Pagine

22 gennaio 2014

"Orologi morfologici" e la comparsa degli uccelli moderni

Olotipo di Vegavis iaai, un possibile aviano (neornithino) Maastrichtiano

Negli ultimi 25 anni, due ambiti apparentemente distinti come la biologia molecolare e la paleontologia hanno iniziato una complessa, a tratti burrascosa, relazione.
In molte analisi filogenetiche delle specie viventi, che utilizzano i dati "molecolari" (in particolare, sequenze di genoma) per ricostruire le relazioni tra le specie, i fossili sono utilizzati per calibrare il possibile tempo dell'evoluzione. Riassumendo al massimo questi metodi, la "distanza genetico-molecolare" tra le specie si può tradurre in "distanza temporale" tra le linee evolutive (ovvero, una stima del momento in cui queste si sono separate reciprocamente lungo l'evoluzione) utilizzando l'età dei rappresentanti fossili più antichi di queste linee come "calibrazione" dell'antichità delle varie linee evolutive. Questi metodi non sempre sono rigorosi nell'interpretazione dei taxa fossili, i quali sono inclusi in queste analisi in qualità di "paletti cronologici" in modo un po' grossolano (specialmente se chi svolge queste analisi non disponga di un profondo background paleontologico, e non abbia chiara la differenza tra gruppi-corolla e gruppi-stelo di un clade). Tali analisi, quindi, corrono il rischio di sovrastimare l'età delle linee "moderne", quando sono ancorate sui loro parenti fossili, assunti in modo non critico in qualità di "dato cronologico" per le forme viventi.
A parte le possibili dilatazioni dei tempi evolutivi dovuti all'errato uso di "marcatori fossili", la possibilità di "datare" la comparsa delle linee filetiche utilizzando il dato molecolare delle specie viventi può dar luogo a ipotesi controverse, specialmente se confrontate col record paleontologico. Ad esempio, la maggioranza delle analisi molecolari colloca l'origine di corolla-Aves (=Neornithes, il clade meno inclusivo di theropodi comprendente solamente gli uccelli moderni), e quindi l'età del più recente antenato comune di tutti gli uccelli attuali, attorno alla fine del Cretacico Inferiore (circa 110-100 milioni di anni fa). Questo risultato pare essere in contrasto con il record fossile degli uccelli moderni, dato che nessun fossile di aviale "chiaramente moderno" (morfologicamente classificabile come neornithino) è più antico di 70-75 milioni di anni fa, e i pochi resti attribuiti in passato a neornithi più antichi sono risultati troppo frammentari per essere attendibili, oppure possono essere collocati in cladi più inclusivi del solo corolla-Aves (ad esempio, Ornithurae). 
Scenario "paleontologico" (area blu) vs scenario "molecolare" per l'origine e diversificazione degli uccelli moderni (Cretacico Inferiore, rosso; Cretacico Superiore, arancione; età in milioni di anni fa).

L'ipotesi "molecolare" sull'origine di Aves colloca questo evento quindi a circa 30-40 milioni anni prima dell'età che si ottiene da una interpretazione "letterale" del record fossile. Sebbene non ci siano dubbi che il record fossile sia frammentario, specialmente per taxa con scheletri fragili come gli uccelli, e quindi l'ipotesi di un'origine "medio-cretacica" degli uccelli moderni non sia di per sé inaccettabile, essa implica che nel Cretacico Superore possano essersi diversificati i principali cladi moderni (Palaeognathae, Galliformes, Anseriformes e Neoaves), sebbene i fossili a sostegno di ciò siano molto scarsi o del tutto assenti. Difatti, c'è il dubbio che anche i fossili meglio conservati di "uccelli moderni mesozoici" non siano membri di alcun gruppo attuale: persino il possibile anseriforme Vegavis, dal Maastrichtiano antartico, ed altri fossili come Teviornis (dal Maastrichtiano della Mongolia) potrebbero essere esterni a corolla-Aves, per quanto molto prossimi. 
Inoltre, il record fossile aviano all'inizio del Cenozoico mostra una rapida diversificazione dei cladi moderni. In base all'ipotesi "molecolare", molti di questi cladi devono essere comparsi e diversificati prima della fine del Cretacico, e si sarebbero ulteriormente moltiplicati nel vuoto ecologico successivo all'estinzione del limite K-Pg. Alternativamente, se l'ipotesi "molecolare" fosse sbagliata e leggessimo il record fossile per come ci risulta oggi, potremmo ipotizzare che il numero di linee aviane a sopravvivere l'estinzione del limite K-Pg fu effettivamente ridotto, e che la diversificazione avvenne immediatamente dopo la fine del Cretacico, "indotta" dalla liberazione di "spazio ecologico". In questo secondo caso, il numero e l'estensione delle linee "moderne" nel Cretacico sarebbe relativamente ridotto.
Come risolvere questo conflitto di interprerazioni e risultati? I metodi molecolari sono sbagliati? Oppure è la lettura paleontologica ad essere troppo "litteralista"?

