Nell'estate del 2013, freschi freschi
dalla pubblicazione di
Tataouinea, e con lo studio sui resti
di
titanosauriformi tunisini pronto per essere mandato ad una rivista
scientifica, Federico Fanti ed il vostro paleo-blogger di fiducia si
incontrarono per discutere su cosa fare con altri fossili, sempre
rinvenuti dal team di Federico in Tunisia. I fossili in questione,
sebbene non spettacolari come lo scheletro articolato di
Tataouinea,
erano comunque potenzialmente informativi. Inoltre, in buona parte,
erano resti di theropode, quindi meritevoli di studio, per
definizione! Un pomeriggio, quindi, aprimmo i cassetti a Bologna che
contenevano questi resti, in maggioranza formati da frammenti ossei e
denti isolati, e censimmo il materiale.
I resti erano contenuti in vari
sacchetti, ognuno contrassegnato da una sigla, relativa alla località
di rinvenimento. Questo dettaglio, legato all'ampia attività di
campagna geologica compiuta dal team bolognese nel sud della Tunisia,
permetteva di associare ogni resto ad una precisa posizione
geografica e stratigrafica, ovvero, di collegare ogni fossile
all'antico ambiente in cui quei resti si erano depositati (tutti
provenienti dalla Formazione Ain El Guettar, Albiano, circa 115-110
milioni di anni fa). Il censimento del materiale fu molto divertente,
come può esserlo scartare i regali di Natale: ossa di tartarughe,
grandi piastroni di coccodrilli giganti, una grande abbondanza di
denti di coccodrilli, qualche vertebra di coccodrillo, e una discreta
quantità di denti di theropode (quasi un centinaio, tra denti
completi e frammenti). Inoltre, erano presenti alcuni frammenti
vertebrali di sauropode, un paio di frammenti di mandibole di
coccodrilli (almeno due specie distinte), ed alcune ossa di
theropode. Nello specifico, alcuni ungueali (tra cui uno,
frammentario, chiaramente di grandi dimensioni), una vertebra della
coda, e frammenti di mandibola.
Un bottino forse non esaltante per chi
vuole uno scheletro da esporre in un museo, ma molto ricco e
significativo per un paleontologo. Questi resti, una volta
identificati a livello tassonomico, e correlati con le posizioni
stratigrafiche di rinvenimento, avrebbero permesso di ricostruire la
storia delle associazioni a theropodi nella prima parte dell'Albiano
tunisino, 110 milioni di anni fa. Il risultato di questa indagine,
svolta da Federico, il sottoscritto pale-blogger, Agnese Martinelli e
Michela Contessi, è stato pubblicato in questi giorni (Fanti et al.
2014).
Partiamo dai denti. Abbiamo suddiviso i
denti in 8 morfotipi, in base alle caratteristiche quali forma della
corona, forma della sezione del dente, presenza e sviluppo di
seghettature nelle carene, presenta di particolari ornamentazioni
nello smalto. Il primo morfotipo comprende grandi corone di denti
dalla parte anteriore della bocca, lunghi anche 7 cm. Il secondo
morfotipo comprende grandi denti dalla parte posteriore della bocca,
molto compressi trasversalmente, simili a lame. Il terzo, quarto, e
quinto morfotipo sono chiaramente di spinosauri, con la
caratteristica forma conica e un pattern caratteristico di
ornamentazioni. Di questi tre morfotipi, il primo ricorda i
baryonychini, gli altri due gli spinosaurini. I restanti tre
morfotipi sono di dimensioni medio-piccole e mostrano i caratteri
diagnostici degli abelisauridi. Le analisi morfometriche, integrate
con quelle filogenetiche, suggeriscono che questi otto morfotipi
siano classificabili in due cladi: Abelisauroidea (i morfotipi 1, 2,
6, 7, 8) e Spinosauridae (i morfotipi 3, 4, 5). Due cladi, ma quante
specie? Le differenze tra i morfotipi 3, da una parte, e 4 e 5,
implicano due specie distinte di spinosauridi, una specie
“Baryonyx-like” ed una “Spinosaurus-like”. I
cinque morfotipi abelisauroidi sono più complessi da interpretare.
