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18 settembre 2021

C.S.I. Djadokhta

 

Elaborazione in falsi colori del dettaglio di una delle scansioni tomografiche realizzate al ESRF su MPC D-102/109. Notare la struttura del sedimento.

Come fanno i paleontologi a identificare la collocazione stratigrafica (e ricostruire il contesto ambientale) di un fossile di cui manchino le informazioni di campagna, ovvero non ci siano a disposizione i dati sulla posizione geografica e sulla formazione geologica nella quale il fossile è stato raccolto?

Anche se nei film si vedono scienziati che mettono i loro campioni dentro una macchina, schiacciano qualche pulsante e dalla macchina esce la risposta bella e pronta dopo pochi secondi, la realtà è un tantino più complessa, e forse molto più affascinante. Si tratta di un lavoro di deduzione che combina i dati geologici sul fossile stesso con le sue caratteristiche tafonomiche (ovvero, le informazioni su come è fossilizzato).

Dato che nel nostro studio su Halszkaraptor ci siamo trovati esattamente in questa situazione, è un ottimo esempio di come si svolge questo tipo di ricostruzioni stratigrafiche (e quindi anche paleoambientali).

 Il dato disponibile era il fossile stesso e il blocco di matrice rocciosa che lo ingloba.

  1. Partiamo dal fossile: esso è lungo meno di un metro, praticamente completo ed articolato tridimensionalmente, privo di compressione delle ossa (se non una ridotta schiacciatura delle ossa del cranio, che però sono ancora in connessione), giace rannicchiato e in parte adagiato su un fianco, non mostra contrazioni post-mortem e non presenta fratture (a parte forse quella del radio sinistro). Le estremità di molte ossa lunghe sono state consumate dalla decomposizione prima della fossilizzazione.
  2. Il blocco di roccia è invece una arenaria rossastra, composta da granuli sabbiosi fittamente cementati. La roccia al suo interno non mostra particolari strutture, né orientazioni preferenziali dei sedimenti, né corpi ulteriori a parte lo scheletro, come ciottoli o diversi tipi di sedimento mescolati.

Tutti questi elementi sono coerenti con i fossili dalla Formazione (o litobiotopo) Djadokhta; nella quale la maggioranza dei fossili è di piccole dimensioni, ed è in eccezionale stato di completezza e preservazione, con ridotta disarticolazione e scarsa compressione. Inoltre, l'erosione delle estremità delle ossa lunghe è frequente in questi fossili, ed è interpretata come l'azione di insetti saprofagi che si sono introdotti nel sedimento durante la decomposizione dei cadaveri ed hanno consumato carne e cartilagine. 

Come osservano Jerzykiewicz et al. (2021), questa modalità di preservazione e completezza, così come le dimensioni del fossile, sono caratteristiche tipiche della Formazione (o litobiotopo) Djadokhta: al contrario, le altre formazioni (o litobiotopi) del Bacino del Nemegt tendono ad avere una più alta frequenza di fossili di dinosauri di dimensioni maggiori e scarsa di animali di piccola mole, i quali comunque raramente si preservano con il grado di preservazione che osserviamo in Halszkaraptor.

Il tipo di roccia, così come le sue caratteristiche, sono compatibili con una particolare facies della Formazione Djadokhta, la "Facies S" (Dingus et al. 2008), descritta come "Arenarie senza struttura prive di orientamento, concrezioni o strati incrociati". Questa facies è quella che tipicamente fornisce i fossili di dinosauro nella Formazione Djadokhta, e questo rafforza ulteriormente l'ipotesi che il fossile proviene da questa unità geologica. Le altre formazioni della Mongolia non soddisfano tutti gli elementi che osserviamo nel nostro fossile.

Tutti gli indizi, quindi, sia geologici che tafonomici, a nostra disposizione, supportano l'attribuzione del fossile alla Formazione Djadokhta (o, eventualmente, ad una formazione nuova ma con le medesime caratteristiche geologiche della Djadokhta).

Il tipo di roccia che ingloba il fossile ci può dare anche informazioni sul processo che ha portato alla morte e fossilizzazione dell'animale. 

Dingus et al. (2008) descrivono due tipi principali di Facies S: le prime sono interpretate come slavine di sabbia dalle pendici di dune sabbiose, mescolate a ciottoli fluviali. (Notate la presenza di ciottoli fluviali). Le seconde sono interpretate come depositi che mescolato materiale derivato da dune sabbiose e da sedimenti del fondale di un torrente. (Notare la presenza di sedimenti derivanti da corsi d'acqua). Anche se il blocco che contiene Halszkaraptor è troppo piccolo per stabilire in modo univoco da quale delle due condizioni è derivato, in ambo i casi notate che la genesi del sedimento inglobante questo dinosauro è una sabbia derivata da dune mescolata a sedimenti di origine fluviale.

