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28 febbraio 2024

L'oggettiva inconsistenza pratica dell'Antropocene

I "sedimenti dell'Antropocene" non sono distinguibili da quelli pre-antropocenici (fonte).


L'Antropocene è un termine controverso che indicherebbe una nuova età della Terra, nella quale stiamo entrando. Il termine, ormai divenuto di moda, specialmente in ambiti conservazionistici, è criticato da molti geologici e paleontologi, poiché ha una discutibile consistenza sul piano geologico e stratigrafico, ovvero proprio quello in cui si sostiene debba essere introdotto. Sebbene i sostenitori dell'Antropocene ora insistano che il termine sia più utile in ambiti non-geologici che stratigraficamente, resta il fatto che essi vogliano comunque definirlo secondo rigorose logiche stratigrafiche, così da poterlo mettere in relazioni cronologica con le età della Terra.

Ho spiegato le ragioni per cui "Antropocene" non solo è ambiguo dal punto di vista metodologico, ma persino dannoso proprio nei confronti della causa ambientalista che tenderebbe a citarlo.

Oltre che essere improprio da un punto di vista epistemologico, e ambiguo sul piano metodologico, il fantomatico "Antropocene" potrebbe essere anche del tutto indefinibile sul piano pratico! Lo dimostra uno studio svolto su sedimenti lacustri del Nord Europa. Gli autori hanno campionato le microplastiche accumulate sui sedimenti recenti depositati sul fondale di questi laghi, per stabilire il momento in cui queste iniziano ad accumulare sulla sequenza stratigrafica, segnando l'avvento dell'Antropocene come epoca in cui le attività umane hanno iniziato a lasciare una traccia geologica analoga ad un livello stratigrafico. Il ragionamento alla base è apparentemente semplice ed ovvio: siccome la plastica è un prodotto dell'attività umana recente (successiva al 1950), il suo accumulo sui sedimenti è un ottimo marcatore del passaggio dall'Olocene all'Antropocene.

Ma come spesso succede nella scienza, una cosa è la teoria ed un'altra è la pratica. Gli studiosi hanno analizzato l'età dei sedimenti campionati utilizzando metodi di datazione assoluta che permettono di determinare gli anni passati dalla deposizione del sedimento, ed hanno scoperto che le microplastiche sono presenti anche in sedimenti vecchi 250 anni! Dato che la plastica è stata inventata a metà del XX Secolo, la presenza di microplastiche in sedimenti di secoli precedenti non è una vera documentazione bensì un artefatto della deposizione. Badate bene che questo fenomeno non coinvolge i sedimenti naturali, i quali invece si depositano in modo regolare senza mescolarsi tra loro (ed è proprio questo che li rende ottimi per l'analisi stratigrafica). Ovvero, le microplastiche sprofondano sotto il sedimento recente in cui si sono depositate, e lo fanno in base alla loro forma e granulometria, finendo per depositare in livelli più profondi di quelli effettivi che indicherebbero la loro età reale. Gli autori concludono che la microplastica, la tanto osannata traccia dell'Antropocene e dell'attività umana nell'epoca del petrolio, è un pessimo marcatore per l'Antropocene, dato che può depositarsi anche in sedimenti pre-antropocenici.

Ma se non possiamo usare la posizione stratigrafica delle microplastiche (uno dei più citati indicatori dell'antropocenico) per zonare l'Antropocene, questo significa, sul piano pratico, che l'Antropocene non è di fatto distinguibile dall'Olocene. Chiunque abbia una minima base di geologia non è sorpreso da questi risultati. Non è la prima volta che si è cercato di imporre a priori un qualche "marcatore" dell'Antropocene per scoprire che, una volta messo di fronte ai rigorosi metodi della stratigrafia, esso è risultato inapplicabile, fuorviante o, banalmente, privo di senso. Molti sostenitori di "indicatori dell'Antropocene" non hanno una robusta esperienza stratigrafica, e pensano che sia sufficiente immaginare che qualcosa si sedimenti per avere automaticamente un valido indicatore stratigrafico. La realtà dei processi geologici che usiamo per stabilire la storia del pianeta è ben diversa, è più complessa delle teorizzazioni ingenue, specialmente nei casi, come quelli "antropocenici", di depositi non ancora del tutto trasformati in stratificazioni rocciose.

Concludo, come sempre quando parlo di Antropocene, per rimarcare un concetto fondamentale: nessuno qui sta negando l'impatto antropogenico (con la G), l'impatto umano sul pianeta Terra, né i problemi legati all'attività umana. Ma tale impatto non è una novità dell'ultimo secolo e non indica l'inizio di una nuova età geologica. In misura proporzionale alla sua abbondanza numerica, la specie Homo sapiens è un agente geomorfologico fin dalla sua comparsa e diffusione a scala planetaria, ovvero fin dalla fine del Pleistocene. Pertanto, l'Antropocene è solo un modo pomposo per parlare della fase parossistica dell'attività umana nell'Olocene, ma è pur sempre Olocene, ne è in piena continuità e coerenza, e non richiede una arbitraria e modaiola discontinuità cronologica. 

Abbandonare il feticcio dell'Antropocene e fare maggiore divulgazione su come e quanto la nostra specie è impattante fin dall'inizio dell'Olocene, sono opzioni molto più sagge e utili che continuare ad usare un termine del tutto virtuale.

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