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30 marzo 2017

Shuangbaisaurus... un Sinosaurus danneggiato?

Wang et al. (in press) descrivono un cranio di theopode dal Giurassico Inferiore dello Yunnan, ed istituiscono Shuangbaisaurus anlongbaoensis.
L'esemplare è parzialmente preservato. Manca il nasale e buona parte della superficie dorsale della regione antorbitale. Gli autori diagnosticano Shuangbaisaurus sulla base di questa combinazione di caratteri:

  1. Creste parasagittali (ovvero, appaiate e parallele lungo l'asse longitudinale del cranio) che si estendono fino all'orbita.
  2. Margine ventrale del premascellare che è sollevato dorsalmente a quello del mascellare.
  3. Premascellare più alto che lungo.
  4. Ridotta finestra sopratemporale.

Il carattere 1 parrebbe essere unico in questo esemplare, ma la sua interpretazione è ambigua, dato che la parte anteriore del tetto cranico è andata perduta. Inoltre, come mostro di seguito, l'interpretazione del cranio potrebbe essere falsata da artefatti di preservazione.
Il carattere 2 è presente anche in Dilophosaurus ed in uno degli esemplari riferiti a Sinosaurus.
Il carattere 3 è presente anche in un altro esemplare di Sinosaurus.
Il carattere 4 è attualmente non verificabile in altri theropodi asiatici del Giurassico Inferiore o in Dilophosaurus.

Inoltre, gli autori notano che il premascellare è distinto dal mascellare per la presenza di un solco verticale, un carattere presente in Sinosaurus. Siccome Sinosaurus proviene da livelli coevi dalla medesima regione cinese, è possibile che questo nuovo esemplare sia riferibile a Sinosaurus? Gli autori lo escludono, affermando che la regione ventrale della finestra infratemporale del nuovo esemplare è inclinata posteroventralmente, mentre in Sinosaurus questa è orizzontale. Ho il forte sospetto che questa differenza sia solamente un artefatto della preservazione di questo cranio. Ecco il perché:

Vista laterale del cranio di Shuangbaisaurus. Le linee verdi indicano la direzione delle superfici ventrali del cranio rispetto all'asse del lacrimale. Notare l'assenza del tetto della zona anteriore al lacrimale.

Infatti, se notate, la regione posteriore del cranio è chiaramente spezzata e inclinata rispetto a quella anteriore (linee verdi sovrapposte al cranio). La mancanza del tetto della regione antorbitale fa sospettare infatti che il muso sia spezzato e ruotato rispetto al resto del cranio, creando una falsa inclinazione posteroventrale della regione posteriore rispetto al rostro.

Se ruotiamo la parte posteriore del cranio, in modo che la frattura sia “chiusa”, otteniamo un cranio con il margine ventrale della finestra infratemporale orizzontale come in Sinosaurus.

Voilat... un cranio "normale" di theropode di grado dilofosauride.
Inoltre, una volta ruotato e ri-allineato alla regione posteriore del cranio, la fantomatica coppia di creste sopraorbitali (l'unico carattere valido nella diagnosi di questo theropode) si posiziona a livello della barra lacrimale, ovvero come nella maggioranza degli altri theropodi basali crestati, dove abbiamo delle creste lacrimali invece che sopraorbitali.

In conclusione, se teniamo in conto la possibile deformazione del cranio, ho il grosso sospetto che la combinazione di caratteri in questo esemplare non lo differenzi affatto da altri crani riferiti a Sinosaurus. Pertanto, ritengo Shuangbaisaurus un probabile sinonimo di Sinosaurus (o qualunque sia il nome valido per “Dilophosaurus” sinensis).

Bibliografia:
Wang Guo-Fu, You Hai-Lu, Pan Shi-Gang & Wang Tao (2017) A new crested theropod dinosaur from the Early Jurassic of Yunnan Province, China. Vertebrata PalAsiatica (advance online publication)

Una origina Laurasiatica per i dinosauri?

La recente pubblicazione di Baron et al. (2017) ha acceso un ampio dibattito per le sue implicazioni filogenetiche e tassonomiche.
Eppure, si è discusso meno di un'altra conclusione di quello studio.
Gli autori chiudono il loro articolo con una affermazione paleo-biogeografica:

"Dinosauria is recovered in a polytomy with Silesauridae and the
enigmatic Late Triassic British taxon Saltopus elginensis. This, along
with the placement of another enigmatic British taxon, Agnosphitys
cromhallensis, as a basal member of Silesauridae also provides some
evidence for a Laurasian origin for Dinosauria and Silesauridae (silesaurids
are represented by European and North American taxa).
This challenges over two decades of thinking on dinosaur origins and evolution, which placed these events firmly within Gondwana, and
suggests that more attention should be focused on the discovery of
new Middle–Late Triassic dinosauromorph-yielding localities in the
Laurasian landmass". (Baron et al. 2017)

In breve, gli autori sostengono che la nuova filogenesi che hanno ottenuto porterebbe sostegno all'ipotesi che i dinosauri e i silesauridi siano originati nell'Emisfero Settentrionale, e non in Gondwana come spesso sostenuto sulla base dell'attuale record fossile.
Ho letto quella frase, ho guardato il loro cladogramma, ed ho pensato: “Ma non è vero! Il loro cladogramma dice esattamente il contrario!”.
Questo è un classico esempio di come nelle scienze sia sempre necessario testare quantitativamente una ipotesi, perché quello che a prima vista può apparire ovvio ad uno studioso, può non esserlo per altri, e, sopratutto, può non avere una base statistica solida.
Ho quindi deciso di testare l'ipotesi paleogeografica di Baron et al. (2017) usando proprio il loro cladogramma, e usando la più semplice delle procedure: mappare la posizione geografica dei taxa inclusi nella filogenesi alla scala dei continenti, ed usare quel framework per una analisi in RASP, un programma che testa questo genere di ipotesi biogeografiche. Se l'ipotesi di Baron et al. (2017) è corretta, l'analisi dovrà indicare nei nodi Dinosauria e Silesauridae una elevata probabilità per qualche continente settentrionale, ed una bassa per quelli meridionali.

Ho svolto l'analisi, usando come procedura il metodo Bayesiano MCMC, che stima le condizioni ai nodi in base alla distribuzione terminale, e che tiene conto delle incertezze nelle politomie.
Questo è il risultato.

Il colore ai nodi indica la più probabile localizzazione geografica (vedere legenda in alto a sinistra). Lettere incluse per chi ha problemi di visione cromatica.



