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12 giugno 2008

Generazioni iconografiche (sia temporali che mentali)

In attesa che mi sia letto ben bene l’articolo sull’ulna di “Megaraptor” australiano (ed abbia inserito i nuovi caratteri lì presenti in Megamatrice), eccovi una digressione paleo-artistica e paleo-psicologica…

L’imprinting non è prerogativa di giovani anseriformi lorenziani. Anche noi ominoidi dal linguaggio articolato siamo plasmati dalle immagini dell’infanzia, e ne restiamo marchiati a lungo, al punto che diventa arduo (se non impossibile) sradicare dalla mente rappresentazioni errate della realtà. Non c’è dubbio che la maggioranza degli interessati ed appassionati di teropodi (sia ricercatori che generici fruitori di divulgazione) abbia iniziato ad appassionarsi alla materia da ragazzi/bambini tramite le immagini dei paleoartisti. In genere, la fase critica è tra i 5 e i 10 anni: chi rimane folgorato in quella fase, generalmente è condannato a vita. Il mio primo libro decente sulla paleontologia fu una versione condensata del mitico “Quando l’uomo non c’era”, superbamente illustrato da Z. Burian. Avevo sette anni. In particolare, due sue tavole a tema mesozoico mi colpirono profondamente: il branco di Melanorosaurus e la coppia di Chasmosaurus.

A quei tempi (metà anni ’80) la “rivoluzione” concettuale ed iconografica della Rinascita Mesozoica era ancora oltreoceano: da noi in Italiotta, come sempre, la divulgazione era indietro di una generazione. Le prime avvisaglie che i dinosauri non fossero proprio come illustrati nelle meravigliose opere di Burian (meravigliose lo resteranno sempre, anche se sappiamo che gli animali sono anatomicamente diversi: lo stile e le ambientazioni, in particolare delle faune del Cenozoico, restano di altissimo valore!) mi venne da un numero di Airone del 1988 che vidi a scuola in quell’anno (ero in quarta elementare). In quel numero (che ritrovai, con somma gioia, in una bancarella di libri solamente dodici anni dopo) erano presenti le terrificanti opere di John Gurche. Perché terrificanti? Al mio occhio di ragazzino, sembravano foto! Grandiose, spettacolari, vive! I due Deinonychus che balzavano su Iguanodon (puro Bakkeriano!) rappresentavano ciò che per me dovevano essere veramente i dinosauri (e che avevo percepito in parte nelle due opere di Burian che ho citato sopra): animali reali, funzionanti ed efficienti, maestosi e dinamici. Ma a colpirmi profondamente, con un impatto visivo che deve aver influenzato Spielberg qualche anno dopo, fu il meraviglioso Mamenchisaurus di Hallet: l’essenza della bellezza, milioni di anni luce dalle vecchie immagini dei sauropodi che mi avevano propinato fino a quel momento.

Fin qui, ho descritto l’aspetto della rivoluzione concettuale e iconografica degli ultimi 30 anni. Finora, la massa degli appassionati ha seguito e condiviso gli slanci e l’ardire degli artisti. Purtroppo, mi pare di vedere che in un altro ambito non è stato così.

Lo so, torno sempre su quel tema, ma è quello che più ci fa capire alla radice come il darwinismo sia duro da digerire fino in fondo, e come ancora oggi, tra gli stessi appassionati, l’evoluzione è accettata a livello superficiale, e non è compresa nella sostanza.

Di cosa sto parlando? Parlo della nuova fase della rivoluzione iconografica, quella che ha ridato ai coelurosauri la loro vera pelle.

Per almeno dieci anni Gregory Paul fu visto come un ardito illustratore dalle idee estreme... poi si scoprì che le sue ricostruzioni di celurosauri piumati erano delle caute e moderate previsioni della realtà (nemmeno lui avrebbe mai azzardato l’esistenza delle quattro ali di Microraptor)!

Molti continuano a non accettare pienamente (a livello “viscerale” ed istintivo) che tutti i Coelurosauria siano piumati, che tutti i Maniraptora siano anche pennuti oltre che piumati. Questa è l’unica spiegazione per il proliferare ancora oggi, dopo 10 anni dalla descrizione di Sinosauropteryx, Protarchaeopteryx e Caudipteryx, di orribili ricostruzioni di maniraptoriani mezzi-pennuti, pseudo-piumosi, metà squamati-metà pennuti, con penne sulle braccia e code nude, con teste da “rettile” e colli piumati, con avambracci pennuti ma mani senza penne... Insomma, per una volta che abbiamo i dati, si continua a ricostruirli come una volta? Ovvero, scorretti! Perché? Che senso ha rinnegare l’evidenza? Tutti i Maniraptora noti con tracce di tegumento hanno penne remiganti inserite lungo ulna, sul secondo metacarpale e sulla metà prossimale del secondo dito: perché le penne le continuano a disegnare solo fino al polso?

Non pubblico nessuna di queste boiate, comunque, se cercate in rete ne trovate a badilate... Ora, se la causa di queste pessime ricostruzioni è l’ignoranza dell’illustratore, perché comunque si è degnato di ricostruirli piumati? Poca voglia di informarsi sui dettagli esistenti? Le fonti di tale informazione erano così grossolane? Oppure, temo, la causa principale è la sovrastruttura di preconcetti che limita l’illustratore nell’atto di immaginare un teropode piumato?

