e mezzo. Come il primo, questo esemplare proveniva da calcari deposti sul fondo di una laguna ed aveva una bizzarra morfologia della mano. Bidar et al. (1972) istituirono quindi una nuova specie di Compsognathus, C. corallestris, per questo nuovo esemplare più grande. La peculiarità di C. corallestris, oltre alle dimensioni, stava appunto nella mano. Bidar et al. (1972), sulla base delle ossa presenti nel fossile (magnificamente articolato e conservato) e interpretando le tracce allungate poste lateralmente alle ossa dell'avambraccio e della mano come tracce di strutture dermiche, dedussero che la mano di C. corallestris era rigida e atrofica, conformata come l'ala di un pinguino, sebbene ricoperta di squame e non di piumaggio. Questa apparentemente assurda morfologia era comunque plausibile e sensata dal punto di vista eco-morfologico, se, come spiegano Bidar et al (1972) inquadriamo C. corallestris nel contesto geologico in cui lui (e C. longipes) sono stati rinvenuti. Infatti, sostengono Bidar et al. (1972), la presenza di ben 2 esemplari molto ben articolati dello stesso theropode in sedimenti marini deposti sul fondo di lagune coralline, non poteva essere il casuale effetto del trasporto di due carcasse morte sul continente. Per Bidar et al. (1972) Compsognathus era un theropode marino, capace di nuotare attivamente in mare per diffondersi nel vasto arcipelago giurassico che copriva Francia orientale e Germania meridionale. Le pinne, sebbene non usate per la propulsione ma solo a stabilizzare il corpo mentre nuotava, erano quindi adattamenti di una specie di theropode terrestre che stava espandendosi nell'ambiente marino.
Ovviamente, questa ipotesi non poteva che accattivare l'immaginazione e l'estro paleoartistico.
Peccato che, in breve, essa abbia dovuto fare i conti con le evidenze scientifiche.
Oggi, la specie C. corallestris non è più considerata valida. Ad un esame più dettagliato dei fossili dei due compsognathi, risulta che le ossa della mano furono fraintese e male interpretate (Peyer 2006). Attualmente, è evidente, confrontando i resti dei due animali con quelli di altri coelurosauri, che Compsognathus aveva una mano tridattila con la normale formula falangeale dei coelurosauri. I caratteri che distinguevano C. corallestris da C. longipes sono facilmente interpretabili come variabilità intraspecifica tra individui di differenti stadi di età, ma pur sempre della stessa specie, C. longipes.
Infine, anche le presunte strutture dermiche a sostegno della "pinna" sono risultate essere solamente increspature della lastra calcarea in cui giace il fossile. Non esisteva nessuna pinna in Compsognathus
Infine, come la biogeografia dei vertebrati insulari attuali ci insegna (ad esempio, alle Galapagos), non è necessario disporre di particolari adattamenti acquatici per permettere a piccoli vertebrati terrestri di colonizzare delle isole. A volte, basta qualche tronco galleggiante ed una corrente favorevole, per trasportare un piccolo animale su un'isola.
Ah...
So che siete rimasti incollati al post solo perché siete curiosi di vedere l'illustrazione del Compsognathus pinnato. Eccola:
"Due Compsognathus stanno cacciando sulle rive:uno di essi è dotato di pinne"(foto di A. Carpana)

AGGIORNAMENTO del 10 novembre 2010: James Robins mi segnala questa tavola di Giovanni Caselli da Halstead (1975). Probabilmente, si tratta del capostipite del meme di Flipper.

Fabio Manucci mi segnala questa versione di Sibbick, da Norman (1985). Pare plausibile che sia ispirata al Compsognathus in acqua nuotante dell'immagine di sopra. La pinne sono molto simili all'esemplare in primo piano.
Bibliografia:
Bidar, A., L. Demay, and G. Thomel. 1972. Compsognathus corallestris, une nouvelle espèce de dinosaurien théropode du Portlandien de Canjuers (Sud-Est de la France). Annales du Muséum d’Histoire Naturelle de Nice 1: 9-40.
Peyer, K. 2006. A reconsideration of Compsognathus from the Upper Tithonian of Canjuers, southeastern France. Journal of Vertebrate Paleontology 26: 879-896. 

9 commenti:

  1. I'm so glad to see this explained. It's been worrying me for 35 years or so.

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  2. Che nostalgia! Io su quel libro praticamente ho imparato a leggere...

    Erodoto

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  3. I remember to see an image like this in a Brazilian magazine, about 30 years ago.

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  4. Assolutamente fantastico,grazie della spiegazione.
    Io ho sempre pensato si trattasse di "eccesso d'estro artistico",di un'interpretazione fantasiosa o simili,non sapevo nulla dell'effettiva ipotesi alle spalle.
    A Flipper!

    Alessandro Carpana

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  5. Che tenerezza, quanti ricordi! Conservo quel libro ancor oggi, gelosamente! Il compsognathus con le pinnette ha costituito un mistero da Indiana Jones per tutta la mia vita... fino ad oggi! Una data storica per me, questa!

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  6. é stato quel libro a iniziarmi all'amore per dinossari, come dicevo ai tempi,e quel compy pinnuto e non pennuto l'avrò disegnato mille volte e colorato con i mitici colori carioca!
    A flipper e a tutte le teorie (anche le più eccentriche) che da sempre danno il sale e accendono questa fantastica disciplina!

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  7. Lukas Panzarin11/11/10 14:48

    Andrea, in realtà la mia ispirazione prima fu un Lambeosaurus mimetizzato in una foresta ritratto da William Stout nell'ineguagliabile 'I dinosauri' di Byron Preiss & Stout :-)
    Purtroppo questo libro di Lambert manca alla mia collezione, e a dir la verità è la prma volta che ne sento parlare! Di Lambert posseggo l'ormai logoro Dinosaur DataBook...quanti ricordi, snif

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  8. Bellissimo questo libro, e anche il compy pinnato. Io ho una certa collezione di vecchi libri sui dinosauri, tutti molto belli. Tra quelli che ricordo meglio: Nele mondo dei dinosauri di Bozzi (col bellissimo T. rex verde in copertina), Dinosauri e animali preistorici (collana Dimmi perché), il Grande libro dei dinosauri (DeAgostini) e L'atlante illustrato dei dinosauri. Tutti fantastici e indimenticabili.
    Simone

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  9. Io ho il Lambert in Italiano. E ho 35 anni. 25 dei quali saturi delle pinne le Compsognathus pinnato. Grazie infinite per avermi liberato da questa ossessione.

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