(Rough) Translator

23 aprile 2024

Spectrovenator: primitivo o immaturo?

Una delle particolarità (e pregio) del nuovo metodo di codifica introdotto nel mio recente articolo sulla macroevoluzione in Theropoda è la possibilità di poter rapidamente spostare le codifiche dei taxa dalla partizione matura a quella immatura (e viceversa) così da poter testate in modo abbastanza rapido ipotesi alternative sullo stadio ontogenetico degli esemplari analizzati.

Ad esempio, vogliamo testare cosa succede a codificare Nanotyrannus come taxon distinto da Tyrannosaurus? Si rimuove la partizione immatura da Tyrannosaurus e la si copia in un taxon a sé. Poi, possiamo decidere se questo taxon distinto (Nanotyrannus) è basato su materiale immaturo oppure maturo (basta aggiungere ad inizio o fine della stringa di codifiche appena incollata una stringa di codifiche "unknown" per la partizione a cui non vogliamo riferire l'esemplare), e in ambo i casi possiamo testare l'impatto di queste diverse interpretazioni sulla filogenesi. L'intera procedura si può impostare in una manciata di minuti con un qualunque file di text editing.

Discutendo con Christophe Hendrickx su alcuni dettagli della mia analisi, è emersa la questione su quale sia lo stato ontogenetico dell'unico esemplare noto dell'abelisauride Spectrovenator. Gli autori della descrizione del taxon non dichiarano lo stadio di crescita dell'olotipo. In base alle numerose ossificazioni tra ossa del cranio, ed al pattern di ornamentazione, io ho provvisoriamente considerato l'esemplare non-giovane (subadulto o adulto) e quindi ho codificato quel genere nella partizione "maturo". Hendrickx propone come alternativa uno stadio immaturo per l'animale, in particolare sulla base delle ridotte dimensioni dell'animale.

Ho provato a testare l'ipotesi di Hendrickx con la mia nuova matrice, spostando le codifiche di Spectrovenator dalla partizione matura a quella immatura. L'analisi ha dato un risultato molto inatteso: Spectrovenator (inteso come morfotipo immaturo) non ricade in Abelisauroidae bensì in Tyrannosauroidea, come forma più basale. Tale posizione è basata su 10 sinapomorfie, di cui una sola reversione.

Come interpretare questo risultato?

1- I giovani tyrannosauroidi hanno caratteri convergenti con gli abelisauridi, ad esempio la fusione delle ossa nasali. Questo potrebbe aver "spinto" l'analisi a collocare Spectrovenator nei tyrannosauroidi.

2- Attualmente, non abbiamo (o non abbiamo riconosciuto tale) alcun esemplare immaturo di abelisauride. Tutti i taxa noti di quel gruppo sono attualmente basati solo su materiale maturo. Pertanto, la versione attuale della mia matrice non possiede esemplari (né semaforonti) immaturi di Abelisauridae. Di conseguenza, qualora impostiamo Spectrovenator come abelisauro immaturo, esso risulterebbe l'unico giovane abelisauride, e questo spingerebbe l'analisi a collocarlo più vicino a qualche altro clade che invece è ricco di esemplari immaturi, ovvero, i Coelurosauria. 

Perciò, ritengo che il risultato del test sia una conseguenza della mancanza di altri abelisauridi immaturi nel campione, combinata con alcune convergenze tra abelisauridi e tyrannosauroidi. Una possibile conclusione sul risultato "inusuale" del test "da immaturo" è quindi che l'esemplare sia maturo (come codificato nel mio studio) e non immaturo (come codificato nel test).

Concludendo: per chiarire lo status di Spectrovenator è necessario identificare (e trovare) altri esemplari che siano genuinamente delle forme immature di Abelisauridae. Ciò è necessario indipendentemente dallo status ontogenetico di Spectrovenator. Questo test rimarca un punto che ho già sottolineato in questi giorni: abbiamo bisogno di più dati sugli esemplari giovani e sugli stadi immaturi, specialmente nei gruppi di cui abbiamo una ricca campionatura di forme adulte. Il metodo che ho introdotto è un ulteriore incentivo a non focalizzare i nostri studi solo sugli esemplari maturi, ma a raffinare la conoscenza su tutti gli stadi di crescita in Theropoda.

20 aprile 2024

Il Paradosso di Russell: dove sono i dinosauri intelligenti?

Dale Russell ad il celebre modello del dinosauroide (foto modificata da Naish e Tattersdill, 2021).