Il nodo Dinosauria è stimato essere Sud Americano in origine. Lo stesso risulta per Silesauridae. Lo stesso risulta per Ornithoscelida, Sauropodomorpha (incluso Herrerasauridae), Theropoda e Ornithischia. Tutti sono stimati originare in Sud America. Sia chiaro, io sono il primo a sostenere che l'attuale record fossile è insufficiente per fare queste ipotesi, e che data la relativa uniformità geografica tardo-Triassica, non dovremmo stupirci se non identifichiamo regionalismi marcati... ma in ogni caso, l'attuale record e la medesima topologia di Baron et al. (2017) conferma l'ipotesi gondwaniana e smentisce una origine laurasiatica per i dinosauri.

Trovo alquanto inusuale che una semplice analisi matematica della topologia di Baron et al. (2017), che ho svolto questa mattina mentre facevo colazione, falsifichi senza alcuna pietà l'affermazione paleogeografica proposta in quello stesso studio... perché questo non è risultato in fase di revisione dell'articolo?

Bibliografia:
Baron M.G., Norman D.B. and Barrett P.M. 2017. A new hypothesis of dinosaur relationships and early dinosaur evolution. Nature. 543, 5601-506.

28 marzo 2017

Chenan il Barbaro

Ogni aggiunta, per quanto frammentaria, al record fossile dei dinosauri africani è sempre benvenuta. E se poi si tratta di un theropode dalla fine del Cretacico africano, è due volte benvenuta.
Longrich et al. (2017) descrivono un dentale frammentario (e riferiscono due denti al medesimo taxon) dai fosfati del Marocco. I fosfati marocchini hanno un'età compresa tra il Maastrichtiano e l'Eocene, e gli autori collocano gli esemplari alla fine del Maastrichtiano: se confermati, sarebbero tra i resti di dinosauri (non-aviani) africani più recenti al mondo. Il dentale è relativamente grande e robusto (una ventina di centimetri di lunghezza e una dozzina di spessore dorsoventrale), e viene riferito ad un nuovo taxon di theropode, Chenanisaurus barbaricus. Ammetto che per qualche secondo, vedendo le foto del fossile, ho sospettato che fosse un qualche strano coccodrillo notosuco... ma probabilmente è più plausibile che sia un theropode.
Il dentale porta ancora alcuni denti in fase di eruzione. La superficie laterale del dentale è ornamentata ventralmente da rugosità, ed i forami vascolari dorsali sono estesi verso la regione alveolare da solchi verticali. Le lamine paradentali sono fuse e hanno la superficie mediale rugosa. La regione dorsale della sinfisi forma un netto angolo retto. I denti alloggiano in alveoli quadrangolari, non mostrano curvatura distale e sono denticolari su ambo le carene. Longrich et al. (2017) riferiscono Chenanisaurus ad un abelisauride basale, esterno ad Abelisaurinae e Carnotaurinae. Immesso in Megamatrice, Chenanisaurus si colloca in Abelisauridae, più derivato di Rugops ed esterno al clade “derivato” degli abelisauridi. Quindi, le due analisi confermano uno status di abelisauride basale per Chenanisaurus. Le dimensioni del dentale sono comparabili a quelle di Carnotaurus ed Ekrixinatosaurus, quindi indicano un animale di almeno 7-8 metri di lunghezza. Questa ipotesi è intrigante, perché confermerebbe la persistenza di linee di abelisauridi relativamente basali in Africa (già rappresentati da Kryptops e Rugops) per tutto il Cretacico Superiore.

Bibliografia:
Longrich, N.R., Pereda-Suberbiola, X., Jalil, N.-E., Khaldoune, F., Jourani, E., An abelisaurid from the latest Cretaceous (late Maastrichtian) of Morocco, North Africa, Cretaceous Research (2017), doi: 10.1016/j.cretres.2017.03.021.

Guardate in alto

Se non lo avete notato, il blog ha cambiato (lievemente) l'immagine in alto che incornicia la home page. La definizione di Theropoda ora è più solida, alla luce delle possibili rivoluzioni ornithoscelidane. Mantenendo la dicitura "the most inclusive blog containing Allosaurus fragilis but not Saltasaurus loricatus", sarei stato "costretto" ad occuparmi anche di (aaaghhhh!!) ornithischi. Con la dicitura aggiornata, restiamo sempre orgogliosamente snob. Siccome l'uso di Saltasaurus come riferimento esterno a Theropoda non mi ha mai aggradato, ora opto per due classici: Iguanodon e Diplodocus.
Ovviamente, Allosaurus è e sarà sempre il solo riferimento valido per ancorare il clade Theropoda.

PS: anche l'immagine è leggermente cambiata.

27 marzo 2017

La Tassonomia dei Dinosauria: e se tornassimo alle origini?

Struttura generale di Dinosauria così come intesa da Marsh (1882). (Sauropodomorpha e Ornithischia non furono coniati da Marsh, ma sono inclusi nello schema in quanto potenziali sister-taxa di Theropoda. Ornithoscelida non era menzionato nella tassonomia, ma solo in riferimento a Huxley, come sinonimo di Dinosauria). Notate qualcosa di familiare?








L'ipotesi che Saurischia sia effettivamente parafiletico, ovvero che i theropodi siano più prossimi agli ornithischi che ai sauropodomorfi (Baron et al. 2017), solleva la questione se la tassonomia dei dinosauri che abbiamo seguito negli ultimi 35 anni sia veramente solida. Sia chiaro, nessuno ormai mette in dubbio la validità dei gruppi principali, ma le loro relazioni reciproche paiono essere meno solide di quello che si pensava fino a pochi anni fa. Questo non dovrebbe essere visto come un dramma, bensì come un chiarimento rispetto a modelli che, forse, avevamo analizzato senza la dovuta profondità.

