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15 marzo 2014

Il più grande rettile fossile italiano!

L'esemplare MGGC 21876, la ricostruzione del cranio completo con indicata la posizione dei resti preservati, e la ricostruzione della testa in vivo.

Dopo una lunga gestazione, posso finalmente parlare di uno studio, del quale sono coautore assieme a Federico Fanti e ad Alessandra Negri, micropaleontologa dell'Università di Ancona. Il contributo di Alessandra nel campo dei microfossili è stato fondamentale per dare un'età a qualcosa... che non è affatto microscopico. L'oggetto principale della nostra pubblicazione (Fanti et al. 2014) è difatti il più grande rettile fossile scoperto in Italia!

Prima di entrare in dettagli dimensionali, è molto più interessante seguire la vicenda di questo fossile.
Chi segue questo blog vedrà che la storia è simile ad altri episodi nei quali sono stato coinvolto in questi ultimi anni. Ormai sta diventando una piacevole abitudine.
Il mio ruolo in questa vicenda iniziò nel 2012, quando Federico mi telefonò per mettermi al corrente di una segnalazione, giunta al Museo Capellini, relativa ad un fossile scoperto in Romagna.
Nel 2010, il signor Paolo Giordani, cercatore di fossili amatoriale, aveva scoperto un blocco di roccia con alcune strane tracce, presso una cava sul Monte Ceti (Appennino settentrionale, al confine tra Romagna e Marche) e consegnato alla Sovrintendenza ai beni culturali di Cattolica, la quale ha poi affidato l'indagine scientifica al Museo 'Capellini'. Dalle foto preliminari fatte da Federico, pareva essere parte di un grosso cranio con dei grossi denti dalla forma prismatica. La cava del Monte Ceti fa parte del complesso delle Argille Varicolori, una successione sedimentaria di mare profondo di età compresa tra la seconda metà del Cretacico e l'inizio del Cenozoico, quindi era molto forte il sospetto che il fossile fosse di un rettile piuttosto che di un cetaceo.
Dalle foto inviatemi da Federico, l'esemplare pareva proprio parte del cranio di un grosso rettile, dai denti molto robusti! Già questo restringeva molto la lista dei candidati all'identificazione. Trattandosi di sedimenti di mare profondo, e data la bizzarra forma dei denti, un theropode era da escludere subito. L'età delle Argille Varicolori escludeva i grandi coccodrilli marini geosaurini (estinti all'inizio del Cretacico), e rendeva possibile un pliosauride brachauchenino (come il famoso Kronosaurus, estinti a metà del Cretacico Superiore). Tuttavia, il gruppo più probabile pareva essere Mosasauridae, grandi squamati marini, esclusivi del Cretacico Superiore. 
L'interpretazione, se confermata, era molto rilevante, dato che mosasauridi appenninici, ad oggi, a parte qualche dente e osso frammentario, si limitavano ad un singolo esemplare: un rostro parziale ma articolato scoperto nel Modenese alla fine dell'800, interpretato inizialmente come un metriorhynchide e battezzato "Capelliniosuchus". Difatti, tutti gli altri mosasauroidi scoperti in Italia, come le due specie di Romeosaurus, provengono dal Veneto, e sono principalmente di età Turoniana-Santoniana (prima metà del Cretacico Superiore).
Non appena il blocco giunse a Bologna, ed ebbi modo di osservarlo, fu chiaro che si trattava proprio di un Mosasauridae: i resti comprendevano i premascellari, la parte anteriore dei mascellari e dei dentali, ancora in connessione anatomica. La grande apertura nariale dorsale, i premascellari corti con solo due denti, e la forma prismatica dei denti laterali, erano diagnostici per i mosasauridi. Le dimensioni dell'esemplare, per quanto incompleto, erano notevoli: 66 cm di lunghezza e 34 cm di ampiezza (e si tratta solamente della metà anteriore del rostro)! Su un dettaglio quindi non ci sono dubbi: quello che avevamo di fronte era il più grande rettile fossile scoperto in Italia. I denti laterali, robusti e squadrati, mostravano carene affilate e corone dalla forma molto bizzarra, che non avevo visto in precedenza. Anche il grado di usura dei denti era indicativo delle abitudini alimentari di questo rettile.
Il blocco principale del fossile durante la preparazione. I premascellari, parzialmente danneggiati durante l'estrazione dalla cava, sono stati ricollocati grazie ai bordi ancora combacianti, e incollati successivamente. Le frecce rosse indicano gli apici dei denti esposti. Notare la forma squadrata, prismatica dei denti e le carene poste lateralmente.