 

Il dinosauroide di Dale Russell (Russell e Seguin, 1982), l'ipotetico dinosauro dal piano corporeo "umanoide" e capacità intellettive comparabili alle nostre, è una delle creature di zoologia speculativa più celebri, e tra quelle che hanno maggiormente ispirato dibattiti dentro e fuori dalla scienza paleontologica. Ho parlato del dinosauroide e delle sue varianti, e proposto mie personali versioni del concetto, in vari post in passato. Naish e Tattersdill (2021) ne hanno delineato la storia in dettaglio ed hanno rimarcato il legame di questa speculazione affascinante con la personalità e la formazione culturale di Russell.

Il dinosauroide non è un animale reale, e non è una specie paleontologica, dato che nella versione di Russell, si tratta di una specie vivente in un "oggi alternativo", "al posto dell'uomo", ovvero il prodotto di una Storia Naturale alternativa alla nostra, in cui i dinosauri non si sono estinti e la "nicchia senziente" è stata occupata da un essere discendente dai dinosauri troodontidi invece che dai mammiferi primati. Tuttavia, alcuni "cugini" del dinosauroide creati dalla fantascienza sono più radicali dell'essere russelliano, dato che sono ipotizzati vivere nel Mesozoico! Ovvero, in alcune versioni del multiverso dinosauroideo, la specie di dinosauro senziente non si realizza dopo il Mesozoico ma dentro e durante il Mesozoico!

In questo post, esploro l'ipotesi che una specie di dinosauro intelligente "quanto noi" possa effettivamente essersi evoluta nel Mesozoico. Questo post affronta un tema che mi appassiona da quando, ragazzino, scoprii il dinosauroide di Russell: nella mia mente adolescenziale, ancora più affascinante dell'idea che se non si fossero estinti i dinosauri avrebbero potuto realizzare l'autocoscienza era l'idea che ciò fosse effettivamente avvenuto prima dell'estinzione che chiude il Mesozoico.

Per valutare questa ipotesi, dobbiamo prima analizzare l'ipotesi di Russell in termini quantitativi.

Russell definisce il dinosauroide come una specie di oggi con quoziente di encefalizzazione simile a quello umano, discendente dai troodontidi della fine del Cretacico (circa 70 milioni di anni fa), i quali erano dotati di un quoziente di encefalizzazione da "maniraptoro evoluto". Pertanto, per funzionare, l'ipotesi di Russell richiede il passaggio da un "cervello da maniraptoro" al "cervello da uomo" in circa 70 milioni di anni.

La logica dell'ipotesi di Russell ha una premessa: che alla fine del Cretacico (70 milioni di anni fa), i troodontidi avessero raggiunto un quoziente di encefalizzazione superiore a quello di altri dinosauri del loro tempo. Questa premessa è diventata un "fatto" tra gli appassionati di dinosauri proprio in relazione all'ipotesi del dinosauroide. Troodon (ed in generale i Troodontidae) sono ormai noti a livello popolare come "i dinosauri più intelligenti", e sono generalmente illustrati con un qualche tocco artistico volto a rimarcare tale "intelligenza superiore". Questa idea è un mezzo mito, mito che ha distorto i fatti paleontologici creando una falsa distinzione intellettiva tra Troodontidae ed altri maniraptori.

In realtà, la forma dei calchi endocranici, la morfologia e dimensione dell'encefalo ed i quozienti di encefalizzazione dei Troodontidae sono del tutto analoghi a quelli di Ornithomimidae ed Oviraptoridae. Infatti, è probabile che il livello di encefalizzazione dei troodontidi non sia speciale rispetto ad altri Maniraptoriformes. Sono i maniraptoriformi in toto ad avere un quoziente di encefalizzazione relativamente elevato rispetto agli altri dinosauri, non i soli troodontidi. Pertanto, è plausibile che un "cervello da troodontide" sia una condizione generale di tutti i maniraptoriformi, non solo di Troodon.

Prima che questa ultima affermazione sia fraintesa, è bene chiarire cosa significa "cervello da troodontide/maniraptoriforme": forma e dimensioni relative dell'encefalo dei maniraptoriformi sono intermedi tra quelli di un varanide (un rettile relativamente intelligente e reattivo) e quelli di uno struzzo (un uccello non particolarmente intelligente ma comunque molto reattivo). Pertanto, la "intelligenza di Troodon" è qualcosa a metà strada tra un varano ed uno struzzo: un animale agile, attivo, curioso, ma non certo un Premio Nobel della zoologia. Questo va rimarcato, perché troppo spesso, a livello popolare, è circolata la falsa idea che alcuni dinosauri (troodontidi, dromaeosauridi) fossero animali "super-intelligenti", forse come alcuni primati moderni. No, per "intelligente" qui si intende "intelligente come un varano o uno struzzo", niente di più sofisticato. Sicuramente più brillante di una tartaruga delle Galapagos, ma non certo al livello di un corvo della Nuova Caledonia. Forse vi sconvolgerà, ma è molto improbabile che Velociraptor fosse più intelligente di una gallina (animale comunque più intelligente di come spesso la dipingiamo, come ci ricordano Cochi e Renato).

