Allosaurus (c) Davide Bonadonna |
Le ossa sono gli elementi anatomici dei
vertebrati con la maggiore probabilità di fossilizzare. In vita, le
ossa sono elementi strutturali e fungono da ancoraggio per i muscoli.
Pertanto, è possibile identificare nelle ossa delle tracce dei punti
di origine (dove il muscolo “inizia”) e inserzione (dove il
muscolo “finisce”). In molti casi, le ossa stesse presentano
prominenze, creste e rugosità che indicano direttamente le origini o
inserzioni muscolari. Sono i cosiddetti “correlati osteologici
della muscolatura”. Ad esempio, il femore della maggioranza dei
rettili archosauriformi presenta una struttura di forma variabile
nella parte posteriore della diafisi, chiamata “quarto trocantere”
che rappresenta il correlato osteologico dell'inserzione del muscolo
caudofemorale lungo. Questo muscolo è il principale retrattore
muscolare della gamba dei rettili, ovvero, il muscolo che genera la
principale forza necessaria a muovere la coscia, generando la spinta
del passo. Negli uccelli, il muscolo caudofemorale lungo è molto
ridotto, se non del tutto assente, e difatti il quarto trocantere del
femore è assente. Di conseguenze, negli uccelli il principale
“motore” della gamba non è la muscolatura caudofemorale, bensì
quella preposta alla flessione del ginocchio. In un'ottica
filogenetica ed evoluzionistica, la riduzione del quarto trocantere è
considerata una apomorfia degli uccelli rispetto agli altri rettili,
il che implica che questo processo (ed il muscolo associato) sono
andati incontro a riduzione in qualche fase della transizione che
porta agli uccelli. Difatti, nei coelurosauri, e a maggior ragione
dei maniraptori, il quarto trocantere si riduce rispetto agli altri
theropodi, confermando (insieme a moltissimi altri caratteri)
l'origine maniraptoriana degli uccelli in Theropoda.
Sebbene l'inserzione del caudofemorale
lungo ed il quarto trocantere siano spesso citati nelle discussioni
sull'evoluzione del sistema locomotorio dai rettili agli uccelli, più
difficile è determinare l'origine del muscolo caudofemorale sulle
ossa. Sappiamo da dissezioni di rettili viventi che il caudofemorale
origina sulla superficie laterale delle vertebre caudali anteriori ed
intermedie. Nei fossili, la localizzazione dell'origine del muscolo è
problematica. Tradizionalmente, si è usata la distribuzione delle
coste caudali per posizionare l'estensione del muscolo caudofemorale
lungo. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che le coste caudali
non sono il vero punto di origine del caudofemorale lungo nella coda.
Pertanto, nei fossili occorre dedurre l'origine di questo muscolo per
metodi indiretti, ad esempio localizzando eventuali setti ossei nelle
vertebre che marchino il confine tra il caudofemorale lungo ed altri
muscoli della coda.
In uno studio pubblicato oggi su ActaPalaeontologica Polonica, ed avente come autori il vostro qui
presente paleo-blogger ed il collega ed amico Paolo Serventi,
curatore del museo paleontologico della Università di Modena e
Reggio Emilia, descriviamo per la prima volta quella che è la
traccia diretta dell'origine del muscolo caudofemorale lungo nella
coda di un dinosauro.
