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26 settembre 2015

Kem Kem alla Milanese

Marco Auditore, Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso, all'ingresso della mostra "Spinosaurus" a Palazzo Dugnani.

Lo scorso venerdì 18 settembre, sono stato a Milano, in visita alla mostra dedicata a Spinosaurus, organizzata dal Museo di Storia Naturale di Milano, l'Università di Chicago e la National Geographic Society. La mia visita è stata molto particolare, dato che ho avuto Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco, organizzatori della mostra, come mie “guide private”. Assieme a me, Marco Auditore, che ha realizzato le ricostruzioni scheletriche dei dinosauri esposti nella mostra. Con noi si sono poi uniti Alessandro Carpana, presidente dell'APPI, e Davide Bonadonna, che è l'autore delle ricostruzioni “in vivo” dei dinosauri esposti nella mostra. Insomma, più di così non potevo chiedere.

Attenzione, Spoiler! Se non hai ancora visitato la mostra (che rimarrà a Milano fino all'inizio del 2016) ed hai intenzione di visitarla, forse ti conviene non continuare a leggere il post, per non scoprire in anteprima ciò che potrai vedere dal vivo.




La mostra è ospitata a Palazzo Dignani, che fu la sede originaria del Museo di Storia Naturale di Milano. Il palazzo è molto elegante, e si sposa perfettamente con la mostra, coniugando le meraviglia paleontologica con la bellezza architettonica ed artistica.
La mostra si apre con alcuni oggetti originali appartenuti ad Ernst Stromer, sia strumenti utilizzati durante l'esplorazione dell'Egitto che testi scritti e firmati da lui. Fa una certa impressione vedere un timbro postale originale del Terzo Reich, regime che – tra le innumerevoli nefandezze che non serve ricordare – fu così ostile verso il grande paleontologo tedesco.
Dato che il protagonista della mostra è Spinosaurus aegyptiacus, sono presenti anche ricorstruzioni delle ossa originali scoperte in Egitto da Stromer nel 1912 e descritte tre anni dopo. Siccome quell'esemplare fu distrutto nel 1944, la serie vertebrale dell'olotipo è stata ricostruita badandosi su una fotografia riscoperta alcuni anni fa: sebbene sia molto impressionante per il pubblico profano, il mio occhio di “paleontologo dei theropodi” ormai è troppo allenato per non notare varie imprecisioni di quella ricostruzione (le spine neurali sono troppo spesse, ed il dentale appare troppo tozzo e triangolare in vista laterale, rispetto a quello che appare nelle litografie originali di Stromer).
Il punto sicuramente più interessante per me è quello centrale della mostra, in cui sono presenti alcuni dei nuovi resti di spinosauride rinvenuti in Marocco. In particolare, è esposta una spina neurale dorsale in ottimo stato, e i calchi di molte delle ossa del nuovo esemplare pubblicato nel 2014, alcune delle quali non erano chiaramente visibili in quella prima pubblicazione. Tutto questo materiale, mi ha confermato Simone, sarà oggetto di una ampia monografia attualmente in preparazione. Pertanto, non mi dilungo troppo nel descrivere questi esemplari: ci sarà modo in futuro di parlarne nel dettaglio.
La mostra non si limita a Spinosaurus. Anche altri dinosauri, coccodrilli e pesci dal Cenomaniano nordafricano sono esposti, sia come resti fossili (originali o calchi) che come ricostruzioni. Con grande piacere, nella mostra sono esposti alcuni resti originali: il mascellare di abelisauride marocchino descritto sul Journal of Vertebrate Paleontology nel 2005, ed il mascellare del neotipo di Carcharodontosaurus saharicus, mostrato in fotografia nella pubblicazione della seconda specie riferita a questo genere, C. iguidensis. Il notevole esemplare è accompagnato dalla ormai famosa ricostruzione del cranio di Carcharodontosaurus e della testa in vivo dello stesso animale. Sono inoltre presenti i calchi del cranio olotipico e la ricostruzione in vivo della testa di Rugops primus (dal Cenomaniano del Niger... come mai non è stato esposto anche C. iguidensis?... sob!), la ricostruzione scheletrica di Deltadromeus agilis (con, in anteprima, la ricostruzione scheletrica realizzata da Marco Auditore), un cranio di Elosuchus assieme alla ricostruzione in vivo della testa, e l'immancabile super-celacanto Mawsonia.
Infine, si passa al pezzo forte della mostra: la ricostruzione scheletrica, completa ed in dimensioni reali, di Spinosaurus “sensu Ibrahim et al. 2014”, in postura “natante”. La ricostruzione è veramente impressionante, e si estende per un'intera sala, letteralmente sospesa dal pavimento. Anche in questo caso, non è questo post la sede per discutere i dettagli di questa ricostruzione. Aldilà della accesa discussione che essa ha generato lo scorso anno, la ricostruzione, lunga circa 15 metri, è qualcosa che merita veramente di essere vista.
Vi invito quindi tutti a visitare la mostra su Spinosaurus, a Palazzo Dugnani, a Milano, presente fino all'inizio di gennaio del 2016!

Ringrazio Cristiano e Simone, che mi hanno accompagnato nella visita della loro mostra.