Tornando all'ipotesi di Russell, quindi, essa si condensa in questa domanda: avendo a disposizione 70 milioni di anni, una linea evolutiva di dinosauri maniraptoriformi potrebbe passare dalla "intelligenza da varano/struzzo" a quella "umana"?

In base allo scenario originario di Russell, questa domanda è puramente speculativa, fantascientifica, perché Troodon non ebbe davanti a sé 70 milioni di anni di storia disponibile.

Hesperornithoides, un troodontide della fine del Giurassico, vissuto 80 milioni di anni prima di Troodon (artwork by S. Hartman)

Ma se noi ammettiamo che la "intelligenza da troodontide" sia una condizione condivisa da gran parte dei Maniraptoriformes, allora non occorre avere come dinosauro di partenza una specie della fine del Cretacico, perché i maniraptoriformi appaiono molto prima, a metà del Giurassico! Ad esempio, Hesperornithoides è un troodontide della fine del Giurassico, vissuto 150 milioni di anni fa, ovvero 80 milioni di anni prima di Troodon. Se facciamo partire l'evoluzione del dinosauroide da Hesperornithoides, ecco che i 70 milioni di anni richiesti dal modello evolutivo di Russell si dispiegano tutti completamente dentro il Cretacico, e possiamo quindi ottenere un animale con intelligenza umana intorno a 80 milioni di anni fa, ovvero, già nel Campaniano, al tempo di albertosaurini, lambeosaurini e ankylosauridi!

In rosso, la durata della linea evolutiva dinosauroide. In blu, l'alternativa di uguale lunghezza ma che parte alla fine del Giurassico. La stella indica l'età dei primi maniraptoriformi.

Se accettiamo questa premessa, allora l'ipotesi di Russell diventa testabile scientificamente, perché l'evoluzione dell'intelligenza dinosauriana si dispiegherebbe nel tempo profondo reale della storia dinosauriana, e quindi potrebbe aver lasciato tracce fossili.

Quanto è legittima una indagine volta a cercare tracce di una specie intelligente di dinosauro nella seconda metà del Cretacico?

Prima che concludiate che questa ipotesi sia del tutto ridicola e priva di fondamento, e che andare alla ricerca di possibili tracce fossili, o persino archeologiche, di specie intelligenti nel Cretacico Superiore sia una perdita di tempo, vi ricordo che milioni di persone credono all'esistenza di vita intelligente nello spazio cosmico nonostante la totale assenza diretta di prove, e che progetti come SETI (che cerca tracce di vita intelligente extraterrestre) siano visti da moltissime persone come una nobile e legittima impresa scientifica spinta da un'ipotesi perfettamente plausibile. Eppure, la possibilità di incontrare un alieno di un sistema stellare lontano è molto più remota che trovare un fossile di dinosauro...

Il punto della questione è quindi capire se l'evoluzione di intelligenza "umana" sia una tendenza frequente nella storia della vita, oppure sia piuttosto una bizzarria esclusiva della nostra storia particolare. Ma per capire ciò, occorre cercare prove di questi fenomeni, e non limitarsi a fare argomentazioni teoriche più o meno viziate dalle personali posizioni filosofiche sulla natura dell'evoluzione e dell'intelligenza. L'indagine paleontologica potrebbe fornire prove pro o contro questo scenario? Io non sto sostenendo che tale "dinosauroide cretacico" esista veramente, mi sto solo domandando se la sua esistenza (o non-esistenza) sia testabile scientificamente. Ad esempio, potremmo trovare stadi evolutivi intermedi della sua filogenesi? Specie con intelligenza a metà strada lungo la sequenza necessaria per arrivare alla specie "con intelligenza umana"? Se sì, quanto e come la storia evolutiva umana potrebbe essere un'utile analogia oppure una pericolosa distrazione che ci porterebbe fuori strada? Specie diverse evolvono l'intelligenza e la tecnologia in modo analogo oppure no? Se e come potrebbero delle tracce di attività culturale dinosauriana essere ancora oggi visibili sulla Terra, dopo molte dozzine di milioni di anni?


Io ho gettato il sasso.

