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28 dicembre 2016

I theropodi più interessanti del 2016



E come ogni anno, il tradizionale post che riassume le scoperte e pubblicazioni theropodologiche (a mio avviso) più interessanti e significative nell’anno che sta per terminare.

Gates et al. (2016) hanno analizzato la distribuzione dell’ornamentazione cranica nei theropodi, e discutono una possibile relazione tra l’evoluzione di queste strutture ed l’evoluzione del gigantismo in varie linee (dai ceratosauri ai tyrannosauroidi).
Griffin e Nesbitt (2016) analizzano la variabilità esistente tra i vari coelophysoidi per i quali sia noto un discreto campione di esemplari, e concludono che i dinosauri non-maniraptori erano caratterizzati da una elevata variabilità intraspecifica, con conseguente coesistenza di differenti serie ontogenetiche all’interno della medesima specie.
 
L’anno appena concluso è stato relativamente positivo per chi, come me, è molto interessato ai ceratosauri di grado “noasauride”:
Rauhut e Carrano (2016) pubblicano una dettagliata ri-descrizione del ceratosauro basale Elaphrosaurus, un taxon particolarmente importante sia sul piano filogenetico che paleogeografico.
Wang et al. (2016) pubblicano uno studio sulla serie di esemplari noti di Limusaurus. Lo studio mostra una inattesa diversità morfologica tra gli stadi giovanili e quelli maturi, in particolare – caso unico nei fossili noti – il primo caso di progressiva e completa perdita dei denti durante la crescita.
Brisson Egli et al. (2016) descrivono un nuovo esemplare dell’abelisauroide Velocisaurus.

Il dibattito sulle faune a theropodi del Kem Kem, ed in particolare la questione su quanti e quali taxa di spinosauridi fossero presenti in questa associazione fossile, è continuato, con alcuni studi che hanno affrontato direttamente o tangenzialmente la questione della diversità a theropodi nel Cretacico del Nord Africa:
Hendrickx et al. (2016) descrivono una serie di quadrati (ossa del sospensorio mandibolare) dal Kem Kem e li riferiscono a due spinosauridi. Gli autori concludono che Spinosaurus e Sigilmassasaurus sono quindi taxa distinti.
Chiarenza e Cau (2016) descrivono un femore isolato dal Kem Kem, che riferiscono ad un abelisauride di grandi dimensioni. Nello studio, gli autori inoltre revisionano lo status tassonomico di vari taxa dal Cretacico “medio” del Nord Africa.

Xing et al. (2016a) descrivono due frammenti di ala di enantiorniti conservati in ambre birmane datate all’inizio del Cretacico Superiore. Sempre da parte del medesimo team dello studio precedente, Xing et al. (2016b) descrivono un frammento di coda di theropode conservato in ambra dalla metà del Cretacico della Birmania. Sebbene i dettagli osteologici siano poco definiti, questi fossili confermano il potenziale di preservazione possibile in questi giacimenti.

Funston et al. (2016) descrivono il primo bonebed ad Avimimus.
Funston e Curie (2016) istituiscono un nuovo caenagnathidae discretamente conservato, Apatoraptor.

Apesteguia et al. (2016) descrivono un nuovo theropode dal Cretacico Superiore della Patagonia, Gualicho, che mostra numerose sinapomorfie con Deltadromeus. La posizione filogenetica di questi taxa resta, tuttavia, ancora instabile.
Alcune settimane prima, Motta et al. (2016) avevano descritto nuovi theropodi frammentari dal Cretacico Superiore della Patagonia, ed istituirono Aoniraptor e Taurovenator. Il primo è probabilmente sinonimo con Gualicho, il quale, però, formalmente ha priorità sullo studio di Motta et al. (2016) dato che questo ultimo non soddisfa tutti i criteri del Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica per l’istituzione di un nuovo taxon.