Riflettendo sulla proposta di Baron et al. (2017) di battezzare il nodo “neotheropodi-ornithischi” con il nome di Ornithoscelida, ovvero usando un termine coniato a fine '800 da Huxley, mi sono domandato se non dovremmo definire i gruppi di Dinosauria in modo che siano stabili indipendentemente dalle rivoluzioni delle loro relazioni. Ad esempio, come furono inizialmente definiti i gruppi di Dinosauria? Forse dovremmo seguire lo schema originale e non dare troppo peso alle continue aggiustatine e revisioni delle relazioni come criteri per fissare i nomi di ogni singolo ramo. La prima classificazione dei dinosauri che abbia avuto una pretesa sistematica rigorosa risale a Marsh (1882), nella quale egli fa esplicito riferimento ai nomi Dinosauria di Owen e Ornithoscelida di Huxley. In quella revisione, Marsh (1882) classificò i Dinosauria in 5 “sottordini” (concetto linneano che possiamo tranquillamente dimenticare, chiamiamoli “cladi” senza porre inutili domande sui loro ranghi):

  • Sauropoda, comprendente alcuni generi, tra cui (quelli ancora validi oggi) sono Apatosaurus, Diplodocus, Camarasaurus, Cetiosaurus e Pelorosaurus. Questo gruppo equivale approssimativamente a ciò che oggi chiamiamo Neosauropoda.
  • Stegosauria, comprendente Stegosaurus, Polacanthus, Hylaeosaurus e Scelidosaurus. Esso equivale più o meno a ciò che oggi chiamiamo Thyreophora.
  • Ornithopoda, comprendente Hypsilophodon, Iguanodon e Hadrosaurus. Esso corrisponde bene a ciò che oggi chiamiamo Ornithopoda.
  • Theropoda, comprendente, tra gli altri, Megalosaurus, Allosaurus, Dryptosaurus, Coelurus, Compsognathus. Esso equivale a ciò che chiamiamo oggi Tetanurae, ma si può senza drammi estendere a Theropoda (nessun theropode non-tetanuro era noto allora).
  • Il quindo “sottordine”, Hallopoda, oggi non è più considerato parte di Dinosauria.

Quindi, Marsh (1882) riconosce quattro gruppi principali di Dinosauria:
Sauropoda, Theropoda, Stegosauria e Ornithopoda. Siccome Marsh (1882) considera Sauropoda quello più “primitivo” (basale), il suo schema classificativo è coerente con l'ipotesi di Ornithoscelida di Baron et al. (2017).

Alla luce di questa consonanza tra la più recente revisione dei dinosauri con la prima revisione del medesimo clade, potremmo effettivamente definire i cladi di Dinosauria “tornando alle origini” fissate da Marsh, dimenticando Saurischia, e ponendo quindi le seguenti relazioni:

Dinosauria: Sauropodomorpha + Ornithoscelida.
Sauropodomorpha: tutti i dinosauri più affini ad Apatosaurus rispetto a Allosaurus, Stegosaurus e Iguanodon.
Ornithoscelida: Theropoda + Stegosauria + Ornithopoda.
Theropoda: tutti i dinosauri più affini ad Allosaurus rispetto a Stegosaurus, Iguanodon e Apatosaurus.
Ornithischia: tutti i dinosauri più vicini a Stegosaurus e Iguanodon che a Apatosaurus e Allosaurus.
Stegosauria: tutti i dinosauri più vicini a Stegosaurus che a Iguanodon.
Ornithopoda: tutti i dinosauri più vicini a Iguanodon che a Stegosaurus.

Lo schema di Marsh (1882) è relativamente semplice, se lo confrontiamo con molte filogenesi recenti, e non pretende una eccessiva proliferazione di nomi. Esso inoltre è pienamente coerente con l'eventualità che theropodi e ornithischi formino un clade che esclude i sauropodomorfi.

Forse, dobbiamo veramente ritornare alle origini. Siamo disposti a riprendere gli schemi originari della tassonomia dinosauriana, e a liberarci dalle eccessive proliferazioni di schemi e nomi coniati negli ultimi decenni? Ovviamente, senza sacrificare la natura monofiletica dei cladi che definiamo: non chiedo, ovviamente, di riesumare gruppi non-monofiletici (altrimenti avrei subito rimesso in piedi Saurischia).


PS: in modo indipendente l'uno dall'altro, sia io che Tom Holtz (e altri) riteniamo che, alla luce della “rivoluzione ornithoscelidana” in atto, sia doveroso ridefinire i cladi principali di Dinosauria in modo che siano “resistenti” a queste revisioni filogenetiche. Una proposta che abbiamo sviluppato potrebbe essere di ancorare Dinosauria a tre taxa (ad esempio, Iguanodon, Megalosaurus e Diplodocus) e di definire i taxa Saurischia, Ornithoscelida e Phytodinosauria come reciprocamente escludentesi. Ovvero, le definizioni dei tra taxa devono fare in modo che se uno dei tre è valido, gli altri due sono automaticamente non-validi. Ad esempio, Ornithoscelida si potrebbe definire come: “Iguanodon + Megalosaurus ma senza Diplodocus”, e Saurischia: “Megalosaurus + Diplodocus ma senza Iguanodon”, e Phytodinosauria come: "Iguanodon + Diplodocus ma senza Megalosaurus". In questo modo, se la topologia tradizionale fosse confermata, automaticamente risulterà che Saurischia è il nome corretto, mentre Ornithoscelida oppure Phytodinosauria non sarebbero validi, e viceversa con le altre due possibili opzioni.
Vedremo gli sviluppi di queste proposte...

Bibliografia:
Baron M.G., Norman D.B. and Barrett P.M. 2017. A new hypothesis of dinosaur relationships and early dinosaur evolution. Nature. 543, 5601-506.
Marsh, O.C. 1882. Classification of the Dinosauria. The American Journal of Science and Arts, Series 3, 23:81-86.

25 marzo 2017

Ornithoscelida 2.0 [Saurischian Paraphyly and the Origin of Bird(-hipped)s]

