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03 gennaio 2014

Il Principio Antropico, il Disegno Intelligente, ed il Dinosauroide

Uno degli eroi della mia adolescenza, il Dinosauroide, quello originale (Russell e Séguin 1982)
Ci sono tanti modi con cui un adolescente può rovinare la sua esistenza. C'è chi inizia a fumare, c'è chi frequenta cattive compagnie, chi entra in una squadra di calcio (che ironia!). Nella mia vita, non ho mai fumato nemmeno una sigaretta; ed il calcio per me è solo un elemento chimico (avvertenza: massiccia perdita di humor nella traduzione!). In compenso, a 13 anni iniziai a frequentare delle pessime compagnie: Stephen Hawkins ed il dinosauroide.
La lettura dell'edizione italiana di "A Brief History of Time" di Hawking (1988) ha molto inciso sul mio modo di vedere retrospettivamente i fenomeni a grande scala, un'influenza paragonabile a quella che, cinque anni più tardi sarà la lettura della traduzione di "Wonderful Life" di un altro Stephen, Gould (1989). Nell'ottavo capitolo, relativo all'origine ed al destino dell'Universo, in Hawking (1988) ho avuto il primo incontro con la chimera filosofica più seducente che un tredicenne appassionato di scienza possa incontrare: il principio antropico.
Esistono varie formulazioni del principio antropico. La mia preferita si può esprimere con questa massima: "Non stupirti se l'Universo appare fatto apposta per permettere la tua esistenza, perché se l'Universo non fosse così, tu non potresti essere qui a stupirti di ciò".
Sembra il classico uovo di colombo. Ed in parte, lo è.
La formulazione "debole" del principio antropico non crea grandi problemi per chi, come me, è allergico alle spiegazioni finaliste e provvidenziali. Anzi, tale principio, più che dare problemi per il fine dell'Universo (il fine, non la fine), che viene svuotata di una necessità predefinita (per quanto apparentemente improbabile), può dare problemi per l'origine: può una combinazione casuale di condizioni iniziali risultare proprio quella che permette l'esistenza, migliaia, milioni e miliardi di anni dopo, di atomi, quindi di molecole, quindi di cellule, quindi di ognuno di noi? 
Dobbiamo ricadere nelle braccia del Dio dei Gaps per colmare questa inesplicabilità probabilistica col miracolo? Non occorre. In questi casi, un principio popolazionista e selezionista a scala cosmica, una pluralità delle condizioni iniziali in un Universo molto vasto seguita da una necessaria emersione della coscienza solamente nelle regioni in cui ciò fosse possibile, evita di ricorrere a qualche spiegazione speciale (che, spesso, coincide con "teleologica"). Ricordatevi questa soluzione per evitare il Dio dei Gaps: ci servirà alla fine per implicare una divinità alternativa.
Il principio antropico, comunque lo si voglia definire, fornisce una spiegazione generale ed a posteriori del perché l'Universo sia fatto nel modo che osserviamo, in base proprio al fatto che noi esistiamo e possiamo osservare l'Universo. Il principio antropico mi è sempre parso una forma camuffata di idealismo "alla Berkeley", in salsa cosmologica: difatti, possiamo concludere che esistono infiniti universi "disabitati" caratterizzati dalle più disparate condizioni e caratteristiche "esotiche", ma privi di coscienze al loro interno, perché tale esotismo ne precluderebbe l'evoluzione; non potendo essere percepiti da alcuno al loro interno, è come se essi non esistessero?
Il principio antropico, a dispetto del nome, non afferma la necessità, per l'essere cosciente, di essere "antropico" nella forma. Altrimenti, sarebbe un "principio antropomorfico". Innumerevoli forme di coscienza potrebbero emergere nell'Universo, ma solamente la nostra potrebbe essere "antropomorfica", qui intesa nella sua accezione di "essere bilaterale, tetrapode, bipede, eretto, molto encefalizzato" (notare che la lista è scritta rispettando l'inclusività delle caratteristiche mappate lungo la nostra filogenesi), in virtù di una sommatoria unica di fattori avvenuti sulla Terra. Il principio antropico, pertanto, non sancisce la "necessità" dell'esistenza umana in quanto fenomeno fondamentale per l'esistenza di una consapevolezza dell'Universo, ma solamente della autocoscienza, senza vincoli su quale sia la forma materiale in cui tale software possa processare.
