(Rough) Translator

28 marzo 2008

Secchione hauteriviano

La vignetta recita: "Gli Incisivosauri non erano molto popolari alle scuole superiori".

27 marzo 2008

Fine Sondaggio

Il sondaggio:

Tra queste aree ancora poco note di Theropoda, quale darà maggiori sorprese nel prossimo futuro?

ha dato il seguente esito:

"Gondwana" e "Le specie del Giurassico Medio": entrambi al 36%.
"I tetanuri basali": 18%.
"Gli abelisauroidi": 9%.



Ho indetto un nuovo sondaggio! Votate!

Yixianosaurus longimanus Xu & Wang, 2003

Olotipo ed unico esemplare di Yixianosaurus longimanus. Da Xu & Wang (2003).

Yixianosaurus longimanus è basato su un cinto pettorale completo di teropode della Formazione Yixian del Cretacico Inferiore cinese (Xu & Wang, 2003). Esso è diagnosticabile sulla base della seguente combinazione di apomorfie: seconda falange del secondo dito della mano più lunga del secondo metacarpale; terza falange del terzo dito della mano lunga più del doppio della prima falange dello stesso dito; lunghezza della mano pari al 140% della lunghezza dell’omero. L’assenza di striature sulla superficie ossea e l’assenza di fusione tra scapola e coracoide inducono a interpretare l’esemplare in uno stadio ontogenetico intermedio tra il giovanile e l’adulto.

La scapola è circa 3/4 dell’omero, con i margini dorsale e ventrale subparalleli. L’acromio è basso e proiettato cranialmente. Il coracoide è subrettangolare, più lungo che profondo, privo di costrizione a livello del processo caudoventrale. Il tubercolo coracoideo è ridotto, il processo caudoventrale prominente ma non acuminato. L’omero è subrettilineo, con ridotta cresta deltopettorale. Radio e ulna sono subequali in lunghezza, e lunghi circa 3/4 dell’omero. Il radio è sigmoide (forse per deformazione diagenetica), significativamente più gracile dell’ulna. Dei quattro carpali presenti, il carpale distale 1+2 è il più ampio, semilunato e contatta l’intera superificie prossimale del primo metacarpale e la metà mediale del secondo. Il primo metacarpale è lungo il 39% del secondo. Il secondo metacarpale è più lungo e robusto del terzo. Entrambi hanno una ridotta espansione prossimale. Le penultime falangi delle dita sono allungate e articolano con unguali falciformi aventi tubercoli flessori ipertrofici. I solchi vascolari laterali degli unguali si biforcano prossimalmente. L’articolazione tra le prime due falangi del terzo dito è irrigidita da uno sperone osseo presente nella regione prossimoventrale della seconda falange. Resti di tegumento includono strutture filamentose allungate poste lateralmente all’avambraccio.

La presenza di tegumento filamentoso allungato nell’arto anteriore, la scapola priva di espansione distale, il coracoide subrettangolare e l’allungamento e la gracilità di metacarpali e falangi indicano che Yixianosaurus è un celurosauro derivato. Xu & Wang (2003) non vanno oltre Maniraptora incertae sedis. Essi notano le similitudini con Epidendrosaurus nell’allungamento della mano (anche se la condizione in Epidendrosaurus è probabilmente non-omologa, dato che il suo asse principale è il terzo dito e non il secondo), Protarchaeopteryx e i Microraptoria. Da notare che la morfologia dei carpali e la forma del radio ricordano Falcarius, mentre gli unguali sono simili a quelli dei paraviali basali. L’articolazione tra le prime due falangi del terzo dito è simile a quella osservata nei dromaeosauridi. Appare quindi chiaro che Yixianosaurus è un Maniraptora con una curiosa combinazione di caratteri presenti nelle maggiori linee maniraptoriane. Ad un esame preliminare delle sue caratteristiche, esso parrebbe occupare una posizione basale in Paraves, esterna a Deinonychosauria e Avialae.

Immesso in Megamatrice, Yixianosaurus forma una politomia con i Troodontidae più derivati di Sinovenator e Mei. Esso condivide con i deinonychosauri basali (compresi i Troodontidae) gli unguali falciformi con tubercolo flessorio ipertrofico, la scapola significativamente più corta dell’omero, e l’omero gracile. Yixianosaurus condivide con i Troodontidae più derivati di Sinovenator e Mei, il coracoide subrettangolare (reversione alla condizione pre-paraviale), la riduzione del tubercolo coracoideo, e i solchi vascolari biforcati prossimalmente degli unguali della mano. Data l’assenza di materiale craniale e dell’arto posteriore, non è possibile definire meglio la sua posizione rispetto agli altri Troodontidae.

Se questo risultato preliminare fosse confermato, Yixianosaurus sarebbe il quarto Troodontidae del Biota Jehol, dopo Sinovenator, Mei e Jinfengopteryx.

Bibliografia:

Xu X, & Wang X.-L., 2003. A new maniraptoran dinosaur from the Early Cretaceous Yixian
Formation of Western Liaoning. Vertebrata PalAsiatica, 41: 195-202.

26 marzo 2008

Ornithodesmus cluniculus Seeley, 1887

Ornithodesmus cluniculus Seeley, 1887, è un sacro quasi completo (BMNH R4463) dalla F. Wessex del Barremiano Inglese. Inizialmente attribuito ad uno pterosauro, recentemente è stato rivalutato come teropode (Howse & Milner, 1993). Sebbene nella recente ridescrizione di Howse & Milner (1993) non sia fornita una diagnosi che distingua BMNH R4463 in maniera non ambigua da altri teropodi, esso presenta la seguente combinazione unica di apomorfie: sacro composto da 6 vertebre coossificate, ultima sacrale più corta della penultima, margine ventrale del sacro arcuato in vista laterale, prime due sacrali pleuroceliche, spine neurali e zigapofisi sacrali fuse a formare lamine longitudinali, superficie ventrale dei centri sacrali appiattita, con solco ventrale che parte dalla metà caudale della seconda sacrale e raggiunge la sesta.

Howse & Milner (1993) considerano Ornithodesmus un troodontidae, in quanto condividerebbe con Saurornithoides la presenza del solco ventrale che invade in maniera marcata la superficie ventrale della sesta sacrale, carattere assente in altri teropodi con sei sacrali. Tuttavia, BMNH R4463 è più simile agli Oviraptorosauria più derivati di Caudipteryx ed Avimimus, ed ai Therizinosauridae perché presenta un sacro di sei vertebre con almeno le due più craniali con pleuroceli. Inoltre, l’esemplare che Howse & Milner (1993) attribuiscono a Saurornithoides è probabilmente un Saurornitholestes (Norell & Makovichy, 1997). Con questo ed altri deinonychosauri, BMNH R4463 condivide la fusione delle zigapofisi sacrali che formano una coppia di lamine parallele alle spine neurali. Questo carattere è presente anche in Neornithes, ma non in Epidendrosaurus (anche se potrebbe essere correlato all’età ontogenetica)

Immesso in Megamatrice (alla quale ho aggiunto due caratteri del sacro), Ornithodesmus risulta un Dromaeosauridae non-Microraptoria. Data la frammentarietà dell’esemplare, non è possibile definire la sua posizione filetica con maggiore dettaglio. Esso rappresenta il primo resto postcraniale della Formazione Wessex attribuibile senza ambiguità a Dromaeosauridae.

Nota tassonomica: Il nome di clade Ornithodesmidae Hooley, 1913, sarebbe prioritario su Dromaeosauridae Mattew & Brown (1922). Tuttavia, sulla base delle osservazioni esposte da Howse & Milner (1993) nell’eventuale caso di sinonimia tra Ornithodesmidae e Troodontidae Gilmore (1924), è preferibile conservare il nome Dromaeosauridae, più stabile e diffuso in letteratura.

Bibliografia:

Howse S. C. B., & Milner A.R., 1993. Ornithodesmus-a maniraptoran theropod dinosaur from the Lower Cretaceous of the Isle of Wight, England. Palaeontology, 36: 425-437.

Norell M.A. & Makovicky P.J., 1997. Important features of the dromaeosaur skeleton: information from a new specimen. American Museum Novitates 3215: 1–28.

Lo status tassonomico di Neuquenraptor argentinus Novas & Pol, 2005

Olotipo (ed unico esemplare noto) di N. argentinus: a, radio parziale; b,c, femore in vista craniale e laterale; d, tibiotarso distale in vista estensoria; e, piede in vista estensoria; f, g, metatarsali in vista laterale e flessoria; h, secondo dito del piede in vista mediale. Da Novas & Pol, 2005.

Neuquenraptor argentinus è un teropode parzialmente conservato dalla Formazione Portezuelo del Coniaciano Argentino. Esso è diagnosticabile sulla base della seguente combinazione di apomorfie: secondo metatarsale espanso lateralmente nella regione flessoria prossimale, così da sovrapporsi al terzo metatarsale in vista flessoria; subarctometatarso con solco estensorio prossimale; solco estensorio distale del terzo metatarsale presente ma non marcato; falangi del secondo dito del piede subeguali in lunghezza; secondo unguale del piede falciforme e compresso mediolateralmente. Neuquenraptor è chiaramente un deinonychosauro basale: esso presenta una combinazione di caratteri osservata nei microraptorini e nei troodonti basali: subarctometatarso, terzo metatarsale con solco estensorio distale, quarto metatarsale con mensola laterale plantare, prima falange del secondo dito del piede con faccetta articolare distale ipertrofica ed espansa dorsalmente, seconda falange del secondo dito del piede con sperone osseo asimmetrico posto prossimoventralmente, unguale del secondo dito ipertrofico e falciforme. Inoltre, esso mostra caratteri tipici dei dromaeosauridi: falangi non-unguali del secondo dito del piede subeguali in lunghezza, seconda falange del secondo dito del piede compressa dorsoventralmente a metà lunghezza, solchi vascolari asimmetrici nel secondo unguale del piede. Negli studi filogenetici nei quali è stato inserito (tutte versioni della TWG matrix del team del AMNH di New York), esso risulta un dromaeosauridae basale. Makovicky et al., (2005), nel loro studio su Buitreraptor, ritengono che Neuquenraptor non sia un genere valido, bensì un sinonimo di Unenlagia Novas & Puerta, 1997. In effetti, i due teropodi provengono dalla stessa formazione, ed entrambi risultano dromaeosauridi basali. Tuttavia, attualmente non esiste materiale comparabile tra i due animali che permetta di affermare o negare una sinonimia (la presunta diversità nel gracilità del femore si è rivelata insostenibile, dato che il femore di Neuquenraptor è incompleto, tuttavia, va ripetuto, ad oggi non abbiamo alcun dato diretto per sostenere una sinonimia dei due).