Martill et al. (2016) descrivono un nuovo neotheropode dalla base del Giurassico inglese: Dracoraptor.
Azuma et al. (2016) descrivono un nuovo coelurosauro dal Cretacico Inferiore del Giappone, Fukuiraptor. Il taxon mostra una curiosa combinazione di caratteri presenti in dromaeosauridi e coelurosauri più basali.
Coria et al. (2016) descrivono un nuovo megaraptoride patagonico, Murusraptor. Si tratta del megaraptoriano con il cranio meglio conservato noto finora.
Filippi et al. (2016) descrivono un nuovo abelisauride, Viavenator, dal Cretacico Superiore argentino, caratterizzato da una marcata ossificazione delle inserzioni muscolari epiassiali, un fenomeno che estremizza una tendenza diffusa tra gli abelisauroidi, e che meriterebbe un maggiore approfondimento.

Cosa ci aspetta il nuovo anno sul fronte dei theropodi mesozoici?
Se alcuni degli studi di cui sono al corrente arriveranno in porto, sarà un anno molto interessante…
Buon 2017!

Bibliografia:
Terry A. Gates, Chris Organ, Lindsay E. Zanno (2016). Bony cranial ornamentation linked to rapid evolution of gigantic theropod dinosaurs. Nature Communications. 7: Article number 12931. doi:10.1038/ncomms12931.
Christopher T. Griffin, Sterling J. Nesbitt (2016). Anomalously high variation in postnatal development is ancestral for dinosaurs but lost in birds. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. 113 (51): 14757–14762. doi:10.1073/pnas.1613813113.
Oliver W. M. Rauhut, Matthew T. Carrano (2016). The theropod dinosaur Elaphrosaurus bambergi Janensch, 1920, from the Late Jurassic of Tendaguru, Tanzania. Zoological Journal of the Linnean Society. 178 (3): 546–610. doi:10.1111/zoj.12425.
Shuo Wang, Josef Stiegler, Romain Amiot, Xu Wang, Guo-hao Du, James M. Clark, Xing Xu (2016). Extreme Ontogenetic Changes in a Ceratosaurian Theropod. Current Biology. in press. doi:10.1016/j.cub.2016.10.043.
Federico Brissón Egli, Federico L. Agnolín, Fernando Novas (2016). A new specimen of Velocisaurus unicus (Theropoda, Abelisauroidea) from the Paso Córdoba locality (Santonian), Río Negro, Argentina. Journal of Vertebrate Paleontology. 36 (4): e1119156. doi:10.1080/02724634.2016.1119156.
Christophe Hendrickx, Octávio Mateus, Eric Buffetaut (2016). Morphofunctional Analysis of the Quadrate of Spinosauridae (Dinosauria: Theropoda) and the Presence of Spinosaurus and a Second Spinosaurine Taxon in the Cenomanian of North Africa. PLoS ONE. 11 (1): e0144695. doi:10.1371/journal.pone.0144695. PMC 4703214 . PMID 26734729.
Chiarenza, Alfio Alessandro, Cau, Andrea (2016). A large abelisaurid (Dinosauria, Theropoda) from Morocco and comments on the Cenomanian theropods from North Africa. PeerJ. 4 (e1754). doi:10.7717/peerj.1754.
