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Ricostruzione del pliosauride da Kaberlaba (artwork by Fabio Manucci) |
Il record fossile dei rettili giurassici italiani è relativamente scarso. Nel
mio piccolo, ho cercato di contribuire alla conoscenza di questi
animali, in particolare quelli scoperti nella Formazione del Rosso
Ammonitico Veronese che affiora sopratutto in Veneto. Assieme a
Federico Fanti, ho rivalutato
il
“coccodrillo di Portomaggiore”, ora noto come
Neptunidraco
ammoniticus. Ho inoltre ridescritto quello che è probabilmente
il
primo esemplare di metriorinchide scoperto nella storia,
rinvenuto in Veneto alla fine del '700, ritenuto per oltre un secolo
come uno
Steneosaurus,
ma che è risultato essere invece un altro esemplare di
Neptunidraco. Infine, sempre con Federico, ho descritto
il
primo scheletro articolato di plesiosauro rinvenuto in Italia, un
pliosauride di taglia media proveniente dal Rosso Ammonitico di
Kaberlaba, vicino Asiago.
Nella pubblicazione
relativa al pliosauride di Kaberlaba, evitammo di istituire una nuova
specie. Il motivo principale di questa decisione era che non avevamo
dati sicuri sullo stato di crescita di quell'esemplare al momento
della morte, e questo compromette la possibilità di definire una specie valida da quell'individuo. L'animale mostra una morfologia “gracile
longirostrina” (proporzioni corporee affusolate, muso allungato), che è relativamente primitiva per un pliosauride
dell'Oxfordiano (circa 160 milioni di anni fa). Questa morfologia poteva dipendere da
due fattori, non necessariamente uno escludente l'altro:
1) L'effettiva
primitività dell'animale rispetto ai pliosauridi della sua età. 2) Uno stadio immaturo di crescita, per
cui l'animale “sembrava” primitivo più per la ritenzione di
caratteri immaturi piuttosto che per una effettiva primitività della
specie.
Il secondo fattore era
cruciale: se non potevamo escludere che l'animale fosse giovane, non
potevamo escludere che la sua “primitività” fosse solo apparente ma
non reale. E se un animale ha un mix di caratteri che non è
possibile discriminare se “immaturi” (attributi transitori della vita di un animale) o “primitivi” (attributi effettivi di una specie in relazione al suo clade) è
rischioso istituire una specie da quell'individuo. Nanotyrannus
docet. Occorreva quindi disporre di informazioni sullo stadio di
crescita, in assenza delle quali non sarebbe stato possibile svolgere
una adeguata analisi filogenetica il cui risultato non fosse
“viziato” da caratteristiche apparentemente primitive ma che
invece potevano essere solamente delle condizioni immature di quell'esemplare particolare.
Lo scorso inverno, tornai
al Museo “Leonardi” di Ferrara per visionare l'esemplare. Alcune
ossa dell'animale, presenti nella collezione del museo, non erano
state descritte durante il nostro primo studio né incluse nella
pubblicazione, e volevo ora analizzarle. Passai qualche ora aprendo
nuovamente i cassetti che custodiscono le ossa del pliosauride, e tra le varie ossa mi imbattei in un frammento di forma
cilindrica. Il frammento era chiaramente la sezione interna di un
osso del pliosauride, probabilmente una vertebra. Potei quindi
osservare la struttura interna delle ossa, che nel resto dello
scheletro è troppo deformata e compressa per essere analizzata. E
con mia grande soddisfazione, vidi che l'osso mostrava una struttura
interna molto spugnosa, una fitta texture di trabecole perforata da
numerose cavità arrotondate. Siccome è noto che nei plesiosauri
l'osso è compatto nei giovani e diventa spugnoso negli adulti, quell'osso
era la prova che ci mancava per stabilire lo stato ontogenetico
dell'animale: era un adulto! Pertanto, la sua morfologia “primitiva”
non era un artefatto dello stadio di crescita, ma una genuina
condizione della specie a cui apparteneva. Unendo questo risultato
con i nuovi dati da alcune ossa di un arto anteriore che non avevamo
descritto precedentemente, pareva ora esserci abbastanza materiale per
analizzare filogeneticamente l'animale.