In uno studio, pubblicato in versione online ("in press") in questi giorni, un team composto da Mike Lee (Università di Adelaide, Australia), il sottoscritto, Darren Naish e Gareth Dyke (entrambi dell'Università di Southampton, UK) ha analizzato la questione relativa al momento di origine degli uccelli moderni utilizzando un nuovo metodo di indagine filogenetica per i fossili, che prende in prestito i metodi sviluppati nelle analisi "molecolari" per integrare il dato morfologico con il dato stratigrafico (ovvero, l'età dei fossili) e "autocalibrare" la filogenesi degli aviali (Lee, Cau, Naish e Dyke 2014). L'obiettivo primario di questo studio è stato determinare se la morfologia degli aviali (compresi alcuni neornithi, sia viventi che del Cenozoico inferiore) dia indicazioni sul tasso di diversificazione di queste forme, e quindi possa essere usato come "orologio morfologico" - analogo ai metodi molecolari - per stimare i momenti di diversificazione dei vari cladi di uccelli.
L'analisi ha dato un risultato molto interessante, che colloca l'origine degli uccelli moderni tra la fine del Cretacico Inferiore e l'inizio del Cretacico Superiore, quindi un'età prossima a quella stimata con le analisi molecolari. Per valutare la robustezza del risultato, abbiamo simulato differenti scenari di diversificazione, imponendo età differenti per la radice di Avialae e per la quantità di variazione morfologica negli uccelli moderni, ed abbiamo ottenuto risultati tutti congruenti che si collocano attorno alla metà del Cretacico.
Se confermato, quindi, emergerebbe un quadro in cui il dato morfologico e molecolare convergono nel collocare l'origine degli uccelli moderni alla metà del Cretacico. L'assenza di fossili aviani nel Cretacico Superiore sarebbe interpretabile come una lacuna nella documentazione e non come un'assenza reale. Effettivamente, la maggioranza dei fossili di uccelli cretacici proviene da poche località a conservazione eccezionale, quasi tutte del Cretacico Inferiore e dall'emisfero settentrionale. Dato che studi sulla biogeografia degli uccelli attuali convergono nel collocare la "culla" dei neornithi nell'emisfero australe, la quasi completa assenza di siti ad uccelli mesozoici nel Cretacico Superiore del Gondwana suggerisce che l'assenza di dati relativi alle prime fasi della differenziazione aviana è da imputare all'assenza di siti paleontologici favorevoli, piuttosto che ad una errata calibrazione molecolare.

Questo nuovo approccio che combina dato-tempo e dato-morfologico è relativamente nuovo ed inedito in paleontologia filogenetica, e quindi è ancora in una fase iniziale di sviluppo. Nondimeno, esso ha il pregio di generare scenari testabili quantitativamente sul tempo ed il modo dell'evoluzione paleontologica, secondo procedure più rigorose che in passato. Da parte mia, ho in programma una serie di analisi con questo nuovo metodo, in vari campi della paleontologia, proprio per valutare le sue potenzialità applicative.
Vi terrò aggiornati sugli sviluppi di queste indagini.