Lida Xing, Ryan C. McKellar, Min Wang, Ming Bai, Jingmai K. O’Connor, Michael J. Benton, Jianping Zhang, Yan Wang, Kuowei Tseng, Martin G. Lockley, Gang Li, Weiwei Zhang, Xing Xu (2016a). Mummified precocial bird wings in mid-Cretaceous Burmese amber. Nature Communications. 7: Article number 12089. doi:10.1038/ncomms12089.
Lida Xing, Ryan C. McKellar, Xing Xu, Gang Li, Ming Bai, W. Scott Persons IV, Tetsuto Miyashita, Michael J. Benton, Jianping Zhang, Alexander P. Wolfe, Qiru Yi, Kuowei Tseng, Hao Ran, Philip J. Currie (2016b). A Feathered Dinosaur Tail with Primitive Plumage Trapped in Mid-Cretaceous Amber. Current Biology. 26 (24): 3352–3360. doi:10.1016/j.cub.2016.10.008.
Gregory F. Funston, Philip J. Currie, David A. Eberth, Michael J. Ryan, Tsogtbaatar Chinzorig, Demchig Badamgarav, Nicholas R. Longrich (2016). The first oviraptorosaur (Dinosauria: Theropoda) bonebed: evidence of gregarious behaviour in a maniraptoran theropod. Scientific Reports. 6: Article number 35782. doi:10.1038/srep35782.
Gregory F. Funston, Philip J. Currie (2016). A new caenagnathid (Dinosauria: Oviraptorosauria) from the Horseshoe Canyon Formation of Alberta, Canada, and a reevaluation of the relationships of Caenagnathidae. Journal of Vertebrate Paleontology. 36 (4): e1160910. doi:10.1080/02724634.2016.1160910.
Matías J. Motta, Alexis M. Aranciaga Rolando, Sebastián Rozadilla, Federico E. Agnolín, Nicolás R. Chimento, Federico Brissón Egli, and Fernando E. Novas (2016). New theropod fauna from the Upper Cretaceous (Huincul Formation) of northwestern Patagonia, Argentina. New Mexico Museum of Natural History and Science Bulletin. 71: 231–253.
David M. Martill, Steven U. Vidovic, Cindy Howells, John R. Nudds (2016). The Oldest Jurassic Dinosaur: A Basal Neotheropod from the Hettangian of Great Britain. PLoS ONE. 11 (1): e0145713. doi:10.1371/journal.pone.0145713.
Yoichi Azuma, Xing Xu, Masateru Shibata, Soichiro Kawabe, Kazunori Miyata, Takuya Imai (2016). A bizarre theropod from the Early Cretaceous of Japan highlighting mosaic evolution among coelurosaurians. Scientific Reports. 6: Article number 20478. doi:10.1038/srep20478.
Sebastián Apesteguía, Nathan D. Smith, Rubén Juárez Valieri, Peter J. Makovicky (2016). An Unusual New Theropod with a Didactyl Manus from the Upper Cretaceous of Patagonia, Argentina. PLoS ONE. 11 (7): e0157793. doi:10.1371/journal.pone.0157793. PMC 4943716 . PMID 27410683.
Rodolfo A. Coria, Philip J. Currie (2016). A New Megaraptoran Dinosaur (Dinosauria, Theropoda, Megaraptoridae) from the Late Cretaceous of Patagonia. PLoS ONE. 11 (7): e0157973. doi:10.1371/journal.pone.0157973.
Leonardo S. Filippi, Ariel H. Méndez, Rubén D. Juárez Valieri, Alberto C. Garrido (2016). A new brachyrostran with hypertrophied axial structures reveals an unexpected radiation of latest Cretaceous abelisaurids. Cretaceous Research.61: 209–219.doi:10.1016/j.cretres.2015.12.018.