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Prima regola del paleontologo: non importa quanto sia frammentario, può sempre essere utile! |
Una volta immesso in una
analisi filogenetica dei pliosauroidi, l'esemplare da Kaberlaba
risulta un Pliosauridae relativamente basale, sister taxon del nodo
formato da Marmornectes e Thalassophonea (il clade comprendente taxa come Pliosaurus, Liopleurodon e Kronosaurus), e più derivato
rispetto alle specie di Hauffiosaurus.
Ora che abbiamo buoni
motivi per considerare l'esemplare da Kaberlaba come un adulto, e data
la sua collocazione filogenetica non riconducibile a linee evolutive
già note, la combinazione di caratteristiche nel suo scheletro permette di
differenziarlo da tutte le specie di pliosauride giurassico. Ovvero,
il pliosauride di Kaberlaba rappresenta una nuova specie, meritevole
di avere un nome proprio.
Pertanto, vi introduco:
Anguanax zignoi
letteralmente: il
“Signore delle Anguane di deZigno”. “Anguanax” è una parola
composta che unisce “Anguana” e “anax”. L'Anguana è una creatura mitologica del folklore in alcune zone dell'Italia
settentrionale, descritta come un essere acquatico femminile avente
caratteristiche sia di rettile che di pesce; mentre “anax” è un
termine greco che designa un capo militare. La specie onora Achille
deZigno, che nel XIX secolo scoprì e studiò i primi resti frammentari di plesiosauro nel Rosso Ammonitico. Anguanax è diagnosticato da un
mix unico di caratteri, tra cui due autapomorfie: una proiezione
ossea del prefrontale nel margine anteriore dell'orbita, ed il
margine posterolaterale del coracoide che è diritto e diretto
trasversalmente, ma non raggiunge il livello del glenoide pettorale.
Mentre preparavo il
manoscritto su questi ulteriori resti di Anguanax e sulla descrizione proprio di quelle prime ossa di plesiosauro scoperte da deZigno nel '800 (ed oggi custodite al Museo Geologico e Paleontologico di Padova), decisi di applicare i metodi di analisi filogenetica
Bayesiana (che sto testando per la mia tesi di dottorato)
all'evoluzione di Neptunidraco e Anguanax. Le analisi
filogenetiche Bayesiane incorporano informazioni sia sulla morfologia
dei fossili che sulla loro età geologica, e questo permette di
stimare il momento in cui le linee evolutive si separarono una
dall'altra, e anche di stimare la “velocità” con cui
l'evoluzione è avvenuta lungo quelle linee. Quando applicai questi
metodi alle filogenesi dei metriorichidi (per Neptunidraco) e
dei pliosauridi (per Anguanax) ottenni un risultato
interessante. Le analisi indicano che entrambe le linee evolutive
che portano ai rettili italiani si separarono dai loro parenti
“non-italiani” in un ristretto intervallo di tempo: tra 176 e 171
milioni di anni fa, prossimo quindi al limite tra Giurassico
Inferiore e Giurassico Medio. Questo significa che la linea evolutiva che conduce a Neptunidraco fu relativamente breve (3 milioni di anni), mentre quella di Anguanax piuttosto lunga (17 milioni di anni), che conferma che esso derivi da forme prossime alla base dei pliosauroidi. Tuttavia, sarebbe errato considerare Anguanax come una forma "relitta" del Giurassico Inferiore, sopravissuta nell'Oxfordiano: le analisi indicano che il
tasso di divergenza (la “velocità” evolutiva) nella sua linea
evolutiva è circa 2-3 volte più alto del tasso medio degli altri pliosauridi. Curiosamente, anche Neptunidraco mostra valori insolitamente elevati rispetto agli altri metriorhynchidi: un ordine di grandezza sopra la media del clade, il valore più elevato stimato in tutto Thalattosuchia.