Alcuni lettori avranno colto il riferimento nel titolo.
La storia della filogenetica moderna dei dinosauri si può far risalire al 1986, quando Jacques Gauthier pubblicò una delle prime analisi delle relazioni filogenetiche tra i dinosauri basata sui principi della sistematica filogenetica. Le prime ipotesi filogenetiche su Dinosauria e sui suoi sottocladi risalgono alla fine dell'ottocento, ma è solo negli anni '80 del XX secolo che abbiamo l'applicazione delle procedure di filogenetica per mezzo di matrici numeriche analizzate usando algoritmi di massima parsimonia e aventi il metodo del gruppo esterno per determinare la polarità dei caratteri. Ed anche se rispetto alla potenza di calcolo e la mole di dati e taxa attuali, la matrice di Gauthier (1986) può fare tenerezza, essa ha rappresentato per 30 anni il fondamento della filogenetica sui theropodi così come la concepiamo oggi.
In quello studio, intitolato “Saurischian monophyly and the origin of birds”, Gauthier (1986) coniò i cladi Tetanurae, Maniraptora e Avialae, stabilì quella che da allora è la “teoria standard” di Theropoda (ovvero, la serie di gradi che portano agli uccelli: theropodi non-tetanuri, tetanuti non-coelurosauri, coelurosauri non-maniraptori, maniraptori non-aviali, uccelli). Ma, sopratutto, dimostrò che Saurischia era un gruppo monofiletico.
Perché occorrerebbe dimostrare che Saurischia è monofiletico?
Saurischia ed Ornithischia sono stati definiti nel tardo ottocento, quando la tassonomia dei dinosauri (ed in generale, dei rettili fossili) era ancora in embrione, ma che per oltre 130 anni hanno definito la nostra idea del dinosauro. Dalla fine del XIX secolo, in termini tassonomici, un dinosauro può solo essere saurischio oppure ornithischio: tutti i libri, dalla dispensa divulgativa per ragazzi fino alla Seconda Edizione de “The Dinosauria”, si basano, nella impalcatura tassonomica fondamentale, su questa dicotomia. Si può quasi dire che esso sia “il dogma” della sistematica dinosauriana. Notare che questa dicotomia è stata valida, per tutto il XX secolo, indipendentemente dalla natura monofiletica di Dinosauria (ovvero, dal fatto che saurischi e ornithischi fossero uniti in un clade).
Eppure, con l'avvento della sistematica filogenetica come criterio tassonomico in paleontologia, intorno alla fine degli anni '70, in molti si chiesero se i saurischi fossero effettivamente un gruppo monofiletico. Per gli ornithischi, non avevamo praticamente dubbi: il predentale, e la condizione opistopubica con processo prepubico sono (assieme a molti altri caratteri) troppo unici per essere frutto di evoluzioni multiple. Nessuno ha mai messo in dubbio gli ornithischi in quanto clade. Ma i saurischi? Cosa definisce questo gruppo?
A differenza di Ornithischia, che ha un robusto assetto di caratteri diagnostici, non era chiaro se i saurischi fossero effettivamente accomunati da qualche carattere “esclusivo dei saurischi” oppure fossero solamente un grado (ovvero: il cestino in cui infilare senza distinzione “tutti i dinosauri che non sono ornithischi”).
La questione non è triviale. Qualora i saurischi risultino non-monofiletici, possono discendere due esiti alternativi:

  • Dinosauria è polifiletico: ornithischi e le varie linee di “saurischi” si originano nel Triassico da diversi gruppi di archosauri. Questa ipotesi, che è stato ritenuta plausibile per un secolo (da fine '800 agli anni '70 del XX secolo), fu definitivamente confutata prima ancora dell'applicazione della sistematica filogenetica, quando fu confermata la natura monofiletica di Dinosauria. Quindi:
  • Dinosauria è monofiletico. In questo caso, se i saurischi non sono monofiletici, significa che alcuni saurischi sono più vicini agli ornithischi che agli altri saurischi. Ovvero, gli ornithischi discenderebbero da animali saurischi. Saurischia quindi sarebbe un grado, un assemblaggio arbitrario fondato sulla condizione primitiva dei dinosauri.
Gauthier (1986) dimostrò che Saurischia era monofiletico, basato su caratteri assenti sia negli ornithischi che negli altri archosauri. Ad esempio, i saurischi hanno le vertebre pneumatizzate, articolazioni accessorie nelle vertebre dorsali. E questa impostazione, erede diretta della originaria divisione dei dinosauri in due gruppi, operata a fine '800, è persistita inossidabile e senza sostanziali revisioni. Fino a tre giorni fa.
Come praticamente ogni appassionato di dinosauri connesso online ormai saprà, Baron et al. (2017) hanno pubblicato una analisi filogenetica dei dinosauromorfi (comprendente i lagerpetidi, Marasuchus, i silesauridi, una discreta compagine di ornithischi basali, gli herrerasauri, una discreta compagine di sauropodomorfi basali e una buona serie di theropodi non-averostri) e ottengono una topologia nuova (almeno a livello di pubblicazioni, vedi sotto): i neotheropodi risultano più affini agli ornithischi rispetto agli herrerasauri ed ai sauropodomorfi. Questa topologia, di fatto, rende Saurischia – così come lo abbiamo sempre concepito (a parte rare eccezioni) – un grado parafiletico, e non più un clade.
Scritto così, lo ammetto, appare meno drammatico di come è stato presentato online.
Siccome in molti si sono già cimentati nel parlare di questo studio e delle sua implicazioni, io non ripeterò quanto già scritto.

Dato che quando si parla di tassonomia dei dinosauri tutti si credono esperti, ma quando poi si tratta di discutere la filogenetica a monte di tale tassonomia molti risultano del tutto ignoranti, passo subito al vero nodo della questione, che spesso viene dimenticato nei discorsi su studi come questo.

Per discutere il risultato di Baron et al. (2017) occorre essere filogenetisti dei dinosauri. Filogenetisti, non meri conoscitori della nomenclatura. Occorre sapere come funziona una analisi filogenetica. Conoscere la teoria filogenetica, non solo il modo come accendere un programma filogenetico nel PC. Occorre conoscere l'anatomia dei dinosauri discussi. L'opzione ridicola “alla Dave Peters” di liquidare i caratteri che non si comprende come “minutiae” evitando di testarli, lasciamola ai gestori di blog pseudo-scientifici. Occorre sapere replicare il risultato della analisi di Baron et al. (2017). Occorre sapere svolgere test di controllo sulla filogenesi di Baron et al. (2017).
In breve, occorre quel genere di revisione critica che si deve richiedere per qualsiasi ipotesi filogenetica. Ovviamente, nel caso di una filogenesi che rivoluziona 130 anni di fondamenta di Dinosauria, il carico di aspettative (ed anche di emotività) è molto superiore rispetto ad un articolo che sposta Deltadromeus dagli abelisauroidi ai coelurosauri. Eppure, la sostanza è la medesima.
Per ora, l'ipotesi di Baron et al. (2017) ha portato una significativa novità. Ma la questione non è ancora conclusa, e non si può liquidare né con facili adesioni “nuoviste” né rimuovere con grossolane chiusure conservatrici. E non lo dico per speranza di “restaurazioni saurischie”, ma per esperienza sull'iter di una ipotesi filogenetica.