16 dicembre 2016

L'origine dei dinosauri: parte 1

Per capire l’origine dei dinosauri, occorre prima definirli. Una volta stabilito cosa siano i dinosauri, si dispone del criterio per riconoscerli e si può cercare nel record fossile (l’insieme delle tracce fossili conservate nelle rocce) le prove della loro origine. Nelle scienze naturali, sono stati definiti vari “livelli di organizzazione”, che spaziano come dimensioni e complessità dalle molecole organiche fino all’intero sistema di tutte le forme di vita del pianeta. Nell’ambito dei fossili, studiato dalla paleontologia, questi livelli hanno lasciato tracce differenti e con differenti gradi di preservazione. Per chi voglia capire i dinosauri, i livelli di organizzazione più importanti sono l’individuo e il clade. Un individuo è, molto intuitivamente, un singolo esemplare che possa essere considerato distinto da altri individui di forma e dimensione simile, e che è formato da una o più cellule organizzate. In generale, ogni individuo è diagnosticabile, ovvero, può essere descritto come un insieme di caratteristiche (nella maggior parte dei casi, caratteristiche anatomiche) che permette di distinguerlo da altri individui. Badate bene che la diagnosi, questa lista di caratteristiche, non è sufficiente a definire un individuo: due gemelli hanno identica diagnosi, ma sono chiaramente due individui distinti. Il motivo per cui due gemelli, pur avendo diagnosi identica, sono due individui distinti, è legato all’altro fattore chiave per capire i livelli di organizzazione vivente: la storia. Due gemelli, pur avendo diagnosi identiche, hanno storie distinte, quindi sono due individui e non un singolo. In effetti, due gemelli si possono considerare la forma più semplice dell’altro livello di organizzazione che occorre conoscere per capire i dinosauri: il clade. Un clade è un insieme di individui che sono legati tra loro da rapporti genealogici. Ad esempio, una coppia di gemelli (identici) discende dalla medesima cellula uovo fecondata. Una serie di fratelli è un altro tipo di clade: l’insieme dei discendenti diretti di una coppia originaria. Ed anche una rimpatriata di cugini è un clade: l’insieme dei discendenti di una coppia di nonni. Anche un clade, come un singolo individuo, è diagnosticabile, ad esempio elencando le caratteristiche condivise tra tutti gli individui che formano quel clade. Intuitivamente, si potrebbe quindi concludere che i dinosauri siano un clade (un insieme di individui imparentati tra loro) e che condividono una serie di caratteristiche che li differenziano da altri insiemi di individui. Questo approccio è sicuramente corretto, ma non sufficiente, e difatti non è quello che si usa per definire i dinosauri. Non è un caso che ho chiamato questo approccio “diagnosi” e non “definizione”. Per definire i dinosauri (ed in generale, ogni clade), occorre rifarsi all’altro fattore chiave: la storia. Il motivo per cui non conviene usare una diagnosi per definire un gruppo di esseri viventi è che un gruppo naturale molto ampio e variegato, come sono i dinosauri, è difficile da diagnosticare con una serie di caratteri che siano evidenti e presenti in tutti i potenziali membri di quel gruppo. In Natura, quasi mai tutti i membri di un gruppo condividono tutte le caratteristiche ritenute “diagnostiche” di quel gruppo (le eccezioni sono la regola), e spesso – qualora siano effettivamente disponibili delle caratteristiche “chiave” – questi caratteri non hanno lasciato tracce fossili, e quindi sono inutili al paleontologo. Ad esempio, tutti i mammiferi sono diagnosticati, tra gli altri caratteri, dalla presenza di ghiandole mammarie. Purtroppo, queste ghiandole, essendo formate da tessuto molle, non fossilizzano (ed anche se fossilizzassero, ciò accadrebbe solamente in condizioni molto rare ed eccezionali). Usare la presenza di ghiandole mammarie per identificare un mammifero fossile è quindi impossibile. Si potrebbe quindi optare per qualche carattere che fossilizza facilmente, ad esempio qualche caratteristica dei denti, ma ciò genera più problemi di quanti ne risolva. I denti dei mammiferi non sono tutti uguali, sia all’interno della bocca del medesimo individuo sia tra individui distinti: come possiamo usare qualcosa che varia con tanta facilità come criterio per identificare tutti i mammiferi? Ad esempio, potremmo diagnosticare i mammiferi come tutti quegli animali che hanno una dentatura complessa formata da incisivi, canini, premolari e molari. La proposta può apparire sensata, peccato che, usando questo criterio, un delfino (un mammifero) non risulterebbe essere un mammifero, dato che i suoi denti sono tutti uguali, di forma