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18 giugno 2021

L'Isola degli Eretici


 


Cosa hanno in comune un'isola fittizia del Costa Rica ed un'isola reale dell'Indonesia? Per scoprire questo legame, saremo costretti a mettere in discussione un paio di miti scientifici. E temo che una fetta dei miei lettori non sarà contenta di ciò.

Robert Bakker è uno dei più famosi paleontologi dei vertebrati. La fama di Bakker è legata indiscutibilmente al suo ruolo nella così detta "Rinascita dei dinosauri", la serie di studi e rivalutazioni sulla biologia ed evoluzione dei dinosauri iniziata alla fine degli anni '60 e culminata con la "Dinomania" della seconda metà degli anni '80 (il termine non è una mia invenzione). Jurassic Park non è altro che la manifestazione massima della Dinomania di quel periodo, e, come ho scritto più volte in passato, il "cavallo di Troia" con cui una parte delle interpretazioni paleontologiche elaborate durante la "Rinascita" si è imposta al grande pubblico, di fatto plasmando la concezione popolare di questi animali a partire dagli anni '90.

Ad un'osservazione superficiale, "Jurassic Park", "Rinascimento dei Dinosauri" e "Robert Bakker" sono stadi di un singolo processo storico, che parte dalle opere "iconoclastiche" ed "eretiche" di Bakker, trova consacrazione nella "Rinascita" e diventa "ortodossia" globale con Jurassic Park.

In realtà, la storia della scienza dei dinosauri tra il 1965 ed il 1995 è ben più complessa ed articolata, non si riduce ad un singolo autore, né ad una singola linea di ricerca o teoria, e soprattutto non si esprime completamente nel celebre film di successo mondiale. Sarebbe molto interessante se tutta la vicenda fosse analizzata da uno storico della scienza, possibilmente del tutto slegato dalla paleontologia, del tutto estraneo alla scienza dei dinosauri, e quindi capace di studiare questa complessa storia di ricercatori, icone e teorie da una prospettiva distaccata e, soprattutto, non plagiata dalla cornice mitologica in cui ormai questo tema è stato immerso. Spero cogliate il rammarico nelle mie parole: parlare di "Rinascimento dei Dinosauri" e dei suoi autori non è facile, specialmente da parte dei paleontologi stessi, perché molti di coloro che ne parlano hanno sviluppato un qualche tipo di "attaccamento emotivo" per la vicenda. Mettere in discussione certi temi ed autori, difatti, è visto come una profanazione, una bestemmia ed un comportamento immorale.

Io ho constatato questa "aura di sacralità" nel parlare del "Rinascimento" in più occasioni. Provare ad analizzare in modo "distaccato" la genesi ed evoluzione del "Rinascimento", ed esprimere un commento che non sia unicamente agiografico verso i protagonisti di quella vicenda, sono considerati come l'analogo paleontologico della bestemmia e del tradimento della patria. Pare che certi paleontologi siano già stati eletti al rango di divinità, e osare metterli in discussione (anche solo in parte, e persino con le più valide ragioni scientifiche) comporta automaticamente la scomunica o la bolla di infame.

Eppure, ad essere onesti, la Scienza commette suicidio quando si fa dogma e atto di fede. Gli scienziati sono esseri umani fallibili e imperfetti, non eroi mitici dalla purezza e saggezza inattaccabili. Come tutti, lo scienziato può commettere errori, essere guidato da idee o modelli errati, può sbagliare e perseverare nell'errore. Constatare l'errore, analizzarne le cause e spiegarne la genesi, è quindi più sacro della devozione al mito e alla sua leggenda. So che queste parole sono banali ed ovvie, ma nell'epoca del bigotto manicheismo imperante nei social network, per cui si può solo essere "buoni" o "cattivi", senza sfumature di grigio, qualsiasi tentativo di analizzare criticamente le basi teoriche di un Eroe Positivo è automaticamente bollato come atto maligno, sbagliato e blasfemo. 

Non vi pare? E come reagireste se vi dicessi che l'idea su cui si fonda la teoria biologica dei dinosauri proposta da Robert Bakker, teoria che è anche alla base della concezione paleontologica dei dinosauri proposta e divulgata in Jurassic Park, si basa su un errore e su un pregiudizio falso?

Come? Robert Bakker si sarebbe sbagliato? Qualcuno sta già provando un senso di fastidio nel leggere le mie parole. Robert Bakker non si può toccare, non si può mettere in discussione, perché egli non è più un paleontologo, ma un Mito vivente (al quale auguriamo di vivere fin oltre cento anni, ovviamente), ed i Miti non si toccano. Qualcuno forse sta già fremendo dal commentare: "come osi criticare colui che ha salvato i dinosauri dall'infamante iconografia dell'inizio del novecento?".

