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13 marzo 2020

Dubbi sullo stato dinosauriano (e aviano) di Oculudentavis [AGGIORNAMENTO DEL 23 LUGLIO 2020]

Scansione tomografica del cranio di Oculudentavis (da Xing et al. 2020).

Edit del 16 marzo 2020: nello stesso momento in cui pubblicavo il mio post, anche Mickey Mortimer giungeva alle medesime conclusioni.


Xing et al. (2020) descrivono un cranio completo ed articolato di piccolissime dimensioni rinvenuto in un nodulo di ambra birmana. Gli autori riferiscono questo cranio ad un nuovo uccello primitivo, che battezzano Oculudentavis khaungraae. In base alla loro interpretazione, Oculudentavis risulterebbe il più piccolo dinosauro mesozoico al mondo, di dimensioni patagonabili a quelle di un odierno colibrì.

Dopo aver letto lo studio, e osservato nel dettaglio il modello 3D navigabile del cranio, prodotto dagli autori, ritengo che l'interpretazione proposta da Xing et al. (2020) sia molto problematica.
Oculudentavis difatti presenta numerose caratteristiche anomale per un uccello e persino per un dinosauro. E questo mi fa dubitare che sia classificabile dentro Dinosauria (e Avialae).


Assenza di finestra antorbitale.
Caso unico in tutto il clade Theropoda, Oculudentavis è privo di finestra antorbitale: il mascellare difatti partecipa ampiamente al margine anteriore dell'orbita, una configurazione alquanto primitiva che ricorda molti lepidosauri.

Quadrato con ampia concavità laterale.
Questo carattere non è tipico dei dinosauri, bensì dei lepidosauri.

Il mascellare e la dentatura posteriore del mascellare si estendono ampiamente sotto l'orbita.
Entrambi i caratteri sono condizioni primitive dei rettili, assenti in tutti i celurosauri, ed il secondo a tutti gli averostri, nei quali invece il mascellare non si estende sotto la parte anteriore dell'orbita. Anche se in alcuni paraviani la dentatura arriva fino alla barra lacrimale, essa non si estende mai così posteriormente.

Dentatura con impianto pleurodonte o acrodonte.
I denti non sono inseriti in alveoli (impianto tecodonte) tipico di tutti i dinosauri e tutti gli arcosauri, bensì appoggiano al margine linguale del parapetto laterale dell'osso corrispondente: questo è un impianto dentario tipico dei rettili non-arcosauri (ad esempio, i lepidosauri).

Finestre postemporali molto ampie.
Queste finestre sono poste tra i parietali ed il sopraoccipitale: in Oculudentavis sono molto ampie, come nella maggioranza dei rettili, mentre nei dinosauri queste sono ridotte a dei piccoli forami.

Placche sclerotiche a forma di cucchiaio.
L'anello sclerotico che forma l'impalcatura del bulbo oculare di Oculudentavis è diverso da quello di tutti i dinosauri, nei quali le placche che formano l'anello sono rettangolari, per essere formato da placche a forma di cucchiaio: la medesima morfologia è tipica di molti lepidosauri squamati.

Processo coronoide che descrive una concavità posterodorsale della mandibola.
Nei maniraptori, il coronoide è un osso vestigiale, spesso del tutto assente. In Oculudentavis, il coronoide è un osso ben distinto, la cui forma e posizione ricorda più un lepidosauro che un maniraptoro.

Dimensioni ridottissime.
Oculudentavis è molto più piccolo di qualunque altro aviale mesozoico scoperto finora. Le sue dimensioni sono comparabili a quelle dei crani di molti piccoli squamati rinvenuti nella ambre birmane.

Concludendo, ci sono troppi caratteri "da lucertola" in Oculudentavis per non far nascere il sospetto che questo fossile non sia affatto un uccello, né tanto meno un dinosauro, bensì un altro tipo di diapside, forse un lepidosauro squamato, se non eventualmente un esemplare molto immaturo di qualche altro gruppo mesozoico (ad esempio, un coristodero). 
Se dovessi puntare del denaro tra l'ipotesi che esso sia un uccello piccolissimo con inusuali convergenze "da lucertola" e l'ipotesi che sia un cranio molto immaturo di un rettile non-dinosauriano, io punto la seconda.
Sebbene gli autori sostengano che l'animale sia adulto, le ridottissime dimensioni e le proporzioni del cranio sono compatibili con uno stadio molto immaturo, e possono indicare un esemplare forse persino appena uscito dall'uovo. Ciò spiega la forma vagamente "da uccello" sia del muso che della cavità encefalica: è ben noto che molti tipi di rettili presentano nella fase finale dello sviluppo embrionale e nei primissimi momenti dopo la schiusa una morfologia cranica simile a quella generale degli uccelli (di fatti, il cranio degli uccelli è una forma di "infantilizzazione" del cranio rettiliano classico, estesa all'adulto).  
Purtroppo, gli autori, pur notando alcune delle somiglianze con gli squamati, non testano le affinità di Oculudentavis fuori da Avialae: la loro analisi filogenetica (focalizzata solo su Avialae) impone a priori che esso sia un uccello, e quindi non "dimostra" che tale fossile sia un dinosauro né un aviale.
Credo che fintanto che non sarà pubblicato uno studio più dettagliato che confronti questo fossile con tutti i rettili mesozoici (in particolare, i non-arcosauri come gli squamati), e non solo con gli uccelli, sia prematuro stabilire le affinità di questo fossile.