conica. Possiamo escludere i delfini dai mammiferi a causa della loro dentatura? Ovviamente, no. Siccome “sappiamo” che il delfino è un mammifero perché presenta numerose altre caratteristiche comuni ai mammiferi (come le ghiandole mammarie), allora dobbiamo concludere che la sola presenza di una dentatura con incisivi, canini, premolari e molari non è condizione necessaria per identificare un mammifero. Ovvero, il criterio che volevamo usare per definire un mammifero fossile è invalidato già solamente con i mammiferi viventi. Questa trappola logica avviene continuamente e con qualsiasi carattere si voglia usare per diagnosticare un grande clade che comprende forme fossili: tanto più il clade è ampio e variegato, tanto meno è probabile che esista un qualche carattere che sia condiviso da tutti i suoi membri.
L’origine di questo problema è la stessa causa che ha prodotto il clade: l’evoluzione. L’evoluzione, in base alla teoria darwiniana, è discendenza con modificazione, ovvero, l’origine di individui discendenti che sono modificati rispetto ai loro antenati. Tali modificazioni, qualora coinvolgano caratteristiche “diagnostiche” del clade, non portano i discendenti fuori dal clade (per definizione, non si può mai uscire dal clade di appartenenza), ma rendono comunque quel carattere non più utile per identificare tutti i membri di quel gruppo.
Come uscire da questo paradosso, e come trovare un criterio utile per identificare i membri di un clade?
Come ho accennato prima, la soluzione sta nell’abbandonare la diagnosi come criterio di identificazione ed usare un approccio storico: un clade è definito non da caratteristiche diagnostiche, ma da rapporti genealogici, ovvero, da legami storici. Per comprendere la logica di questo approccio, torniamo all’esempio dei mammiferi e introduciamo un altro concetto chiave della teoria darwiniana: la discendenza comune.
Il concetto di discendenza comune è molto semplice, ma potentissimo e radicale: data una qualsiasi coppia di individui viventi sulla Terra, ne consegue che deve essere esistito nel passato (più o meno remoto) almeno un altro individuo che è un antenato di quei due individui. Ad esempio, in base a questo concetto, nel passato (più o meno remoto) deve essere esistito almeno un essere umano che sia contemporaneamente un antenato sia mio che tuo (Nota 1: caro lettore, presumo che anche tu sia un essere umano). Non importa quanti secoli fa sia vissuto, il fatto stesso che entrambi siamo esseri viventi sancisce automaticamente che nel passato deve essere esistito almeno un altro individuo il quale è un nostro antenato comune (Nota 2: caro lettore, se è valida la nota 1, allora presumibilmente, anche quel individuo era un essere umano). Questo criterio non è ristretto solamente ai membri della stessa specie (qualsiasi cosa sia “una specie”), ma a qualunque insieme di esseri viventi. Ad esempio, tu ed il tuo gatto condividete almeno un antenato comune. Ed anche il tuo gatto e il piccione che sta fissando dalla finestra, in quanto coppia di esseri viventi, hanno in comune un qualche antenato vissuto nel remoto passato. E lo stesso vale per l’insieme formato da me, te, il tuo gatto, ed il piccione. Non importa quanto differenti siano due o più esseri viventi, la teoria darwiniana predice che nel passato deve essere esistito almeno un loro antenato comune. Finora, questo concetto non è stato smentito da alcuna scoperta. Non esistono, a quanto sappiamo, forme “viventi” che non si possano considerare più o meno direttamente nostri parenti (ovvero, condividano con noi qualche antenato).
Perché il concetto di discendenza comune permette di definire i cladi, ad esempio, quello dei mammiferi? In base al concetto di discendenza comune, io so che, ad esempio, tu ed un ornitorinco dovete avere almeno un antenato comune. In realtà, avete moltissimi antenati comuni, dato che per ogni antenato comune che identifichiamo, tutti gli antenati di quel antenato sono automaticamente anche vostri antenati. Siccome la lista degli antenati potenziali è lunghissima, si segue la convenzione di scegliere come “antenato utile” il più recente, ovvero, quello che ha generato come discendenti almeno due figli, uno dei quali è ancora tuo antenato ma non è più antenato dell’ornitorinco, ed un altro figlio che è ancora antenato dell’ornitorinco ma non è più tuo antenato. Qui la faccenda si complica, ed è bene usare un esempio letteralmente familiare.