Qualche anno prima di Hawkins (1988), qualcuno formulò una sorta di "principio antropico fortissimo" in salsa paleontologica, in base al quale non solo l'evoluzione della coscienza è intrinsecamente probabile in virtù del fatto che ne esiste almeno un caso documentato sulla Terra, ma che tale coscienza, per evolvere sulla Terra, sia soggetta ad un vincolo morfologico spinto all'estremo, che incanala tutti i potenziali candidati autocoscienti verso una forma corporis antropomorfa.
Parlo del famoso Dinosauroide di Russell, "creato" e descritto nel dettaglio in Russell e Séguin (1982). La potenza suggestiva del dinosauroide sta anche nella azzeccata scelta di Russell di far realizzare a Séguin una "ricostruzione in vivo" di questa ipotetica creatura derivata dai troodontidi Campaniani qualora la loro linea evolutiva non si fosse esista. (Ricordate? Nel bene e nel male, un'immagine paleoartistica vale più di mille parole paleontologiche). Il dinosauroide è sicuramente accattivante. Il suo freddo sguardo "felino" ed alieno, le forme familiari ed al tempo stesso inquietanti della sua morfologia convincono sicuramente sul piano estetico. Sulla effettiva plausibilità biologica di questo "esperimento mentale" qualora le condizioni lo avessero permesso, è stato già discusso ampiamente. Gli stessi autori chiudono il loro "esperimento" argomentando se esso sia eccessivamente "biased" (antropomorficamente) o se, effettivamente, l'evoluzione di un'encefalizzazione estrema in un vertebrato terrestre debba incanalare la morfologia verso una antropo-morfa.
Non ripercorro in questo post gli argomenti contro l'idea che l'encefalizzazione induca necessariamente una forma bipede eretta, antropomorfica. Né ripeto gli argomenti sul perché una tale morfologia non sia necessariamente obbligatoria per un diapside o un theropode "encefalizzato".
Voglio invece prendere il Dinosauroide per ciò che è. Il Dinosauroide è un (ipotetico) animale creato a priori sulla base di un preciso progetto e secondo una chiara logica adattazionista. Il Dinosauroide è quindi una creatura generata da un Disegno Intelligente. In questo caso, un'intelligenza non trascendente né fuori dal mondo, ma umanissima e mondana, con tanto di nome e cognome: Dale Russell. Si può dissentire sulla plausibilità del dinosauroide, ma ciò equivale a dissentire sulla possibilità del sistema biologico-ambientale terrestre di generare il dinosauroide, piuttosto che sulla "plausibilità" della sua forma. Russell e Séguin (1982) sottolineano, difatti, come la "forma antropica" sia esistente, quindi possibile. Ed il dinosauroide nasce nell'alveo di quella possibilità, incanalata nonostante la sua imprevedibilità in una linea dinosauriana, grazie al Disegno Intelligente Russelliano.
Si può, in effetti, notare il parallelismo con alcuni "argomenti" del Disegno Intelligente: l'Intelligenza (un Dio dei Gaps) entra in gioco per superare una improbabilità altresì invalicabile dal mondo naturale. Il Disegno Intelligente Russelliano entra in gioco per "creare" una creatura altresì estremamente improbabile da evolvere in un mondo naturale.
Possiamo aggirare il "Dio dei Gaps" implicito nel Disegno Intelligente (sia Russelliano che Cosmico)? Come ho citato prima, la pluralità delle condizioni iniziali in un Universo molto vasto aggira i problemi che spesso si sollevano (più o meno consapevolmente) per "sdoganare" il Dio dei Gaps. Pertanto, il dinosauroide diventa possibile ammettendo un universo sufficientemente vasto (di una vastità molto oltre quella normalmente attribuita all'universo) affinché la frequenza delle condizioni iniziali alternative vinca la (bassa) probabilità dell'improbabile.
A quel punto, anche il dinosauroide, o meglio, la sua controparte in un luogo dove le condizioni proposte da Russell si verifichino, diventa reale.