Vorrei a questo proposito far notare che la presenza di due o più generi di dromaeosauridi nella stessa formazione non è inconsueta, anzi, pare essere la norma: accade con Velociraptor e Tsaagan (F. Djadokhtha); Microraptor e Sinornithosaurus (F. Yixian); Dromaeosaurus e Saurornitholestes (F. Dinosaur Park); quindi non sarebbe insolita anche per Unenlagia e Neuquenraptor. Nonostante ciò, molte analisi recenti tendono a considerare Neuquenraptor un sinonimo di Unenlagia, e codificano i resti del primo nell’unità tassonomica operativa (OTU) del secondo. Ciò, se si dimostrasse che i due non sono sinonimi, implica che tutte le analisi con l’OTU “Unenlagia+Neuquenraptor” usano una chimera polifiletica, e quindi sono molto probabilmente errate nei risultati alla base dei dromaeosauridi.

In Megamatrice, Neuquenraptor e Unenlagia sono considerati separatamente, inoltre, Unenlagia è scomposto nelle sue due specie U. comahuensis e U. paynemili. In nessuno dei risultati ottenuti, Neuquenraptor risulta sister-group di Unenlagia, né membro di Unenlaginae: esso tende ad oscillare tra due posizioni più derivate di Unenlaginae (alla base di Microraptoria oppure alla base del clade comprendente tutti i dromaeosauridi più vicini a Dromaeosaurus che a Microraptor).

Le due possibili posizioni di Neuquenraptor in Dromaeosauridae sulla base dell’analisi di Megamatrice (NB: in questo diagramma sono stati omessi alcuni generi, inoltre, nell’analisi effettiva, i taxa Dromaeosaurinae, Microraptoria e Unenlaginae sono scomposti in generi).

A questo proposito, è interessante notare che l’analisi di Turner et al., (2007), che usa l’OTU “Unenlagia+Neuquenraptor”, ha prodotto un clade nel quale Unenlaginae e Microraptoria sono sister-groups. Questo risultato è probabilmente influenzato dall’assunzione (non giustificabile, secondo me) di unire i due dromaeosauridi della F. Portezuelo in un unico OTU.

In conclusione, nell’attesa di nuovi resti che confermino o smentiscano definitivamente l’ipotesi di sinonimia tra i due dromaeosauridi patagonici, ritengo più cauto conservare la distinzione tra Unenlagia e Neuquenraptor, e non fonderli in un unico OTU che potrebbe rivelarsi polifiletico.

Bibliografia:

Makovicky P. J., Apesteguia S. & Agnolin F. L., 2005. The earliest dromaeosaurid theropod from South America. Nature 437: 1007–1011

Novas F.E., & Pol. D., 2005. New evidence on deinonychosaurian dinosaurs from the Late Cretaceous of Patagonia. Nature 433: 858–861.

Turner A. H., Pol D., Clarke J. A., Erickson G. M., & Norell M. A., 2007. A basal dromaeosaurid and size evolution preceding avian flight. Science 317: 1378-1381.

25 marzo 2008

Il VERO paradosso del Limite K-T: Perché sopravvissero i Neornithes?

L’estinzione dei dinosauri al limite K-T è il più famoso e dibattuto degli enigmi paleontologici. Da quando l’ipotesi di Huxley-Ostrom sull’origine dinosauriana degli uccelli si è affermata come l’unica spiegazione plausibile dell’origine di Aves, l’estinzione del limite K-T non è più vista come la fine dei dinosauri in toto, bensì dei dinosauri non-aviali. In realtà, sarebbe più corretto dire “l’estinzione dei dinosauri non-neorniti”, dato che, ad oggi, tutti i dinosauri cenozoici noti appartengono al clade degli uccelli attualmente viventi, Neornithes, appunto. Numerose altre linee di dinosauri aviali mesozoici non raggiungono né superano il limite K-T, e quindi, per non essere imprecisi, è corretto dire che solo i Neornithes sopravvissero all’estinzione di fine Maastrichtiano.
Pochi tendono a vedere il limite K-T sotto questa luce. A mio avviso, la sopravvivenza dei neorniti è più enigmatica dell’estinzione di tutti gli altri. Prima di partire in speculazioni sulle cause di questa apparente anomalia, cerchiamo di stimare quale fu il tasso di estinzione dei dinosauri, clade per clade.
Per far ciò, sarà bene usare la filogenesi nota dei dinosauri, perché da essa, calibrandola con la stratigrafia, si può risalire ad un dato più affidabile del semplice conteggio delle specie sopravvissute, in quanto ci dà modo di stimare anche l’entità per difetto delle linee presenti ma non ancora scoperte.
Sappiamo già che il tasso di estinzione di Ornithischia e Sauropodomorpha fu del 100%: per quanto alla fine del Maastrichitiano fossero diversificati con ankylosauridi, ceratopsidi, pachycephalosauridi, ornithopodi e titanosauriformi, questi due cladi non hanno fornito ad oggi alcun resto cenozoico.
Analogamente, il tasso di estinzione dei cladi monofiletici di teropodi non-neorniti presenti nel Maastrichtiano fu del 100%: nessun abelisauroide, tyrannosauroide, ornithomimosauro, therizinosauride, alvarezsauro, oviraptorosauro, deinonychosauro ed enantiornite è noto nel cenozoico.
Quale fu il tasso di estinzione dei neorniti? Per farlo è necessario stimare la diversità del clade alla fine del Cretacico.
Vegavis iaai Clarke et al., 2005, del Maastricthiano medio-superiore dell’Antartide, è l’unico neornite cretacico del quale sia possibile determinare con sicurezza la posizione filogenetica all’interno di Neornithes (sono noti altri resti frammentari di neorniti cretacici, ma la loro posizione dentro o immediatamente all’esterno di Neornithes è dibattuta; Hope, 2002): esso è un anseriforme anatoideo (clade attualmente rappresentato, tra gli altri, dagli anatidi). Ciò significa che nel Maastrichtiano doveva esistere almeno una linea evolutiva per ciascuno dei successivi sister-groups di Anatoidea viventi oggi: quindi, a quel tempo dovevano esistere almeno altre 5 linee di Neornithes (due di anseriformi più basali di Anatoidea: ovvero quella che porta a Chauna ed Anhima e quella che porta ad Anseranas, più tre di non-anseriformi: quella di Galliformes, quella di Neoaves, e quella di Palaeognathae). Non sappiamo quanti altri neorniti esistevano al tempo del limite K-T, né se e quanti superarono il limite K-T: purtroppo, il metodo di inferenza delle ghost lines non può dire altro con l’attuale record fossile.

Ad oggi, possiamo solo dire che almeno sei specie di dinosauri sopravvissero all’estinzione del tardo Cretacico: l’anseriforme antenato di Chauna ed Anhima, l’anseriforme antenato di Anseranas, un anseriforme anatoideo basale, un galliforme basale, un neoaviano basale ed un paleognato basale.
Quindi, in conclusione, il vero dilemma (per i dinosauri) del limite K-T è: perché un clade di Dinosauria (gli ornithuromorfi derivati) sopravvisse con almeno 6 specie, mentre i restanti 13 cladi noti presenti nel Maastrichtiano superiore non raggiunsero il cenozoico con alcuna specie?
Io avrei un’ipotesi per spiegare questo paradosso, ma ne parlerò in un altro post.

Bibliografia:
Clarke J.A., Tambussi C.P., Noriega J.I., Ericson G.M., & Ketcham R.A. 2005. Definitive fossil evidence for the extant avian radiation in the Cretaceous. Nature 433: 305–308.
Hope, S. 2002. The Mesozoic radiation of Neornithes. In: Chiappe L.M. & Witmer L. (eds.), Mesozoic birds, above the heads of dinosaurs, 339-388.

21 marzo 2008

Il lectotipo (ed unico esemplare valido) di Megalosaurus bucklandii Mantell, 1827

Megalosaurus bucklandii Mantell, 1827, è il primo teropode non-neornite istituito scientificamente. Il lectotipo ed unico esemplare attualmente riconosciuto come appartenente alla specie è un dentale quasi completo, OUMNH J.13505, del Bathoniano dell’Inghilterra (Benson et al., 2008; e riferimenti citati). La specie è valida sulla base della seguente combinazione unica di apomorfie: presenza di un solco longitudinale lungo il margine ventrale della superficie laterale; presenza di uno stretto forame posto rostralmente al solco meckeliano.
Il dentale è subrettilineo in vista ventrale/dorsale, e mostra i margini ventrale e dorsale suborizzonali in vista laterale/mediale, con il margine dorsale (occlusale) lievemente concavo ed il ventrale lievemente convesso. Il margine rostrale è leggermente arrotondato ed inclinato di circa 50° rispetto all’orizzontale nella metà ventrale. La superficie laterale non è rugosa e presenta un solco longitudinale che decorre appena sopra del margine ventrale. Almeno 11 alveoli sono presenti, con un numero totale stimato in 13-14. I denti sono compressi labiolingualmente e seghettati uniformemente, con un DSDI prossimo a 1. Il dente più ampio è il quarto, tuttavia, non è presente la marcata disparità di dimensione dei denti rostrali (con quelli in posizione 2-3 significativamente espansi) con la relativa espansione del dentale che si osserva in molti teropodi basali. Le lamine paradentali sono separate reciprocamente, di forma trapezoidale-pentagonale in vista mediale. Il solco paradentale per l’arteria dentale è esposto dorsalmente nella regione rostrale del dentale, ma non è esposto distalmente al quinto alveolo. Il solco meckeliano è basso e poco marcato, e decorre nella metà ventrale della superficie mediale. Rostralmente al solco è presente una coppia di forami: uno ovale posto rostroventralmente al solco ed uno più stretto ed allungato posto rostralmente.