Tuo nonno è un tuo antenato (è l’antenato del tuo antenato paterno). Egli è anche antenato di tuo cugino (è l’antenato dell’antenato paterno di tuo cugino). Tuo padre è figlio di tuo nonno, ed è anche un tuo antenato. Tuttavia, tuo padre non è antenato di tuo cugino (egli è figlio di un altro dei figli di tuo nonno, non di quel figlio che è anche tuo padre). Pertanto, mentre sia tuo padre che tuo nonno sono tuoi antenati, solo tuo nonno è anche antenato di tuo cugino. Notare che anche il tuo bisnonno è anche antenato di tuo cugino, oltre che di tuo nonno (e di tuo padre). Siccome tuo padre non è antenato di tuo cugino, tuo nonno è il più recente tuo antenato che sia contemporaneamente anche un antenato di tuo cugino. In breve, tuo nonno è il momento della tua storia evolutiva in cui la storia evolutiva di tuo cugino si separa dalla tua. Tradotto in termini storici, la tua storia evolutiva coincide per grandissima parte con quella di tuo cugino: dalle origini della vita fino alla nascita di tuo nonno esse sono una storia sola, poi, le due storie si separano: la tua arriva a te passando per tuo padre, quella di tuo cugino passando per tuo zio. Immaginiamo ora che tu abbia il cognome “Rossi”. E supponiamo di scoprire che il primo dei tuoi antenati ad aver portato il tuo cognome (“Rossi”) è stato proprio tuo nonno Mario, e che prima di lui la famiglia portava un cognome differente (“Bianchi”). Possiamo allora definire i Rossi come “l’insieme formato da Mario Rossi e da tutti i suoi discendenti”. Non occorre sapere se i Rossi sono biondi, alti, coi baffi, residenti in Francia o di professione architetti (caratteri che forse sono diagnostici dei Rossi), l’unico criterio per sapere se una persona è un Rossi è stabilire se è discendente di Mario Rossi. Se lo è, se Mario è un suo antenato, allora quella persona è un Rossi. Se Mario non è nella lista degli antenati di quella persona, quella persona non è un Rossi.
Torniamo all’esempio dei mammiferi. Come possiamo definire questo gruppo, senza dover ricorrere ad una lista di caratteristiche che potrebbe risultare inutile per i fossili? Prendiamo due mammiferi odierni molto diversi tra loro: ad esempio, l’uomo e l’ornitorinco. Per il principio della discendenza comune, la coppia “uomo ed ornitorinco” implica che nel passato (più o meno remoto) sia esistito un animale che è antenato comune di uomo e ornitorinco. Ovviamente, questo animale non era né un uomo né un ornitorinco, ma sicuramente era un mammifero. Anzi, stabiliamo che quel antico mammifero sia l’equivalente di Mario Rossi del nostro esempio, ovvero, definiamo i mammiferi come tutti i discendenti di quel antico animale. Se un terzo animale risulta discendente da quel “Mario Rossi mammaliano”, allora è anche esso un mammifero. Se non discende da quel animale, allora non è un mammifero.
Non più di un lettore, a questo punto, troverà questa definizione di mammifero come una forzatura arbitraria. Tuttavia, qualsiasi definizione è sempre un arbitrio creato dall’uomo per le proprie esigenze. Esattamente come il confine tra Italia ed Austria è una convenzione dell’uomo (non esiste alcuna discontinuità naturale tra le due nazioni che permetta di stabilire in modo non-arbitrario il passaggio da una all'altra), allo stesso modo le definizioni tassonomiche sono arbitrarie. Ma ciò non implica che siano inutili. Innanzitutto, sebbene sia arbitrario chiamare quel particolare gruppo di individui col nome di “mammiferi”, il clade formato da quegli individui è naturale e reale. Deve essere esistito almeno un antenato comune di uomo ed ornitorinco, ed è reale il clade che si è generato da quel antenato: anche nel caso fosse formato solo dalla specie umana e dagli ornitorinchi, quel clade sarebbe comunque una realtà biologica. Questo approccio è definito “tassonomia filogenetica”, e si propone di definire i cladi solamente su basi genealogiche, esattamente come il cognome delle persone non è legato a caratteristiche fisiche particolari, ma solo alla appartenenza ad una linea genealogica. Il pregio di questo approccio è che qualora l’oggetto in questione cambi nel tempo (ovvero, evolva e modifichi le proprie caratteristiche), l’appartenenza ad un gruppo non è vincolata a qualche caratteristica particolare che potrebbe scomparire nel tempo.
Immaginiamo un esempio paradossale: si definisce una persona in base alle sue caratteristiche anatomiche così come appaiono alla nascita. In base a questo criterio, dovremmo continuamente cambiare nome alla persona mano a mano che questa cresce e cambia aspetto. Ovviamente, nessuno userebbe questo criterio, dato che sarebbe poco utile. Allo stesso modo, un clade definito filogeneticamente non è vincolato a particolari caratteristiche anatomiche, e quindi non deve essere ridefinito o abbandonato qualora uno o più membri di quel clade modifichino o perdano le caratteristiche usate in origine per definire quel clade.

