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| Confronto tra il braccio di Tyrannosaurus (a) e Nanotyrannus (b) alla stessa scala. Da Zanno e Napoli (2025). |
Uno
dei motivi per cui mi impegno a non partecipare troppo alle
discussioni online su alcuni dinosauri è che in certi casi le persone coinvolte in questi
dibattiti hanno una emotività che, in questi ultimi anni, viene da alcuni definita "tossica". Il termine è probabilmente abusato ed
inflazionato, come spesso accade con i vocaboli alla moda.
Per
non ridurre il problema a quei manualetti che ci propinano vari "psicologi da Facebook", occorre però comprendere che spesso dietro
l'aggettivo "tossico" si cela una realtà più articolata e
dinamica del semplicistico riferirsi a qualche disturbo della personalità. Bollare il nostro
interlocutore come "tossico" è un espediente per non
doverci impegnare ad analizzare nel dettaglio le cause del suo
comportamento. Abbiamo tutti avuto a che fare con personalità
eccessivamente emotive ed irrazionali, quindi non sto parlando di
nulla di nuovo. Tuttavia, ridurre queste personalità a disturbi
psicologici è riduttivo e consolatorio, e non ci aiuta a comprendere
la causa e le ragioni del fenomeno.
Partiamo
dal contesto generale: il mondo degli appassionati di dinosauri che
si confrontano online. Come qualunque insieme di persone, esiste una
ampia diversità di caratteri, indoli, e stili di comportamento. Ad
esempio, io tendo ad essere sarcastico e nichilista, a non prendere
le cose troppo sul serio. Ovviamente, sono molto interessato alla
scienza paleontologica e mi intriga qualunque studio relativo ai
theropodi mesozoici, ma non riesco né voglio dare a questi temi un
valore e significato eccessivo. Sì, i dinosauri sono appassionanti,
ma sono pur sempre solo delle ipotesi paleontologiche intorno a pezzi
di roccia. Niente altro. Continuo a pensare che questi temi siano
qualcosa di secondario rispetto a ciò che è veramente importante
nella vita: gli affetti, le relazioni reali, i legami sinceri.
Siccome nessuna delle cose importanti della vita è ancorata a questo
o quel dinosauro, non sento un particolare attaccamento emotivo su
questi temi. Mi appassiona conoscerli, ma non ne faccio un dramma
esistenziale. Di conseguenza, non empatizzo con l'eccessiva emotività
con cui certi soggetti sono coinvolti da questioni come, per esempio,
la tassonomia di alcuni fossili estratti da formazioni mesozoiche.
Attenzione, qui non sto parlando di giovani, ragazzini o adolescenti,
i quali hanno ancora una indole non pienamente matura e possono
quindi essere compresi e giustificati (fino ad un certo punto) per la
eccessiva emotività con cui si fanno prendere da questi temi. Qui
parlo di persone adulte (curiosamente, quasi sempre, di sesso
maschile), persone anche di una certa età, le quali prendono queste
piccole diatribe paleontologiche come faccende esistenziali e ne
fanno delle faccende personali, come se fosse l'onorabilità della
loro nonna partigiana o una raccolta fondi da inviare ai bambini
poveri.
Una
parte di queste persone è probabilmente motivata da questioni
personali. Ad esempio, qualcuno può essere un ricercatore che ha
passato molti anni della sua vita nello studio di un certo problema
paleontologico, che ha costruito la propria carriera intorno a quelle
tematiche, e quindi sente direttamente sulla propria vita le
conseguenze (più o meno reali, ma alla fine conta più la sensazione
soggettiva che l'oggettiva) delle tematiche intorno a questo o quel
dinosauro. Un altro tipo di persona coinvolta può essere invece
motivata da questioni economiche, ad esempio perché lavora nel mondo
del commercio dei fossili, ambito che negli ultimi anni ha visto - in
alcuni casi - dei giri di denaro veramente esorbitanti. Sappiamo
tutti che quando iniziano a girare molti soldi, diventiamo tutti più
irrequieti e sensibili.
Sia
lo studioso che ha una carriera sia il commerciante che è inserito
nei giri d'affari giusti hanno quindi delle motivazioni personali per
essere coinvolti in questi dibattiti. Io non giudico queste
motivazioni e non sto facendo una critica moralista, mi limito a
constatare che esistono queste condizioni, e che una persona possa
avere dei conflitti di interesse (di natura sia accademica che
economica) per sostenere (anche con veemenza) questa o quella
tematica paleontologica.
Non
siamo ingenui, sappiamo come va il mondo.