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Filogenesi basate su inferenza Bayesiana di Pliosauroidea e Thalattosuchia. L'asse verticale è in milioni di anni dal presente. Il colore dei rami indica il tesso di divergenza evolutiva stimato (blu: tasso moderato, rosso: tasso elevato). Notare che le linee che portano a Anguanax e Neptunidraco abbiano tassi ben superiori al tasso medio dei rispettivi cladi. |
In breve, le analisi suggeriscono che gli antenati dei rettili del Rosso Ammonitico si originarono durante un breve intervallo del Giurassico, tra 176 e 171 milioni di anni fa, e che l'evoluzione
di questi rettili nel Rosso Ammonitico fu molto ben più rapida che negli
altri rettili marini loro parenti vissuti altrove.
Come spiegare questo risultato?
Confrontando l'evoluzione di questi rettili con quella dei loro
parenti, escludiamo che questa “evoluzione rapida” (o meglio,
questo alto tasso di divergenza morfologica) sia legata a
specializzazioni alimentari o locomotorie. Pertanto, riteniamo che la
“causa scatenante” possa essere legata all'evoluzione geologica
(ed ambientale) nell'Europa meridionale al passaggio Giurassico Inferiore – Giurassico Medio.
In quell'intervallo è documentata la più importante fase di
regressione marina (ritiro del mare) del Giurassico europeo. Questa
regressione comportò una rapida riduzione delle aree di mare basso,
che rappresenta l'ambiente tipico in cui rinvenire plesiosauri e
coccodrilli marini. Inoltre, durante questo intervallo, il
fondo del mare nella zona che sarebbe diventata il Veneto italiano
(dove affiora il Rosso Ammonitico con resti di rettili) si approfondì rapidamente. Infatti, tutti i rettili rinvenuti nel
Rosso Ammonitico furono depositati in fondali a grande profondità,
ben maggiore della tipica profondità a cui sono ricondotti la
maggioranza dei giacimenti fossiliferi a rettili marini del resto
d'Europa. Ciò non significa che i rettili italiani vivessero in
fondali profondi, ma indica che questi rettili non avevano problemi a
vivere in mare aperto, lontano dai bassi fondali della costa.
Possibile che i rettili del Rosso Ammonitico si siano adattati a
vivere in mare aperto come risposta evolutiva alla rapida riduzione
delle aree di mare basso avvenuta durante la regressione della fine
del Giurassico Inferiore? Semplificando il concetto al massimo,
riteniamo che la rapida riduzione delle aree di mare basso possa
essere stata la “causa ambientale” che indusse una così rapida
evoluzione negli antenati dei rettili del Rosso Ammonitico: in assenza di aree di mare basso in cui migrare, letteralmente sprofondate per i processi di formazione della Tetide, l'opzione fu tra adattarsi rapidamente al nuovo ambiente o estinguersi. Ed essi si adattarono a vivere in mare aperto.
La nostra ipotesi fa una
predizione testabile: se future scoperte dimostreranno l'esistenza di
rappresentanti delle due linee italiane vissuti prima della fase di
regressione marina della fine del Giurassico Inferiore, la nostra
ipotesi sarà falsificata.
Tutto questo è
ampiamente descritto e discusso in una nuova ricerca (Cau e Fanti
2015) che è stata pubblicata oggi.
Ringrazio Federico, mio co-autore in questo studio. Un grazie particolare a
Mariagabriella Fornasiero (museo Geologico e Paleontologico di Padova), Roberta Pancaldi e
Benedetto Sala (entrambi del museo "Leonardi" di Ferrara) per aver fornito il
materiale fossile studiato in queste ricerche. Fabio Manucci è
autore della ricostruzione ufficiale di Anguanax, ispirata dalla prima ricostruzione realizzata due anni fa da
Davide Bonadonna.
Bibliografia:
Cau A., Fanti F. 2015 -
High evolutionary rates and the origin of the Rosso Ammonitico
Veronese Formation (Middle-Upper Jurassic of Italy) reptiles.
Historical Biology
http://dx.doi.org/10.1080/08912963.2015.1073726