Sul piano “antropologico”, la base di Dinosauria è simile alla base di Paraves, nel senso che attira molti ricercatori, interessati a contribuire alla sua risoluzione. Più punti di vista generano più modelli, analisi, controversie e controlli. Inutile ed ingenuo è illudersi che la questione sarà risolta in breve ed in modo unanime. Tanto più ci avviciniamo all'origine di un clade di successo, tanto più i confini tra i suoi membri, le loro reciproche differenze, diventano nebulose e blande. Ciò è una inevitabile conseguenza della teoria darwiniana. Credo che nel breve periodo avremo numerosi studi volti a discutere, analizzare e testare la topologia di Baron et al. (2017). Il dibattito sarà ampio e complesso. Evitate di vedere questo dibattito in modo ingenuo, come una contrapposizione tra conservatori e progressisti, pro o contro la monofilia di Saurischia.

Già ora si può comunque commentare che:

  • Ornithischi basali e neotheropodi basali sono accomunati da numerosi caratteri assenti in sauropodomorfi e herrerasauri. Questo era già noto da tempo. Persino in test preliminari di Megamatrice mi capita di avere un nodo “neotheropodi + ornithischi”. Pertanto, io non sono particolarmente sorpreso dal risultato.
  • Il campionamento tassonomico è molto importante, e può alterare in modo imprevedibile il risultato di un'analisi. Anche Mickey Mortimer ha notato che l'analisi di Baron et al. (2017) non include taxa chiave, come il nuovo sauropodomorfo basale Buriolestes (che mostra un mix di caratteri theropodi e sauropodomorfi), i theropodi averostri (sono solo inclusi i taxa di grado coelophysoide), Scutellosaurus (uno degli ornithischi basali meglio noti, ma poco theropodo-morfo rispetto agli heterodontosauridi) e potenziali “theropodi-ornitischi” come Daemonosaurus e Chilesaurus. Ritengo quindi fondamenale, nelle future indagini di questa ipotesi, includere queste forme.

Ho svolto una serie di test preliminari con Megamatrice, simulando il campionamento tassonomico dell'analisi di Baron et al. (2017) nelle parti sovrapponibili alla mia matrice. I risultati confermano il punto qui sopra: il campionamento tassonomico è un fattore chiave.

Senza una adeguata analisi che campioni tutti gli attori in gioco, penso sia prematuro definire o revisionare i taxa fondamentali di Dinosauria. Baron et al. (2017) hanno fatto un ottimo lavoro scardinando un certo rigido dogmatismo nelle relazioni basali dei dinosauri. Ma la questione non è ancora risolta...

Una nota tassonomica.
Come altri hanno notato, la parte più discutibile di Baron et al. (2017) è proprio la revisione tassonomica che essi propongono a seguito del loro studio. Sebbene la tassonomia sia sempre secondaria rispetto alla sistematica, e quindi non valga la pena arrovellarsi troppo, ci sono un paio di emendamenti proposti da Baron et al. (2017) che semplicemente non sono accettabili, in quanto portatori di più danni che soluzioni.
Saurischia è sempre stato concepito come il clade di theropodi e sauropodomorfi. Se ora risulta parafiletico, allora si può solo accettarne la dissoluzione. Fine della questione. Ri-definire Saurischia, facendolo diventare un sinonimo di Sauropodomorpha (questo, nei fatti, è ciò che propongono Baron et al. ) è inutile, dannoso e inconsistente. I nomi dei cladi sono utili fintanto che servono: se Saurischia viene meno, si abbandona, conservandolo come nome dell'ipotesi standard per oltre un secolo. Punto. Ma non si contrae il suo senso originario solo per salvarne un feticcio mutilato.

La mia proposta è di emendare Saurischia in modo che sia auto-distruttivo rispetto ad Ornithoscelida (il nome, coniato da Huxley a fine '800, ed ora usato da Baron et al. per il nodo “ornithischi-neotheropodi”). In questo modo, se uno è valido, l'altro risulta invalidato (e viceversa).
Ad esempio:

Saurischia: “Il clade più inclusivo comprendente Megalosaurus bucklandii e Cetiosaurus oxoniensis ma che esclude Iguanodon bernissartensis”.
Ornithoscelida: “Il clade più inclusivo comprendente Megalosaurus bucklandii e Iguanodon bernissartensis ma che esclude Cetiosaurus oxoniensis”.

Se uno risulta valido, automaticamente l'altro risulta non-valido. Mi pare la sola soluzione saggia.

Infine, si smetta di usare gli uccelli moderni per ancorare Theropoda: in accordo con l'originario concetto di “Theropoda” istituito da Marsh, Allosaurus fragilis è l'unico ancoraggio valido per Theropoda.
Sei un theropode quando sei più vicino ad Allosaurus rispetto a sauropodi e ornithischi, non perché si è fissato il nome a Passer domesticus (e sia chiaro, Passer è un theropode, ma per motivi filogenetici, non perché arbitrariamente definito il portatore del nome del clade).


Bibliografia:
Baron M.G., Norman D.B. and Barrett P.M. 2017. A new hypothesis of dinosaur relationships and early dinosaur evolution. Nature. 543, 5601-506.
Gauthier, J. A., 1986. Saurischian monophyly and the origin of birds. In Padian, K. (ed.) The Origin of Birds and the Evolution of Flight. Towne and Bacon, San Francisco, CA, United States, 1-55.

22 marzo 2017

Il Misterioso Mistero dei Misteriosi Dinosauri di Ica [aggiornamento]

Una delle pietre scolpite rinvenute e Ica.

Nell'era dei complotti e delle mistificazioni, degli anti-vaccinisti e delle scie chimiche, niente è più divertente dell'essere un ricercatore scientifico che passa una serata con alcuni colleghi a visionare un “documentario” di pseudo-scienza.
Allacciate le cinture, preparate il pop corn: si parte a caccia dei misteriosi dinosauri di Ica.
In realtà, la storia delle “pietre di Ica” è stata ampiamente smascherata da chi si occupa di analisi razionale e giornalismo critico, quindi vi rimando ad altri siti per conoscere tutta la storia di queste palesi truffe.

Per apprezzare il resto del post, occorre che conosciate almeno superficialmente la storia delle pietre di Ica. In breve, si tratta di pietre (per la precisione, rocce composte in buona parte da andesite) scoperte in una località peruviana (Ica) alcuni decenni fa. Le rocce presentano incisioni artistiche raffiguranti esseri umani, strumenti, animali, tra cui alcuni palesemente ispirati alle ricostruzioni dei dinosauri mesozoici. In quelle più spesso mostrate online, appare un animale vagamente simile ad un Triceratops, uno vagamente stegosauride e vari lucertoloni bipedi molto grossolanamente simili a dei theropodi non-aviani.

