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23 febbraio 2013

Miti e leggende post-moderne sui dinosauri mesozoici: gastroliti, Lillà delle Antille ed altre amene idiozie

Grant: "Posso?". Harding: "Sicuro: è un giocattolone animatronico..."
In una delle scene più mielose e moccolose dell'intera trilogia Billy&Clonata, i nostri eroi si imbattono in una povera triceratopsa (o triceratopa?... per questo detesto i vernacolari!) malata e sedata. L'animale pare essere affetto da qualche intossicazione alimentare, e la paleontologa del gruppo si cimenta in una fasulla indagine scientifica a colpi di pustole spremute su lingue di dinosauro, raccolta di fantomatiche bacche di "Lilla delle Antille" (nome di pianta che non esiste in realtà) ed ispezioni di enormi cumuli di letame dinosauriano curiosamente simile a letame di bovino. Nell'evidente imbarazzo degli sceneggiatori, l'enigma sulla malattia del povero dinosauro rimane irrisolto nel film e persiste nel limbo delle questioni mai risolte.
Per cercare di dare un senso a questa scena, confrontiamola con l'equivalente presente nel romanzo-fonte.

20 febbraio 2013

Balaur: Dromaeosauride o Uccello?

In questi giorni esce l'attesa monografia sull'osteologia dell'enignatico paraviano rumeno Balaur bondoc (Brusatte et al. 2013). La mia speranza era che questa dettagliata monografia risolvesse i miei dubbi e le mie incertezze sulle affinità di questo bizzarro theropode maastrichtiano. Purtroppo, l'animale è così altamente omoplastico che nemmeno con l'aggiunta di una significativa quantità di nuovi dati in Megamatrice posso affermare di aver un quadro più chiaro della sua posizione filetica. Sia chiaro, Magamatrice lo colloca stabilmente in una zona particolare di Paraves, ma sono io che non sono del tutto soddisfatto dal risultato, e sospetto che tale risultato sia ancora preliminare.
Alla luce di questi risultati, non discuterò della posizione risultata per Balaur, né di quelle altre risultate da analisi di altri autori. Penso che Balaur sia veramente molto enigmatico e che la sua posizione definitiva risulterà solo in futuro, quando ulteriori resti (la coda, il cranio) saranno scoperti.
In questo post, elenco le caratteristiche enigmatiche di Balaur che possono essere a favore o contro le sue possibili posizioni dentro Paraves.