Una volta introdotto il concetto di clade e di definizione filogenetica, quale è la definizione dei dinosauri, ovvero, cosa definisce lo “status di dinosauro”? Dato che qualsiasi clade ha uguale status di qualunque altro, i dinosauri potrebbero essere definiti in moltissimi modi alternativi. Uno potrebbe proporre una definizione che include i rettili volanti (pterosauri) e molti rettili marini (ad esempio, gli ittiosauri) dentro il gruppo dei dinosauri. Nulla vieterebbe l’uso di queste definizioni, e forse il pubblico generico preferirebbe vedere la parola “dinosauro” associata senza troppe complicazioni alla maggioranza dei famosi rettili “della preistoria”. Tuttavia, la definizione di dinosauro deve rispettare una serie di criteri che siano il meno possibile in contraddizione con l’uso che, in oltre 150 anni, ha portato i paleontologi ad conservare la parola “dinosauro”. Di conseguenza, la definizione filogenetica di dinosauro è stata “ancorata” alla prima pubblicazione in cui la parola Dinosauria è stata introdotta. Tra il 1841 e 1842, il naturalista Richard Owen propose di usare il nome “dinosauro” per un gruppo di rettili fossili scoperti in quegli anni. Nella proposta iniziale di Owen, questi rettili erano tre: Megalosaurus, Iguanodon e Hylaeosaurus. Altri fossili, che oggi classifichiamo come dinosauri, erano noti allora, ma non furono considerati come dinosauri nella originaria intenzione di Owen. Ad esempio, Plateosaurus. Essi sono stati inclusi nei dinosauri solo in seguito. Pertanto, in accordo con la proposta originaria di Owen, oggi si segue la convenzione di considerare un dinosauro ogni appartenente al clade che include i tre “dinosauri fondatori” inclusi nella lista originaria di Owen. Pertanto, Dinosauria è il clade formato da Megalosaurus, Iguanodon e Hylaeosaurus: tradotto in termini filogenetici, significa che qualsiasi animale che discenda dal più recente antenato comune di Megalosaurus, Iguanodon e Hylaeosaurus è anche esso un dinosauro. Per quanto arbitraria (e, ripeto, qualsiasi definizione che associ un nome ad un gruppo di esseri viventi è arbitraria: ciò che conta è la sua utilità nel discorso scientifico), questa definizione ha il pregio di permettere automaticamente di identificare un dinosauro. Infatti, è sufficiente dimostrare che il vostro fossile è più strettamente imparentato con Megalosaurus, Iguanodon o Hylaeosaurus rispetto a qualsiasi altro animale noto, ed automaticamente avete un dinosauro. A parole è semplice, sul piano pratico occorre svolgere una procedura, chiamata “analisi filogenetica”, che ha come risultato la collocazione del vostro fossile all’interno di un sistema di relazioni, le quali non sono altro che i legami genealogici tra le forme di vita che più sono simili morfologicamente al vostro fossile.