Io non critico affatto la persona di Robert Bakker, a cui va tutta la mia simpatia. Io qui mi limito a notare che la sua opera più famosa, significativa e rilevante, "The Dinosaur Heresies", il testo che senza dubbio rappresenta la "Bibbia" per tutti coloro che hanno abbracciato il "Rinascimento dinosauriano" negli ultimi 35 anni, ebbene, quel libro ha tra i suoi pilasti fondanti una ipotesi falsa.

Ed ora ve lo dimostro. Nel suo celebre libro, Bakker si impegna attivamente a sostenere una tesi esplicita: che il successo dei dinosauri nel mesozoico implichi una fisiologia diversa da quella dei rettili moderni. L'argomento portato da Bakker si articola su vari fronti, ed è palesato nel titolo del quarto capitolo del libro: "Dinosaurs score where Komodo dragons fail", ovvero, che i dinosauri hanno vinto dove i grandi rettili moderni hanno perso.

La logica bakkeriana si articola in una serie di passaggi. Bakker ci porta sulla famosa isola di Komodo, dove vivono i più grandi lepidosauri viventi, i celebri varani giganti. Bakker nota che in quell'isola i lucertoloni sono i predatori apicali, la sommità della catena alimentare, ma che nonostante essi siano in grado di attraversare a nuovo il mare che separa la loro isola natia dalle ben più grandi isole vicine, in queste ultime non ci siano popolazioni stabili e numerose di questo rettile. Bakker conclude che ciò sia dovuto alla presenza nelle isole vicine dei grandi mammiferi carnivori, i quali, in virtù del loro metabolismo più attivo ed endotermico, risulterebbero vincenti sul piano competitivo. Bakker trasla poi questa conclusione alla scala dei tempi geologici e formula la sua celebre teoria per cui il successo globale dei dinosauri nel Mesozoico sia spiegabile solamente ammettendo che i dinosauri avessero un sistema metabolico analogo a quello dei mammiferi, e che esso, assieme ad una efficiente struttura locomotoria, abbia garantito ai dinosauri quella superiorità sui mammiferi che i varani odierni non sono in grado di realizzare: "Dinosaurs score where Komodo dragons fail".

L'argomentazione di Bakker pare inattaccabile: si parte dall'osservazione del successo dei dinosauri nel Mesozoico a discapito dei mammiferi, si aggiunge l'osservazione dell'insuccesso dei varani di Komodo rispetto ai mammiferi, e si conclude che questa differenza sia spiegabile a livello di metabolismo: i vincitori in ambo i casi erano endotermi, i perdenti eterotermi. Buona parte del libro di Bakker si basa su questa linea di argomentazione. Linea che però è sostanzialmente insostenibile, perché si basa più su una serie di ipotesi semplicistiche e non provate (quando non proprio errate) piuttosto che su un sistema coerente di osservazioni e modelli testabili.

Prendiamo l'argomento descritto qui sopra. Se l'ipotesi di Bakker è corretta, noi non dobbiamo aspettarci di avere degli ecosistemi in cui convivano contemporaneamente grandi rettili terrestri carnivori assieme a grandi mammiferi terrestri carnivori. Bakker fa notare che il varano gigante "Megalania" vissuto in Australia nel Pleistocene, non conviveva con grandi mammiferi predatori, e implicitamente conclude che, di fatto, l'Australia pleistocenica fosse una sorta di "isola di Komodo in scala continentale". Ma in Asia, nota Bakker, la questione era ben differente, e ciò spiegherebbe l'assenza di grandi varani predatori, ad eccezione della piccola isola indonesiana di Komodo. Scrive Bakker, a proposito della limitata distribuzione dei varani giganti:

There's an obvious explanation for these geographical limitations. The dragon succeeds only where it's free from interference from large mammal predators. Leopards, tigers, and sun bears prowl the big Indonesian islands, and there were large hyenas too until a few million years ago. The mainland of Southeast Asia has hosted big cats, wolves, and hyenas in dangerous profusion. On Komodo Island not one large mammal predator has ever existed in the wild.

L'ipotesi bakkeriana quindi si fonda su un principio di esclusione: i grandi rettili dal metabolismo da varano prosperano solo in contesti privi di grandi mammiferi predatori. La superiorità mammaliana impedisce al modello rettiliano di vincere qualora i due sistemi biologici entrino in contatto. C'è una palese vena ultradarwinista nella visione bakkeriana: la competizione energetica spiega la storia naturale dei grandi gruppi, quasi come se essi fossero blocchi ideologici contrapposti ognuno impegnato a soppiantare l'altro. 