Riteniamo che sia ingenuo ed erroneo associare ogni morfotipo ad una
specie a sé, e che più morfotipi possano rappresentare differenze
posizionali (ovvero, diversi denti nella medesima bocca) e
ontogenetiche (ovvero, giovani e adulti) di un singolo taxon. Sebbene
i morfotipi 1 e 2 siano i più grandi denti nell'associazione, è
probabile che rappresentino differenze posizionali nei denti del
medesimo taxon. Forse, questo stesso taxon è la versione matura del
taxon rappresentato dai denti 6-8, oppure si tratta di due
abelisauroidi distinti. Per ora, assumiamo che siano tutti riferibili
ad un singolo abelisauroide, probabilmente un abelisauride.
I resti ossei isolati indicano la
presenza di spinosauridi di dimensioni comparabili a Suchomimus
(il grande frammento di ungueale), di abelisauridi (i resti di
mandibole, molto simili a Majungasaurus) e, probabilmente, di
carcharodontosauridi (la vertebra caudale, con caratteristiche
presenti in Veterupristisaurus e Mapusaurus).
L'analisi della posizione stratigrafica
dei vari resti ha dato un risultato molto interessante: spinosauridi
e abelisauroidi tendono ad essere segregati: ognuno dei due cladi è
abbondante in un contesto paleoambientale dove l'altro clade è
invece minoritario. La grande maggioranza dei denti di abelisauroide
proviene dal Membro Chenini della Formazione, che è interpretato
come una piana alluvionale relativamente asciutta, ed è associata ai
resti di sauropode ed a una componente minoritaria di coccodrilli. La
grande maggioranza dei denti di spinosauride invece proviene dal
Membro Oum ed Diab, che è interpretato come un ambiente esturarino
prossimo al mare, dove abbondano i resti di coccodrilli, tartarughe e
di pesci, mentre gli altri dinosauri sono quasi assenti. Inoltre,
scoperta molto intrigante, per la prima volta è stata rinvenuta una
associazione a theropodi in cui sono presenti assieme sia i
baryonychini che gli spinosaurini.
Pertanto, questa è la storia che
abbiamo potuto ricostruire.
Alla base dell'Albiano (momento
rappresentato dal Membro Chenini), la regione che oggi forma il sud
della Tunisia era una ampia pianura alluvionale. Il mare era
relativamente lontano, e le condizioni ambientali erano asciutte (se
non aride). In questa fase, i theropodi più abbondanti sono gli
abelisauroidi, mentre gli spinosauridi sono rari e i
carcharodontosauridi occasionali. I sauropodi inclusono
rebbachisauridi e titanosauriformi.
Alcuni milioni di anni dopo (momento
rappresentato dal Membro Oum ed Diab, l'esatto valore di questo
intervallo temporale per ora non è determinabile), il livello del
mare è salito, e le condizioni ambientali nella zona tunisina sono
ora quelle di un ampio estuario prossimo al mare. L'associazione
animale è quindi cambiata: gli abelisauridi sono relativamente
scarsi, mentre gli spinosauridi sono abbondanti. Inoltre, sono
presenti sia spinosaurini che baryonychini. Coccodrilli, tartarughe e
molti pesci di acque basse testimoniano un ambiente più umido e
ricco di acqua rispetto alla fase precedente, sebbene è probabile
che l'entroterra fosse arido.
Salendo ulteriormente lungo la serie
stratigrafica, la scomparsa di resti di vertebrati terrestri,
l'abbondanza di pesci sia ossei che cartilaginei indica la definitiva
trasgressione del mare sopra questa regione.
A questo punto, è bene fare una
precisazione. Il fatto che lungo la sequenza stratigrafica descritta
dalla regione analizzata si passi da un'associazione “abeli-dominata”
da una “spino-dominata” non significa che l'intera regione
nordafricana nell'Albiano inferiore fu prima dominata da abelisauridi
e poi dominata da spinosauridi. La ricostruzione da noi effettuata è
a scala locale: il sud della Tunisia. In quella zona, nella prima
fase, abbiamo condizione ambientali favorevoli per gli abelisauridi,
poi le condizioni cambiano e le condizioni diventano favorevoli per
gli spinosauridi. Tuttavia, proprio perché queste condizioni sono
chiaramente legate alle variazioni del livello marino, è plausibile
che rispecchino l'andamento della linea di costa nel tempo. Detto in
altre parole, quello che cambia nel tempo non sono le effettive faune
nordafricane, quello che cambia nelle due fasi è l'ambiente
“dominante” nella Tunisia meridionale, e – di conseguenza –
le specie tipiche di quel particolare ambiente.
Questa visualizzazione dovrebbe
chiarire i concetti.