Sta a voi raccogliere la sfida.

18 aprile 2024

The Rise of the Tyrannies, the Fall of the Nursery Clades, and the Theropod Theory of Everything

SpinosaurusAndangalornisScipionyxDeinonychusTyrannosaurus. Cinque generi di dinosauro predatore che differiscono nell'anatomia, morfologia, ecologia, distribuzione geografica e stratigrafica vengono gettati nella mischia insieme... come potremmo avere la ben che minima idea di cosa possiamo aspettarci? (Immagini modificate da opere di D. Bonadonna, M. Hallett, C. Masnaghetti e E. Willoughby).


Il fisico e Premio Nobel Ernest Rutherford è noto per un'affermazione che fa infuriare praticamente tutti gli scienziati che non siano fisici: 

"All science is either physics or stamp collecting". 

Ovvero, tutta la scienza si divide nella fisica e nella collezione di francobolli.

Sebbene l'idea che "i veri scienziati sono solo i fisici e tutti gli altri sono solo dei raccoglitori di esemplari (i francobolli)" sia sicuramente radicale ed estremista (ed ovviamente è un'idea dei soli fisici, spero non tutti), credo che una generalizzazione della affermazione di Rutherford probabilmente troverebbe maggior sostegno, non soltanto in fisica. Questa ipotetica versione moderata della citazione rutherfordiana potrebbe suonare come: 

"All science is either theory or data collecting". 

Ovvero, nella scienza o si elaborano teorie oppure si raccolgono dati. [Notare che ho scritto "teoria", non "ipotesi"]. A rischio di essere crocifisso in sala mensa (cit.) da una legione di epistemologi non ho problemi a dichiarare che questa versione soft della citazione rutherfordiana sia un tarlo che più o meno consciamente ha condizionato la mia produzione scientifica fin da quando ero un ventenne fresco di laurea. Ovvero, per quanto raccogliere dati, scoprire nuovi fossili, aggiungere informazioni e descrivere nuove specie sia una parte fondamentale ed appassionante della scienza, una parte che io amo con tutto il cuore, al tempo stesso non ho mai voluto "limitarmi" solo a quello. Aggiungere nuovi dati non è fine a sé stesso, ma è finalizzato a qualcosa. Qualcosa di generalizzabile. Qualcosa che si può condensare sotto forma di struttura teorica di cui i singoli esemplari (e le singole ipotesi a loro dedicate) sono solo un caso contingente e particolare. Fin dalla tesi di laurea, più di venti anni fa, ho sempre pensato che parallelamente al mio contributo paleontologico in termini di nuove scoperte, nuovi esemplari, nuove specie, io dovessi anche dare un contributo scientifico in termini di teoria. Un contributo che forse avrebbe richiesto decenni di analisi, riflessioni, indagini ed elaborazioni, un contributo che forse è insensato e fallimentare fin dal principio, ma che deve comunque essere tentato, anche solo per scoprire che è errato.

Qualcuno ora si domanderà se abbia senso quanto ho scritto. Che tipo di teoria può mai elaborare un paleontologo che studia i dinosauri carnivori? Beh, io nello specifico sono un filogenetista dei theropodi non-aviani, e la filogenesi è uno degli elementi costituenti la macroevoluzione. Dopo decenni dedicati ad assemblare la mia matrice per ricostruire la filogenesi, credo che i tempi siamo maturi per fare un salto di qualità, e passare dalla mera elaborazione di una filogenesi alla spiegazione della Macroevoluzione di Theropoda. Perché una macro-filogenesi è solo la struttura portante dell'edificio, ma l'edificio è più della mera sovrapposizione di intonaco alla struttura. Ed è l'edificio ciò che giustifica l'assemblaggio della struttura. Anche se mai esplicitato, l'Evoluzione a Larga Scala di Theropoda è il fine ultimo di una "megamatrice" dedicata a tutti i dinosauri predatori. 

L'assemblaggio di un così grande dataset non è semplicemente una raccolta di osservazioni da incasellare. Il processo diviene progressivamente una riflessione sul come definire l'oggetto del campionamento, e di come la natura del fenomeno si rifletta nella sua codifica simbolica. "Cosa" dell'originaria storia evolutiva dei dinosauri carnivori persiste nella matrice? E cosa della idiosincratica mente del suo autore si sovrappone (più o meno consciamente) al fenomeno naturale? Una matrice filogenetica è difatti la formalizzazione di un insieme di affermazioni in merito all'omologia delle forme che osservo nel campione di specie analizzate. La filogenesi dei fossili non mette ordine tra le specie (qualunque sia il senso di quella parola in paleontologia), bensì tra le ipotesi in merito all'omologia delle morfologie fossilizzate. Ma non tutte le forme che osservo e che campiono sono plasmate dal processo che si spera di ricostruire. In breve, un filogenetista paleontologico non è un semplice raccoglitore di "dati" puri e intonsi forniti da Madre Natura, ma è in primo luogo un epistemologo che riflette sulla natura della macroevoluzione di un fenotipo parziale filtrato dalla tafonomia. 