Esiste un luogo dell'Universo in cui Egli è Dio.

Bibliografia:
Russell, D.A., Séguin, R. (1982). Reconstruction of the small Cretaceous theropod Stenonychosaurus inequalis and a hypothetical dinosauroid. Syllogeus 37: 1–43.

14 commenti:

  1. anch'io quando ero un bimbetto rimasi molto colpito dal dinosauroide, che vidi in qualche documentario!

    molto interessante il punto di vista. non capisco però cosa intendi con "dio dei gaps": gap = divario, ovvero il dio che colma queste "mancanze probabilistiche"? se è un termine che si usa spesso in questo contesto chiedo scusa, è la prima volta che lo incontro.

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    1. Il "dio dei gaps" è l'(ab)uso dell'idea di dio in contesti dove non esiste una spigegazione di tipo scientifico. Si tratta di un salto non logico, spesso motivato da impostazioni religiose più o meno esplicite, per cui si assume che se il fenomeno non ha una spiegazione naturalistica allora può (anzi, deve) essere spiegato con una spiegazione soprannaturale.
      Notare che, nella storia della scienza, col progredire delle conoscenze e dei metodi di indagine, il "dio dei gaps" è stato progressivamente sostituito da spiegazioni scientifiche.

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    2. perfetto, grazie, avevo intuito un concetto del genere ma non sapevo che esistess un termine specifico per indicarlo.

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  2. Togli l'uomo e togli il "Dio dei gaps" (e la scienza) o no?. In un universo infinitamente esteso in effetti sarebbe statisticamente possibile l'esistenza del pianeta dei puffi, ma non solo di quelli blu... anche di quelli gialli, verdi, grigi, a pois, ecc.

    HK

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    1. Bisogna capire cosa intendi per "puffo". Se i puffi non violano alcuna legge fisica, nessuno può negarli a priori.

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  3. non so perchè, ma ho sempre trovato logicamente poco convincente il principio antropico anche nella sua forma logica ( oggi potrei dire che lo trovo logicamente poco consistente - mi sembra un circolo vizioso che cerca di spiegare un fenomeno attraverso il fenomeno stesso) e altrettanto poco convincente il dinosauroide (devo dire che essendo un po' meno giovane :) di Andrea, devo averne viste le prime immagini intorno alla maggiore età, quindi in un momento della vita in cui in genere si ha qualche strumento critico).
    a proposito del dinosauroide, ricordo una discussione con un mio allievo all'epoca quindicenne che l'aveva interpretato non come una speculazione, ma come un'estrapolazione fondata su basi certe.
    in sostanza si era convinto che senza l'estinzione del Cretacico il dinosauroide si sarebbe evoluto in forza di una sorta di legge matematica.
    quanti danni si possono fare...

    Emiliano

    ps sul dinosauroide no, ma sul principio antropico sono pronto ad ammettere che potrei aver frainteso dei punti o di aver tratto io conclusioni sbagliate (non sono un logico e, purtroppo, non ho una spiccata attitudine per il pensiero logico-matematico)

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    1. Il dinosauroide di Russell è altamente poco probabile, come qualsiasi altro evento particolare della storia della vita, anche se non so come testare in modo preciso questa improbabilità.

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  4. la storia della vita ci mostra un'enorme quantità di improbabilità realizzatesi, ma l'enorme ( a me tale sembra) trasformazione morfologica da un troodontide a un dinosauroide modellato sulla base di un pregiudizio antropocentrico mi sembra più improbabile del passaggio ai metazoi ( e non solo perchè questa improbabilità si è realizzata).
    io ero molto infastidito dal fatto che un ragazzo curioso e intelligente avesse assorbito una visione così deterministica (e, a mio modo di vedere, assurda) dell'evoluzione soltanto grazie ad un'immagine accattivante e, in ultima analisi, consolatoria.