Il nuovo mosasauride era riferibile alle forme venete? Oppure, si trattava di un nuovo esemplare del taxon battezzato "Capelliniosuchus"? Quale era la sua età? E come interpretare la forma particolare dei suoi denti?
La rilevanza dell'esemplare richiedeva uno studio accurato. Oltre a me, Federico ingaggiò Alessandra Negri, micropaleontologa, per svolgere indagini su eventuali microfossili associati al fossile, al fine di determinare l'età del fossile con la massima precisione possibile. 
Le indagini sui microfossili presenti nella successione stratigrafica all'interno della quale è stato rinvenuto l'esemplare ha permesso di restringere l'età del fossile al Campaniano Superiore (circa 74 milioni di anni fa). Questa datazione è la prima correlazione tra dato micropaleontologico, stratigrafico e con vertebrati nelle Argille Scagliose.
La morfologia dell rostro premascellare (corto e parabolico), la forma robusta delle mandibole, la posizione del margine anteriore della apertura nariale rispetto alla serie dei denti, così come la forma prismatica dei denti, è una combinazione diagnostica del genere Mosasaurus. L'esemplare è quindi riferibile a Mosasaurus, sebbene un'identificazione a livello di specie sia più difficile, data la frammentarietà dell'esemplare. Basandoci su esemplari meglio conservati di Mosasaurus, specialmente le forme Maastrichtiane, si può stimare - in modo approssimativo, ovviamente - la dimensione totale dell'individuo a cui apparteneva questo rostro. Il rostro suggerisce un cranio lungo più di 150 cm, che implica un animale lungo almeno una dozzina di metri: si tratta pertanto del più grande rettile fossile scoperto finora in Italia.

La caratteristica più interessante del Mosasaurus romagnolo è la sua dentatura. Esso presenta denti molto robusti con una sezione caratteristica. I denti premascellari hanno una sezione asteroidale/pentagonale con carene dotate di minute seghettature. I primi 3 denti mascellari e i corrispondenti denti nel dentale si serrano reciprocamente e presentano delle robuste carene nella corona, sia anteriori che laterali, le quali raggiungono la massima robustezza a livello del terzo dente dentale. In questi denti, le carene hanno un insolito andamento che di fatto descrive una torsione del dente, mai documentata prima in questi rettili e che potrebbe in futuro essere un carattere diagnostico se nuovi resti confermeranno la presenza di questa morfologia in altri esemplari italiani. Questa torsione del dente potrebbe avere un significato adattativo relativo alla masticazione, ma per stabilirlo sarà necessario ulteriore studio.
Un altro aspetto molto interessante è la marcata usura dei denti, che fornisce indicazioni sulle abitudini predatorie di questo rettile. I denti presentano delle scheggiature lungo le carene, tipiche di predatori macrofagi quali le orche attuali: queste usure sono il risultato dell'abrasione dei denti contro oggetti rigidi e consistenti, come i guschi dei carapaci e le ossa. Questi sono inequivocabili indizi di un predatore specializzato in prede voluminose e relativamente coriacee (come tartatughe e altri grandi rettili). Uno dei denti premascellari mostra un'usura talmente estesa che di fatto l'intera punta del dente è stata spezzata via, per poi consumersi ulteriormente con l'uso, assumento un margine smussato: dato che questi rettili, a differenza dei mammiferi, sostituivano i denti regolarmente, per produrre una tale usura è necessaria una abrasione continua e persistente, indice di un'attitudine predatoria molto vorace.
Tutti questi dati pertanto indicano nel fossile romagnolo un grande predatore marino macrofago, predatore abituale di grandi prede. Le sue dimensioni sono comparabili a quelle dei più grandi mosasauri conosciuti: l'Italia ha finalmente il suo mostro marino!

Ringrazio Federico e la direzione del Museo Capellini, per avermi coinvolto in questo studio, Alessandra che si è sorbita le nostre pazzie da paleontologi, e Davide Bonadonna per aver realizzato la ricostruzione della bestia. Un ringraziamento speciale al signor Giordani che ha scoperto l'esemplare e ha fornito informazioni utili per la collocazione stratigrafica dell'esemplare.