I patiti dei complotti e dei misteri ritengono che queste pietre dimostrino la coesistenza di esseri umani e dinosauri mesozoici, il che può indicare (alternativamente) la presenza umana nel Mesozoico oppure la sopravvivenza fino a pochi millenni fa di faune mesozoiche in Sud America.

Le persone razionali e con un minimo di basi scientifiche ridono per questa palese e grossolana bufala. Tutto nella storia delle pietre di Ica trasuda l'odore della bufala. Ovviamente, chi “vuole credere al mistero di Ica” sarà del tutto ostile a qualsiasi spiegazione razionale.

Ad esempio, i più grossolani fan delle pietre sostengono che le datazioni al carbonio14 sulle pietre dimostrino che esse hanno 12 mila anni.
Peccato che l'andesite (la roccia su cui sono presenti le incisioni) non possa essere datata col metodo del carbonio14, il quale richiede, indovinate un po'... della materia organica e non certo un pezzo di roccia.

Ed anche se le rocce fossero datate con altri metodi, ciò ci direbbe l'età del pezzo di andesite, non l'età in cui furono incise. Anche la roccia che forma il David di Michelangelo ha milioni di anni... ma non per questo dovremmo sostenere che la statua fu scolpita milioni di anni fa.

Ma tutto questo è già stato ampiamente spiegato in altre sedi. Io qui mi voglio soffermare sulle immagini dei... chiamiamoli “dinosauri”.

Ogni volta che qualche teorico dei misteri tira in ballo “prove” della coesistenza di uomini e dinosauri, resto colpito dalla grossolanità delle immagini presenti in questi manufatti.
C'è sempre un Triceratops cicciotto con proporzioni simili ad un giocattolo. C'é sempre uno Stegosaurus cicciotto che ricorda un pupazzo più che un animale. Che strano, non trovate? Stegosaurus è conosciuto a livello fossile solamente nel Giurassico Superiore del Nord America. Nessuno stegosauride è più recente del Cretacico Inferiore. Ma poi, come per magia, ecco apparire stegosauri giurassici nordamericani in rocce scolpite in Sud America e Indocina. Possibile che questo animale abbia popolato tutto il mondo per 150 milioni di anni, ma poi si trovino le sue tracce solo in qualche roccia scolpita. Lo stesso discorso vale per Triceratops.

Curioso, proprio i dinosauri più famosi a livello popolare, più illustrati nei fumetti, più frequentemente raffigurati e trasformati in giocattoli nel XX secolo, sono anche i soggetti preferiti in queste antichissime civiltà perdute.




Ma che curiosa coincidenza...

Oggi conosciamo dozzine di altri ceratopsidi fossili, ma stranamente nessuno è vissuto assieme agli antichi autori delle sculture. Solo Triceratops...

Lo stesso discorso vale per le altre raffigurazioni di dinosauri che i fautori delle ipotesi “alternative” ritengono siano incisi nelle rocce di Ica. Che curiosa somiglianza iconografica lega i dinosauri di Ica con le immagini dei dinosauri presenti nei fumetti popolari. I dinosauri di Ica sono più simili alla paleoarte degli anni '60 piuttosto che alla reale anatomia che abbiamo ricostruito negli ultimi 40 anni. Ma che cosa curiosa... viene quasi il sospetto che ad ispirare gli autori delle incisioni di Ica non fu la visione diretta di dinosauri vivi e vegeti, quanto piuttosto la copiatura ingenua e grossolana di qualche dozzinale fumetto di fantascienza di 50 anni fa.

Ovviamente, mi sbaglio: è molto più plausible che qualche Stegosaurus sia sopravvissuto dalla fine del Giurassico fino alla fine del Cretacico, che poi abbia fatto amicizia con qualche Triceratops, che insieme essi siano emigrati in Perù, che poi si siano nascosti per 66 milioni di anni, e che nel frattempo abbiamo assunto le fattezze grossolane della peggiore paleoarte degli anni '60, poi siano usciti dal loro nascondiglio giusto il tempo per farsi immortalare da una misteriosa civiltà precolombiana della quale poi non abbiamo più rinvenuto altro se non qualche roccia scolpita, per poi estinguersi (civiltà di Ica e dinosauri) definitivamente.
Sì, ora tutto quadra...

Postilla:



Un lettore del blog, Matteo Melita, mi segnala (sulla pagina Facebook del blog) la notevole somiglianza tra uno dei “dinosauri di Ica” e la ricostruzione di Iguanodon realizzata da John Sibbick negli anni '80 (chi avesse una data più precisa è invitato a segnalarla). I due animali sono illustrati con la medesima prospettiva e postura. Inoltre, dettaglio curioso (freccie gialle), a differenza degli altri “dinosauri” scolpiti, questo non trascina la coda a terra e mostra una curiosa linea che divide la coda in due zone (una dorsale e una ventrale), esattamente come l'Iguanodon raffigurato da Sibbick. Ora, siccome ritengo improbabile che John Sibbick sia un fautore delle tesi pseudo-scientifiche sui “dinosauri” di Ica (o che abbia viaggiato nel tempo per copiare le pietre di Ica... che se uno vuole disegnare un dinosauro disponendo di una macchina del tempo non va certo nel basso olocene peruviano), questa immagine dimostra che questa roccia fu scolpita dopo il 1980, ispirandosi in parte alla paleoarte di John Sibbick.

16 marzo 2017

Il Vaccino contro lo Smartphone


Che differenza c'è tra un vaccino ed uno smartphone?

Il primo è un prodotto della ricerca scientifica.
Il secondo è un prodotto della ricerca scientifica.
Il primo richiede enormi investimenti per essere prodotto.
Il secondo richiede enormi investimenti per essere prodotto.
Il primo è brevettato e collaudato dopo un lungo processo di sperimentazione.
Il secondo è brevettato e collaudato dopo un lungo processo di sperimentazione.
Il primo è prodotto da aziende che fatturano miliardi di dollari.
Il primo è prodotto da aziende che fatturano miliardi di dollari.
Il primo è distribuito a livello mondiale.
Il secondo è distribuito a livello mondiale.