Ricavare un albero parsimonioso e mappare questa o quella trasformazione morfologica e adattativa, oppure costruire qualche simpatica storia perfettamente sensata a posteriori plasmata sul cladogramma di turno, non è ciò che definisce veramente un paleontologo evoluzionista. La Scienza è la ricerca del perché dei fenomeni (le cause e le loro relazioni), non la semplice descrizione e catalogazione di esemplari.

Per snellire la questione, la riduco a due problemi, apparentemente separati.

In tutti questi anni, mano a mano che accumulavo esperienza ed informazioni, prendeva corpo dentro di me una prima domanda: l'albero evolutivo di Theropoda è puramente il prodotto di contingenze casuali, è un caotico intrico di rami e ramoscelli plasmato dalla storia della Terra su una materia biologica totalmente passiva, oppure esiste un qualche principio generale che, anche solo in forma parziale, indirizza, incanala e struttura la storia a grande scala dei dinosauri predatori? In parallelo a questa domanda, ed associata a lei, si sviluppava anche un secondo quesito: il modo con cui ricostruiamo la storia evolutiva dei dinosauri carnivori è in qualche modo viziato da errori metodologici che non riusciamo a cogliere e che distorcono il risultato delle nostre indagini? Con il passare degli anni, nella mia testa si consolidava l'idea che queste due domande fossero le manifestazioni di un singolo problema, che la soluzione di una delle due avrebbe portato anche alla soluzione dell'altra, e che qualora fossi stato in grado di risolvere queste due questioni, avrei ricavato uno strumento potente per spiegare innumerevoli particolarità e tendenze generali di Theropoda.

(c) Troco


Ad esempio, perché il gigantismo ricorre così spesso in Theropoda ma non in modo uniforme? Perché in certe comunità di dinosauri abbiamo tanti superpredatori giganti (a formare i così detti "triumvirati"), mentre in altre abbiamo solo un clade superpredatore gigante (nello specifico, Tyrannosauridae) a formare quelle associazioni che nel 2008 chiamai "tirannidi"*? E se il taxon apicale delle tirannidi è così efficiente da risultare il solo dominante nelle sue comunità, perché gli stessi tyrannosauridi predominano in tali ruoli apicali incontrastati solo negli ultimi 30 milioni di anni e solo in Asiamerica (la paleo-provincia biogeografica formata da Nord America occidentale e Asia orientale, collegate dal ponte di Bering) nonostante che il clade Tyrannosauroidea sia durato 100 milioni di anni e fu diffuso a scala globale? Perché le filogenesi di Theropoda emerse nell'ultimo trentennio sono così fortemente asimmetriche, con quasi tutte le linee principali che formano una serie parafiletica che conduce agli uccelli? Stiamo inconsapevolmente piegando l'albero evolutivo per conformarsi ad una semplice linea rivolta verso il piano corporeo aviano? Oppure il "piano corporeo aviano" è un vincolo generale dell'evoluzione dinosauriana? Se l'evoluzione di tante linee giganti è la norma in Theropoda, perché gli uccelli del Cenozoico ebbero sì un enorme successo numerico ma non replicarono mai le gloriose dinastie di predatori giganti mesozoici da cui discendono? Ed anche, perché, nonostante il loro successo, non esistono dromaeosauridi grandi come tyrannosauridi mentre abbiamo oviraptorosauri, ornithomimosauri e therizinosauri grandi come tyrannosauridi? Infine, se i compsognathidi sono davvero un gruppo artificiale formato dai giovani di grandi theropodi non imparentati strettamente tra loro, perché ciò non risulta mai nelle filogenesi, le quali tendono invece a confermare quel gruppo come un taxon monofiletico del tutto valido e genuino?