19 febbraio 2013

Perché, probabilmente, non andrò a vedere Billy&Clonesauro IV

Scena da "Un Milione di Anni Fa"
Pare ormai definitiva ed ufficiale la notizia del quarto episodio di Billy e il Clonesauro, nei cinema a metà del prossimo anno. Per ora, non è ancora ufficiale né un titolo, né un regista, né un produttore, ma tutti paiono nondimeno sicuri dell'uscita del fantomatico film. Orde di fanatici stanno già marciando verso le biglietterie dei cinema, per la loro necessaria dose di dinosauri di celluloide.
Io non penso che adagerò il più importante muscolo del mio corpo su qualche poltroncina per assistere al fantomatico episodio. Non tanto perché non sono ancora del tutto convinto che questo film si farà (non so voi, ma mi pare ancora tutto molto incerto ed ambiguo), ma per una questione molto più ovvia: ho le ghiandole meno importanti del mio corpo che sono letteralmente piene di dinosauri di celluloide. Basta! Non se ne può più! A tutto c'è un limite! Anche il Mesozoico, che più di qualunque altra cosa nell'Universo avrebbe meritato di continuare, ha avuto una fine: perché non ci si vuole rassegnare, e continuare a menare un cadavere stantio che si regge più per i vermi che lo brulicano che sulla propria vera carne?
Posso capire i ragazzini di oggi, che non hanno mai visto questi film al cinema, posso capire che già nel 2001, col terzo-pessimo-episodio, era ancora bambino e non ha apprezzato (?) la pochezza del film al cinema, posso capire chi è immaturo, ingenuo, infantile, insomma, più pervicacemente dinomaniacale perché nato dopo il 1993, ma tutti gli altri che si ostinano a voler un ennesimo episodio al cinema dovrebbero fare un esame di coscienza, fermarsi un secondo, trarre un profondo respiro e domandarsi: NE ABBIAMO DAVVERO BISOGNO?
Molti vogliono vivere in un eterno gioco. Molti si vogliono illudere che sia un eterno 1992, che il massimo disponibile per chi desideri vedere una ricostruzione accattivante di dinosauro sia un VHS di "Alla Ricerca della Valle Incantata", molti vogliono fare finta che a parte qualche vecchio film di Harryhausen, il cinema non abbia fornito nulla di lontanamente passabile. Molti vogliono illudersi di essere ancora come 20 anni fa, sia nella propria ingenuità che nella propria esperienza. Molti vogliono far finta che si possa reiterare "la magia" di un film che funzionò perché fu concepito al momento giusto sia sul piano cinematografico che visivo che scientifico. In breve, molti non si rendono conto che il mondo è cambiato, in modo radicale, epocale e totale. Sia in ambito cinematografico che paleontologico. Dal 1993 in poi, abbiamo visto dinosauri in CGI in tutte le salse, contorni, contesti, abusi e soprusi. Abbiamo visto la diffusione ed imposizione di uno standard visivo, trito e ritrito, di fatto puramente arbitrario e pertanto posticcio alla pari di quelli pre-esistenti. Nonostante ciò, moltissimi si sono letteralmente drogati di questo nuovo canone, ed è da quella overdose decennale che è scaturita l'attuale ansia e frenesia per un quarto episodio, per la dose successiva, così subdolamente inculcata dalle dosi precedenti, così bramata da un'astinenza lunga più di dieci anni. E mentre quelli come me si sono ampiamente disintossicati, proprio perché si cresce e si smette di aver bisogno di immagini posticcie, di surrogati visivi, di feticci in CGI, molti altri si sono invece ripiegati nel ricordo, nell'attesa di un qualcosa che non solo richiedevano, ma sentivano come un atto dovuto "dal sistema".