La posizione filogenetica di Megalosaurus è stata oggetto di numerose discussioni. Tuttavia, essa era stata determinata basandosi su resti postcraniali che attualmente non sono più attribuibili con sicurezza a questo taxon (Day & Barrett, 2004). Dato che attualmente solo il dentale descritto sopra è attribuibile senza ambiguità alla specie M. bucklandii, la posizione filetica deve essere determinata solo dalle caratteristiche presenti in quell’esemplare.
Benson et al., 2008, non vanno oltre Theropoda incertae sedis, facendo notare che probabilmente Megalosaurus non è un coelophysoide nè un abelisauroide.
Immesso in Megamatrice (alla quale ho aggiunto e modificato caratteri del dentale in accordo con le nuove informazioni in Benson et al., 2008), Megalosaurus risulta un tetanuro più derivato di Gasosaurus, “Szechuanosauruszigongensis, Xuanhanosaurus e dei “piatnitzkysauridi”. Esso forma una politomia irrisolta con Poekilopleuron, Afrovenator, “Chilantaisaurustashiukouensis, Megaraptor, Coelurosauria, Carnosauria, Spinosauridae, il clade comprendente gli “eustreptospondylini derivati”, ed il clade comprendente Torvosaurus e TATE 0012. Sulla base della politomia emersa, è probabile che la posizione di Megalosaurus oscilli tra la base degli spinosauridi e quella dei torvosauridi (cladi che nelle mie analisi più recenti tendono a restare distinti e a non formare un gruppo monofiletico che esclude i celurosauri e gli allosauroidi): in particolare, i due caratteri che accomunano Megalosaurus agli spinosauridi (il solco meckeliano poco profondo e il canale paradentale esposto dorsalmente nella metà rostrale del dentale) sono presenti anche negli eustreptospondylini: tuttavia, Megalosaurus è escluso da entrambi i cladi perché non presenta l’espansione mediolaterale del dentale a livello del terzo alveolo che è presente in entrambi i cladi citati.
Fintanto che dei resti postcraniali non verranno rinvenuti in associazione con un dentale avente le autapomorfie di Megalosaurus, non sarà possibile definire meglio la sua posizione.
Ultima nota: in tutte le analisi svolte, “Megalosaurushesperis (Waldman, 1974) non risulta particolarmente affine a Megalosaurus bucklandii, quindi dovrà essere attribuito ad un nuovo/altro genere.

Bibliografia:
Benson R.B.J., Barrett P.M., Powell H.P., & Norman D.B., 2008. The taxonomic status of Megalosaurus bucklandii (Dinosauria, Theropoda) from the Middle Jurassic of Oxfordshire, UK. Palaeontology, 51(2): 419-424.
Day J.J. & Barrett P.M. 2004. Material referred to Megalosaurus (Dinosauria: Theropoda) from the Middle Jurassic of Stonesfield, Oxfordshire, England: one taxon or two? Proceedings of the Geologists’ Association, 115, 359–366.
Waldman M. 1974. Megalosaurids from the Bajocian (Middle Jurassic) of Dorset. Palaeontology, 17, 325–339.

17 marzo 2008

Dromaeopodus shandongensis Li, Lockley, Makovichy, Matsukawa, Norell, Harris & Liu, 2008



Dromaoepodus è un icnotaxon basato su una pista del Barremiano-Aptiano della Cina. Caratteri diagnostici di questa morfologia di impronta bipede sono la quasi totale assenza di impronta del secondo dito (solamente una traccia emisferica del cuscinetto carnoso è presente prossimomedialmente al terzo dito), la presenza del terzo e del quarto dito subeguali e la postura subparallela di quelle due dita. Il primo ed il secondo carattere sono presenti anche in un altro iconotaxon, Velociraptorichnus, sempre del Cretacico Inferiore dell’Asia orientale, che è infatti incluso con Dromaeopodus nel nuovo icnoclade Dromaeopodidae. Dromaoepodus si differenzia da Velociraptorichnus per il terzo carattere citato sopra e per la taglia maggiore (un’orma singola del primo è di 26-28 cm, contro i circa 10 cm del secondo).

Appare evidente che Dromaeopodidae è l’equivalente icnologico di Deinonychosauria, l’unico clade di tetrapodi del Cretacico capace di produrre orme con tali caratteristiche. Confrontato con i Deinonychosauria noti, Dromaeopodus è stato prodotto da un animale lungo circa il 130% dell’olotipo di Deinonychus, da cui se ne può ricavare una massa stimata sui 110 kg (non si tratterebbe in ogni caso di un animale della taglia adulta di Utahraptor o Achillobator, che sono nettamente più grandi).

La pista nota fa parte di un letto sedimentario di origine fluviale (ciò è dedotto dai ripple-marks presenti nello strato, dai quali si può ricavare la direzione della corrente d’acqua) contenente una pista di un altro dinosauro deposta sotto allo strato di Dromaeopodus. Lo strato con le orme di Dromaeopodus conserva le piste di almeno sei individui, tutte parallele tra loro e parallele (ma in senso contrario) alla direzione della corrente d’acqua (la velocità stimata sulla base della pista meglio conservata è di circa 25 km/h). In aggiunta, anche la pista sottostante (di un dinosauro differente) è parallela alla corrente, ma in direzione contraria a quella dei teropodi. Questi indizi indicano che quel tratto di corso fluviale doveva essere un corridoio preferenziale, indotto da un vincolo fisico obbligato che imponeva di seguire quel tracciato: probabilmente, il letto di un basso corso d’acqua che fungeva da corridoio agevole per il transito degli animali all’interno di una vegetazione fitta (se non fosse per l’assenza di graminacee nel Cretacico, verrebbe da dire: “...non andate nell’erba alta!”). Per quanto sia plausibile che le orme di Dromaepodus siano state tracciate da un gruppo di animali gregari, ciò si basa solamente sul fatto che le orme non si sovrappongono e sono spaziate regolarmente. Questa osservazione non implica che gli animali stessero agendo in cooperazione. La presenza delle orme di altri dinosauri mostra che tutti gli animali di passaggio in quel tratto erano vincolati da qualche agente fisico a seguire la stessa traiettoria, indipendentemente dal fatto che fossero o meno gregari. Pertanto, non è possibile speculare qualche aspetto comportamentale, aldilà del fatto che questi teropodi si stessero spostando coerentemente in maniera non-agonistica (comportamento già ipotizzato per altre piste di dinosauri non-teropodi).

Bibliografia:

Li, Lockley, Makovichy, Matsukawa, Norell, Harris & Liu, 2008. Behavioral and faunal implications of Early Cretaceous deinonychosaur trackways from China. Naturwissenschaften 95: 185 - 191

14 marzo 2008

Il nebuloso confine tra piumati e non...

Le penne sono complesse apomorfie di un sottoclade di Maniraptoriformes.
Per quanto sappiamo, esse sono presenti in Avialae, Oviraptorosauria e Deinonychosauria. La condizione in Therizinosauria ed Alvarezsauridae è ambigua, mentre appare probabile che mancassero in Tyrannosauroidea e Compsognathidae. Ornithomomosauria, per ora, non ha fornito tracce di piumaggio (Pelecanimimus non ne mostra, il che è un'assenza di prove, non una prova di assenza). La piuma, il "precursore" della penna, è noto attualmente tra molti Coelurosauria: Avialae, Oviraptorosauria, Deinonychosauria, Alvarezsauridae, Therizinosauria, Tyrannosauroidea e Compsognathidae.
A quanto sappiamo, Ornithischia, Sauropodomorpha e Ceratosauria non sembrano presentare piume, mentre hanno varie forme di osteodermi.
La presenza di osteodermi di per sé non esclude piumaggio, dato che, come mostrano gli uccelli, il corpo può portare, in zone distinte tegumenti diversi. Tuttavia, taxa con intensa ricopritura osteodermica non hanno fornito piumaggio. Quindi, per ora, pare plausibile escludere i tre cladi citati sopra dalla lista dei piumati.
Sembrerebbe che un esemplare giovanile di Allosaurus citato in un abstract delle conferenze della Society of Vertebrate Paleontology (non ricordo quale, appena la trovo la metto in bibliografia) presenti scaglie, almeno nella ristretta area preservata. Analogamente, Juravenator, un celurosauro basale che nelle varia sessioni recenti di Megamatrice si diverte a saltare dentro e fuori da Compsognathidae, ha delle scaglie sulla coda.
In conclusione, ottimizzandolo in maniera decelerata, il piumaggio (presenza di tegumento filamentoso omologo con le piume degli uccelli) parrebbe una autapomorfia di un clade di Coelurosauria che comprende Sinosauropteryx, Dilong e Passer. Tuttavia, se Juravenator e Allosaurus hanno un ricoprimento ibrido di tegumento (parti piumate e parti scagliose), l'ottimizzazione accelerata del carattere lo pone come una possibile autapomorfia di Tetanurae.
Fututi ritrovamenti aiuteranno a restringere questa nebulosa cortina di transizione.
Nota finale: nei giacimenti cinesi che han dato teropodi piumati abbiamo solo celurosauri, eppure, siamo nel Cretacico Inferiore, quindi ceratosauri, allosauroidi e spinosauroidi esistevano... possibile che in Cina mancassero? Possibile che solo in Cina si abbiano le straordinarie condizioni di fossilizzazione idonee? Un pò frustrante, non trovate?

10 marzo 2008

Siamo tutti carcharodontosaurini?