    Emiliano

    ps
    cribbio ho un po' di febbre e ho postato con un paio di errori "nella sua forma logica" doveva essere "nella sua forma debole" e dopo "qualche strumento critico" doveva esserci in più (rispetto a un dodici/tredicenne medio) - solo per la precisione.

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  5. Data la mia età, sono cresciuto con la "cornucopia" della vita, dove la il numero e la complessità degli esseri viventi cresceva con il tempo. Gli esseri più lontano dagli uomini in basso e gli uomini in alto come apice dell'evoluzione.
    Poi anche io ho letto "La vita meravigliosa di Gould" e ho smesso di vedere gli essere più vicini agli uomini come più evoluti, ma è con "Gli alberi non crescono fino al cielo" di Gould che ho scoperto come l'albero della vita sia incredibilmente più ampio di quanto credevo finora.
    Ho tolto completamente l'antropocentrismo dalla mia concezione della vita, ma in compenso ho ricevuto un'infinita variabilità di forme viventi (quelle che Darwin chiamava le Infinite forme bellissime)

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  6. Avevo smesso di leggerti a Natale. Ho "riacceso" ieri ed ho trovato una serie di posts spettacolari (se vale l'opinione di chi manca delle basi dell'anatomia comparata e sfiora appena logica ed epistemologia della scienza). Ciò detto capisco perché, dopo la paleontologia, tu abbia una sincera passione cosmologica. Credo che il parallelismo stia nel fatto che, anche in questa disciplina, si studiano "fossili" (la radiazione di fondo, i deep fields di Hubble, etc), si catalogano oggetti e si cerca di ricostruirne l'evoluzione della morfologia ed i legami, in una sorta di cladistica cosmica, ci si scontra con una sorta di tafonomia (la polvere, lo spostamento verso il rosso, le lenti gravitazionali), si inferisce sul comportamento nel passato da evidenze attuali. A proposito del principio antropico, mi piace notare come alcuni astrofisici lo ritengano un esito del nostro difetto di conoscenza della natura profonda dello spazio-tempo, mentre altri, propugnatori di varie forme di multiverso, lo qualifichino come l'evidenza delle precise condizioni che, tra le tante possibili (e realizzate altrove!) consentono QUI l'esistenza della materia aggregata. Queste due tendenze trovano sostegno da una parte nell'inflazione che "forza" le condizioni iniziali alla compatibilità con le osservazioni e, dall'altra nel "panorama" delle soluzioni nella teoria delle stringhe.   P.s. interessante anche l'interazione tra te ed il tuo giovane collega Marco Castiello; il vostro argomentato confronto dialettico ha aumentato il valore didattico di quel post. Ciao e grazie.

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    1. Robo, hai uno strano concetto di "collega". O, perlomeno, differente dal mio. Io do un significato più restrittivo al termine "collega". Due impiegati presso la stessa azienza sono colleghi, due dipendenti del medesimo ente li considero colleghi, mentre due persone con titoli di studio simili o due blogger che scrivono di paleontologia non li considero "colleghi" in virtù di queste similitudini.

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  7. Sì, è evidente. Ho proiettato il mio modo di sentire. Ma non è perchè siete 2 blogger che scrivete di paleontologia. É perché mi é parso di percepire un medesimo fine.

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    1. Il medesimo fine di ogni essere umano. Metabolizzare per qualche decennio e poi tornare alla terra.

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  8. Beh, questo metabolizzare è un'occasione irripetibile :-) Ma non intendevo la condivisione di un aspetto così costitutivo dell'essere umano. Pensavo a qualcosa di molto più parziale. Un bisogno di conoscenza ed una volontà di condividerla che, nel tuo caso, si esprime anche con una intransigenza verso l'incapacità, palesata da alcuni, di assumere come fondanti di tale ricerca i giusti strumenti logici ed il "metodo". Sei una delle isole di stabilità nel marasma internettiano; anche lui cerca di costruirsi una sua isola. Almeno così mi pare. Ciao.

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