Venti anni fa, il primo episodio vinse perché si impose con la più grande bugia della storia della paleoarte: la menzogna che i dinosauri di JP fossero proprio come i veri dinosauri. Tutti coloro che sono stati al cinema, hanno visto il film e sono rimasti colpiti dai dinosauri del film sono stati ammaliati da quella menzogna. La menzogna, non esplicita, ma implicita nel modo con cui è stata presentata la creazione dei dinosauri nella produzione del film, ha avuto l'effetto di un cavallo di Troia, abbattando le mura di scettiscismo di tanti. Se presenti i TUOI dinosauri come I VERI dinosauri, e se lo fai ammantandoti di una posticcia patina di "supervisione scientifica", abbatterai moltissime resistenze, e imporrai la tua soggettività come una oggettività. Eppure, se siamo onesti, i dinosauri del film NON sono i "veri dinosauri", perché sono niente più che le personali interpretazioni di un gruppo ristretto di paleoartisti (e al più pochissimi paleontologi). E, come spero avrete imparato in questi anni, i paleoartisti quasi sempre sono poco-paleo e molto-artisti, se non altro perché la paleontologia è molto avara di informazioni visive, le quali devono essere "create" dalla libertà creativa dell'artista. Jurassic Park ha reso i dinosauri di Paul, Gurche, Bakker gli unici dinosauri plausibili, e ciò è una manipolazione della verità paleontologica. Solo negli ultimi anni questa verità sta emergendo e acquisendo il giusto grado di consapevolezza. Per anni, la mia critica ai dinosauri bakkeriani-pauliani-chrichtoniani-spielberghiani è stata attaccata quasi unanimamente come una forma di blasfema eresia, mentre ora essa è riconosciuta da molti altri autori come la corretta valutazione di ciò che è avvenuto nel periodo post-1993. La generazione che è cresciuta a pane e JP è di fatto una generazione plagiata da un pensiero unico, da un partito unico paleoartistico, un partito Hollywoodiano vagamente ispirato da una manciata di paleontologi americani. L'intero pianeta paleoartistico nel quindicennio 1993-2008 è stato quindi plagiato da un solo canone estetico focalizzato in una piccola fascia che va dal Montana alla California. Non stupisce che "il paleontologo più famoso del mondo" degli ultimi 20 anni sia Jack Horner, ispiratore/modello/canone imposto del paleontologo del primo film: egli è difatti, volente o nolente, un prodotto della fabbrica mediatica che ha imposto un solo modello di rappresentazione dei dinosauri, di concezione paleontologica e di stile di paleontologo. Chi non era aderente al canone è stato ostracizzato, marginalizzato dal sistema mediatico. E ciò, in un sistema come la paleontologia, dove non esiste "la verità ufficiale" ma un consenso che deriva dall'accumulo di prove scientifiche, è stato un danno ed un freno al progresso della disciplina. Non stupisce che per almeno un decennio il principale modello di paleontologo al quale pareva essere "condannato" ogni aspirante ricercatore era quello "ufficiale" del film: nordamericano, maschile, mesozoico. Ho conosciuto persone ossessionate dall'idea che se non avessero seguito QUEL MODELLO difficilmente avrebbero avuto speranza di far carriera. Anche queste ossessioni sono prodotti di un sistema plagiato da un pensiero unico, a sua volta imposto da un sistema mediatico uniformato dal film hollywoodiano.
Tutto ciò che ho brevemente abozzato mostra come un film come JP vada aldilà della mera proposizione di dinosauri di celluloide, ma sia nucleo e fulcro di un intero sistema concettuale e di valori, capaci di plasmare e plagiare una generazione.
Come sarà il quarto episodio? Temo che sarà un pessimo episodio, sul trend ipertrofico, rumoroso, autoreferenziale e bulimico dell'attuale produzione hollywoodiana. Ciò, forse, avrà l'effetto positivo di non creare un fenomeno epocale così accattivante come avvenne 20 anni fa, lasciando le nuove generazioni libere di scegliere in modo autonomo la propria concezione di paleontologia e dinosauri. 
Che immagine darà dei dinosauri? Temo non molto intelligente. Non basterà aggiustare i polsi, ricoprire di piumaggio e accentuare tratti aviani per rendere giustizia alla rivoluzione concettuale attualmente in atto in paleontologia dei dinosauri. L'unico modo veramente intelligente di proporre un dinosauro al cinema sarebbe evitando di proporlo: ma dubito che qualcuno possa cogliere fino in fondo le implicazioni di una simile rivoluzione mentale.
Per questo, andate pure in orde lobotomizzate, al cinema, per i vostri sacrosanti dino-mostri. Se quello è il solo modo con cui il vostro cervello può concepire il dinosauro, è giusto che vi saziate, in attesa del quinto episodio.
Io probabilmente resterò fuori.

