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14 novembre 2008

Arctometatarsalian Week - Quarta Parte: Il modo gondwaniano di essere teropodi cursori: l’antarctometatarso

Nei precedenti post della serie arctometatarsale ho sottolineato più volte i seguenti aspetti:
L’arctometatarso è un particolare morfotipo di metatarso evolutosi almeno sei volte tra i celurosauri dell’“anomalo” ecosistema Cretacico asiamericano.
L’arctometatarso è un adattamento cursorio “anomalo”, che si distingue radicalmente dal modo classico di evoluzione cursoria, quest’ultimo basato sull’evoluzione di un singolo osso principale centrale (che può essere effettivamente uno solo oppure la fusione dei due metatarsi centrali).
Questo penultimo post della serie arctometatarsale è a sua volta anomalo, in quanto non parla dell’arctometatarso, bensì del suo “opposto”, un modello alternativo di teropode cursore, non anomalo, anzi, molto più “normale”, sia in rapporto alle tipiche morfologie cursorie sia in rapporto agli ecosistemi in cui si diffuse. L’opposto dell’arctometatarso è stato battezzato con l’improbabile (eppure simpatico) nome di “antarctometatarso”. Questo termine, oltre a rimarcare il suo status di “arctometatarso a rovescio”, allude alla sua origine geografica, pienamente gondwaniana.
L’antarctometatarso è costituito da un robusto MTIII, avente un’ampia superficie prossimale, a forma di “T rovesciata”, e dalla relativa riduzione in spessore dei due MTII e IV. Come avrete intuito, l’antarctometatarso è quindi un adattamento cursorio “classico”, in linea con quanto accade nei grandi uccelli e nei mammiferi ungulati corridori, che ha realizzato l’irrobustimento del piede in maniera opposta all’arctometatarso (nel quale MTIII si riduce prossimalmente a vantaggio di MTII e IV). Sebbene non sia un tratto vincolato all’allungamento dei metatarsali, l’antarctometatarso è variamente sviluppato in alcune forme cursorie di teropodi basali, in particolare in alcune linee di Ceratosauria. I due casi estremi di cursorialità non-arctometatarsale sono due ceratosauri gondwaniani, il ceratosauro basale Elaphrosaurus ed il noasauride Velocisaurus. Il primo è probabilmente la forma più derivata di antarctometatarso a noi nota: gli arti sono significativamente allungati, MTIII ha un’ampia espansione prossimale, e almeno MTIV si riduce in diametro. Curiosamente, prima dell’avvento della sistematica filogenetica, Elaphrosaurus era quasi universalmente riconosciuto come un ornithomimosauro primitivo (quindi come un possibile pre-arctometatarsale): oggi sappiamo che le somiglianze tra Elaphrosaurus e ornithomimidi sono solo vaghe convergenze cursorie, prive di reale valore filetico. Velocisaurus (il nome allude chiaramente a condizioni cursorie) fu l’oggetto del primo post di Theropoda, e lo accenno qui brevemente per l’aspetto più peculiare della sua anatomia, che ne fa un chiaro caso di convergenza morfologica con gli equidi e gli struzzi: il secondo ed il quarto dito sono molto ridotti rispetto al terzo, il quale è articolato ad un metatarso allungato e robusto che fungeva da unico osso portante. La scoperta di impronte patagoniche “monodattile” (segnalatemi da L. Ambasciano) è probabilmente la prova che gli antarctometatarsali più derivati poggiavano quasi l’intero peso sull’unico dito centrale.
Dopo questa breve parentesi sulla normalità del modello cursorio evolutosi nella normalità degli ecosistemi gondwaniani, ritorniamo nel bizzarro mondo degli arctometatarsali. Nel prossimo (ed ultimo) post di questa serie, useremo le informazioni acquisite finora per tentare (forse con un po’ d’azzardo speculativo) di spiegare alcune anomalie dell’ecosistema popolato dagli arctometatarsali proprio alla luce del loro straordinario piede. In particolare, vedremo come l’evoluzione dell’arctometatarso sia tra i punti di forza dell’incontrastata egemonia dell’ultimo clade di grandi predatori laurasiatici: Tyrannosauridae.
Bibliografia:
Bonaparte J., 1991. Los vertebrados fosiles de la Formacion Rio Colorado, de la Ciudad de Neuquen y cercanias, Cretacico Superior, Argentina. Revista del Museo Argentino de Ciencias Naturales ‘Bernardino Rivadavia’ e Instituto Nacional de Investigacion de las Ciencias Naturales, Paleontologia 4: 17–123.
Carrano M. T. & Sampson S. C., 2008 - The phylogeny of Ceratosauria (Dinosauria: Theropoda). Journal of Systematic Palaeontology, 6(2): 183-236.

2 commenti:

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