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17 aprile 2012

Carnevale della Chimica XVI: Piccoli ciuffi di Carbonio

Sono stato invitato alla XVI edizione del Carnevale della Chimica (che avrà luogo ufficialmente domencia prossima), avente come tema "Carbonio e Chimica del Carbonio". Vi chiderete, come ho fatto io nel momento di ricevere l'invito, cosa possa legare i theropodi ed il Carbonio, quando la risposta è, di fatto, insita già nella domanda stessa. Dato che i theropodi, in quanto organismi, sono (erano) di fatto complessi aggregati di carbonio altamente integrati e funzionali, il senso della domanda si ottiene invertendo i suoi termini. In breve, è il Carbonio stesso che lega i theropodi a sé. Un theropode, dopo tutto (così come - fino a prova contraria - ognuno di voi) è solo un modo particolare di essere della chimica del carbonio.
Ad ogni modo, non è tramite un legame così pervasivo, e quindi lasso, che voglio partecipare al Carnevale. Sebbene possa concordare sul fatto che nel Mesozoico i theropodi di cui parla questo blog fossero formati in larga parte da aggregati del carbonio, ciò non vale con così massiccia presenza oggi. Un theropode mesozoico, nel 2012, è un pezzo di roccia al quale processi geologici diluiti in milioni di anni hanno conferito la forma di parte di un organismo. Ma l'organismo originario è ormai dissolto, ed il suo carbonio, nella maggioranza dei casi, non esiste più intimamente associato in un corpo fossilizzato. Forse, le molecole di carbonio che formavano i muscoli di un Tyrannosaurus in questo momento sono fissate nell'emoglobina del sangue che irrora il cervello la cui attività genera il post che leggete. O forse la plastica del tasto del portatile su cui battono le dita guidate da quello stesso cervello. Perché panta rei, in questo universo eternamente in flusso, e ciò che dava forma a un organismo pulsante di vita è stato sostituito da molecole inorganiche impregnanti una cavità nel sedimento, ed al posto del carbonio originario abbiamo quelli che, impropriamente, sono detti "minerali del fossile". Pertanto, nella grandissima maggioranza dei casi, un fossile è solo una forma priva di sostanza originaria, un'informazione della struttura, non la materia di quella struttura originaria. Nella maggioranza dei casi, il fossile che abbiamo tra le mani o osserviamo da una vetrina museale è simile ad un fedele modello in materiale alternativo, ma non è l'oggetto originale un tempo vivente. Nella maggioranza dei casi, non nella totalità.
Esistono condizioni particolari, rare e per questo adorate dai paleontologi come il petrolio lo è dal resto dell'umanità (ironicamente, esso stesso un accumulo di carbonio organico derivante da esseri estinti, i quali però, a differenza dei casi citati prima, hanno dissolto la loro forma originaria e conservato solo parte della sostanza), delle condizioni estremamente favorevoli affinché qualcosa dell'organismo originario, oltre alla forma, si preservi per milioni di anni. Queste condizioni estremamente favorevoli, dovute ad una combinazione di bassa energia ambientale, minimo disturbo dall'esterno, delicatezza della deposizione del sedimento e chimismo privo di ossigeno, impediscono che i normali processi di decomposizione batterica, predazione e distruzione meccanica cancellino in breve tempo ogni corpo, sopraggiunta la morte. Questi ambienti particolari, nella maggioranza dei casi specchi d'acqua bassa e calma, con fondale privo di corrente e soggetti a periodiche assenza di ossigeno disciolto nell'acqua (di solito la mancanza di ossigeno è dovuta alla proliferazione di organismi, come fioriture algali), producono piccoli paradisi per i paleontologi. E se il tuo corpo è relativamente piccolo (ma non necessariamente minuscolo) da affondare in questi specchi d'acqua e giacere su quel fondale, e sei fortunato da essere seppellito rapidamente, allora c'è una seppur minima probabilità che il tuo corpo possa andare incontro ad una fossilizzazione eccezionale, che preserverà dettagli minuti della tua anatomia, altrimenti condannata alla distruzione. E può capitare che, oltre ai dettagli minuti, anche una parte della tua stessa sostanza organica rimanga preservata, non sia sostituita da molecole inorganiche, e che, dopo 100 milioni di anni, lo stesso carbonio della tua pelle sia ancora lì, nella tua pelle.
Non occorre scomodare le blasonate formazioni cinesi a preservazione elevata che ci hanno regalato numerosi theropodi piumati di 160-125 milioni di anni fa. Anche se meno famosi e poco noti, alcuni luoghi, oltre alla famosa Cina nord-orientale, hanno permesso queste favorevoli condizioni nelle quali il carbonio originario di un corpo vissuto decine di milioni di anni fa sia ancora associato alle forme originarie di quel corpo.
Io stesso ho avuto la fortuna ed il privilegio di studiare uno di questi casi. La prima specie da me istituita è Enantiophoenix electrophyla, un piccolo uccello enantiornite vissuto 95 milioni di anni fa in Libano (Cau e Arduini 2008). Oltre ai resti disarticolati di parte dello scheletro, il piccolo esemplare di Enantiophoenix (sta tutto in una mano) presenta piccoli ciuffi neri, di natura carboniosa, che emanano dai lati di alcune ossa. I piccoli ciuffi sono effettivamente, i resti delle piume del piccolo uccello. Non sto parlando delle impronte delle piume, perché questi sono, di fatto, le piume originarie dell'animale, carbonificate a seguito di processi di decomposizione in ambiente anossico formatesi sul fondo della piccola laguna nella quale riteniamo che l'animale si depositò alla morte, 95 milioni di anni fa. Nell'immagine sopra, un dettaglio del fossile (parte del bacino e della cavglia sovrapposti, il rettangolo in alto a destra è lungo 5 mm), sono indicate con freccie gialle due di questi ciuffetti piumosi, in tutto simili alle impronte delle penne trovare nei famosi fossili cinesi. Si tratta, difatti, del carbonio originario che formava le piume, rimasto a conservare la forma originaria dei ciuffetti di piume. Piccoli ciuffetti di piume, apparentemente niente di più effimero e fragile possibile, sono ancora lì, dopo quasi un milione di secoli.

Bibliografia:
Cau, A. and Arduini, P. (2008). Enantiophoenix electrophyla gen. et sp. nov. (Aves, Enantiornithes) from the Upper Cretaceous (Cenomanian) of Lebanon and its phylogenetic relationships. Atti della Societa Italiana di Scienze Naturali e del Museo ivico di Storia Naturale in Milano 149 (2): 293–324.

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