Piccola nota pignola di tassonomia filogenetica.

In appendice alla descrizione di Eocarcharia, Sereno & Brusatte (2008) danno questa definizione filogenetica di Carcharodontosaurinae (attenzione alla “n”, non è CarcharodontosauriDae, ma un suo sottoclade):

Carcharodontosaurinae Stromer, 1931: The most inclusive clade containing Carcharodontosaurus saharicus Depéret and Savornin, 1927 and Giganotosaurus carolinii Coria and Salgado, 1995. (Brusatte and Sereno in press; il grassetto è mio).

Questa definizione è formalmente inutile per i carcharodontosauri, perchè, se viene applicata come è scritta (con “the most inclusive”), implica che il nome Carcharodontosaurinae è il nome di tutti gli esseri viventi! Infatti, il clade più inclusivo comprendente Carcharodontosaurus e Giganotosaurus contiene anche ogni altro essere vivente... (Per un incredibile caso di coincidenza, prima di scoprire questo errore di definizione e scrivere questo post per Theropoda, ne ho scritto uno su UltRazionale che parla proprio della definizione filogenetica della vita!).

Quindi, volendo essere fiscali, siccome la definizione di Brusatte & Sereno (in press) per Carcharodontosaurinae è un sinonimo di quella di Panbiota Wagner (2004: la quale ha la precedenza per il principio di priorità), essa deve essere rigettata.

Ovviamente, Brusatte & Sereno devono essersi distratti. Il dubbio è: intendevano dire non “The most inclusive clade” ma bensì “The least inclusive clade”, oppure hanno sbagliato nello scrivere “and Giganotosaurus” al posto di “but not Giganotosaurus”? Spero vivamente che intendessero il secondo caso, perché così non entrerebbero in conflitto con la definizione di Giganotosaurinae fornita da Coria & Currie, 2006.

Bibliografia:

Brusatte, S.L., & Sereno, P.C. (in press). Phylogeny of Allosauroidea (Dinosauria: Theropoda): comparative analysis and resolution. Journal of Systematic Palaeontology.

Coria R. A. & Currie P. J. 2006. A new carcharodontosaurid (Dinosauria, Theropoda) from the Upper Cretaceous of Argentina. Geodiversitas 28 (1) : 71-118.

Sereno, P.C. & Brusatte, S.L. 2008. Basal abelisaurid and carcharodontosaurid theropods from the Lower Cretaceous Elrhaz Formation of Niger. Acta Palaeontologica Polonica 53 (1): 15–46.

Perché i denti si perdono solo in (alcuni) Coelurosauria?



Caenagnathus. Vista dorsale del dentale. Sono evidenti i margini labiali (laterali) degli alveoli vestigiali (L1-6). Abbreviazioni: asc, complesso surangolare- coronoide- articolare; ct, solco della corda timpanica; LG, solco laterale; LR, cresta laterale; r, processo retroarticolare; sd, sinfisi dentale. Da Currie et al., 1993: New caenagnathid (Dinosauria: Theropoda) specimens from the Upper Cretaceous of North America and Asia. Canadian Journal of Earth Sciences, 30: 2255-2272.

Questo post è un cugino del precedente. In Theropoda, esattamente come l’arctometatarso compare solo in coelurosauri derivati (tutti membri di Tyrannoraptora), così il fenomeno della perdita dei denti (in modi vari quante le linee in cui accadde) si è verificato solamente dentro Coelurosauria (per la precisione, solo in Maniraptoriformes). Riassumendo (ma non so se sarà una lista completa):

Negli ornithomimosauri più derivati di Pelecanimimus si perdono i denti premascellari, mascellari e buona parte dei denti dentali. Negli ornithomimoidei la perdita dei denti si fa completa.

Nei therizinosauroidi più derivati di Alxsaurus (che sarebbero da chiamare therizinosauridi) si perdono i denti rostrali (mesiali) del dentale. Almeno in un therizinosauride (Erlikosaurus) anche il premascellare perde i denti.

Negli oviraptorosauri l’apice rostrale del dentale perde i denti: ciò accade anche in Incisivosaurus e Protarchaeopteryx. In Caenagnathasia e nelle forme più derivate si perdono tutti i denti dentali, anche se questo taxon conserva vestigia di alveoli. In Caudipteryx e nelle forme più derivate, anche il mascellare perde i denti. Negli oviraptorosauri più derivati di Avimimus si perdono anche i denti premascellari.

La faccenda alla base di Avialae si fa complicata: Jeholornis ha denti solamente nell’apice rostrale del dentale (il premascellare è ignoto). Yandangornis e Dalianraptor non hanno denti. Jixiangornis li ha solo nel premascellare. Sapeornis non li ha nel dentale, anche se il mascellare ne ha solo uno all’apice rostrale. Omnivoropteryx parrebbe averne solo nel premascellare. Confuciusornis non ha denti. Protopteryx non ha denti mascellari, ne ha solo due premascellari e due dentali rostrali. Gobipteryx non ha denti. Longipteryx e Longirostravis ne hanno solo all’apice rostrale del dentale e nel premascellare. Sinornis (e probabilmente anche Vescornis) ha denti in tutte e tre le ossa dentigere. Idem per Aberratiodontus. Archaeorhynchus e Hongshanornis non hanno denti. Gli Yanornithidae hanno i denti ad eccezione dell’apice rostrale del premascellare. Ichthyornis li ha nel mascellare e nel dentale (il premascellare è ignoto). Hesperornis non li ha nel premascellare. I Neornithes non hanno denti.

La spiegazione del perché solo nei celurosauri (e in così tante forme e modi diversi) si perdano (anche solo in parte) i denti è da cercare in alcune sinapomorfie condivise alla base di Maniraptoriformes:

Il cranio si fa relativamente piccolo rispetto alla taglia dell’animale (basata sulla lunghezza del femore): in Tyrannosauroidea e Compsognathidae, come negli altri tetanuri più basali, il cranio è sempre più del 80% del femore. Ad eccezione dei Dromaeosauridae (e di alcune linee aviali, che però hanno crani molto gracili), il cranio dei maniraptoriformi è lungo meno del 80% del femore. Chiaramente, i maniraptoriformi (non-dromaeosauridi) hanno evoluto crani piccoli e leggeri, probabilmente perché in queste forme l’arto anteriore era diventato elemento fondamentale nell’acquisizione del cibo (che non richiedeva grandi mascelle per essere processato). L’alleggerimento del cranio implica la riduzione della muscolatura masticatoria, dello spessore di ossa e della taglia dei denti. In effetti, in molti maniraptoriformi (notevole eccezione sempre i dromaeosauridi), i denti diventano o molto piccoli e numerosi (Pelecanimimus, Shuvuuia, Byronosaurus, Erlikosaurus), oppure si riducono di numero, rispetto alla formula dentaria basale (4-5 denti premascellari, 15-17 denti mascellari; 16-20 denti dentali). Con questo “retroterra” evolutivo di forme dai crani piccoli e leggeri, con denti piccoli, è chiaro che per parallelismo evolutivo si perdano i denti numerose volte, in modi ogni volta diversi.

L’anomalia dei dromaeosauridi dentro i maniraptoriformi si può spiegare considerando che probabilmente quello fu l’unico gruppo di maniraptoriformi che ritornò ad occupare la nicchia alimentare dei loro antenati basali (non-maniraptoriformi): predatori attivi di prede medio-grandi che erano catturate-ferite anche per mezzo della dentatura. Ciò spiega l’acquisizione nei Dromaeosauridae più derivati di crani relativamente voluminosi, di denti grandi e seghettati, di cervicali più corte e con spine neurali più alte, e di processi muscolari (come le epipofisi) robusti e marcati

07 marzo 2008

Perché l’arctometatarso è presente solo in Coelurosauria?