Quindi, aldilà delle differenze su come siano realizzati e per quale funzione siano prodotti, un vaccino ed uno smartphone sono categoricamente indistinguibili: entrambi sono prodotti iper-tecnologici frutto di ricerche scientifiche avanzatissime, ricerche e produzioni che solamente le più grandi aziende possono coprire, sviluppare e realizzare.
Né i vaccini né gli smartphone si possono produrre con metodi tradizionali, con piccole imprese o con ricette “naturali”. E se si pensa che i vaccini sono realizzati “solo per fare soldi”, gli smartphone non li realizzano certo per beneficienza...
Eppure, se un'azienda produce vaccini, da molti viene descritta negativamente, boicottata e demonizzata. Se invece produce smarphone, nessuno fa una piega e spende cifre esorbitanti per acquistarne i prodotti.
Se non fosse che la diffusione della assurda mentalità “anti-vaccinista” ha effetti negativi anche su coloro che non la seguono (come ben dimostra la drammatica risalita dei casi di malattie che fino a qualche anno fa erano state debellate grazie alla diffusione dei vaccini), non scriverei un post come questo rivolto ai fanatici dello smartphone.
Ma questo post parla anche di mentalità scientifica e razionale contrapposta a superstizione irrazionale.
E il boicottaggio dei vaccini, quando diffuso da persone che poi non fanno una piega verso tutti gli altri prodotti delle multinazionali tecnologiche, è chiaramente una forma di superstizione irrazionale.
Che uno sia così idiota da spendere centinaia di euro/dollari/yen/rubli per comprare un rettangolo plastificato che fa fotografie e manda sms (per poi gettarlo nell'immondizia dopo un anno), è un problema suo e non mi tocca particolarmente. Ce ne sono di modi stupidi di spendere denaro, ed ognuno può fare quello che vuole col proprio...
Quello che mi lascia basito è constatare la schizofrenia, il bis-pensiero, l'imbecille contraddizione di chi con una parte del cervello rifiuta i vaccini (e non sa spiegare razionalmente il perché di tale rifiuto) e con l'altra parte del cervello acquista tranquillamente gli smartphone (e non sa spiegare il perché), nonostante che entrambi siano il prodotto di “perfide multinazionali mangia-denaro, guidate cinicamente da occulte cricche di sfruttatori al fine di renderci schiavi”.

08 marzo 2017

“Buena Vista”, ovvero: come imparammo a vedere e a riflettere meglio [edit]

Ogni tanto, questo blog esce dal suo particolare assetto theropodologico per esplorare contesti più ampi della paleontologia.
Mr. Tiktaalik (c) John Sandford

In uno studio pubblicato ieri, Maclver et al. (2017) propongono un interessante scenario sulla transizione che, a cavallo tra il Devoniano ed il Carbonifero (400-350 milioni di anni fa) ha portato all’origine dei tetrapodi, i vertebrati terrestri.
Il record fossile dei pesci sarcopterigi del Devoniano-Carbonifero è ormai sufficientemente ricco perché si possa analizzare l'evoluzione dei vari elementi anatomici (e dei corrispettivi ambiti eco-morfo-funzionali) lungo la linea che porta ai tetrapodi “veri e propri” (ovvero, il nodo “Amphibia + Amniota”) con metodi di indagine filogenetica che siano robusti statisticamente. Mentre, fino a qualche decennio fa, questa fase dell'evoluzione dei vertebrati era ridotta (spesso semplificata in modo estremo nei testi divulgativi) ad una manciata di “anelli di transizione” (tra i quali primeggiava la coppia “Eusthenopteron-Ichthyostega”, quasi a rappresentare le guardie doganali ai due lati della frontiera tra “Pisces” e Tetrapoda), ora disponiamo di dozzine di taxa, che illustrano con maggiore dettaglio le varie spinte adattative (spesso divergenti) e la complessità di una radiazione filetica non più riducibile ad una semplice linea di pesci che si trascinano fuori dall'acqua, imparano a camminare, e poi piantano la bandiera sul suolo asciutto.

“It's a small step for a fish. A giant step for fishkind”

02 marzo 2017

Come nuotava Spinosaurus?

Postura semi-eretta bipede per Spinosaurus, modificato da Ibrahim et al. (2014). Non mi pare sia così assurdo...
In un recente post, ho discusso l'ipotesi quadrupede proposta da Ibrahim et al. (2014) su Spinosaurus, ed ho concluso che il femore e tibia di Spinosaurus, come pubblicato da Ibrahim et al. (2014, e informazioni supplementari) non mostrano particolari adattamenti per un nuoto a propulsione generata dalla gamba (foot-propelled): ad esempio, non sono presenti processi laterali distali del femore o una cresta cnemiale ipetrofica. Inoltre, il femore di Spinosaurus mostra adattamenti per sostenere una postura del corpo semi-eretta, interpretazione che rimuoverebbe l'esigenza di una postura quadrupede. Pertanto, penso che i caratteri anatomici citati da Ibrahim et al. (2014) come adattamenti natatori siano piuttosto caratteri che permettono una postura semi-eretta sulla terraferma e che, comunque, sono exaptation in grado di vincere la resistenza dell'acqua quando si cammina (più o meno) immersi.
L'ipotesi di Ibrahim et al. (2014) è interessante per il modo con cui affronta l'evoluzione del nuoto in Spinosaurus. Gli autori citano come modelli morfofunzionali del nuoto di Spinosaurus i cetacei basali ed i coccodrilli. I primi sono mammiferi, i secondi sono pseudosuchi. I primi non hanno caudofemorali (i muscoli citati da Ibrahim et al. come principali propulsori in Spinosaurus), i secondi non hanno postura parasagittale. Insomma, in ambo i casi, modelli non proprio attinenti per spiegare come un theropode possa muoversi in acqua. Peccato che non siano citati mai i theropodi acquatici noti, come i pinguini, gli anseriformi o gli estinti hesperorniti. Gli autori, inoltre, si focalizzano su due tipi di propulsione in acqua: quella basata sulla coda e quella basata sugli arti posteriori, ma omettono di citare un'altra forma di propulsione acquatica: quella basata sugli arti anteriori.
Ciò è bizzarro. I theropodi sono i campioni della locomozione basata sull'arto anteriore, basti pensare agli uccelli che volano, ed in alcuni casi persino nuotano, usando gli arti anteriori.
Il nuoto basato sulla propulsione dell'arto anteriore si è evoluto nei cheloni e in alcuni cladi di uccelli. Il caso più famoso è dato dai pinguini.
La mia ipotesi sulla postura semi-eretta in effetti propone una biologia più simile ad un pinguino che ad un coccodrillo. Possibile che Spinosaurus nuotasse usando spinte simmetriche degli arti anteriori, che “sbracciasse” come nel nuoto di un pinguino? Purtroppo, i resti di arto anteriore in Spinosaurus si limitano ad una singola falange (per ora, preferisco non includere il materiale riferito, tra cui un omero dal Kem Kem, senza una chiara indicazione - basata su sinapomorfie - che quelle ossa siano di spinosauride). Quindi, per discutere l'ipotesi di un nuoto “a braccia” dovrò fare congetture assumendo che Spinosaurus abbia arti anteriori simili a Baryonyx e Suchomimus.
La domanda diventa: “gli arti anteriori degli spinosauridi noti possono permettere un nuoto simile a quello dei pinguini?”.