Bibliografia:
Fanti F., Cau A., Negri A. 2014 - A giant mosasaur (Reptilia, Squamata) with an unusually twisted dentition from the Argille Scagliose Complex (late Campanian) of Northern Italy. Cretaceous Research 49: 91-104. doi: 10.1016/j.cretres.2014.01.003.

13 commenti:

  1. Durante l'incontro a Parma, ho sentito Federico parlare di una contestazione dell'età stimata di un fossile. Penso parlasse di un revisore che dichiarava sbagliata la stima dell'età perché non era coerente con la morfologia del fossile.
    Si riferiva a questo studio? Ho voluto aspettare a farti questa domanda perché so che non scrivi pubblicamente di ricerche ancora in corso.

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    1. Sì, ma era in errore perché non aveva valutato i dati dei microfossili che abbiamo incluso nello studio.

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  2. Congreatulazioni vivissime a te e ai tuoi coautori.
    Appena mi passa la febbre tornerò a parlare di questa bella notizia.

    Valerio

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  3. E' un bestione bellissimo! Complimenti a tutti gli autori!
    Ne approfitto per chiedere: denti così usurati possono dire qualcosa sul metabolismo di questo rettile oltre che sulle dimensioni delle prede?
    Buone cose!

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    1. Se fosse possibile conoscere il tasso di sostituzione dei denti e il tasso di usura si potrebbe stimare la quantità di cibo consumata per unità di tempo e quindi in un modo molto blando anche il metabolismo. Ma temo che il margine di errore sarebbe troppo ampio per farne una stima utile...

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  4. Aggiungo i consueti complimenti a Davide Bonadonna, ormai il vostro e nostro paleoillustratore di fiducia, e con merito.

    Per curisità, questo è il fossile di animale mesozoico più lungo rinvenuto in Italia, a chi "soffia" ilprecedente record? Il Besanosauro? il "saltriosauro"? E poi, se non ricordo male c'era anche un'altro ittiosauro voluminoso giurassico, rinvenuto negli anni '80 nell'appenniono umbro-marchigiano, e, sempre se non ricordo male, ancora senza nome.

    Valerio

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  5. @Andrea Cau, è possibile sapere il nome della specie?

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    1. Non abbiamo attribuito l'esemplare ad una specie particolare, ci sono pochi dati utili per stabilirlo: è un Mosasaurus indeterminabile a livello di specie.

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  6. Be' complimenti.
    Emiliano

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  7. Sono stato uno dei primi a vederlo al Museo della Regina con il Prof. Sala che consigliò a quelli del museo di rivolgersi ai colleghi di Bologna. E' bello sentirsi parte della scoperta, anche se la mia parte è stata solo infinitesimale e da spettatore. Complimenti per la pubblicazione!

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  8. Complimenti vivissimi. Sono di Bologna e sinceramente mai avrei immaginato, se non solo in sogno, che venisse ritrovato un fossile del Mesozoico nei nostri appennini, ma a volte i sogni diventano realtà. Non sarebbe il caso che venisse organizzata una sorta di "spedizione" con diversi appassionati, ma comunque capaci di scavare senza far danni.., per setacciare per bene la zona onde trovare e segnalare eventuali altri resti dell'esemplare? E' plausibile che il blocco (nella remota speranza che si sia conservato per intero o quasi fino ai giorni nostri...) si sia frantumato in tanti pezzettini come quello che è stato scoperto e che si siano sparsi?

    Alessandro

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  9. Ho recuperato la pubblicazione, il catalogo di una mostra, che parlava dell'Ittiosauro senza nome.
    Temo di averne già accennato su questo blog, ma non mi ricordo se il dott. Cau mi aveva risposto.
    La pubblicazione è "I vertebrati fossili italiani", catalogo della mostra di Verona del 1980, l'ittiosauro di Genga (in provincia di Ancona) è a pag 95 e ss. (a p. 108 e ss. troviamo il "coccodrillo di Portomaggiore...") ed è a nome di Carlo Fastelli e Umberto Nicosia.

    Sarebbe del giurassico superiore, e comunque inferiore per dimensioni a questo nuovo reperto (sui 3 metri).
    Apprendo da wiki che oggi è musealizzato nel museo speleo-paleontologico e archeologico di Genga, ma non ho trovato altre pubblicazioni più recenti, e quindi potrebbe essere "sconosciuto" alla scienza.

    Dal 1980 ad oggi ci sono novità?

    Valerio

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