La condizione arctometatarsale è il mio complesso di apomorfie teropode preferito. In origine, la mia tesi di laurea si prefiggeva proprio di salvare l’ipotesi filogenetica di Holtz (1994, 1995), che proponeva un’origine unica della condizione arctometatarsale, definendo uno stupendo gruppo di celurosauri chiamato appunto Arctometatarsalia. Oggi so che quella ipotesi era errata, e che la condizione arctometatarsale, almeno nella sua versione più derivata, è comparsa indipendentemente almeno 6 volte: in Tyrannosauridae, in Ornithomimidae, in Elmisauridae (preferisco non usare Caenagnathidae, dato che quest’ultimo clade è parafiletico sia in Megamatrice che nell’analisi di Senter del 2007), in Avimimus, in Mononykinae, e nei Troodontidae derivati. Ad imporre l’ipotesi filogenetica di Holtz (1994) in Megamatrice si ottiene un albero che è più di 50 steps più lungo (e quindi molto meno parsimonioso) del risultato ottimale. Semplificando, la condizione arctometatarsale è formata da un insieme di apomorfie metatarsali parzialmente indipendenti: l’allungamento allometrico dei metatarsi, la riduzione della superficie prossimale del terzo metatarsale, l’assottigliamento mediolaterale della metà prossimale del terzo metatarsale, l’espansione estensoria della regione prossimale del secondo e del quarto metatarsale, l’espansione mediolaterale del bordo estensorio della metà distale del terzo metatarsale, il contatto parziale dei margini flessori delle metà distali del secondo e del quarto metatarsale. La spiegazione funzionale dell’arctometatarso è probabilmente da cercare nell’evoluzione di una maggiore efficienza biomeccanica nella corsa. In ogni caso, i caratteri citati prima non coevolvono assieme in parallelo: di fatto, non tutti i teropodi con condizione arctometatarsale hanno tutti i caratteri citati sopra; tuttavia, i taxa detti prima tendono a raggiungere una condizione arctometatarsale quasi completa. Altri celurosauri, ad esempio gli ornithomimosauri basali (non-ornithomimidi), Caudipteryx ed i microraptori hanno una versione incipiente di arctometatarso, detto “subarctometatarso” (uno dei nomi più difficili da leggere…). Anche gli euorniti derivati sviluppano una sorta di arctometatarso. Come accennato sopra, l’ipotesi di Holtz (1995) di un’origine unica dell’arctometatarso si è dimostrata errata. Tuttavia, ed era uno degli intenti della mia tesi di laurea, è possibile che una versione incipiente di condizione subarctometatarsale si sia evoluta una sola volta, e che al suo interno cinque linee distinte abbiano evoluto per parallelismo evolutivo, a partire da questa base incipiente, la condizione completa. In effetti, per quanto ne sappiamo, tutti i teropodi con arctometatarso (sia sub- che completo) sono celurosauri tyrannoraptori (tyrannosauroidi derivati, ornithomimosauri, oviraptorosauri non-oviraptoridi, alvarezsauridi derivati, paraviali basali). Dato che condizione necessaria (quindi prerequisito evolutivo) all’arctometatarso è la presenta di metatarsali allungati aventi il secondo, terzo e quarto metatarsale strettamente connessi, si potrebbe supporre che essa potrebbe essersi evoluta in altre forme con quel tipo di metatarso. In particolare, alcuni ceratosauri (Elaphrosaurus e i noasauridi) hanno queste potenzialità. In realtà, per un curioso fenomeno di rovesciamento, in quei ceratosauri accade esattamente l’opposto dell’arctometatarso (al punto che viene chiamato con l’impronunciabile ma simpatico termine di “antarctometatarso”). In effetti, queste due soluzioni biomeccaniche alternative (l’arctometatarso che assottiglia il terzo metatarsale ed espande i due adiacenti, l’antarctometatarso che espande il terzo e riduce i due adiacenti) si possono vedere come delle versioni teropodesche di Perissodactyla e Arctiodactyla (mammiferi… i soliti plagiatori…).
In conclusione, perché solo nei celurosauri derivati evolve l’arctometatarso? Probabilmente perché solo nei celurosauri abbiamo una sinapomorfia dei tetanuri, la compressione della superficie prossimale del terzo metatarsale (assente nei ceratosauri e in altri teropodi basali, i quali invece tendono ad espandere la superficie prossimale del terzo metatarsale), che si accompagna alla stretta connessione distale del secondo e del quarto metatarsale contro al terzo: negli altri tetanuri, prettamente di taglia medio-grande e specializzati in prede grandi, relativamente lente ma bellicose (sauropodi e thyreofori), il piede aveva una conformazione tipica dei saurischi basali, con il secondo e (soprattutto) il quarto metatarsale che divergono dal terzo per avere una maggiore superficie di appoggio e di scarico del peso. Nei celurosauri (così come nei ceratosauri con antarctometatarso) l’evoluzione di una taglia medio-piccola permise di riacquistare il piede compatto dei loro antenati dinosauromorfi basali.
La compresenza di queste due caratteristiche funse da base per l'ex-attamento (Gould & Vrba, 1983) dell'arctometatarso.
Bibliografia:
Gould, Stephen Jay, & Elizabeth S. Vrba, 1982). Exaptation - a missing term in the science of form, Paleobiology 8 (1): 4-15.
Holtz, T. R., Jr. 1994. The phylogenetic position of the Tyrannosauridae: implication for theropod systematics. Journal of Paleontology 68: 1100-1117.
Holtz, T. R., Jr. 1995. The arctometatarsalian pes, an unusual structure of Cretaceous Theropoda (Dinosauria: Saurischia). Journal of Vertebrate Paleontology 14: 408-519.

06 marzo 2008

MSNM V6235



MSNM V6235: viste laterale sinistra (A), laterale destra (B) con sezioni trasversali, e ventrale (C). Il puntinato sui margini delle sezioni trasversali rappresenta le aree che mostrano erosione. Abbreviazioni: ll, laterale sinistra; rl, laterale destra. La scala metrica equivale a 30 mm. Da Maganuco et al., 2007.

MSNM V6235 (Maganuco et al., 2007) è un unguale di teropode proveniente dalla Bathoniano del Bacino di Mahajanga, in Madagascar. Parte della superficie articolare prossimale e l’apice distale sono erosi. In vista laterale, l’unguale è moderatamente incurvato, con una lunghezza stimata lungo il bordo dorsale di circa 11-12 cm. In vista prossimale, l’unguale è moderatamente compresso mediolateralmente. Il tubercolo flessorio è presente e moderatamente sviluppato. La superficie ventrale è liscia e appiattita trasversalmente. Apparentemente, l’unguale presenta una mensola ventrale: ciò è un artefatto della conservazione. La superficie laterale sinistra presenta un solco vascolare posto appena ventralmente al margine dorsale. Il solco si espande dorsoventralmente in direzione prossimale, formando, nella metà prossimale della superficie laterale, una bassa depressione triangolare. La superficie laterale destra è marcatamente convessa, al punto che essa è parzialmente visibile anche in vista dorsale. Il solco vascolare forma una depressione simile a quella del lato sinistro, sebbene sia più prossimale e meno marcata.
L’unguale non presenta la marcata compressione mediolaterale degli unguali della mano tipica dei teropodi (eccezione significativa è il primo unguale della mano degli alvarezsauridi), e nella morfologia generale ricorda il secondo unguale del piede (il terzo ed il quarto tendono ad essere più depressi dorsoventralmente). Pertanto, è plausibile che sia il secondo unguale del piede di un teropode di media taglia (usando Allosaurus come riferimento, si tratterebbe di un animale sui 6-8 metri di lunghezza).
La marcata asimmetria tra il lato destro ed il sinistro è documentata negli unguali del secondo e del quarto dito del piede degli abelisauroidi, i quali hanno la superficie rivolta all’esterno del piede fortemente convessa. In base a questa morfologia, MSMN V6235 è probabilmente il secondo unguale del piede destro. Con gli abelisauroidi, MSMN V6235 condivide anche la presenza di un solco vascolare che si biforca nella regione distale. Questo carattere è assente in Ceratosaurus. Nei pochi altri taxa nei quali avviene biforcazione del solco laterale vascolare (Patagonykus, i troodonti, alcuni oviraptorosauri), la biforcazione avviene nella metà prossimale della superficie laterale. Tuttavia, MSMN V6235 si distingue dagli abelisauroidi per i quali siano noti unguali del piede (Ilokelesia, Masiakasaurus, Majungasaurus) perché in questi ultimi la superficie ventrale non ha tubercoli flessori e presenta un solco oppure una fossa ventrale. Sulla base di queste carattaristiche, MSMN V6235 probabilmente appartiene ad un Neoceratosauria più prossimo agli Abelisauroidea rispetto a Ceratosaurus, ma esterno al gruppo Noasauridae + Abelisauridae (Abelisauroidea).
Nota tassonomica: io uso una definizione node-based leggermente modificata di quella di Wilson et al., (2003) per Abelisauroidea: Noasaurus + Abelisaurus. Altri autori definiscono Abelisauroidea come uno stem-based: tutti i ceratosauri più vicini agli abelisauridi rispetto a Ceratosaurus.
Al momento in cui venne pubblicata la descrizione di MSMN V6235 (prima metà del 2007), l’ipotesi che questo unguale del Giurassico Medio appartenesse ad un ceratosauro più prossimo agli abelisauroidi del Cretacico rispetto a Ceratosaurus (che è del Giurassico Superiore) poteva sembrare ardita. Tuttavia, la recente scoperta di altri neoceratosauri affini agli abelisauroidi e risalenti (addirittura) al Giurassico Inferiore (Berberosaurus, Allain et al., 2007) ha confermato la nostra interpretazione. Purtroppo, siccome i resti noti di Berberosaurus non conservano unguali, non possiamo confrontare direttamente i due animali per stabilire le loro reciproche relazioni rispetto agli abelisauroidi.

Questo cladogramma calibrato con la stratigrafia, mostra le relazioni tra i ceratosauri citati nel testo. In base ai dati attuali, non è possibile risolvere la tricotomia “Abelisauroidea, MSMN V6235, Berberosaurus” in quanto non è nota la condizione dei caratteri (scritti in rosso) in Berberosaurus.

Bibliografia:
Allain R., Tykoski R., Aquesbi N., Jalil N-E., Monbaron M., Russell D., & Taquet P., 2007 - An Abelisauroid (Dinosauria: Theropoda) from the Early Jurassic of the High Atlas Mountains, Morocco, and the Radiation of Ceratosaurs. Journal of Vertebrate Paleontology 27: 610-624.
Carrano M. T., Sampson S. D. & Forster C. A., 2002 - The osteology of Masiakasaurus knopfleri, a small abelisauroid (Dinosauria: Theropoda) from the Late Cretaceous of Madagascar. Journal of Vertebrate Paleontology, 22: 510-534.
Coria R. A. & Salgado L., 2000 - A basal Abelisauria Novas, 1992 (Theropoda - Ceratosauria) from the Cretaceous of Patagonia, Argentina. Gaia, 15: 89-102.
Maganuco S., Cau A., Dal Sasso C. & Pasini G., 2007 - Evidence of large theropods from the Middle Jurassic of the Mahajanga Basin, NW Madagascar,with implications for ceratosaurian pedal ungual evolution. Atti Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano, 148 (II): 261-271
Novas F. E. & Bandyopadhyay S., 2001 - Abelisaurid pedal unguals from the Late Cretaceous of India. VII International Symposium on Mesozoic Terrestrial Ecosystems, Buenos Aires, 30-6-2001: 145-149.Wilson J. A., Sereno P. C., Srivastava S., Bhatt D. K., Khosla A. & Sahni A., 2003 - A new abelisaurid (Dinosauria, Theropoda) from the Lameta Formation (Cretaceous, Maastrichtian) of India. Contributions from the Museum of Pale

05 marzo 2008

Disguidi di nomenclatura - il caso "Aves"