Per prima cosa, occorre stimare le dimensioni del braccio di Spinosaurus.
L'unico elemento dell'arto anteriore è una falange della mano. Gli autori la interpretano come la prima del secondo dito, sebbene io sia più dell'idea che quella falange sia la prima del primo dito. Ciò non cambia molto per il discorso che voglio sviluppare. In ogni caso, questa falange è molto grande rispetto all'arto posteriore, a sostegno dell'ipotesi che Spinosaurus abbia effettivamente un arto posteriore ridotto dimensionalmente.
Assumendo che questa falange sia la prima del primo dito della mano, essa è lunga circa il 28% del femore. In Afrovenator e Allosaurus, la stessa falange è in proporzione la metà (14% del femore). Se assumiamo che il resto del braccio fosse proporzionato a questa falange, concludiamo che il braccio di Spinosaurus era, rispetto alla sua gamba, grande il doppio rispetto alle braccia di altri theropodi di dimensioni comparabili. Pertanto, se Ibrahim et al. (2014) sostengono che Spinosaurus nuotasse anche tramite spinte della gamba, perché non ammettere che nuotasse anche (o sopratutto) grazie a spinte di un braccio così ben sviluppato?
Proviamo a immaginare il moto natatorio in Spinosaurus come analogo a quello di un pinguino, ovviamente con spinte meno rapide ma più lente e potenti. Usando il braccio di Baryonyx come riferimento, possiamo valutare se questo braccio ha le caratteristiche idonee per funzionare come pagaia. Infatti, non tutte le braccia sono adatte allo stesso modo per funzionare come organi natatori.
Negli uccelli che nuotano usando spinte dell'arto anteriore si osservano delle modifiche nelle ossa rispetto ai non-nuotatori: l'omero è robusto trasversalmente e relativamente piatto anteroposteriormente. Le inserzioni pettorali e bicipitali sono molto sviluppate, per generare una spinta in un mezzo più denso dell'aria. L'ulna è piatta, con il margine posteriore stretto ed affilato.
Tutti questi caratteri sono presenti nell'omero e ulna di Baryonyx (Charig e Milner 1997). Pertanto, assumendo che anche Spinosaurus avesse questi caratteri anatomici, e considerando la relativa dimensione di questo braccio rispetto alla gamba, non vedo motivi per cui Spinosaurus non possa aver usato le braccia per nuotare. Ad essere completi, per funzionare, questa ipotesi richiede alcune modifiche a livello della spalla per permettere un moto simile al battito dell'ala. Tuttavia, queste modifiche a livello del glenoide pettorale sono meno radicali di quelle richieste nell'ipotesi quadrupede, e sono già avvenute nell'evoluzione dei theropodi (in Avialae), quindi, anche in questo caso mi pare una soluzione più parsimoniosa rispetto allo scenario coccodrillo-proto-cetaceo.

Bibliografia:
Charig and Milner (1997). Baryonyx walkeri, a fish-eating dinosaur from the Wealden of Surrey. Bulletin of the National History Museum of London 53:11-70.
Ibrahim et al. (2014). Semiaquatic adaptations in a giant predatory dinosaur. Science 345:1613-1615.

La Fluorescenza Laser rivela la forma del corpo in Anchiornis

Recenti sviluppi delle tecniche di indagine non-invasiva stanno rivoluzionando la paleontologia. Queste tecnologie permettono di vedere ciò che l'occhio non può vedere, ma possono anche analizzare un fossile senza danneggiarlo.
Una di queste nuove tecniche ricorre alla fluorescenza indotta con luce laser, e permette di identificare dettagli nei fossili altrimenti non visibili ad occhio nudo o con altre tecniche (come l'uso della luce ultravioletta).
Wang et al. (2017) applicano questa nuova tecnica di indagine ad una ampia collezione di paraviani di grado anchiornithino dal Giurassico Superiore cinese (tutti riferiti al genere Anchiornis, anche se, va sottolineato, la tassonomia di questi esemplari richiede probabilmente un'indagine più dettagliata...), e ricostruiscono dettagli anatomici delle parti molli ancora conservati in queste lastre.
Ricostruzione di Anchiornis con indicati i vari esemplari usati per lo studio (modificato da Wang et al. 2017).

La ricostruzione della forma corporea di Anchiornis che risulta è sostanzialmente in accordo con quello che era deducibile applicando l'inferenza filogenetica.
Come negli uccelli, nei rettili attuali e come dedotto dalle impronte fossili di altri theropodi, Anchiornis ha cuscinetti carnosi sfasati rispetto alle articolazioni metatarso- e inter-falangeali (a differenza dei vostri polpastrelli mammaliani che sono interfalangeali). Il piede pubico poggia su una cartilagine distale che esternamente aveva una callosità, caratteri in accordo con l'idea che questi dinosauri riposassero “seduti” in modo omologo agli uccelli odierni. L'arto anteriore presenta un propatagio tra il polso e il gomito, il quale era ricoperto di piumaggio. Nella mano, il secondo ed il terzo dito erano funzionalmente connessi in un'unica struttura carnosa: il margine del terzo dito era ricoperto da un pattern scutellato (ricordo che le penne remiganti, come negli uccelli attuali, si inserivano sul secondo dito). Il passaggio dal ventre alla coda è piuttosto netto, in accordo con le ridotte dimensioni dell'ischio. La coda è relativamente stretta e poco muscolosa, anche questo in accordo con il ridotto sviluppo dei processi ossei per l'origine e inserzione della muscolatura caudo-femorale.


Bibliografia:
Wang, X. et al. 2017. Basal paravian functional anatomy illuminated by high-detail body outline. Nature Communications 8, 14576 doi: 10.1038/ncomms14576.