PS: per curiosità, ho testato Oculudentavis nella grande matrice di Squamata di Gauthier et al. (2012): esso risulta uno stem-Gekkota.

AGGIORNAMENTO DEL 23 LUGLIO 2020

Colpo di scena finale nella vicenda di Oculudentavis: ieri, la rivista Nature ha ritirato l'articolo.
In base alle motivazioni portate dagli autori, la scoperta di un secondo esemplare, evidentemente più completo del primo, pare aver confermato il sospetto mio e di altri che l'animale non sia affatto un uccello. Non ci sono ulteriori dettagli in merito a questo secondo esemplare, che è menzionato essere "non pubblicato".
La soluzione di questa faccenda è alquanto sconcertante. E non per il fatto che Oculudentavis risulti non essere un uccello (come dimostra questo stesso post e questa mia intervista, un tale esito lo sospettavo fin da Marzo, e difatti non sono per niente sorpreso dalla rivalutazione del fossile), ma per il destino che hanno preso l'articolo in sé ed il taxon che in quell'articolo fu eretto e definito.

Infatti, il "ritiro" di un articolo tecnico implica che, da oggi, quello studio è "come se non fosse mai esistito". E ciò implica che anche il nome Oculudentavis khaungraae istituito in tale studio è come se non fosse mai esistito!
Ma è legittima una simile operazione? Intendo dire, quanto è legittima la soppressione di una pubblicazione che ha elementi tassonomici al suo interno, se vista dal punto di vista del codice internazionale di nomenclatura zoologica?

Chiariamo subito un paio di punti che in queste ore vengono fraintesi:
1) il destino di un termine tassonomico (come è Oculudentavis khaungraae) è regolato dal Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica, e non da un articolo pubblicato su Nature che ritira un precedente articolo. L'articoletto di ieri non ha alcun effetto formale sulla specie battezzata a Marzo.
2) la drammatica vicenda etica relativa ai fossili birmani non è menzionata tra le motivazioni del ritiro dell'articolo e quindi non è legata alla validità "formale" dell'articolo pubblicato in Marzo né alla validità tassonomica  della specie Oculudentavis khaungraae. Per quanto la vicenda birmana sia drammaticamente importante, l'articolo pubblicato ieri non è dovuto a questioni etiche: sarebbe quindi improprio menzionarle pro o contro la soluzione della questione tassonomica in senso stretto.

Onestamente, penso che non ci sia motivo per ritirare l'articolo di Marzo: come accade normalmente in questi casi, sarebbe bastato pubblicare un secondo lavoro in cui gli autori revisionano la classificazione di Oculudentavis alla luce del nuovo esemplare, e concludono che l'ipotesi discussa nel primo articolo era stata falsificata. Niente di drammatico e tutto dentro l'alveo normale di come procede la scienza. Io stesso pubblicai un lavoro nel 2011 in cui rivedevo la mia ipotesi iniziale relativa allo status del fossile chiamato Kemkemia: ciò non ha richiesto la "rimozione" del primo articolo né tanto meno l'abolizione del taxon là istituito (il quale, nella peggiore delle ipotesi, può risultare un nomen dubium privo di diagnosi valida oppure un sinonimo di altre specie, ma anche in quei casi resta pur sempre un nome formalmente valido per il codice di nomenclatura).
Difatti, anche se ora siamo sicuri che questa testolina in ambra non è un uccello, ciò non rimuove il fatto formale e certificato che quella testolina ha un nome scientifico ufficiale: Oculudentavis khaungraae. Il ritiro dell'articolo, invece, implicitamente dichiara che il nome Oculudentavis khaungraae "non esiste più". Ma i nomi dei taxa non possono "smettere di esistere"! Possono diventare sinonimi di altri, possono risultare non-diagnosticabili, ma non possono "essere annullati"!