Bibliografia:
Lee S.Y., Cau A., Dyke G.J., Naish D. 2014 - Morphological clocks in palaeontology, and a mid-Cretaceous origin of crown Aves. Systematic Biology doi: 10.1093/sysbio/syt110

8 commenti:

  1. Congratulazioni, metodologia veramente interessante ed innovativa.

    E, da profano, sensata, visto che l'orogologio molecolare da dei dati "assoluti" ma ottenuti in genere da non specialisti di paleontologia e geologia, mentre la lacuna nei resti fossili (specie di animali che fossilizzano solo in condizioni tafonomiche molto particolari) è quasi un'ovvietà per chiunque si interessi di paleontologia.

    Insomma l'ennesimo crossover che, lungi da essere semplicemente una concessione all'interdisciplinarietà, rinnova le radici del metodo.

    Valerio

    RispondiElimina
  2. Congratulazioni, un articolo davvero interessante. Sai per caso quando saranno disponibili i materiali supplementari?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. https://datadryad.org/resource/doi:10.5061/dryad.c09b0

      Elimina
  3. molto interessante, complimenti. appena ho un po' di tempo rileggo e cerco di afferrare meglio l'insieme

    Emiliano

    RispondiElimina
  4. E' per me ancora piuttosto oscuro quale sia la logica che sottintende all'orologio molecolare.
    Penso si basi sul presupposto che le modifiche evolutive avvengono ad un ritmo sempre uguale, o comunque, che questo ritmo si possa considerare regolare visto nei tempi geologici.
    Non mi pare una base condivisibile. Come facciamo a sapere che le modifiche evolutive non siano concentrate in piccoli intervalli temporali (es. la teoria degli equilibri punteggiati di Eldredge e Gould)?
    Comunque, al di là e giusto per vedere se ho capito, se due cladi attuali sono separati da 100 modifiche e il loro antenato più recente fossile è lontano 100 milioni di anni, deduco che ci sia stata una modifica ogni milione di anni. Se due specie all'interno di uno dei due cladi differiscono per 10 modifiche, allora il loro antenato più recente si desume sia vissuto 10 milioni di anni fa.
    E' un ragionamento corretto?
    Il metodo da te usato funziona allo stesso modo (più o meno) sostituendo le modifiche molecolari con le modifiche morfologiche?
    Un'ultima cosa. E' possibile avere il link dove scaricare l'articolo? Ho trovato solo i materiali supplementari.
    Grazie e ciao a tutti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se va bene ad Andrea, rispondo io a Diego. L'orologio molecolare nella sua formulazione originale prevedeva una relazione diretta tra numero di sostituzioni stimate e tempo, costante su tutti i rami dell'albero considerato. Questa relazione veniva poi calibrata assegnando un'eta' minima ad uno o piu' nodi interni all'albero.
      Oggi si tendono ad utilizzare tecniche che rilassano quest'assunzione, fino al punto di considerare solo un qualche tipo di proporzionalita' tra tempo e numero di sostituzioni differente a seconda dei rami, che viene poi ottimizzata (o marginalizzata) basandosi sui dati. In questo modo si puo' tener conto (fino ad un certo punto) di accelerazioni dei tassi nel tempo, o di differenti tassi di evoluzione in cladi differenti. Le calibrazioni poi possono essere fatte usando distribuzioni di probabilita', e possono essere assegnate date anche a taxa terminali.
      Il metodo usato nell'articolo funziona esattamente allo stesso modo, ma calcola le probabilita' usando un modello specifico per i dati morfologici e assegnando date ai diversi taxa fossili.

      Elimina
  5. Grazie Mario,
    tempo fa avevo letto un articolo su pikaia che parlava di due specie di stelle marine che si presumeva essersi differenziate 650.000 anni fa. Questa stima era basta sull'indagine molecolare. Da allora mi sono rimasti parecchi dubbi su come si è arrivati a tale stima.

    RispondiElimina

I commenti anonimi saranno ignorati
-------------------------------------------------------------
Anonymous comments are being ignored
-------------------------------------------------------------