Ciò che trovo più detestabile, quando parlo di piumaggio nei teropodi, è sentirmi fare questa domanda: “Ok, erano piumati, però qualcuno può darsi che abbia perso il piumaggio, e sia... per così dire, tornato con un aspetto simile alle vecchie ricostruzioni?”, oppure: “Beh, ma Tyrannosaurus probabilmente era senza penne, così come un elefante è senza pelo?”. Che bisogno c’é di farsi queste domande? Quale esigenza vuole soddisfare? Ora, siccome non esistono tracce di tegumento in Tyrannosauroidea più derivati di Dilong, qualunque speculazione è aria fritta, ovvero, non si basa su ciò che sappiamo ma su ciò che VORREMMO. Perché elaborare stravaganti teorie sull’assenza del piumaggio quando non abbiamo dati in proposito? Meglio astenersi dal farsi certe domande (ad esempio, nessuno discute seriamente sul colore di Tyrannosaurus, non perché non ne avesse uno, ma solo perché non è scientificamente sensato domandarselo). Nessuno apre una discussione sul fatto che un mammifero gigante dell’oligocene, Indricotherium, avesse o no pelliccia: perché invece si apre questo dibattito per Tyrannosaurus, del quale conosciamo esattamente la stessa quantità di informazioni sul tegumento (cioè zero)? Forse per soddisfare un bisogno interiore? Siccome non si accetta profondamente che l’immagine che avevamo di Tyrannosaurus deve essere modificata alla luce della scoperta di Tyrannosauroidei piumati, allora cerchiamo spiegazioni ad hoc per consentire alla nostra vecchia visione di sopravvivere.

Sia chiaro, non contesto la validità delle argomentazioni pro o contro il piumaggio in un Tyrannosaurus adulto di 6 tonnellate, trovo triste constatare che queste domande non nascono da reali discussioni sui dati, bensì per un contorto meccanismo psicologico che ci porta a lottare per far sopravvivere le idee radicate nell’infanzia.

Se nel cervello di un bambino, è stato impresso questo concetto: “Tyrannosaurus ha la pelle a scaglie e/o nuda”, probabilmente, crescendo, avrò un impulso inconscio a far sopravvivere tale idea finché le prove contro non saranno schiaccianti.

A molti ciò accade davanti a tutti teropodi piumati che stiamo scoprendo. Li trovano “strani”, “aberranti”, “diversi”. L’apice del pregiudizio iconografico è: “ma forse non sono dinosauri... forse sono uccelli primitivi” (... ma qui si aprirebbe un altro discorso...), oppure: “secondo me sono inventati...” (!).

Credete di essere di mente totalmente aperta e priva di questi vincoli iconografici superati?

Ecco la prova. Leggete questa frase: “Microraptor era piumato: ciò non significa necessariamente che anche Deinonychus (del quale non conosciamo tracce di tegumento) lo fosse”.

Se nel momento stesso in cui avete letto l’ultima frase avete comunque pensato: “Beh, sì, Deinonychus potrebbe aver perso in parte o totalmente il piumaggio” allora dimostrate di essere stati plagiati ed imprintati dalla vecchie iconografia!

Finora, non esistono tracce di tegumento in Deinonychus, quindi, esiste un solo modo scientificamente valido per ipotizzare il suo tegumento coi dati attuali, ovvero inferendolo sulla base della sua posizione filogenetica! (Esattamente come inferiamo le parti molli di qualunque altro fossile sulla base della sua posizione filogenetica).

Microraptor è piumato (lo sappiamo dalle trecce fossili), mentre per Deinonychus non possiamo affermarlo direttamente (non ci sono tracce), tuttavia, siccome entrambi sono dei Coelurosauria (piumati) Maniraptora (pennuti con remiganti e timoniere), la più logica interpretazione di ciò che sappiamo è che Deinonychus abbia lo stesso tegumento di Microraptor.

Parte finale per quelli che hanno dimostrato di essere vincolati al pregiudizio iconografico:

Non azzardatevi a dire che Deinonychus potrebbe averle perse perché era molto più grosso di Microraptor (argomento usato spesso per ipotizzare assenza di piumaggio in Tyrannosaurus) perché non fareste altro che confermare ulteriormente la mia diagnosi del vostro pregiudizio iconografico: Deinonychus aveva la stessa massa di un piumatissimo struzzo!

La verità sulla difficoltà ad accettare i dinosauri piumati è probabilmente più nella nostra testa che nei pochi dati noti...

2 commenti:

  1. Trovo sensatissimo il tuo discorso.. è vero il fatto che ci sia queta mentalità , e non nascondo che a volte ne sono catturato anche io , non nel caso dei deinonychus , ma spesso vengo influenzato da cio che ho appreso tempo fa e che stento a confutare.

    Cio comunque non accade solo per penne o piume , ma accade per moltissime altre cose , e penso sia un comportamento piuttosto naturale ^^

    Comuque se non erro un framment di pelle di rex mi pare sia stato rinvenuto...
    ed era a scaglie.
    cio non vuol dire però che il rex era nudo xd..



    domenico

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  2. A quanto so, i frammenti di pelle attribuiti a Tyrannosaurus non sono associati ad alcuna parte corporea: viene detto "vicino alla coda" il che non dice molto. Ciò non toglie che senza una preservazione analoga a quella del Liaoning è difficile dire granché (nel senso che l'assenza di tracce non implica l'assenza di piumaggio, ma solo la non-preservazione). Inoltre, non è detto che "tubercoli" e piumaggio non coesistessero sullo stesso animale (una gallina ha piedi squamati e cosce piumate, quindi è plausibile la coesistenza dei due tipi di tegumento).

    Servono altri dati... vedremo in futuro.

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