10 dicembre 2016

Un test sulla posizione filogenetica della coda nell’ambra



La straordinaria scoperta di un frammento di coda di dinosauro piumato conservato nell’ambra ha sicuramente stimolato l’entusiasmo e l’immaginazione di molti. Come ho scritto nel precedente post, purtroppo la preservazione delle parti ossee della coda è molto scarsa, e questo preclude una comparazione diretta con la maggioranza dei dinosauri fossili. Alcune caratteristiche generali di come dovrebbero essere queste vertebre è deducibile dalla forma generale della coda. Inoltre, per almeno tre vertebre è stato possibile stimare perlomeno le proporzioni, tra cui un rapporto lunghezza-ampiezza superiore a 3. Inoltre, pare che non ci siano elementi sviluppati dell’arco neurale né archi emali, una combinazione di fattori che porta a collocare questo frammento di coda nella parte distale della serie vertebrale. Il piumaggio è in effetti la parte più diagnostica tassonomicamente, e ciò è paradossale, dato che il piumaggio nei dinosauri mesozoici è noto solo in un gruppo ristretto di specie.

In questo post, voglio comunque fare un test filogenetico in base alle informazioni note deducibili dalle scansioni tomografiche realizzate. Anche se il mix di caratteri propende per collocare questo frammento nella regione distale della coda, ho svolto tre test, supponendo, alternativamente, che questo frammento sia collocabile nella parte prossimale, intermedia o distale della coda. Sebbene il numero di caratteri deducibili e codificabili sia molto ridotto, sarà interessante vedere se ci siano dei cladi che più di altri possono essere considerati dei candidati plausibili nei quali collocare questo esemplare.

Ecco i risultati dell’immissione dell’esemplare in Megamatrice.

Indovina la Ricerca!

Fotogramma da Jurassic Park III (fonte)

Siccome alcuni lettori del blog si sono chiesti cosa mi stia impegnando così tanto da ridurre all'osso (in senso paleontologico...) la mia attività nel blog, lancio una gara:

INDOVINA LA RICERCA!

Sono curioso di leggere le vostre ipotesi su cosa io stia preparando.
Ovviamente, eventuali profeti saranno incoronati vincitori solamente al momento della pubblicazione dello studio che hanno (più o meno, vedremo quanto) indovinato.

Liberate la vostra immaginazione, e vediamo se e quanto la realtà paleontologica si conformerà, deluderà o supererà le vostre ipotesi.

Avvertenza: ovviamente, quella piccola minoranza di voi che, più o meno direttamente, è a conoscenza delle mie attuali ricerche è a priori esclusa dalla gara.

08 dicembre 2016

Una coda di dinosauro conservata nell’ambra!



Lo scorso Giugno, parlai (come molti) della pubblicazione di due frammenti di ali enantiorniti inglobati in ambre birmane risalenti alla metà del Cretacico. Alla fine del post, conclusi (come molti) con la speranza che questa scoperta fosse la prima di una serie di fossili ancora più spettacolari, come, ad esempio, i resti di un giovane dinosauro non-aviale. Ammetto di non aver giocato onestamente. Già allora, ero a conoscenza di un altro studio, da parte di alcuni degli autori dell’articolo sulle ali enantiorniti, descrivente altri resti rinvenuti da altre ambre birmane. La notizia circolava tra gli addetti ai lavori, ed uno degli autori dello studio, l’amico Tetstuto Miyashita, mi aveva confermato l’esistenza di questo secondo eccezionale ritrovamento.