11 commenti:

  1. Ho visitato la mostra a giugno, è valsa davvero il prezzo del biglietto del treno e la consiglio a chiunque non l'abbia ancora visitata. Ho"rosicato", scusatemi l'eufemismo, davvero tanto per due cose, primo non ho potuto prenotare il calco 3D del cranio di Deinonychus, secondo il fatto di essermi perso a causa della distanza molti eventi, come le conferenze nell'aula del palazzo, Jack Horner (che almeno ho visto alla sapienza) introdotto da Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco !!! Inoltre un altra cosa che ho rimpianto è stata quando ho incontrato Maganuco e mi ha chiesto se volevo chiedergli qualche delucidazione ecc ecc e la mia timidezza mi ha fatto rispondere "No grazie" mentre invece avrei avuto migliaia di domande da fargli... un occasione d'oro sprecata!! La mia unica gioia (apparte visotare la mostra in se) è aver riportato a casa una copia di "Dinosauri Italiani" di Cristiano Dal Sasso, una lettura molto piacevole ed interessante
    Riccardo Cori

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  2. Salve, la mostra si preannuncia molto interessante e spero di poterla visitare. Dato che si è parlato della ricostruzione del cranio di Carcharodontosaurus, avrei una piccola domanda da porre (chiedo perdono se vado fuori argomento!).
    Ho letto in un articolo pubblicato su Theropoda qualche hanno fa che i Carcharodontosauridae, assieme ai Tyrannosauridae e agli Abelisauridae, avevano delle rugosità sulla superficie del cranio che in vita dovevano essere ricoperte da materiale corneo (e quindi, suppongo, prive di altro rivestimento come squame o filopiume). Forse mi è sfuggito, ma mi chiedevo quanto posteriormente si estendesse questa copertura cornea nei Carcharodontosauridae (nello specifico, Acrocanthosaurus): al nasale? Al frontale? Oppure fino alla porzione più caudale del cranio?
    Mi chiedevo anche se può consigliarmi qualche pubblicazione che mostri il cranio di questo animale in visione diversa da quella laterale, in particolare frontale.
    La ringrazio molto per l'eventuale risposta!

    - Pietro

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    1. Il cranio di Acrocanthosaurus è meno rugoso ed ornamentato di Carcharodontosaurus. A parte la zona attorno l'orbita (lacrimale e postorbitale) il resto del cranio non mostra rugosità significative.
      Qui hai la più recente descrizione del cranio di Acrocanthosaurus: http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0017932

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    2. Grazie mille per la pronta risposta!

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    3. Avevo dimenticato di firmare
      - Pietro

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  3. la mostra vale assolutamente la pena di essere visitata (tanto che, abitando a Milano, ho già deciso di tornarci almeno una seconda volta), per quel che mi riguarda soprattutto per la presenza di reperti originali (ho passato una buona decina di minuti davanti al rostro di spinosaurus) e delle ricostruzioni scheletriche (ho trovato davvero impressionante anche quella di deltadromeus) - le ricostruzioni in vivo sono molto belle e valgono anche loro il prezzo del biglietto.
    ho trovato un po' faticosa la presenza massiccia di terminali video nelle sale: i materiali erano anche interessanti, ma la presenza continua di un fondo acustico la trovo un po' stancante (ma può essere una deformazione professionale) e l'iterazione continua dello stesso materiale senza soluzione di continuità alla fine tende a distrarre e a rendere indifferente il contenuto (si arriva davanti a uno schermo a video già iniziato si capisce più o meno di cosa parla, si dovrebbe aspettare che il ciclo si ripeta, poi arrivati al punto noto si molla la presa...).
    è ovviamente una questione secondaria rispetto al cuore della mostra e riguarda più lo stile espositivo (che è quello tipico di questi anni, soprattutto per le mostre scientifiche, ma non solo) e forse le mie idiosincrasie personali....
    se potete andate (e se non siete di Milano e dintorni cogliete l'occasione per una visita anche al Museo di Storia Naturale)
    non ho capito la questione del calco 3D del cranio di deinonychus: mi sono perso qualcosa?
    Emiliano

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  4. Da profano dei teropodi avrei preferito una maggiore chiarezza per capire se i pezzi in mostra sono originali o calchi. Sicuramente ci sarà stato scritto ma con tre bimbi che rimbalzavano da una sala all'altra non sono riuscito a capire.
    Un'altra preghiera è di colorare in modo diverso i calchi che rappresentano ossa non trovato, ma ricostruite con l'inferenza filogenetica, almeno sulle figure se farlo sui calchi rovina l'impatto di insieme

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    1. in realtà mi sembra di ricordare che è sempre specificato se si tratta di calchi o pezzi originali, era un problema che mi ero posto anch'io.
      Emiliano

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  5. In effetti la differenza di colore tra parti originali e calchi sarebbe una grande conquista, certo io in un museo cerco la completezza scientifica, ma spesso si pensa più al fascino, allo stupore, al colossale, e ad una versione aggiornata di una wunderkammer.
    Non mi esprimo però su questa mostra, che pare coniughi bene scienza e stpefacente, non l'ho ancora vista, provvederò.

    Detto questo mi chiedo, ma davanti ad un animale cme il Deltadromeus, di cui si conosce tutto sommato poco, e che potrebbe essere persino un erbivoro stile Limosaurus (ma vi sono altri esempi ben più calzanti), non sarebbe il caso di musealizzare l'incertezza e l'ipotesi? Non sarebbe bello mettere di fronte due ricostruzioni antitetiche, che dimostrano, appunto, quanto la scienza lavori per ipotesi e non giunga a conclusioni indiscutibili e fideistiche.

    Valerio

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  6. Accanto allo scheletro di Deltadromeus è presente la ricostruzione scheletrica di Auditore che mostra le ossa effettivamente conosciute.

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  7. Ottimo, ripeto non ho ancora visto questa mostra, ma ne ho sentito parlare solo benissimo.

    Valerio

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