Non
mi stupisce quindi scoprire che da alcuni giorni, il dibattito
intorno alla tassonomia e diversità dei Tyrannosauroidea del
Cretacico terminale nordamericano sia stato nuovamente infiammato
dalla pubblicazione di Zanno e Napoli (2025). Come ho scritto nel
precedente post, questo studio ha portato un gran numero di nuovi
dati, alcuni in parte noti a livello anedottivo ma finora mai
tradotti in studi rigorosi soggetti a revisione paritaria, altri del
tutto inediti, e questa nuova serie di dati ha spostato la bilancia a
favore di una validità del taxon Nanotyrannus rispetto
all'ipotesi che considera questo taxon solamente uno stadio immaturo
del taxon Tyrannosaurus. La questione è chiaramente un tema
di estrema nicchia, che sul piano puramente accademico coinvolge una
manciata di paleontologi (quasi unicamente nordamericani), ma che non
riguarda la grandissima maggioranza della disciplina paleontologica
ed ancor meno non ha alcun peso per il resto dell'umanità. A
infiammare il tono del dibattito è però la Sindrome di Osborn,
ovvero il fatto che stiamo parlando di qualcosa relativo a
Tyrannosaurus rex, il padre di tutti i feticci paleontologici
ed uno dei pochissimi casi di icona pop globale tratta dal registro
fossilifero.
Qualcuno
si è infiammato emotivamente quando Procheneosaurus è stato
ridotto a semaforonte di qualche Lambeosaurinae? Ovviamente no. Per
motivi complessi ed in parte sconcertanti, Nanotyrannus e T.
rex non sono banali dinosauri di serie B.
Alcuni
accademici sono direttamente coinvolti nella rivalutazione di
Nanotyrannus, ad esempio gli autori che negli ultimi decenni
hanno sostenuto che questo taxon non fosse valido. La loro ipotesi è
ovviamente falsificata dal nuovo studio, e questo può legittimamente
turbare e dare fastidio chi per molti anni ha pubblicato tesi che ora
sono state riviste e abbandonate. Altri hanno visto la propria tesi
rinforzata e confermata con ulteriore sostegno. La Scienza funziona
anche così, con ipotesi che si rafforzano e altre che si
indeboliscono. Tuttavia, mi pare che il tono eccessivamente
competitivo e agonistico di questa diatriba sia in parte una
combinazione di elementi extra-scientifici, che hanno connotato
questo dibattito con tinte più simili ad uno scontro tra tifoserie
che ad un dialogo tra tesi contrapposte.
Nonostante
ciò, sarebbe falso e scorretto sostenere che i paleontologi
precedentemente contrari alla validità di Nanotyrannus non
abbiano accolto la nuova pubblicazione con disponibilità. Molti tra
gli autori che nei precedenti venti anni hanno pubblicato articoli
oggi messi in discussione dal nuovo studio non hanno avuto problemi
ad accettare le conseguenze del nuovo studio. Pur con differenze di
tono e di termini, tutti i paleontologi interpellati hanno salutato
il nuovo studio come una positiva ventata di nuovi dati e di nuovi
elementi. Non vedo nelle reazioni una negazione fanatica né un
tentativo di minare in modo retorico la validità del nuovo studio.
Ovviamente,
ci sono distinguo e commenti intorno ai vari dettagli. Lo studio è
complesso, il materiale introdotto è abbondante, e non è possibile
esprimere un giudizio sintetico minimalista.
Pertanto,
è probabile che questo nuovo studio indurrà una serie di commenti e
risposte nella letteratura tecnica. Ciò rientra nella normale
dinamica scientifica.
Diverso
è l'atteggiamente di alcuni sostenitori della validità di
Nanotyrannus, i quali stanno salutando il nuovo studio come
una sconfitta dei loro avversari. Ovvero, leggono questo nuovo
studio da una prospettiva personalistica prima ancora che
scientifica. Lo dimostra l'uso di espressioni retoriche come "T.
rex Mafia" usata online da alcuni per dipingere l'insieme degli
autori che negli ultimi decenni hanno sostenuto la tesi falsificata
dal nuovo studio.
L'uso
della parola "Mafia" applicato a qualcuno è sempre
dispregiativo. La Mafia è un'organizzazione criminale, che impone il
proprio potere con la violenza e l'illegalità. Chiamare quei
paleontologi che hanno sostenuto la tesi a te avversa come "Mafia"
è, almeno ai miei occhi di italiano nato in una regione con un alto
tasso di infiltrazione mafiosa nella società, un comportamento molto deprecabile.
Gli
scienziati non sono mafiosi, non sono criminali, soprattutto se hanno
sostenuto una tesi in base ai dati disponibili ed alle metodologie standard della
propria disciplina. Non ci sono prove che qualcuno coinvolto nel
dibattito su questi fossili si sia comportato in modo criminale
né tanto meno mafioso. Il solo fatto che la tesi da loro sostenuta
sia oggi stata falsificata, non implica che quella tesi
sia stata fondata sulla falsità, il crimine ed imposta con la violenza. L'accoglienza generale del nuovo studio da parte della comunità paleontologica - compresi molti autori della tesi oggi falsificata - dimostra che non esiste un clima "da guerra tra bande" in questo ambiente, che gli scienziati non sono sgherri di un complotto mafioso.
Evitiamo di trasformare la propria emotività in un metro della realtà.
Forse
chi usa questa parola per definire alcuni paleontologi non ne conosce
sulla pelle il vero, terribile, significato. Voglio spiegarmi così
una tale caduta di stile nel linguaggio.
Lasciamo
la parola "Mafia" fuori dalla scienza.