Un'altra piccola precisazione: il fatto che il nome originario alluda agli uccelli ("Oculudent-AVIS") non è ovviamente un motivo valido per annullare tale nome, esattamente come Basilosaurus continua ad essere il nome valido di un mammifero marino (anche se il nome ha il suffisso "saurus", usualmente associato a rettili) e Fulgurotherium quello valido di un rettile (anche se il nome ha il suffisso "therium", usualmente associato a mammiferi). Il nome non cambia in funzione del cambiamento eventuale della collocazione tassonomica del taxon al quale è legato il nome.

Appare quindi chiaro che, dietro il ritiro della pubblicazione, ci sia una complessa rete di motivazioni non-tassonomiche (legate anche a questioni etiche relative al modo con cui l'esemplare è stato pubblicato, oltre che al modo con cui questi fossili sono estratti e raggiungono la comunità scientifica), le quali, tuttavia, hanno anche creato un problema tassonomico che si poteva facilmente evitare senza creare ulteriore confusione: ora, invece, abbiamo la "soppressione" di un termine tecnico nonostante che esso sia del tutto legittimo, nome di una specie fossile che, ad oggi, è ancora perfettamente valida (indipendentemente da quale sia il suo gruppo di appartenenza).

Cosa succederà all'esemplare originario? Ora che è "senza nome" sarà ribattezzato in un nuovo articolo? Ha senso questa altalena di tassonomie? E cosa succederà al nuovo esemplare?

La vicenda di Oculudentavis non pare quindi del tutto chiusa.

Bibliografia:
Xing, Lida; O’Connor, Jingmai K.; Schmitz, Lars; Chiappe, Luis M.; McKellar, Ryan C.; Yi, Qiru; Li, Gang (2020). Hummingbird-sized dinosaur from the Cretaceous period of Myanmar. Nature. 579 (7798): 245–249



10 commenti:

  1. https://www.youtube.com/watch?v=3i1yAZS2TB8

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  2. Molto interessante, non avevo ancora visto nessuno mettere in dubbio la tassonomia di Oculudentavis in questo modo. Speriamo che anche la tua ipotesi possa essere verificata al più presto. A proposito di Oculudentavis pero' mi sono imbattuto in questo articolo che parla delle condizioni eticamente discutibili nel quale il fossile è stato trovato. So di lasciarti un po' una "patata bollente", ma sono molto curioso di sapere la tua opinione professionale in merito.
    https://markwitton-com.blogspot.com/2020/03/the-ugly-truth-behind-oculudentavis.html?m=1&fbclid=IwAR2lovzfvQK34Br33Z9I_M_LnjCs007dpWOgvNRCzKnJ3qc17ITCkvm-RY4

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    1. I am really concerned, and we all should define a proper protocol on how to deal with such fossils.
      PS: Note that the authors of the Oculudentavis paper have included an ethical statement in the supplementary material.

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  3. particolarmente interessante, grazie.
    Emiliano

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  4. Ma se Oculudentavis non fosse un Dinosauro ci troveremo davanti a una nuova specie di rettile o sarebbe un sinonimo di un' altra specie?
    Sebastiano

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    1. Probabilmente è comunque una nuova specie.

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  5. Interessante, ma primo di scrivere questo articolo, hai chiesto agli autori della studia se loro hanno considerato questa ipotisi? Secondo me sia un errore troppo grande per recevere una publicazione su Nature senza averlo considerato. Gli articoli su Nature sono molto brevi a volte.

    Non ti sono critcando, non penso che hanno scritto informazione sufficiente nel articolo per sostenere i suoi argomenti che e' un'uccello di nuovo. Ma solo potremmo corregere la situazione con una dichiarazione degli autori, no?

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    1. Gli autori notano le somiglianze con gli squamati ma le considerano non sufficienti per collocare il fossile in quel gruppo. Essi quindi sostengono una ipotesi e la portano avanti fino in fondo. Purtroppo, essa non è la spiegazione più semplice delle evidenze.
      Non occorre che io chieda loro cosa "hanno considerato", perché io non sto valutando gli autori, ma il testo di un articolo scientifico.
      Se gli autori e la rivista hanno pubblicato quello studio, ora si assumono la responsabilità qualora sia sbagliato. Sono le regole del gioco.
      Qualora scrivano una ritrattazione sarà benvenuta. Ma non si può biasimare me o i tanti altri paleontologi che sono giunti alla mia stessa conclusione se noi notiamo una così evidente debolezza e inconsistenza della ipotesi "uccello" per questo fossile.

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  6. Resta il fatto che queste ambre birmane sonoveramente portentose, chissà quanti squamai, theoropodi o pterosauri stanno per arrivarci da lì.

    Valerio

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