A prima vista, tutte queste domande sembrano slegate tra loro e si dedicano a fenomeni distinti e molto contingenti. Ciascuno dei menzionati quesiti è oggetto di ipotesi particolari (quando è esplicitamente oggetto di indagine) e non richiede di essere interpretato secondo un modello condiviso con gli altri. Eppure, proviamo a domandarci se essi possano trovare una spiegazione comune: potrebbero essere tutti la manifestazione di una singola "teoria generale" dell'evoluzione theropode? In breve, esiste una struttura unificata nella macroevoluzione di Theropoda che colleghi l'evoluzione del gigantismo, il tipo di comunità predatoria (ovvero, il numero e le relazioni tra le specie di theropodi carnivori nel medesimo ambiente) ed il diverso percorso evolutivo dei vari piani corporei nei dinosauri predatori?

In uno studio che pubblico oggi (Cau, 2024), sostegno che i fenomeni citati sopra siano riconducibili ad una teoria unificata che descrive a larga scala la macroevoluzione di Theropoda, non solo nel Mesozoico, ma anche nel Cenozoico! Questa teoria generale della macroevoluzione di Theropoda risulta come conseguenza della soluzione al "parodosso dei compsognathidi", ovvero, della dimostrazione che essi non sono un gruppo naturale bensì un artefatto dovuto ad un errore nel metodo tradizionale con cui abbiamo finora definito le filogenesi dei dinosauri predatori (e non solo).

La teoria che propongo può apparire a prima vista molto elaborata, ma una volta compresa nella sua struttura portante, è relativamente intuitiva, e potenzialmente feconda nella capacità di spiegare innumerevoli elementi della storia evolutiva di Theropoda.

[Avvertenza: La parte che segue è molto lunga ed articolata: ciò è necessario per spiegare il significato delle novità introdotte nel mio nuovo articolo. Se il lettore non vuole approfondire i dettagli e la logica di questa teoria, può passare direttamente al riassunto conclusivo a fine post. Altrimenti, può continuare la lettura.]

15 aprile 2024

Il film più politicamente corretto della storia

 

Il momento più spaventoso del film

Il bello di essere giovani è che non si ha memoria. Tutto è nuovo, tutto è originale. Noi giovani siamo la novità, portiamo una ventata di innovazione e introduciamo elementi che prima di noi non esistevano. 

Ci siamo passati tutti. Anche io a 20 anni pensavo di essere innovativo ed originale rispetto a chi mi ha preceduto. Lo penso ancora, ma allora avevo torto perché ero giovane, mentre ora ho torto perché sono vecchio, ed i vecchi, per definizione, non sono innovativi. Quello che cambia è la terminologia, non la sostanza profonda del concetto. Oggi i vecchi li chiamiamo boomer, ieri erano i matusa.

Tra le innumerevoli illusioni dei tempi recenti è l'idea che il politicamente corretto sia una moda recente introdotta dall'ideologia woke, quelli che da noi chiamiamo i buonisti. 

Balle. Il politicamente corretto è vecchio tanto quanto l'etica. Ci sono sempre stati i buonisti, i politicamente corretti, i loro detrattori e nemici. E quelli che ironizzano su queste faccende. Solo che ogni generazione cambia morale, cambia nome, cambia etichetta, cambia target della polemica, e si dimentica che le stesse paranoie e contro-paranoie esistevano prima.

Un esempio cinematografico pertinente coi temi di questo blog: il film più politicamente corretto della storia non è un film dell'ultimo decennio, non è un polpettone sociale impegnato comunistoide dedicato alle famiglie arcobaleno. No, è un film del secolo scorso, del XX Secolo. Un blockbuster, come si diceva ai tempi dei boomer, un film con dinosauri. Il seguito di Jurassic Park: "The Lost World - Jurassic Park" (1997) di Steven Spielberg.

Questo film è figlio dell'ondata di politicamente corretto che andava di moda alla fine degli anni '90, ma che ovviamente la maggioranza dei sostenitori odierni del politicamente corretto non possono ricordare perché non erano ancora nati oppure erano ancora in età da scuola elementare e non avevano ancora installato certe categorie nella mente.

Per chiarire sull'uso delle parole, per "politicamente corretto" intendo un film che include in modo forzato e pretestuoso il maggior numero possibile di categorie sociali minoritarie, categorie che quando sono incluse devono essere in ruoli positivi, mentre i ruoli negativi spettano sostanzialmente alle categorie sociali dominanti. Sì, è una paranoia tipicamente americana, ma esiste ed è una regola che, ad intervalli regolari, viene imposta ai film prodotti in quel periodo. Specialmente se vogliono incassare tanto.

Ecco la lunga lista di elementi che rendono TLW-JP (in breve, JP2) il più grande (o il peggiore, dipende dai punti di vista) capolavoro nella storia del politicamente corretto al cinema:

1- Il protagonista maschile è un nerd più intellettuale che muscolare. Perché anche un matematico può diventare un eroe di un film d'azione. Ma non deve essere un maschio alpha alla James Bond o alla Indiana Jones.