I nomi sono strumenti linguistici il cui scopo dovrebbe essere quello di semplificare il dialogo e minimizzare l'ambiguità. Un nome scientifico dovrebbe essere la massima espressione di comunicabilità e la minima di ambiguità. Purtroppo, siamo ancora in una fase di transizione verso la maturità della tassonomia (attenzione, sto parlando di tassonomia, la scienza che dà i nomi ai cladi, e non di sistematica, la scienza che determina le relazioni tra i cladi), e un nome non sempre è riconosciuto unanimamente come marcatore privo di ambiguità di un preciso clade.
Questo esempio è probabilmente il più calzante. Esso parla del primo nome scientifico dato ad un clade di teropodi, un nome che travalica la paleontologia (e, come vedremo, per alcuni anche Theropoda), Aves Linnaeus, 1758.
Prima di parlare di Aves, è bene chiarire come si definisce un nome scientifico di clade.
Le tre definizioni accettabili sono quella apomorfica, quella tassonomica "stem-based" e quella tassonomica "node-based".
La prima definisce un clade X come l'insieme delle specie che presentano una particolare apomorfia (o insieme di apomorfie). Per quanto intuitivamente sembri la migliore (almeno in zoologia), in paleontologia è insidiosa, perché i fossili sono spesso frammentari e non sempre mostrano le presunte apomorfie caratterizzanti il calde al quale potrebbero appartenere. Inoltre, e questo è il rischio maggiore, un'apomorfia può comparire più volte in linee distinte, oppure scomparire/trasformarsi all'interno lungo la storia di un clade.
La seconda e la terza definizione usano due specie (A e B) come marcatori di un clade. La "stem-based" lega il nome del clade X ad A e dice che sono membri di X tutte le specie più vicine (come parentela) ad A rispetto a B. La "node-based" lega il nome del clade X al più piccolo insieme di specie imparentate avente al suo interno A e B.
In questo esempio, è evidente l'ambiguità della definizione apomorfica: se il clade X è definito dalla presenza del quadrato rosso, la specie G è o no membro del clade X? Il carattere "quadrato rosso" presente in B è omologo con quello in A?



Dico subito che la mia preferenza va solo alle definizioni stem-based e node-based, mentre credo che sia preferibile evitare le apomorfiche.
Passiamo ad Aves.
Esistono almeno cinque definizioni di Aves. Noterete che queste definizioni coincidono tra loro nell'insieme di specie che definiscono se applicate solamente alle specie attuali, ma entrano in conflitto se applicate anche in paleontologia:

Aves, l'insieme dei vertebrati muniti di penne. Questa definizione è apomorfica. Sebbene sia ovvia se applicata con gli animali attuali, diventa ambigua e poco pratica in paleontologia. Ovvero, anche ammesso che si definiscano membri di Aves i generi Caudipteryx, Microraptor, Protarchaeopteryx, Jinfengopteryx, Confuciusornis, tutti noti per essere pennuti, cosa dire di Sinosauropteryx, Sinocalliopteryx, Dilong, Beipiaosaurus? Sono pennuti? Piumati? Filamentosi? Protopennuti? Ed anche ammesso di includere anche loro in Aves, che dire di quelli per cui non si conosce il tegumento, e che non hanno parenti di cui si conosca il tegumento? E Psittacosaurus? E Sordes? E se anche Psittacosaurus fosse parzialmente piumato, allora come la mettiamo con i tegumenti osteodermici di Carnotaurus, Ankylosaurus e Saltasaurus? Han perso le penne-piume-filamenti? Come si vede, la definizione apomorfica rende il range di applicabilità del nome difficile da stabilire. Quindi, non è una buona definizione.
Aves, l'insieme dei teropodi volanti. Anche questa è una definizione apomorfica, ma ancora più ambigua, perchè basata su un complesso di caratteri funzionali. Microraptor vola? Rahonavis vola? E anche ammesso che volassero, che dire di quelli che potrebbero discendere da animali volanti ma non volano più? In base a questo ragionamento, e secondo questa definizione, Velociraptor è un uccello per lo stesso motivo per cui lo è uno struzzo. E Troodon? Protarchaeopteryx? Scartiamola.

Aves, l'insieme di tutti i vertebrati più vicini a Passer domesticus che Crocodylus niloticus. Definizione stem-based. Anche questa definizione è perfetta per le specie attuali, ma crea un curioso effetto per i fossili: tutti i dinosauriformi, secondo questa definizione, sono membri di Aves. Tutti i teropodi, i sauropodomorfi, gli ornitischi e probabilmente anche gli pterosauri. Quanti sono disposti a usare una definizione così inclusiva? Non è scorretta nella teoria, ma poco utile nella pratica: ormai è assoddato che gli uccelli discendono da (altri) dinosauri, ma praticamente nessuno usa la parola Aves per definire tutti i Dinosauria. Meglio evitare di creare ambiguità e fraintendimenti.

Aves, l'insieme di tutti i vertebrati dentro al nodo "Passer domesticus + Struthio camelus". Definizione node-based. Anche questa definizione è ineccepibile con le specie attuali, perchè anch'essa, come quelle sopra, definisce esattamente ciò che oggi è il gruppo degli uccelli. Sinceramente, trovo però che sia troppo restrittiva e potenzialmente fonte di ambiguità. Apsaravis, Hesperornis, Sinornis, Confuciusornis sono uccelli? Ovvero, sono membri di Aves? Secondo questa definizione no (e vengono inseriti nel clade Avialae)... peccato che per la maggioranza degli studiosi essi siano inclusi in Aves.
Per concludere, io preferisco usare questa definizione: Aves, l'insieme di tutti i vertebrati dentro al nodo "Passer domesticus + Archaeopteryx lithographica". Questa definizione node-based è probabilmente il miglior compromesso tra le varie opzioni citate sopra: comprende l'insieme di specie universalmente noto come "uccelli", non fa riferimento ad apomorfie, e cita un taxon da sempre considerato uccello.

Ovviamente, l'accettazione di questa definizione implica che qualunque teropode risulti incluso in quel clade è da considerare un Aves. A questo proposito, Megamatrice ha in serbo interessanti sorprese...
Ad un prossimo post...

04 marzo 2008

Le masse di Deinocheirus, Therizinosaurus e Spinosaurus

Uno dei post precedenti parlava delle stime delle masse dei teropodi ed usava l’equazione di Cristiansen & Farina (2004) avente il femore come variabile indipendente. Ovviamente, la stima della massa era data solo per quei teropodi che hanno il femore noto e completo. A causa della loro frammentarietà, tre teropodi giganti non possono essere inseriti nella lista delle masse: Therizinosaurus, Deinocheirus e Spinosaurus. Tuttavia, è plausibile che essi potessero rivaleggiare coi quattro più grossi teropodi di cui si conosca il femore, Tyrannosaurus, Tyrannotitan, Giganotosaurus e Carcharodontosaurus. Un aspetto che occorre sottolineare immediatamente è che la lunghezza totale dell’animale o la valutazione basata su parti corporee non direttamente correlate con la taglia possono dare stime esagerate o fuorvianti per le masse. Due esempi chiariranno la questione: Deinonychus e Coelophysis hanno approssimativamente la stessa lunghezza, intorno ai 3 metri. Ciò potrebbe indurre a ritenerli simili nelle masse. Tuttavia, basandoci sul femore (vedere post sulle masse), il primo risulta almeno tre volte più pesante del secondo! Ciò, ovviamente, perché Coelophysis è relativamente più gracile ed “allungato” di Deinonychus. Quindi, la lunghezza dell’animale non è legata direttamente alla massa. Analogo discorso se tentiamo di stimare le dimensioni di un animale da singoli elementi ossei: il mascellare del Tyrannosaurus rex FMNH PR2081 (“Sue”) è lungo il 120% di quello dell’olotipo, mentre la media degli altri elementi ossei confrontabili è poco più lunga di quelli dell’olotipo (mediamente più lungi solo del 105%). Perciò, basandosi solamente sulla taglia del mascellare, Sue sembrerebbe molto più grande di quanto effettivamente sia (tenete a mente questo, perché ne riparleremo in fondo al post).
Penso che il migliore indicatore della taglia siano la lunghezza del femore: tra teropodi di diversa dimensione o morfologia, essa non varia significativamente rispetto alla sezione trasversale dell’osso (il vero indicatore della massa, ma purtroppo poco presente in letteratura), mantenendosi proporzionale alla taglia complessiva dell’animale (l’unica eccezione sono gli uccelli derivati, nei quali il femore si riduce relativamente in lunghezza a seguito delle modifiche posturali evolutesi in questi teropodi dalla coda ridotta).
Detto questo, è possibile determinare la lunghezza del femore dei tre teropodi citati sopra? L’unico metodo scientificamente valido è di estrapolarla dalle dimensioni dei più prossimi parenti dei tre teropodi per i quali siano noti il femore e parti confrontabili direttamente con i tre giganti.
Questo è ciò che mi propongo in questo post: basandomi sulla posizione filogenetica dei super-teropodi in questione, estrapolerò le misure del femore a partire dai loro parenti più prossimi.
Deinocheirus è noto esclusivamente per il cinto pettorale e l’arto anteriore. Purtroppo, la dimensione di queste parti rispetto al femore varia notevolmente nei teropodi, quindi non possiamo essere sicuri che rappresentino una buona base per stimare la massa di Deinocheirus. In Megamatrice esso risulta un Ornithomimosauria basale. I suoi parenti più prossimi dei quali si conosca il femore sono gli ornithomimoidi (ad esempio, Garudimimus, Sinornithomimus e Gallimimus). Usando Gallimimus adulto come riferimento, si osserva che Deinocheirus non è esattamente una versione isometrica di Gallimimus: la scapola del primo è 2.4 volte quella del secondo; omero, radio e ulna sono circa 1.6-1.8 volte, mentre i tre metacarpali sono 2-2.6 volte: Deinocheirus ha una scapola ed un terzo metacarpale relativamente più allungati rispetto alle altre ossa di quanto accada in Gallimimus. Mediamente, gli elementi ossei di Deinocheirus citati sono 2.02 volte quelli di Gallimimus adulto. Ciò ci dà una stima del femore di Deinocheirus di 1340mm, ed una massa di 6.2t, paragonabile a Tyrannosaurus.
Therizinosaurus è noto da elementi del cinto pettorale e dell’arto anteriore. Si conoscono anche parti del piede. I therizinosauridi più prossimi a Therizinosaurus di cui si conoscano femore e parti confrontabili con lui sono Neimongosaurus ed Erliansaurus. Gli elementi noti di Therizinosaurus sono in media 3.2 volte quelli di Neimongosaurus e 2.6 volte quelli di Erliansaurus: ciò dà un femore stimato per Therizinosaurus di 1070-1120mm, ovvero una massa di 3-3,2t. Come previsto dall’introduzione del post, Therizinosaurus è meno gigantesco di quanto apparirebbe esclusivamente basandosi sulla taglia assoluta degli arti anteriori, perché, come tutti i therizinosauroidi, ha arti anteriori relativamente più lunghi che in altri taxa.
Spinosaurus è noto per la regione pre-antorbitale del cranio, il dentale e alcune vertebre dorsali. Innanzitutto, appare evidente che il rostro è molto apomorfico e “aberrante”, persino confrontato con Baryonyx. Quindi, è più prudente usare le dorsali per stimarne la taglia. La dorsale “g” illustrata da Stromer (1912) è morfologicamente collocabile intorno alla 10a posizione dorsale. Confrontata con la 10a dorsale di Baryonyx, è 1.5 volte più grande, sia in lunghezza che in altezza della faccetta craniale del centro*. La lunghezza del femore di Baryonyx non è nota, tuttavia, basandosi sulle proporzioni di Suchomimus (che è 1.25 volte Baryonyx sia nella misura dell’omero che del radio), è plausibile che fosse lungo 940mm. Ciò ci dà una stima del femore dell’olotipo di Spinosaurus di 1400mm ed una massa di 7t. L’esemplare di Spinosaurus esposto a Milano parrebbe essere circa il 20% più grande dell’olotipo (Maganuco, com. pers.), ciò ci porterebbe a stimarne il femore in 1680mm e la massa in 12.9t!. Tuttavia, come nel caso di Sue citato sopra, non è prudente estrapolare la taglia del femore dal confronto di ossa craniche (per giunta non omologhe, come in questo caso in cui si paragona il rostro del cranio col dentale), quindi, per ora, preferisco tenere la stima per Spinosaurus a 7 tonnellate.
*Russel (1996) descrive un enorme omero frammentario proveniente dall’Albiano-Cenomaniano del Marocco avente una lunghezza totale stimata in 750mm (figura qui sopra). La morfologia è molto simile a quella di Baryonyx, tranne che è 1,5 volte più grande. Molto plausibilmente, si tratta di un omero di Spinosaurus. EDIT!
Bibliografia:
Russell, 1996. Isolated dinosaur bones from the Middle Cretaceous of the Tafilalt, Morocco. Bulletin du Muse'um national d'Histoire naturelle (4e se'r.) 18:349-402.
Stromer, 1915. Ergebnisse der Forschungsreisen Prof. E. Stromers in den Wüsten Ägyptens. II. Wirbeltier-Reste der Baharîje-Stufe (unterstes Cenoman). 3. Das Original des Theropoden Spinosaurus aegyptiacus nov. gen., nov. spec. Abhandlungen der Königlichen Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Mathematisch-physikalische Klasse 28(3):1-32.