Quali processi possono portare alla morte e fossilizzazione di questo dinosauro (e di altri rinvenuti in questi sedimenti)? Dingus et al. (2008) analizzano i diversi tipi di facies della Formazione Djadokhta e concludono che una serie particolare di cinque fenomeni è la più probabile causa dei letti fossiliferi in questa unità geologica:

1) Si formano grandi sistemi di dune in un bacino sedimentario in subsidenza.

2) Le dune si stabilizzano.

3) Il ciclo di pioggie e tempeste di polvere porta al progressivo accumulo di depositi di carbonato di calcio sotto le pendici delle dune. Notate che il processo richiede la presenza regolare di precipitazioni, alternate a fasi più secche. Un clima lievemente monsonico (alternanza annua di stagione secca e stagione piovosa), come quello che caratterizzava l'Asia centro-orientale durante il Cretacico, è quindi condizione chiave per capire la genesi di questi depositi: difatti, saranno questi depositi di carbonato a innescare i processi che inducono, regolarmente, il collasso delle dune. 

4) La regione fornisce una disponibilità costante di acqua e cibo che attira gli animali in questi siti. 

5) Rari eventi estremi di piogge molto intense portano alla formazione di falde acquifere alla base delle dune. Queste, a loro volta, inducono il collasso delle dune.

Un ulteriore processo che porta alla formazione di questi depositi è legato alla formazione di dighe naturali create dalle dune, che sbarrano il corso dei torrenti e portano alla formazione di veri e propri bacini d'acqua all'interno del sistema di dune. Il collasso delle dighe sabbiose porta poi a vere e proprie valanghe di sabbia e acqua che inondando il sistema di dune e inducono a loro volta il collasso delle dune adiacenti. Un simile fenomeno è documentato anche ai giorni nostri, ad esempio nel sistema di dune lungo la costa della Namibia.

Infine, il tipo e le relazioni tra i depositi descritti in questa formazione sono analoghi a quelli documentati in un sistema di dune fossili che circondava un antico lago pleistocenico cinese (Yang et al. 2003): ciò suggerisce che anche il sistema ambientale del Cretacico Superiore della Mongolia fosse composto da un sistema esteso di dune associate a specchi d'acqua come laghi e torrenti.

Notate che tutti questi scenari richiedono la compresenza di dune e di acqua: le dune senza la presenza di acqua non potrebbero generare i fenomeni che osserviamo a livello di sedimenti e di fossili estratti da queste rocce. Acqua non come elemento accessorio, ma come elemento chiave per produrre la ciclica catena di collassi delle dune e formazione dei fossili: sia acqua sotto forma di precipitazioni piovose sia sotto forma di corsi d'acqua a regime torrentizio o come veri e propri specchi di durata variabile. L'intero ciclo di formazione delle dune, degli eventuali specchi d'acqua e del loro collasso può richiedere dai decenni ai millenni, e quindi può ripetersi ripetutamente per centinaia di volte durante la fase del Cretacico Superiore documentata dalla Formazione Djadokhta.

Possiamo quindi ricostruire il paleoambiente di Halszkaraptor come un ambiente caratterizzato da dune sabbiose e da specchi d'acqua (laghi formati tra i sistemi di dune e corsi d'acqua a regime torrentizio), soggetti periodicamente (con frequenza secolare?) a periodici collassi di alcune dune, specialmente dopo occasionali episodi di pioggie molto intense, che portano alla tracimazione delle dighe sabbiose o alla instabilità della base delle dune. 

Data l'anatomia peculiare di Halszkaraptor, è ragionevole supporre che questo dinosauro fosse perfettamente adatto a sfruttare le risorse di un ambiente che combinava contesti relativamente aridi come le dune assieme agli specchi d'acqua ed ai corsi fluviali che intersecavano l'ampio sistema di dune. La presenza di almeno quattro halszkaraptorini (Halszkaraptor, Hulsanpes, Mahakala ed una nuova forma non ancora descritta ma mostrata ad un congresso alcuni anni fa) in almeno due dei litobiotopi del Bacino del Nemegt conferma che questo gruppo di paraviani era ben adattato a vivere nell'instabile contesto ambientale della Mongolia di fine Cretacico.

Bibliografia:

Dingus L. et al. 2008. The Geology of Ukhaa Tolgod (Djadokhta Formation, Upper Cretaceous, Nemegt Basin, Mongolia). American Museum Novitates 3616:1-40.

Jerzykiewicz T., Currie P.J., Fanti F., Lefeld J. 2021. Lithobiotopes of the Nemegt Gobi Basin. Canadian Journal of Earth Sciences 58(10) DOI: 10.1139/cjes-2020-0148.

Yang, X., T. Liu, and H. Xiao. 2003. Evolution of megadunes and lakes in the Badain Jaran Desert, Inner Mongolia, China during the last 31,000 years. Quaternary International 104: 99–112.

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