2- La protagonista femminile è sessualizzata meno di una scatola di acciughe. Il suo ruolo è forte ma tenero, autonomo ma non prevaricatore, saggio ma non saccente, pacato ma non passivo. In pratica, ha solo pregi e nessun difetto. Va sull'isola da sola, e dice al suo uomo: "Io ti amo, ma non ho bisogno di te". Roba da uccidere il patriarcato da 200 km di distanza!

3- Uno dei buoni è calvo ed appesantito. Calvo e sovrappeso! Di solito la calvizie è roba da cattivi o da anti-eroi, mica da personaggi positivi. E muore da eroe, sacrificandosi per gli altri. Alla faccia del body shaming, questo è extreme body positive!

4- Uno dei buoni è un eco-terrorista. Un estremista radicale di sinistra. Uno che spacca tutto per la causa ambientale. e che si diverte a danneggiare la proprietà privata!

5- C'è una bambina, ed è di colore. Ed è la figlia di un bianco, quindi sottintende una sorta di famiglia mista, una specie di legame arcobaleno![Questa cosa palesemente politically-correct la notano pure il buono calvo e il buono eco-terrorista mentre discorrono tra loro]

6- I cattivi sono una multinazionale. La multinazionale è sempre malvagia in questi film.

7- I cattivi sono tutti maschi. Tutte le femmine nel film sono buone, sagge, oneste. Questo è un classico del politicamente corretto. Peccato che i ruoli cattivi femminili siano spesso i più affascinanti, ed ometterli uccide metà delle trame interessanti. Corollario: nessuna donna muore.

8- L'unico miliardario buono è pentito dal capitalismo e si re-inventa ecologista.

9- Il capo dei cattivi è maschio bianco figlio di papà capitalista raccomandato (e vota Repubblicano).

10- Il personaggio più macho e tosto del film è gay. Sì, Roland Tembo è palesemente gay. Se Tembo non è gay io sono Superman. Lo conferma la sua scena iniziale poi omessa dal film finale in cui si palesa come eroe ed icona gay che spacca il naso al classico maschio bianco sessista. [Non puoi fare un film politicamente corretto senza un eroe gay].

11- L'amico del personaggio gay è asiatico. 

12- I dinosauri praticano amorevoli cure parentali ed hanno cuccioli pucciosi. Sono dinosauri buonisti. Buonisti!

13- Il paleontologo dei cattivi che non crede nei dinosauri buonisti muore. Merita di morire perché non credeva nei dinosauri buonisti.

14- Viene fatto credere che dozzine di specie di dinosauri male assortiti inseriti in un'isoletta possano creare un ecosistema in armonia ed equilibrio invece di collassare ecologicamente in pochi mesi. Questa cosa è ecologia politicamente corretta: in questi film non esiste competizione biotica in Natura. I danni ambientali sono sempre e solo opera dell'uomo.

Trovatemi un altro film dove abbiamo pelati positivi, gay cazzuti, donne forti, dinosauri buonisti, bambine di colore figlie di nerd bianchi, multinazionali cattive, capitalisti pentiti, e terroristi di sinistra eroici... non esiste nessun altro capolavoro della correttezza politica come questo film. 


19 marzo 2024

Sei bellissima anche struccata

 