Il dinosauro in questione è uno
scheletro composito di Allosaurus fragilis, dalla mitica
Clevelan-Lloyd Quarry dello Utah, un bonebed della Formazione
Morrison composto in larga parte da ossa di questo theropode. Lo
scheletro in questione fu acquistato dall'ateneo modenese negli anni
'60. Di recente, in conseguenza delle attività di trasloco della
collezione palentologica modenese nella sua nuova sede, lo scheletro
è stato smontato, permettendo l'osservazione diretta delle singole
ossa. Non mi sono fatto quindi scappare l'occasione, e nel 2014 e
2015 ho visionato il materiale assieme a Paolo. Durante una di queste
osservazione, Paolo mi fece notare uno strano solco che correva lungo
la superficie laterale di una delle vertebre caudali. Il solco aveva
vagamente la forma di una cerniera lampo chiusa, dato che era formato
da una serie regolare di sottili scanalature dell'osso, disposte
parallelamente una sopra l'altra ad intervalli di circa mezzo
millimetro l'una. La curiosa struttura anatomica poteva essere un
artefatto della fossilizzazione, oppure un danneggiamento prodotto
durante lo scavo delle ossa? Queste due opzioni furono scartate
quando scoprimmo che il medesimo tipo di solco era presente, con
forma, posizione e inclinazione simile, in un'altra vertebra della
coda. Ed in un'altra. Ed in altre ancora. In alcune di queste
vertebre, il solco era evidente in ambo i lati, suggerendo che fosse
distribuito simmetricamente sulle ossa. In tutte le vertebre dove è
visibile, il solco corre lungo la metà anteriore della superficie
laterale del centro vertebrale, e si incurva posteriormente verso
l'arco neurale. In nessuna vertebra, il solco attraversa la metà
posteriore del centro vertebrale, né si estende alla base delle
coste.
Non ci sono dubbi, una struttura che si
sviluppa simmetricamente e metamericamente (ovvero, si ripete in modo
simile lungo elementi in serie, in questo caso, lungo le vertebre) è
chiaramente di origine biologica. Quale può essere la sua causa?
La distribuzione del solco nello
scheletro è molto intrigante: esso è assente nelle ossa del cranio,
degli arti e nelle vertebre presacrali e sacrali. Esso appare
solamente sulle ossa della coda. Ed anche nella coda, è limitato
alle caudali anteriori ed intermedie.
Quale struttura anatomica è presente
esclusivamente lungo le vertebre caudali anteriori e intermedie,
decorre simmetricamente lungo la superficie laterale dei centri e
dell'arco neurale ma non si estende lungo le coste e le spine
neurali?
Il muscolo caudofemorale lungo.
Pertanto, il solco (che propongo di
chiamare “Solco di Serventi” in onore del suo scopritore) è il
correlato osteologico dell'origine del muscolo caudofemorale lungo.
Sulla base della distribuzione del solco lungo lo scheletro modenese,
ipotizziamo che il caudofemorale lungo avesse la massima ampiezza
nelle prime 17 vertebre caudali, e che poi si assottigliasse
progressivamente per terminare tra la 23a e la 32a vertebra: solo
nuovi scheletri con serie vertebrali complete potranno raffinare
questa nostra stima preliminare.
Ricostruzione del Muscolo caudofemorale lungo in Allosaurus (scheletro (c) Scott Hartman) |
Bella scoperta per uno scheletro
apparentemente privo di originalità, dal taxon “più banale” di
theropode giurassico!
Ovviamente, a questo punto qualcuno si
chiederà come mai il Solco di Serventi non sia mai stato segnalato
prima di oggi in altri rettili fossili. La spiegazione può essere un
mix di fattori:
- Il solco è poco visibile con luce diretta, ma appare solamente a luce radente. Se avete uno scheletro montato stabilmente in un museo con illuminazione fissa, potrebbe risultare molto difficile notarlo. Non a caso, io e Paolo osservammo la struttura solo quando disponemmo delle ossa disarticolate dall'impalcatura.
- Le vertebre caudali sono spesso la parte dello scheletro che riceve la minore indagine e attenzione. Il cranio e gli arti sono generalmente l'oggetto principale dell'interesse anatomico, mentre le vertebre della coda sono considerate poco informative.
La speranza è che la nostra breve
segnalazione sproni i nostri colleghi nei musei di tutto il mondo di
dare una seconda occhiata alle vertebre caudali dei loro scheletri.
Sarà interessante stabilire se e con quale abbondanza sia presente
il Solco di Serventi nei fossili di dinosauro. La sua mappatura
sistematica potrebbe portare nuove informazioni sull'evoluzione di
questo fondamentale muscolo locomotorio.
Bibliografia:
Cau A., Serventi P. 2017 - Origin
attachments of the caudofemoralis longus muscle in the Jurassic
dinosaur Allosaurus. Acta Palaeontologica Polonica 62(2):273–277. DOI:
https://doi.org/10.4202/app.00362.2017