03 marzo 2008

Megaraptor Novas, 1998

Megaraptor namunhuaiquii, calco dell’avambraccio e della mano di MUCPv 341 (foto di Marco Auditore).

Megaraptor Novas, 1998 è un teropode del Cenomaniano-Coniaciano della Patagonia. Gli esemplari descritti attualmente sono almeno tre, due attribuiti alla specie-tipo M. namunhuaiquii Novas, 1998, del Turoniano-Coniaciano della Formazione Portezuelo ed un esemplare frammentario (ma probabilmente sono due), M. sp., del Cenomaniano-Turoniano della Formazione Bayo Barreal, che non è stato attribuito ad alcuna specie particolare, né nuova né a M. namunhuaiquii. Oltre a questi esemplari, sono stati descritti resti molto frammentari di altri esemplari di M. namunhuaiquii, sempre dalla Formazione Portezuelo.

Megaraptor è diagnosticabile dalla presenza di vertebre cervicali con pleuroceli ellittici ed allungati; processo olecranico dell’ulna affilato; ulna triangolare in vista distale; falange 1-I della mano trapezoidale in vista prossimale, più ampia dorsalmente che ventralmente; unguali del primo e del secondo dito della mano ipertrofici, fortemente incurvati e compressi trasversalmente; quarto metatarsale che si assottiglia distalmente in vista estensoria.

La descrizione delle caratteristiche del genere che segue si rifà ai tre esemplari meglio noti, senza distinzione a livello di specie.

Attualmente non esistono resti craniali di Megaraptor. Nella stessa formazione che ha restituito i resti del secondo esemplare sono stati rinvenuti denti dalla morfologia “carcharodontosauride” (fortemente compressi labiolingualmente e muniti di caratteristiche ondulazioni di smalto). Sulla loro possibile attribuizione a Megaraptor si discuterà dopo.

L’unica vertebra cervicale nota è leggermente opistocelica. La faccetta articolare craniale è angolata rispetto alla caudale, segno che il collo era sigmoide. La vertebra è asimmetrica: il lato laterale destro ha un pleurocelo più circolare e la parapofisi più craniale di quanto accada con le strutture equivalenti sul lato sinistro. La faccetta craniale è più ampia che alta, ma non reniforme. La superficie ventrale manca di carena, tuttavia presenta un processo osseo craniale simile a quello osservato in Ceratosaurus. Ai lati del canale neurale, ventralmente alla base delle prezigapofisi, sono presenti delle fosse peduncolari. Le prezigapofisi sono distanziate più del diametro del centro. Una struttura simile all’iposfene delle dorsali saurischie è presente ventralmente alle postzigapofisi. L’epipofisi è robusta e proiettata caudalmente: essa è connessa alla prezigapofisi da una distinta lamina ossea. La spina neurale è bassa e robusta, anche se non paragonabile alla condizione osservata nei carcharodontosauridi.

Una dorsale craniale è presente nel terzo esemplare. Il centro è anfipiatto, lievemente più lungo che alto, e presenta un solo pleurocelo subcircolare. Le parapofisi sono corte e craniali. Fosse peduncolari sono presenti come nella cervicale. Il canale neurale è relativamente ampio per una dorsale, simile alla condizione in Baryonyx. Ciò può implicare un’ampia innervazione diretta agli arti anteriori. La laminazione centrodiapofiseale dell’arco neurale manca delle lamine accessorie osservate in Sinraptor e in altri allosauroidi. A differenza di quanto accade in alcuni carnosauri, l’iposfene è assente nelle dorsali craniali. La spina neurale è relativamente bassa rispetto ad altri teropodi di media taglia, e si distingue per essere inclinata cranio-dorsalmente. In questo aspetto, ricorda le dorsali craniali degli spinosauridi.

Vertebre caudali sono presenti nel secondo Megaraptor dalla F. Portazuelo e in quelli dalla F. Bayo Barreal. Due caudali prossimali (probabilmente intorno alla VIII posizione) sono state rinvenute coossificate: ciò è probabilmente una condizione patologica. Il centro è più alto che lungo, ellittico in vista prossimale e presenta un pleurocelo, come in alcuni allosauroidi, nei torvosaurini, in Orkoraptor, “Chilantaisaurusmaortuensis e negli oviraptorosauri derivati. I processi trasversi sono laminari e suborizzontali, e presentano ventralmente delle marcate lamine centrodiapofiseali, come nei Torvosaurini, spinosauridi, Orkoraptor e Gigantoraptor. Sono presenti distinte lamine spinopostzygapofiseali. Alcune vertebre caudali intermedie, sebbene frammentarie, sono state rinvenute con gli esemplari della F. Bayo Barreal: la faccetta articolare è subcircolare, differente dalla condizione derivata osservata nei tyrannoraptori, dove tende ad essere quadrangolare. Anche queste vertebre presentano pleuroceli. Le spine neurali, sebbene danneggiate, mostrano un vestigio di spina neurale accessoria, simile a quella riportata negli eustreptospondilini, negli allosauroidi ed in alcuni celurosauri.

Lo scheletro appendicolare, in particolare l’arto anteriore, è sicuramente la regione più diagnostica di Megaraptor. La scapola è allungata ma non gracile come in molti allosauroidi (un’eccezione significativa è Giganotosaurus) e nei tyrannoraptori. L’acromion è alto e perpendicolare alla lama scapolare, come negli allosauroidi, therizinosauri e nei tyrannosauroidi. Il coracoide ha un pronunciato processo ventrale, simile alla condizione in Baryonyx. L’omero non è noto. L’ulna presenta un robusto olecrano, compresso mediolateralmente ed affilato, simile a quello di Baryonyx. Distalmente, l’ulna è triangolare. La mano è praticamente completa, caso raro tra i teropodi gondwaniani noti. I carpali distali sono coossificati. Il primo dito presenta un metacarpale robusto ma non compresso in lunghezza come negli allosauroidi, torvosauridi, Sinosauropteryx e alvarezsauridi. La falange prossimale del primo dito è molto robusta, più del radio, come in molti celurosauri basali di “grado compsognatide” e negli alvarezsauri. Il primo unguale è enorme (è la falange più lunga della mano) lungo almeno 150% del radio, falciforme e affilato. La presenza di asimmetria tra i solchi collaterali di questo unguale aveva indotto Novas (1998) a interpretare l’unguale come il secondo del piede, analogo a quello dei deinonychosauri. Anche il secondo unguale, sebbene più corto, è falciforme. Il terzo è meno sviluppato. Caso raro tra i teropodi, la penultima falange del terzo dito non è significativamente allungata. Il quarto metacarpale è presente, sebbene ridotto e privo di falangi.