Immaginiamo l'Africa settentrionale del
Cretacico Inferiore. Abbiamo zone più vicine al mare e zone più
elevate e lontane dal mare.
Tuttavia, noi non conosciamo l'intero
nord Africa, ma solo una zona della Tunisia. Quindi, la nostra
“finestra temporale” è ristretta ad una zona particolare
(rettangolo rosso). Tenete bene a mente questo concetto quando
parleremo delle variazioni ambientali.
Ora torniamo all'intera Africa
settentrionale.
Abbiamo visto che spinosauridi e
abelisauridi tendono ad essere associati a differenti ambienti
deposizionali. In generale, gli spinosauridi saranno in ambienti di
estuario e gli abelisauridi in ambienti alluvionali relativamente più
lontani dal mare. Questi ambienti rispecchiano diverse distanze dal
mare, quindi li possiamo semplicemente mostrare come delle zone
orizzontali sovrapposte, con la “zona ad abelisauridi” più
elevata della “zona a spinosauridi”. Vedete che queste zone sono
vincolate al livello marino: se il livello marino cambia, queste zone
si sposteranno “seguendo” la linea di costa.
Come ho specificato prima, noi non
abbiamo un'immagine dell'intero Nord Africa, ma solo una “sezione”
a livello della Tunisia. Ed è all'interno di quella sezione che noi
osserviamo gli effetti della variazione del livello marino. La prima
fase, infatti, segna una fase in cui il livello marino è
relativamente basso. Ciò porta la “zona ad abelisauridi” ad
intersecare la nostra area tunisina, mentre la “zona a
spinosauridi” la lambisce marginalmente. Di conseguenza, noi
documentiamo in questa area una dominanza degli abelisauridi.
Nella seconda fase, il livello marino è
salito. Ciò ha fatto slittare verso l'entroterra entrambe le zone “a
spinosauridi” e “ad abelisauridi”, facendo sì che ora sia la
prima ad occupare principalmente la regione tunisina. Il risultato è
che ora registriamo una dominanza degli spinosauridi. In entrambi i
casi, tuttavia, è probabile che entrambi i gruppi siano abbondanti
alla scala dell'intero nord Africa.
L'associazione ambientale degli
spinosauridi con l'ambiente più “umido” e prossimo al mare,
mentre gli abelisauroidi sono associati ad ambienti più aridi, non
stupisce, dato che l'interpretazione della morfologia mandibolare e
dentale degli spinosauridi, e le analisi isotopiche sui loro denti,
già da tempo indicavano una loro specializzazione per contesti
ambientali ricchi di acqua e pesci. Il risultato della nostra
indagine, quindi, è coerente con le ipotesi sull'ecologia degli
spinosauridi. Al tempo stesso, la presenta di due cladi di
spinosauridi nel medesimo contesto (un baryonychino ed uno
spinosaurino) è molto interessante, oltre ad essere una novità. Da
un lato, rapportata alla scarsità di non-spinosauridi nel Membro Oum
ed Diab, indica che gli spinosauri non solo erano abbondanti in
contesti estuarini, ma anche dominanti in termini di biodiversità.
Come coesistevano queste specie di spinosauridi? Avevano ecologie
differenti? A questo punto, nasce l'intrigante suggestione che le
differenze nella dentatura e nella morfologia del cranio esistenti
tra baryonychini e spinosaurini siano adattamenti per ridurre la
competizione tra distinti gruppi di spinosauridi nei medesimi
ambienti, per “dividersi le risorse” nei contesti ambientali dove
questi theropodi sono dominanti.
Infine, la scoperta di resti di grandi
theropodi, sebbene per ora isolati e frammentari, lascia ben sperare
per il futuro delle ricerche sul Cretacico tunisino: che ci siano
scheletri articolati di grandi theropodi, come nel caso di
Tataouinea, in attesa di essere estratti?
Ringrazio Federico per avermi
ingaggiato in questa ricerca, in cui abbiamo unito le forze e
reciproche competenze per fare qualcosa di più articolato e (a mio
avviso) più interessante del mero censimento dei denti fossili.
Inoltre, un ringraziamento al sempre disponibile Davide Bonadonna,
autore delle ricostruzioni in vivo che accompagnano questo
post.
Bibliografia:
Fanti F., Cau A., Martinelli A.,
Contessi M. 2014. Integrating palaeoecology and morphology in
theropod diversity estimation: a case from the Aptian-Albian of
Tunisia. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology
doi:10.1016/j.palaeo.2014.05.033.