Ma sarà vera questa visione della vita che la rende analoga ad una Guerra Fredda tra bauplan? La storia naturale dei grandi varani è davvero limitata all'isola di Komodo, e, sopratutto, è sempre vincolata alla assenza di grandi mammiferi predatori?

Hocknull et al. (2009) ricostruiscono la storia evolutiva dei varani giganti durante il Plio-Pleistocene fino ad oggi, e dimostrano che questi rettili erano ampiamente distribuiti in India, Indonesia e Australia durante buona parte del Pleistocene. Varani giganti coesistevano con grandi felini, iene e altri mammiferi predatori in tutto il Sud Est asiatico: l'attuale distribuzione non rappresenta affatto un anomalo mondo perduto in cui una manciata di rettili dimenticati da Dio ebbe modo di prosperare al riparo dai mammiferi. Komodo è solamente il relitto di un'areale in origine ben più vasto che è andato contraendosi durante il Pleistocene per motivi vari, non legati alla competizione con i mammiferi carnivori. Per alcuni milioni di anni, fin dalla loro comparsa, i grandi varani hanno convissuto, con successo, a fianco dei grandi mammiferi predatori.

Pertanto, la documentazione fossile falsifica lo scenario bakkeriano: i grandi varani coesistevano con i grandi mammiferi carnivori, per l'ovvia ragione che erano entrambi predatori di successo, ognuno con la propria nicchia ecologica e la propria strategia energetica e comportamentale. L'isola di Komodo non ci dice quindi nulla sulle dinamiche a larga scala che plasmano la storia dei vertebrati, e non può essere usata come argomento per sostenere una qualche particolarità metabolica dei dinosauri che tenga conto del loro successo globale mesozoico. Per dirla in breve, le ragioni del successo dei dinosauri non si riducono alla semplice questione del loro metabolismo, qualsiasi esso fosse.

Può sembrare sconcertante constatare che il più famoso libro del "Rinascimento dei Dinosauri" si basi su una ipotesi falsa, eppure è così. Bakker ha probabilmente lasciato correre con troppo entusiasmo la sua concezione metabolica trasformandola in una teoria generale, quasi totalitaria, per spiegare gran parte della storia dei vertebrati terrestri dal Permiano ad oggi, spesso forzando ogni osservazione alla luce del suo scenario preferito. Paradossalmente, la sua battaglia contro i "vecchi pregiudizi" sui dinosauri si basava a sua volta su una serie di pregiudizi contro i rettili moderni, dipinti a priori come "inferiori" ai mammiferi e quindi inadatti a rappresentare un qualche modello utile per comprendere il successo dei "gloriosi dinosauri". L'isola di Komodo appariva quindi come un "mondo perduto" in cui la inferiorità rettiliana poteva realizzare ciò che altrove non le era concesso, l'eccezione eterotermica che confermava la regola della superiorità endotermica. Eppure, Komodo è solamente una contingenza storica e geografica: l'ultimo rifugio di un gruppo che, per motivi propri e particolari, non riconducibili a fantomatiche leggi energetiche generali, aveva avuto in passato un grande successo ma ora è in contrazione. 

A Komodo non si manifesta una legge universale, ma solamente una storia locale. Per troppo tempo, abbiamo trasfigurato questa isola come metafora delle nostre favole evoluzionistiche preferite: come mondo perduto in cui persistono mostri antidiluviani, come laboratorio per la realizzazione di processi di gigantismo insulare, come esempio in scala della colossale guerra tra i grandi modelli energetici dei vertebrati. 

Forse è ora che riportiamo l'isola di Komodo nel mondo reale, smitizzandola.

Forse è ora che lo stesso si faccia con l'eredità bakkeriana.






2 commenti:

  1. Lepidosauro arretrato, mammifero avanzato; ergo se i dinosauri ebbero successo evolutivo ALLORA dovevano assomigliare ai mammiferi, nella morfologia ed ecologia o quantomeno nella termoregolazione. Dunque l’onda lunga della superiorità mammaliana, dalla Scala Naturae ai giorni nostri, affligge Bakker e i colleghi ‘rinascimentali’. Affermazione eretica? Francesco

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  2. "l'ultimo rifugio di un gruppo che, per motivi propri e particolari, non riconducibili a fantomatiche leggi energetiche generali, aveva avuto in passato un grande successo ma ora è in contrazione."

    For now...

    Scherzi a parte, chi davvero crede nella superiorità del modello mammaliano dovrebbe guardare a come i grandi rettili carnivori, in tutto il mondo, sopportino molto meglio le "ingerenze antropologiche" come la distruzione dell'habitat e la caccia di quanto non siano capaci i grandi mammiferi carnivori.
    Complice la strategia riproduttiva "rettiliana" coccodrilli, varani e serpenti prosperano li dove grandi felini, ursidi e canidi si estinguono.
    Giuseppe.

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