Il pube è parzialmente conservato, mancante solo del piede distale. La regione prossimale è più lunga che ampia, come in molti neotetanuri, mentre è plesiomorficamente espansa ventralmente. Il forame otturatorio, tuttavia, è aperto, come in Baryonyx e in molti altri tetanuri derivati. Frammenti di femore e tibia sono noti, ma non danno informazioni significative: la mensola trocanterica ed il quarto trocantere sono presenti, ma poco sviluppati. La fibula non mostra la profonda fossa prossimomediale ed il processo ileofibulare ipetrofico dei ceratosauri. Il secondo metatarsale non presenta la marcata compressione dei noasauridi, tuttavia tende ad espandersi distalmente. Il terzo metatarsale è parzialmente conservato. Di struttura relativamente gracile, mostra una fossa estensoria distale marcata. Il quarto metatarsale ha una morfologia inusuale: al contrario del secondo, esso si riduce in ampiezza distalmente. La faccetta articolare prossimale è espansa mediolateralmente nella regione flessoria, simile a quanto si osserva in altri tetanuri. Nessuno dei metatarsali presenta il marcato solco estensorio distale osservato in molti paraviali.

In questa tavola, del 2005, ho ricostruito Magaraptor come un carcharodontosauridae di taglia media. Oggi, probabilmente, lo ricostruirei diversamente...

Le relazioni filogenetiche di Megaraptor. La morfologia dei metacarpali e l’assenza di autapomorfie di Ceratosauria (l’unica eccezione è la robusta lamina prezygoepipofiseale cervicale, ma ciò si osserva anche negli allosauroidi derivati) avvalorano la sua attribuzione a Tetanurae. Le uniche analisi filogenetiche nelle quali è stato inserito sono quella di Rauhut, 2000 (Lamanna, 2004), e quella di Smith et al. (2007): entrambe pongono Megaraptor all’interno di Allosauroidea. La prima non risolve tuttavia la sua posizione nel clade, mentre la seconda lo pone in tricotomia con Giganotosaurus e Carcharodonthosaurus, e più derivato di Tyrannotitan. La confluenza dei due risultati, sommata con il fatto che i carcharodonthosauridi sono abbondantemente documentati nell’inizio del Cretacico Superiore patagonico, ci porterebbe a sostenere questa ipotesi, che chiameremo “ipotesi C”. Per quanto apparentemente soddisfacente, l’ipotesi C deve tener conto che Megaraptor è anomalo come carcharodonthosauridae: sebbene la cervicale nota abbia caratteri affini al clade (la presenza di un processo caudale simili all’iposfene, la forma del pleurocelo, la presenza di lamine prezygoepipofiseali, la faccetta articolare più ampia che alta), altri caratteri implicherebbero una posizione esterna a Carcharodontosauridae (il collo conserva la sigmoidalità, le spine neurali sono plesiomorfiche, le presacrali craniali non sono fortemente opistoceliche, la laminazione dorsale non mostra le strutture accessorie osservate nei carnosauri derivati, il pube è meno derivato).

Altre ipotesi proposte sono che Megaraptor sia un tetanuro basale non appartenente a cladi maggiori già noti (“ipotesi T”, Calvo et al., 2004), oppure che sia uno spinosauroide (“ipotesi S”, commentata, ma non sostenuta, da Smith et al., 2007): quest’ultima è basata principalmente sulle similitudini osservate tra l’arto anteriore di Megaraptor e Baryonyx (coracoide, ulna e falangi).

Tutti i caratteri considerati sopra (più numerosi altri non citati) sono presenti in Megamatrice, quindi essa ha i requisiti per determinare e testare tutte le ipotesi. I risultati recenti di Megamatrice collocano Megaraptor come sister-group di Chilantaisaurus tashuikouensis (da non confondere con “C.” maortuensis che sicuramente deve essere rinominato come un altro genere... e ricondotto ad altre linee filetiche...), entrambi sister-group di Spinosauridae. Quindi, Magamatrice sostiene l’ipotesi S. I caratteri di Megaraptor che avvalorano l’ipotesi S sono: la presenza di spine neurali dorsali craniali inclinate cranialmente, il canale neurale ipertrofico nelle dorsali, le lamine centrodiapofiseali caudali marcate, l’assenza di processo craniale dei chevrons (ma forse questo è dovuto alla pessima conservazione dei resti), l’olecrano laminare, gli unguali ipertrofici e falciformi, la relativa brevità delle falangi del terzo dito della mano. Megaraptor non appartiene a Spinosauridae perchè non mostra l’estrema opistocelia delle presacrali craniali e le spine neurali ipertrofiche osservate in Baryonyx e Spinosaurus; mentre risulta sister-group di Chilantaisaurus tashuikouensis perché entrambi hanno il primo unguale della mano che supera il 45% dell’omero (negli spinosauridi non supera il 35%): sebbene questo carattere sono sia determinabile direttamente in Megaraptor (l’omero non è noto), il rapporto primo unguale/radio è talmente elevato che dobbiamo ritenere che anche la stima primo unguale/omero sia molto alta. Infatti, anche ammettendo un radio cortissimo rispetto all’omero (ad esempio come nei carnotaurini; NB: questa è un’ipotesi-limite che trovo altamente improbabile: dalla morfologia del radio, è plausibile per Megaraptor un rapporto radio/omero “da tetanuro basale”, tra 0.65 e 0.45), il rapporto primo unguale/omero risulterebbe maggiore di 0.45.

Confrontando il risultato di Smith et al. (2007) con quello ottenuto da me, si nota che l’ipotesi “carcharodontosauride” (ipotesi C) di Megaraptor è sostenuta principalmente dalla morfologia dell’unica cervicale nota (che, va sottolineato, è molto simile a quella dei carcharodontosauridi).

Se impongo a Magamatrice di collocare Megaraptor in Carcharodonthosauridae (ipotesi C), ottengo un albero di consenso che è di 8 steps meno parsimonioso di quello che sostiene l’ipotesi S. Ammettendo l’ipotesi S, la somiglianza tra la cervicale di Megaraptor e quelle dei carcharodontosauri si può spiegare in due modi. 1) Convergenza morfologica. 2) Il secondo esemplare sarebbe una “chimera”, ovvero, un assemblaggio (prodotto dai processi di deposizione e fossilizzazione, sicuramente non voluto dagli scopritori) di resti di più specie distinte: la cervicale attribuita a Megaraptor in realtà non apparterrebbe a questo teropode ma sarebbe invece di un carcharodonthosauride coevo (che sarebbe anche il “proprietario” dei denti sparsi rinvenuti attorno ai resti di Megaraptor). Questa opzione è plausibile considerando che il secondo esemplare, alla quale è associata la cervicale, è disarticolato, e che la cervicale non è stata trovata direttamente associata con i resti della mano (gli unici che si possono attribuire sicuramente a Megaraptor in base alle caratteristiche confrontabili con l’olotipo).

Megaraptor, come Spinosauroidea basale.
Dato che per ora non esiste materiale craniale noto né in Megaraptor né in Chilantaisaurus tashuikouensis, non possiamo sapere se alcune (se non proprio tutte) le apomorfie craniali e dentali degli spinosauridi fossero presenti anche in questi due teropodi. Pertanto, qualunque ricostruzione cranica di Megaraptor che assuma l’ipotesi S come base di riferimento, deve specificare quale ottimizzazione utilizza per stabilire i caratteri non osservabili (ovvero, usando un’ottimizzazione “accelerata”, Megaraptor ha un cranio da spinosauridae, mentre utilizzando un’ottimizzazione “decelerata” non ha un cranio da spinosauridae).

Nel cladogramma qui sopra, Megaraptor è considerato uno Spinosauroidea basale (cioè esterno a Spinosauridae*). Se si assume un’ottimizzazione accelerata per l’origine della morfologia cranica di tipo “spinosauride” (indipendentemente da quale sia il più recente sister-group di Spinosauroidea) allora si può ipotizzare che anche Megaraptor fosse fornito di tale morfologia. Viceversa, assumendo un’ottimizzazione decelerata, quella morfologia è esclusiva di Spinosauridae, e Megaraptor ne è privo. Entrambe le ottimizzazioni sono plausibili con i dati attuali.

*Inutile sottolineare che non tutti gli spinosauroidi sono spinosauridi!

A questo proposito, faccio notare che anche la posizione dell’intero Spinosauroidea (con Megaraptor incluso) dentro Tetanurae può gettar luce su quale morfologia craniale sia la più plausibile per questo enigmatico teropode. Viceversa, aspetto molto interessante, assumendo l’ipotesi S come la più valida attualmente, le morfologie della mano e del piede di Megaraptor producono delle implicazioni notevoli per la posizione degli spinosauroidi all’interno di Tetanurae: ma di questi succosi problemi filogenetici parlerò in un altro post.

Bibliografia:

Calvo, Porfiri, Veralli, Novas & Poblete, 2004. Phylogenetic status of Megaraptor namunhuaiquii Novas based on a new specimen from Neuquén, Patagonia, Argentina. Ameghiniana (Rev. Asoc. Paleontol. Argent.) - 41 (4): 565-575.
Lamanna, 2004. Late Cretaceous dinosaurs and crocodiliforms from Egypt and Argentina. PhD Thesis. University of Pennsylvania. 305 pp.

Novas, 1998. Megaraptor namunhuaiquii, gen. et sp. nov., a large-clawed, Late Cretaceous theropod from Patagonia. Journal of Vertebrate Paleontology. 18(1): 4-9.

Rauhut, 2000. The interrelationships and evolution of basal theropods (Dinosauria, Saurischia). Ph.D. dissertation, Univ. Bristol [U.K.], 1-440.

Smith, Makovicky, Hammer & Currie, 2007. Osteology of Cryolophosaurus ellioti (Dinosauria: Theropoda) from the Early Jurassic of Antarctica and implications for early theropod evolution. Zoological Journal of the Linnean Society, 151, 377–421