12 febbraio 2013

Darwin Day 2013

Organizzatori, relatori e artisti del Darwin Day 2013 di S. Daniele Po.
Oggi è il Darwin Day, la giornata dedicata alle "vittime" del darwinismo, ovvero, i platonisti di tutte le forme e versioni. O, se volete, il giorno dedicato alla celebrazione del ritorno dell'Uomo nella Natura.
Questo anno, ho "festeggiato" il Darwin Day leggermente in anticipo: lo scorso 9 febbraio, sono stato a S. Daniele Po, piccolo comune sulla riva cremonese del Po, nel cui museo paleoantropologico (che custodisce l'unico esemplare di H. neandertalensis rinvenuto nella Pianura Padana) è ormai una piacevole tradizione organizzare un convegno nelle vicinanze del Darwin Day, dedicato all'eredità del grande naturalista inglese. Questo anno, oltre alle consuete celebrazioni per Darwin, ricorre anche il centenario della morte di Alfred Russell Wallace, noto per aver elaborato l'ipotesi della selezione naturale come motore del cambiamento evolutivo in modo indipendente da Darwin, e che con la sua intuizione spronò questo ultimo a pubblicare il suo capolavoro nel 1859. Ridurre Wallace solamente a "colui che come Darwin scoprì la selezione naturale" è però una grossolana mistificazione. Per questo motivo, gli organizzatori dei Darwin Day di S. Daniele Po hanno deciso di dedicare questa edizione alla figura e al pensiero di Wallace.
I tre interventi che hanno caratterizzato questo Darwin Day, intitolato "La Linea di Wallace" (in allusione, ma non solo, alla discontinuità biologica esistente nel Sud-Est Asiatico tra le faune "asiatiche" e quelle "australiane", discontinuità per la prima volta studiata proprio da Wallace), hanno quindi introdotto la persona ed il pensiero di Wallace ("Il Sogno Febbricitante di Alfred Russell Wallace", di Federico Focher, università di Pavia), le implicazioni biogeografiche che l'opera di Wallace ha infuso nella teoria evolutiva, con particolare riferimento alla "nostra" storia ominide ("L'Evoluzione Umana nel Tempo e nello Spazio" di Telmo Pievani, università di Padova), per poi affrontare un caso particolare dell'evoluzione ominide, avvenuto proprio lungo la "Linea di Wallace", quello di Homo floresiensis ("Oltre la Linea di Wallace: Homo floresiensis, una controversa e singolare specie umana" di Giorgio Manzi, università di Roma).
L'evento è stato sintetizzato in modo sublime da Troco ("il sosia di Wallace!" stando alle parole di Focher), che ha realizzato per l'occasione uno straordinario quadro che omaggia Wallace e Darwin, quadro che lo stesso Troco ha introdotto e "spiegato" al pubblico in apertura dell'evento. La scelta, cura e "spiegazione" dei dettagli dell'opera ha mostrato a tutti la profonda sensibilità naturalistica che sta dietro la mano di Troco.
Ho apprezzato tutti gli interventi. 
Focher ci ha aiutato a capire e a rivalorizzare la figura scientifica e umana di Wallace, spesso mostrato meramente come opaca versione "convergente" di Darwin. Wallace ebbe una vita personale molto diversa dal suo ben più noto collega ed amico, al quale era legato da profonda stima ed affetto reciproco. Oltre che naturalista, Wallace fu, come spesso avveniva in epoca vittoriana, una personalità eclettica, di attivista politico, socialista, e femminista ante-litteram.
Telmo Pievani ha ricordato a tutti noi che ci occupiamo di evoluzione, che questa è un processo multidimensionale. Sebbene l'asse del tempo sia quello più fortemente connotante la struttura della teoria evolutiva, lo spazio è il piano nel quale i prodotti del tempo si manifestano: senza una precisa collocazione spaziale degli episodi di speciazione, adattamento ed estinzione, la teoria evoluzionistica risulta monca. Questo è particolarmente vero in contesti quali l'evoluzione umana, un pattern cladogenetico relativamente breve e rapido, nel quale lo spazio ha giocato un ruolo come portatore di divergenza, artefice della differenziazione e quindi dell'origine di nuove specie. Coaudiuvato da eccellenti ricostruzioni della paleogeografia Pleistocenica, Pievani ci ha mostrato come la rapida espansione di Hominidae lungo le instabili (alla scala geologica) geografie dell'Eurasia sia uno dei fattori che hanno più massicciamente prodotto l'intricato "cespuglio" del quale Homo sapiens è, oggi, il solo esponente vivente.
Giorgio Manzi ci ha portato oltre il limite della Linea di Wallace, un braccio di mare apparentemente paradossale, sovente rappresentato come una barriera pressoche invalicabile per lo scambio delle faune di mammiferi tra Asia e Oceania. Eppure, in una fascia di transizione tra le "vere" faune asiatiche e le "vere" faune australiane, sono avvenuti alcuni interessanti "esperimenti evolutivi". In una di queste isole, Flores, infatti, proveniendo da Ovest (il come è stato oggetto di un simpatico scambio di battute tra me e Manzi), attorno a un milione di anni fa, si è insediata una popolazione di Hominidae. Aldilà della curiosità dell'esistenza di un primate che abbia valicato la Linea di Wallace (prima della scoperta di questo ominide, si riteneva che solo Homo sapiens fosse stato capace di ciò), la bizzarra, inattesa e, ammettiamolo, disturbante, morfologia di Homo floresiensis ha implicazioni che vanno aldilà della mera collocazione di questo fossile nel quadro della storia umana. L'ipotesi che fino a 18 mila anni fa non "eravamo soli" ma che sia esistita una specie di Hominini basale miniaturizzata per nanismo insulare, plasmata da fattori biogeografici come qualsiasi altro animale, è stato un vero stravolgimento della concezione del posto dell'uomo nella Natura. Pareva che l'evoluzione umana fossa "diversa" nelle sue dinamiche, rispetto agli altri animali. Dopo tutto, noi stessi ci siamo definiti "sapienti" artefici della nostra storia, non meri adattamenti a imprevedibili ed aleatorie condizioni locali. Homo floresiensis ci ricorda che anche noi siamo animali, e come tutti gli altri animali, siamo plasmati dall'ambiente in cui siamo vincolati. A riflettere senza pregiudizi e apologie, non siamo poi tanto diversi da Homo floresiensis: ormai, anche Homo sapiens è una specie "vincolata" ad un'unica isola cosmica, senza possibilità di emigrare altrove, senza più "nuovi continenti" da occupare, e priva di plausibili alternative fuori dalla nostra Flores planetaria. 

Ringrazio tutti gli organizzatori del Darwin Day 2013 di S. Daniele Po, in particolare Davide Persico, i relatori intervenuti, e Troco.

11 febbraio 2013

Il Plesiosauro di Kaberlaba su National Geographic Italia!


Il sito dell'edizione italiana di National Geographic dedica un articolo al Plesiosauro di Kaberlaba (Cau e Fanti 2013). Nel servizio, sono presenti alcune foto a colori dell'esemplare.

10 febbraio 2013

MEGApost!

Pochi minuti fa, il contatore delle pagine aperte ha raggiunto al cifra simbolica del milione.

04 febbraio 2013

Il primo scheletro di plesiosauro italiano! (Cau e Fanti 2013)

Alcuni di voi ricorderanno che lo scorso Maggio pubblicai questa foto, nella quale io e Federico Fanti vagliavamo - tutti esaltati - un esemplare fossile del tutto inedito, conservato in un museo italiano. Finalmente, lo studio di questo notevole esemplare è stato pubblicato (Cau e Fanti 2013), e posso quindi condividere con voi la gioia: perché finalmente, dopo tanta attesa, anche l'Italia può, con fierezza, andare a testa alta tra il consesso delle altre Nazioni Civilizzate, e mostrare con orgoglio che pure Ella ha uno scheletro di plesiosauro!