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29 maggio 2019

L'eterno ritorno della Sindrome di Clarke-Kubrick: una causa extraterrestre per l'origine dell'uomo?


Non accetteremo mai fino in fondo il fatto che siamo animali e che non veniamo dalle stelle...

L'astronomia è una disciplina meravigliosa, e sotto vari aspetti simile alla paleontologia. In ambo i casi, dobbiamo trarre informazioni indirette, giunte fino a noi (dal passato profondo o dallo spazio profondo) per tentare di interpretare e ricostruire fenomeni dei quali non possiamo avere una esperienza diretta (a causa delle enormi distanze spaziali o temporali).
In alcuni casi, le due discipline si intersecano e possono influenzarsi a vicenda. Ad esempio, fu l'anomala concentrazione di metalli del gruppo dell'iridio, rinvenuta esattamente in corrispondenza dei livelli datati al passaggio Cretacico-Paleogene, a indirizzare i paleontologi verso l'ipotesi che l'estinzione di massa della fine del Maastrichtiano fosse dovuta a qualche causa extraterrestre in grado di giustificare tale anomalia chimica.

Il fatto che, occasionalmente si possa collegare un fenomeno astronomico a momenti del passato geologico non significa che la spiegazione di qualsivoglia evento avvenuto in quel momento abbia una causa extraterrestre. Correlazione e contemporaneità non implicano causazione. E questo è particolarmente vero quando si vuole tentare di correlare eventi che si svolgono ad una scala di ore-giorni-anni con fenomeni che richiedono milioni di anni per svolgersi. Il risultato di simili associazioni logiche è infatti il trasformare un articolo scientifico serio in una pagliacciata ingenua.

Ad esempio, può accadere che rispettabilissimi astronomi e astrofisici partano col piede giusto descrivendo dei fenomeni astronomici di loro competenza, per poi finire impantanati in una ridicola argomentazione che non è il loro campo: l'evoluzione dell'uomo.
In una breve nota sul Journal of Geology, Melott e Thomas (2019) partono dall'osservazione che livelli arricchiti da isotopi del ferro, risalenti a circa 2 milioni di anni fa, indichino come causa di tali isotopi l'esplosione di una supernova. L'origine astronomica di questi isotopi particolari è ben documentata, e si collega con le enormi energie liberate dalle supernove, capaci di innescare processi di nucleosintesi altrimenti impossibili nei nuclei stellari "tradizionali".
Fin qui, l'argomento è plausibile e ben fondato. Purtroppo, poi inizia la scivolata nel grottesco (fanta)scientifico, con capitombolo finale nel ridicolo. Gli autori calcolano che l'energia ionizzante liberata da queste esplosioni di supernova possa aumentare la frequenza di fulmini in atmosfera. Siccome i fulmini sono la principale causa naturale di incendi, questo risultato implica quindi che le esplosioni di supernove possano aumentare la frequenza degli incendi sulla Terra. Ma in quale quantità? Sarebbe un aumento significativo e capace di generare effetti rilevanti sull'ambiente? Gli autori arrivano addirittura a sostenere che l'aumento nella frequenza di incendi abbia avuto un ruolo nei cambiamenti ambientali pliocenici, in particolare l'espansione delle savane a scapito delle foreste. Dato che l'evoluzione degli Hominini in Africa è tradizionalmente legato alla possibile espansione di questi primati in ambienti di savana, gli autori arrivano quindi a collegare (e sostenere come un'idea meritevole di indagine) le esplosioni di supernove all'evoluzione umana.

Non occorre un paleoantropologo per dire che questa ipotesi è ridicola.

Innanzitutto, anche ammettendo una aumentata frequenza di supernove, e una possibile intensificazione della produzione di fulmini in atmosfera, ogni singola esplosione è un evento episodico che non può comportare effetti a lungo termine. Gli autori sostengono che le fasi di ionizzazione atmosferica indotte da supernove potrebbero durare dai 10 ai 100 mila anni. Questo non è sufficiente per indurre quei fenomeni che noi osserviamo alla scala dei milioni di anni. 
Potrebbe un fenomeno di questa portata indurre l'espansione delle savane?
No, perché gli incendi non sono la causa dell'espansione delle savane, bensì sono una conseguenza dell'espansione delle savane. A partire dal Mio-Pliocene, il clima globale va incontro ad una progressiva aridificazione, dovuta alla deriva dei continenti che porta l'Antartide a isolarsi completamente dagli altri continenti, producendo effetti significativi sulla circolazione oceanica, e alla chiusura della Tetide, con conseguente innalzamento delle catene alpina e himalayana, ed alla apertura della Valle del Rift in Africa orientale, che porta condizioni più secche nella parte orientale del continente nero. Insomma, la frequenza degli incendi eventualmente registrata negli ultimi milioni di anni non deriva da cause astronomiche episodiche ma da dinamiche geo-climatiche terrestri perdurate per decine di milioni di anni.
Voler anche solo sostenere un legame tra supernove, incendi, espansione della savana e origine dell'uomo, è, quindi, una ingenua manifestazione di supponenza a scala astronomica, una piccolo peccato di superbia da parte di chi, non conoscendo i dettagli complessi della storia geologica e naturale della Terra, pensa di poter trovare soluzioni facili e semplici nello spazio.

6 commenti:

  1. volevo giusto chiedere un tuo commento...
    Emiliano

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  2. Hai detto bene tu, non c'è bisogno di ricorrere ad altre spiegazioni. Purtroppo succede spesso quando gli astrofisici (anche famosi) si lanciano in campo evoluzionistico/biologico

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Andrea, scusa la domanda off-topic, ma volevo chiederti se, in base alla tua conoscenza dei teropodi, tutti i membri della famiglia dromaeosauridae tendono a mostrare delle zampe anteriori più lunghe da giovani rispetto alla fase adulta.

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    1. Ho già detto tante volte che non rispondo a domande fuori tema.

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  5. Visto che tutti gli atomi che compongono i nostri corpi sono stati sintetizzati nei nuclei stellari, siamo figli delle stelle

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