(c) AdobeStock

In questo periodo, sto revisionando una corposa serie di articoli paleontologici che mi sono stati inviati da varie riviste scientifiche internazionali. In alcuni casi, si tratta di riviste con un "Impact Factor" elevato, quel tipo di riviste nelle quali molti desiderano pubblicare perché "fa bene" al curriculum ed alla carriera. Si tratta di riviste che applicano una forte selezione sui manoscritti che ricevono, perché il numero di sottomissioni che ricevono è maggiore dello spazio che possono dedicare alla pubblicazione (o così almeno ti dicono loro). Tutti sappiamo che, in queste riviste, non basta soltanto la qualità scientifica del manoscritto, ma conta anche (e forse, troppo) l'eventuale "impatto globale" dello studio, ovvero, la spettacolarità, la natura del tutto inattesa, l'esito controverso o la carica innovativa dello studio. Tale opera di selezione non è svolta da noi revisori, ma è operata dagli editori che poi inviano a noi revisori i manoscritti "sopravvissuti" alla cernita. Questo (discutibile) criterio di selezione delle pubblicazioni in tali riviste ha generato un acceso dibattito etico ed epistemologico, ma ha anche prodotto un cinico meccanismo di adattamento lamarckiano da parte di molti autori: se il mio articolo deve essere "fico" al fine di essere preso in considerazione, allora farò in modo che esso appaia tale. Chiariamo subito: non sto parlando di frodi scientifiche, né di falsificazioni di dati per creare qualcosa di straordinario. Quelli sono reati e non rientrano in ciò che sto discutendo in questo post. Qui parlo delle varie tecniche retoriche con cui gli autori provano a (sperano di) convincere gli editori della rivista che il loro articolo sia meritevole di essere preso in considerazione (e poi inviato ai revisori). Sto parlando di quegli espedienti linguistici con cui si vuole trasformare un articolo già di per sé scientificamente valido ma forse non sufficientemente "fico" agli occhi della rivista in una "supermodella a cui nessuno può dire no". Chiamo questo atteggiamento "make-up del manoscritto": l'aggiunta di frasi, formule retoriche ed espressioni che non hanno alcuna utilità scientifica, non servono a chiarire alcunché sulla parte scientifica del testo, e che non sono pertinenti allo studio, ma che gli autori sentono il bisogno di includere nel manoscritto affinché così esso appaia "fico" agli occhi degli editori.

Esempi di make-up sono titoli iperbolici al limite della supercazzola monicelliana, in cui si vuole presentare il proprio studio come qualcosa di assolutamente sbalorditivo, oppure gli abstract che dipingono la discussione scientifica come una irrisolvibile controversia ormai impaludata in attesa di qualcosa di innovativo, oppure le formulette retoriche con cui si gonfia l'eccezionalità del proprio studio, oppure le palesi mistificazioni ed omissioni della letteratura al fine di dipingere chi ha già lavorato su quel tema come un mezzo cialtrone incompetente, senza dimenticare l'abuso di superlativi e termini enfatici per abbellire il proprio progetto.

Ci siamo passati tutti per quella fase. Durante il dottorato, io iniziai a sentire che il modo di scrivere gli studi in cui ero coinvolto stava degenerando in quella direzione, e mi sono sentito addosso un senso di sudiciume. Per mia fortuna, riconobbi la malattia incipiente e ho cercato di uscirne sano (e, spero, di averlo fatto). In quei momenti, mi pareva che la qualità dello studio non fosse sufficiente, che fosse necessario rendere lo studio "fico" perché così si poteva sottometterlo su riviste "fiche". Ed il motivo non era la pubblicazione in sé, ma l'eventuale vantaggio in termini di "carriera", "posizione", "finanziamento". Ovvero, il fine era niente che sia intimamente legato alla vera essenza dell'essere uno scienziato. Come accennato sopra, il dibattito su questo fenomeno ha riconosciuto che la causa a monte di questi comportamenti è una spietata competizione per trovare un lavoro decente e stabile dentro l'Accademia, a tutto svantaggio dei giovani scienziati precari. Siccome il principale (ma non unico) metro di valutazione dentro il mondo scientifico è la produttività (numero e significatività delle pubblicazioni), e siccome - purtroppo - gli indici bibliometrici con cui quantifichiamo la produzione letteraria nelle scienze sono mutati geneticamente da semplice misura dell'apprezzamento delle tue opere a vera e propria moneta di scambio e fine ultimo della ricerca scientifica, ecco che il sistema accademico è diventato un mediocre surrogato triste del mondo della finanza, piena di squali assetati di citazioni e di aggiungere impact factor al proprio CV.

Io ora sono fuori dal tunnel del "publish or perish", e sono libero di pubblicare come, dove e quando mi pare (al netto, ovviamente, delle legittime esigenze di eventuali coautori, dentro o fuori tale tunnel, che rispetto quando non sono palesemente patologiche), ma so che molti giovani ricercatori e aspiranti paleontologi stanno per entrare in quel sistema perverso, e forse non sono consapevoli di cosa aspetta loro. 

Pubblicare su Nature o su una rivista scientifica non impattante affiliata ad una università italiana, non fanno più tanta differenza per me. Ciò che conta è che possa dare un contributo interessante allo sviluppo della mia amata disciplina paleontologica.

Un appello ai giovani che stanno entrando nel mondo: se i vostri studi, le vostre ricerche, i vostri progetti sono validi sul piano scientifico, saranno bellissimi anche senza il make-up necessario per finire in chissà quale blasonato giornale fissato con le iperboli. 

Un altro sistema accademico è possibile: liberarsi dalla ossessione dell'Impact Factor è il primo passo per costruire una Scienza libera dalle storture in cui si sta avvitando. Basta solo volerlo.